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Archivio per la categoria 'StillLife'


venerdì 21 Agosto 2009, 16:20

Turismo sparso

Per prima cosa volevo lamentarmi del fatto che stamattina a Champoluc ho fatto venti minuti buoni di coda a passo d’uomo, attraverso l’unica via del paese, per arrivare fino al mercato settimanale. Il mercato occupa l’unico parcheggio del paese, per cui il giorno di mercato è normalmente affollato; di solito si parcheggia lungo la strada principale una volta usciti dal paese, in mezzo ai prati. Oggi però no: trattandosi del giorno più trafficato dell’anno, l’unico vigile si era appostato proprio accanto al mercato con l’unico scopo di multare senza pietà chiunque osasse cercare di lasciare l’auto da qualche parte. Il fatto che non esistessero altre possibilità di parcheggio pareva essere irrilevante: l’obiettivo non era organizzare meglio le cose – difatti il risultato era una fila di tre chilometri di auto ferme a sgasare in mezzo al paese, perchè chi arrivava là non sapeva bene che fare e rimaneva fermo in mezzo – ma semplicemente fare un po’ di cassa sulla pelle dei turisti.

Alla fine abbiamo lasciato l’auto sempre sul bordo della strada, ma qualche centinaio di metri più in là, fuori dalla portata del vigile: certo che dopo un trattamento del genere, unito al piacere di una lunga coda che neanche sullo svincolo di viale Certosa alle 9 di un lunedì mattina, e all’aria resa irrespirabile dai gas di scarico, non penso che tornerò tanto presto a Champoluc.

Comunque, stasera alla Sagra del Cinghiale di Pontey inizia il nostro tour, che prevede le seguenti tappe:

Ven 21 Pontey
Sab 22 (pom) Lucerna
Sab 22 (notte) Milano
Dom 23 Stoccolma
Lun 24 Stoccolma
Mar 25 Stoccolma
Mer 26 Turku
Gio 27 Helsinki
Ven 28 Helsinki
Sab 29 Tallinn
Dom 30 Helsinki
Lun 31 Toro-Empoli

Ho superato alcune difficoltà tecniche, come prenotare un traghetto finlandese da una compagnia che non accetta le carte di credito italiane per “problemi tecnici e di sicurezza”. Ora vediamo se riusciamo a fare l’intero giro senza intoppi: prometto di bloggare se e come si riesce…

[tags]turismo, val d’aosta, champoluc, traffico, pontey, giri strani[/tags]

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mercoledì 5 Agosto 2009, 20:24

Determinazione

Non volevo sparire dai feed per due giorni, ma puntuale come in molte vacanze è arrivata l’influenza. Perchè infatti l’influenza dovrebbe manifestarsi quando sei in città a lavorare, quando può farlo mentre sei in vacanza? Anche se in realtà sto lavorando anche qui, e questo inconveniente mi metterà in serio ritardo sulle mie tabelle di marcia.

E’ che lunedì pomeriggio mi avete telefonato in tanti, e qui ogni volta che qualcuno riesce a prendere la linea e farti squillare il cellulare non c’è verso di comunicare; bisogna uscire, attraversare la piazza e mettersi nel prato sull’orlo della valle. Se lo fai quattro volte in due ore quando fuori piovicchia e c’è vento, può succedere che la sera ti ritrovi con 38 di febbre.

Qui, poi, siamo isolati a sette chilometri dal paese più vicino, e dato che sono l’unico guidatore della famiglia, martedì mattina ho imbacuccato i miei 38 di febbre e ho guidato per una dozzina di tornanti fino alla farmacia di Brusson dove abbiamo comprato tachipirina e antiinfiammatorio, visto che avevo anche male alle orecchie. La situazione sembrava volgere al meglio, tanto che dopo un pranzo di minestrina sono riuscito a lavorare un po’ senza connessione e a mandare qualche mail, la sera ho mangiato di gusto e guardato i DVD di The Boondocks senza problemi… e all’ora di andare a dormire mi sono ritrovato con 39 di febbre.

Abbiamo dunque deciso che il mattino dopo avremmo chiamato il medico del paese e siamo andati a dormire; peccato che io non abbia dormito per niente, e che alle sei del mattino la temperatura interna fosse arrivata a 40. Per fortuna la tachipirina del mattino ha l’effetto di farmi fare una doccia dall’interno, e in un’ora sono ritornato giù fino a 38 scarsi. Così stamattina abbiamo chiamato tutti i medici possibili, che hanno tutti amabilmente scaricato il barile fino a che, tramite il 118, siamo riusciti ad avere il recapito del medico di guardia turistica diurna, un valdostano di Siracusa che è arrivato alle 11:30 con uno scazzo galattico e mi ha prescritto gli antibiotici.

E’ lì che siamo rimasti di fronte al dilemma: oggi dopo pranzo la febbre era risalita a 39 e non voleva saperne di scendere di nuovo, dunque l’alternativa era rifare i tornanti con 39 di febbre per comprare gli antibiotici, oppure mandare Elena a piedi sul sentiero: circa 400 metri di dislivello, un’ora a scendere e quasi due a salire senza allenamento. Oggettivamente l’idea di mettersi a guidare su una trafficata e tortuosa strada di montagna in un momento in cui facevo fatica ad alzarmi dal letto non sembrava tanto sana; è lì però che la volontà umana permette di superare i propri limiti. Voglio dire, forse che quando nella battaglia finale Shu stava per venire inghiottito nelle tenebre dentro Blue Dragon, lui ha mollato e si è arreso? No, proprio all’ultimo secondo ha trovato dentro di sè forze sconosciute e con un tonante grido “aaaaAAAAAAAAHHHHH!!!!” (che è più o meno l’unica cosa che dicono in tutto il cartone) si è colorato tutto di fiammette blu ed è riuscito a battere la perdizione. (Voi ridete, ma l’unica cosa che si possa vagamente vedere su Sky da piantati a letto col cervello fuori uso in una mattina o in un pomeriggio estivo sono i cartoni animati: ora sono in grado di recensire tutta la programmazione di Jetix e di Cartoon Network… uno dei prossimi giorni magari…)

E così mi sono rivestito, mi son messo alla guida e pian pianino sono riuscito a guidare fino alla meta, evitando anche tonnellate di vecchietti aspiranti suicidi che hanno scambiato una strada regionale per un sentiero o una passeggiata urbana – alcuni camminavano non sul bordo ma,  proprio nel mezzo della corsia, affiancati in due o tre, abbracciando tavoli da campeggio, biciclette con bambini sopra, borse e masserizie in totale spregio del codice della strada. Il ritorno però è stato più problematico, perché effettivamente ero alla fine delle forze; pian pianino sono arrivato su senza grandi problemi, eppure la strada era un po’ ballerina e l’imbocco dei tornanti tendeva a prendermi sempre di sorpresa. Infatti al rientro in casa sono crollato sul letto raggiungendo di nuovo i 40; ma la missione era compiuta. E’ così che, specie quando coinvolgono le persone a cui tieni, bisogna prendere le cose: con determinazione!

[tags]febbre, vacanza, valle d’aosta, sky, cartoni animati, maledetti pedoni, curve, montagna[/tags]

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sabato 1 Agosto 2009, 17:06

Cose buone dal mondo

Come sapete, io compro solo olio Lidl; tuttavia, uno dei passati ospiti della mia casa di montagna ha lasciato in eredità una bottiglia di olio Sasso, e così ho pensato che per condire l’insalata fosse meglio usare l’olio ligure per eccellenza, marchio noto e di qualità.

Peccato che, mentre la bottiglia era in tavola, io abbia notato sull’etichetta la seguente scritta:

“Confezionato per SASSO(R) Via L. Da Vinci, 31 – Tavarnelle Val di Pesa (FI)”

e già questo mi torna poco: il fantastico olio ligure con sede in provincia di Firenze? Poi prosegue:

“nello stabilimento indicato dalla lettera tra parentesi vicino alla data di scadenza”.

Guardo la lettera, e lo stabilimento è il seguente:

“Via Amendola, 56 – Voghera (PV)”.

Beh, fantastico: l’olio ligure con sede a Firenze prodotto a Voghera dev’essere certamente garanzia di qualità. L’etichetta non lo dice, dunque chissà da dove arrivano le olive: magari non sono nemmeno italiane.

Del resto basta fare una ricerchina con Google partendo dagli indirizzi per scoprire che l’olio ligure è prodotto dal gruppo Carapelli, che negli stessi stabilimenti produce anche l’olio Dante e l’olio Bertolli – già della megamultinazionale Unilever – e che è di proprietà di una multinazionale spagnola attualmente sotto inchiesta per speculazioni di Borsa sul proprio stesso titolo. E’ la Fiat dell’olio italiano, dato che negli stessi stabilimenti, cambiando di volta in volta l’etichetta, produce oltre la metà dell’olio nazionale (pardon, confezionato in Italia).

A sto punto, forse è davvero meglio l’onesto olio extravergine Primadonna del Lidl – 2,89 euro al litro, talvolta in offerta a 2,39 – prodotto dall’Oleificio Rocchi di Lucca: sarà davvero peggio dell’olio SassoBertolliDanteCarapelli?

[tags]olio, marchi, sasso, carapelli, lidl, etichette[/tags]

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venerdì 31 Luglio 2009, 20:16

Estate in val d’Aosta (MI)

Le vacanze in Val d’Aosta sono interessanti: stando ben lontano dai centri abitati si è tranquillissimi, ma là dove si raggruppano gli umani ci si ritrova un po’ come nel centro di Milano.

Oddio, in realtà dipende: per esempio ieri siamo scesi giù nella valle (che da giorni è coperta da una cappa di calore inquietante) e siamo andati a visitare il castello di Fenis e poi la mostra The Art Of Games in centro ad Aosta. (Per chi viene da una città, parlare di “centro” ad Aosta sembra superfluo, in quanto l’intera città è racchiusa tra la ferrovia e la montagna e ha un raggio di un chilometro a dir tanto, anche se l’edizione locale della Stampa poi parla di “cintura” per indicare le borgate sparse a mezza costa su per i monti o la zona di capannoni e medi supermercati che ti accoglie tra i prati arrivando dall’autostrada: una terminologia interessante.)

Il castello di Fenis colpisce sempre, con un bellissimo cortile affrescato e il complesso ancora integro (nel senso di ricostruito ma non troppo); e lì, oltre al milanese, senti parlare anche altre lingue italiche e persino francese e spagnolo. La mostra ad Aosta è interessante; in pratica è una esposizione di stampe su tela di concept art di videogiochi e copertine di libri fantasy, tutte molto belle; si vede in mezz’oretta e costa solo tre euro, che per noi sono diventati due perché avevano “finito i biglietti interi”, che non so se sia un segnale di grande successo o di scarso successo, ma all’interno c’eravamo solo noi, dunque niente milanesi. E un giro a piedi per la via principale di Aosta è piacevole, poi ora ho scoperto anche dov’è la fumetteria (l’unica di tutta la val d’Aosta)… dunque suggeritemi fumetti interessanti per l’estate…

Stamattina invece siamo andati al mercato a Champoluc, e lì invece l’invasione bauscia era inesorabile: tanto è vero che il mercato del venerdì di Champoluc è costituito da una dozzina di banchi di alimentari tipici (quasi tutti dalle province di Cuneo, Torino e Biella) e da una cinquantina di banchi di abbigliamento (tra cui andavano alla grandissima i maglioncini di cashmere) e di souvenir, attorno ai quali ronzano decine di SUV alla ricerca di un parcheggio a non più di cinquanta metri dall’inizio dei banchi. Ci hanno praticamente regalato una cassetta di pomodori, dato che la gente sembrava interessata solo ai maglioncini!

Torneremo dunque a Champoluc, ma solo martedì sera quando al cinema Sant’Anna (aka chiesa del seicento dismessa per spostare la parrocchia in un cubo di cemento moderno) danno Gran Torino; per il resto della settimana danno Harry Potter 77 e la sala sarà indubbiamente monopolizzata da torme di ragazzini meravigliati al grido di “uè, figaaaa”

[tags]val d’aosta, turismo, champoluc, aosta, milano, fenis, the art of games, fumetti[/tags]

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giovedì 9 Luglio 2009, 22:43

Il grande disastro del carrello dei prosciutti

Pisa, si sa, è infestata di matematici. Devono averne assoldato uno persino per definire i sensi unici all’interno della città: infatti essi adottano uno schema unico al mondo, secondo il quale praticamente ad ogni incrocio ciascuna via inverte il senso di marcia. In questo modo non vi sono quasi mai semafori o incroci con precedenza, ma ci si trova spesso davanti a “incroci frontali” in cui le auto convergono da due direzioni opposte e svoltano obbligatoriamente, riunendosi in una delle due direzioni laterali. Si capisce che è un principio ideato da un matematico perché è assolutamente geniale e perfetto sulla carta, ma quando ti ci trovi in mezzo nella pratica diventa un incubo: andare “verso là” è impossibile in quanto dopo uno o due isolati vieni subito fatto girare di novanta gradi, e il dover percorrere continue e gigantesche chicane fatte di interi isolati solo per andare diritto è una esperienza davvero perversa.

Alla luce di questo, si spiega anche la scenetta di Odifreddi che entra nella sala colazione dell’albergo, mentre noi siamo lì che mangiamo, e non si accorge del buffet e della macchina del caffé a disposizione dei clienti, inseguendo vanamente un cameriere pieno di tovaglie sporche per ordinare che gli venisse fatto un tè. D’altra parte, mi viene difficile definire Odifreddi un matematico: nel suo intervento stamattina ha parlato di qualsiasi cosa, strappando gli applausi della platea – composta dall’intellighenzia della pubblica amministrazione e dell’accademia della Toscana – ricordando che tutti si lamentano dell’Iran ma la bomba atomica l’hanno sganciata solo gli americani; argomentazione fine e poco poco populista. A un certo punto ha anche motivato un argomento spiegando che “in politica diciamo così”… Del resto dopo di lui c’era nel panel Ignazio Marino, neo-candidato alla segreteria del PD, che peraltro ha fatto un intervento che a me è piaciuto molto, tutto centrato sulla libertà di scelta in materia di bioetica.

Insomma, questo convegno di San Rossore è davvero eccellente e i relatori sono di altissimo livello; non ho resistito e mi son fatto fotografare accanto al pannello che reca i nomi degli intervenuti e che, a causa della disposizione su tre colonne, reca scritto “VITTORIO BERTOLA [tab] MARGHERITA HACK”: accoppiati dal destino con molto piacere. La tenuta presidenziale è bellissima e tirava pure un piacevole venticello che rendeva il caldo quasi sopportabile, almeno al di fuori dei tendoni dove si svolgono gli incontri. Il mio panel era presieduto dal vicepresidente della Regione Toscana, Gelli, un medico che ha parlato di tutti gli sforzi della Regione per portare la larga banda ovunque, riconoscendo questo come un diritto, e per collegare tutti gli ospedali con linee a 100 Mbps; io ho parlato di copyright, creative commons, peer-to-peer e natura orizzontale della rete. Il pubblico era attento ed è stato davvero un piacere partecipare.

C’è però un unico, spiacevole incidente che si è verificato e che per dovere di cronaca non posso non riportare; quello che un umorista inglese definirebbe il grande disastro del carrello dei prosciutti. Gli è che, come purtroppo è norma in Italia (abitudine che sconvolge sempre gli ospiti stranieri), il programma della mattinata era in ritardo di solo un’ora e mezza; grazie alla logorrea del relatore italiano medio (tanto più quanto più è un famoso accademico) e all’idea che far rispettare i tempi prestabiliti sia per un moderatore un atto di grande sgarbo personale verso il relatore logorroico, la mattinata invece di finire verso l’una è finita alle 14:20.

La tenuta è isolata a chilometri dalla città, dunque era previsto un buffet per tutti i partecipanti; e per ovvi motivi di finesse culinaria nonché di correttezza ideologica, la sua organizzazione è stata affidata al locale gruppo di Slow Food.

Adesso immaginatevi la scena: immaginate circa trecento persone, prevalentemente tra i quaranta e i sessant’anni, che stanno morendo di fame da un pezzo, e che si trovano di fronte a un bancone nemmeno troppo lungo dietro il quale si trovano una decina di persone in elegante divisa bianca, a ognuna delle quale è stato assegnato un compito quale il tagliare con finezza, cura e soprattutto grande lentezza una fettina di eccezionale prosciutto toscano, o di salame, o di formaggio, o di focaccia o di alcune altre cose, per poi guarnirla e disporla su un vassoio d’argento. Ecco, io sono un esperto internazionale di buffet plundering, ma non ho mai visto nulla del genere; dirigenti pubblici azzuffarsi per una fetta di pane; distinte signore darsi di gomito e spintonarsi per un pezzo di pecorino; giovani adirarsi coi vecchi per la loro lentezza, e vecchi adirarsi coi giovani per la loro destrezza; bambini piangenti implorare un po’ di pietà e del cibo, anche solo una scodellina di ceci o la pappa col pomodoro.

In tutto questo, io ho sfruttato esperienza, abilità e intelligenza per infilarmi in ogni pertugio e procacciare rapidamente una notevole quantità di cibo per me e per la mia compagna. D’altra parte, si sa, siamo piccoli e deboli; per sopravvivere non possiamo che sfruttare l’astuzia.

[tags]matematica, strade, pisa, traffico, odifreddi, colazione, marino, san rossore, toscana, conferenze, internet, prosciutti, slow food, sopravvivenza[/tags]

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martedì 7 Luglio 2009, 14:51

MacBuc Pro

Oggi, in pausa pranzo, sono andato fino alle Gru per due motivi.

Il primo era fare benzina al self service: infatti da stasera i benzinai sono in sciopero e io domani devo andare fino a Pisa, dove sarò tra i relatori del Meeting di San Rossore 2009. Non c’era nemmeno troppa coda, se non fosse stato per una signora davanti a me che per mettere dieci euro di benzina avrà impiegato dieci minuti, nonostante l’aiuto di tre o quattro diversi automobilisti, l’ultimo dei quali è servito a proteggerla da un paio di tamarri inferociti che, stufi di aspettare, l’hanno apostrofata al grido di “vai a fare la calza”. Inoltre, i gestori delle Gru hanno avuto l’intelligente idea di chiudere per lavori il vialetto d’uscita del benzinaio proprio oggi, così per uscire bisognava passare dall’ingresso, che a sua volta dà sull’uscita del parcheggio dell’ipermercato, larga due metri e girata al contrario… insomma il tutto ha generato un ingorgo che bloccava mezzo parcheggio.

Il secondo task, comunque, era acquistare una borsa per portare il mio nuovo MacBook Pro, che essendo da 13 pollici invece dei 12 del precedente non entra più nella borsa che avevo. Ecco, qui sta il problema: da Mediaworld c’erano due file di borse di vario genere, ma praticamente nessuna per computer più piccoli di 15″.

Allora vado da Fnac e lì invece di borse ce n’erano varie, però… intanto bisogna dire che la maggior parte delle borse mancano di alcuni elementi essenziali di una borsa, tipo una maniglia o una tracolla (almeno una delle due: se no che faccio, mi porto il computer sottobraccio in aereo? metto il mio computer nella borsa senza maniglie e poi la borsa in un sacchetto della Coop per trasportarla?). Alla fine però ce n’erano un paio di accettabili, una del genere “borsa con maniglie e cerniera” e una del genere “borsa a tracolla”.

Il problema era che quest’ultima era in stile “arte povera” con tanto di chiusura in panno e decorazioni disegnate di vario genere, mentre la borsa con maniglie era disponibile solo in due colori: il primo era “beige translucido con eleganti inserti dorati” e il secondo era “arancio fluorescente”. Sì, c’erano tante belle borse nere e blu, ma erano solo per computer più grossi; quelle dei 13″ erano tutte, con rispetto parlando, borsette da signora o perlomeno da cupio.

Ho notato anch’io come negli ultimi tempi, in ossequio al generale trend – lamentato da tutte le donne – di generale rammollimento del maschio italiano, la culattonaggine avanzi anche nel settore informatica: prova ne sia che alla Fnac i giochi della Playstation 3 – per la maggior parte fantastici sparatutto tridimensionali dove le munizioni non bastano mai – sono ormai relegati in un angolino, mentre c’è mezza sala dedicata ai “giochi” della Wii che insegnano ai nerd a fare ginnastica, a cucinare, a fare l’uncinetto e a cambiare i pannolini al pargolo virtuale (di farne uno reale non se ne parla). Ma è possibile che se un uomo si compra un portatile che sia veramente portatile – non una roba che prenda l’intero baule dell’auto per essere trasportata – sia condannato a portarlo in giro in una borsetta arancio fluo?

[tags]computer, portatili, borse, videogiochi, playstation, wii, macbook, apple, moda giovane, informatica, culattonaggine[/tags]

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lunedì 6 Luglio 2009, 15:10

Non-Lidl

Oggi abbiamo deciso di fare il pesto, e così, mentre ero in giro in bici all’ora di pranzo, mi sono dedicato a procurare l’ingrediente mancante (i pinoli). Avrei potuto andare al mio Lidl di fiducia, ma non ero sicuro che li avessero – anche se mi immagino le antiche pinolaie della Baviera, dove donne poppute colgono il saporito frutto dagli alberi tedeschi per poi inviarlo al discount nazionale.

Sulla mia strada c’era invece il Simply (ex Sma) di piazza Sabotino; e così sono andato lì, e (oltre a pagare tre euro un sacchettino di pinoli) ho avuto per la prima volta dopo tanto tempo la possibilità di incrociare nella spesa un gruppo di massaie italiane. Al Lidl, infatti, gli italiani sono in aumento, ma sono perlopiù o giovani sui trent’anni con bimbi piccoli, o coppie piuttosto anziane. La massaia italiana tipica, quella che fa la spesa per tutta la famiglia mentre il marito è al lavoro, è una specie molto rara; e invece lo Sma ne era pieno… e sono rimasto piuttosto perplesso.

In coda alla cassa ero infatti piazzato tra due signore sui 45 anni. Quella davanti a me non ha comprato del cibo; ha comprato quasi solamente barattoli e scatole di roba pronta, tra cui un “carpaccio con scaglie di formaggio” (il formaggio aveva l’aria di essere scarto di cartone pressato) il cui prezzo è probabilmente il triplo rispetto al comprare la carne tagliata, comprare il formaggio, tagliarne delle scaglie e disporle manualmente sulla carne – una operazione evidentemente lunga e complicata tanto da richiedere che il supermercato la faccia per te.

Quella dietro di me, invece, ha esordito con una lamentela: ha chiesto come mai non ci fosse più acqua San Bernardo lievemente frizzante. La cassiera si è doverosamente scusata, ma la signora ha proseguito spiegando che i suoi figli bevono soltanto acqua di marca San Bernardo e soltanto lievemente frizzante – quella naturale non va bene e quella frizzante nemmeno, per non parlare di altre marche d’acqua.

Tutto questo avviene non in un elegante quartiere collinare, ma nel (fu) operaio Borgo San Paolo, una zona di classe media dove la crisi, in teoria, dovrebbe colpire duro. Eppure mi sembra che di superfluo in giro ce ne sia ancora parecchio.

[tags]crisi, supermercato, lidl, sma, san paolo[/tags]

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sabato 27 Giugno 2009, 20:01

Ikea, che cacchio di idea

Cioè, cosa volete che si faccia con un sabato pomeriggio da spendere e l’esigenza di trovare uno scaffale per la cantina, in modo da archiviare i residui della campagna elettorale? Si va a Collegno a vedere la nuova Ikea!

Ok, eravamo coscienti che ci sarebbe stata gente: ma quello che abbiamo visto è fuori da ogni senso. La nuova sede è gigantesca, grande almeno il doppio della precedente, e questo è già il terzo week-end di apertura; eppure la densità di persone per metro quadro era persino più alta di com’era alle Gru. Un unico flusso di gente (tra cui una percentuale chiaramente eccessiva di bambini) riempiva tutti i passaggi principali e buona parte delle zone espositive; questo dimostra in modo chiaro la teoria secondo cui per decongestionare una infrastruttura troppo affollata non serve a nulla costruire nuove grandi opere, perché vengono immediatamente riempite da nuovo traffico che esse stesse generano :-P

Seriamente… questo vale in genere per le strade urbane, ma sembra valere anche per l’Ikea (Simone suggeriva che probabilmente, mentre fanno una nuova Ikea, costruiscono direttamente anche i clienti): buon per il patrimonio del signor Ikea, ma meno per chi deve pianificare l’urbanizzazione dell’area torinese. Già, perché a questo punto ci troviamo con un attrattore di traffico piazzato in un’area fuori mano, priva di trasporti alternativi (non tutti escono di lì con un armadio o un servizio di bicchieri, molti vanno solo a fare un giro e potrebbero benissimo andarci in bus o in bici) e con l’ennesimo dedalo di auto che girano in tondo sgasando per parcheggiare o per entrare e uscire dall’area commerciale.

Errori di gioventù sono normali, però come giudicare chi progetta una nuova sede in cui, quindici giorni dopo l’inaugurazione, già si formano code e grumi di gente per riuscire a prendere l’unica scala mobile, tragitto obbligato per entrare? Con tutto quello spazio, non potevano almeno allargare un po’ le corsie di passaggio tra i reparti rispetto a prima? Il parcheggio è gigantesco ma già insufficiente; lo sarebbe di meno se lo avessero partizionato in settori e installato indicatori per dirigere le auto verso i posti vuoti, mentre così è un unico giro di auto costrette a muoversi alla cieca in una trentina di file per vedere se per caso lì si è liberato un posto.

Insomma, gli svedesi hanno toppato parecchio nella progettazione, ed era decisamente molto meglio prima per almeno due motivi. Il primo è che siamo torinesi: quindi per definizione, di qualsiasi cosa si stia parlando, era decisamente molto meglio prima. Il secondo, però, è che prima andare all’Ikea era una attività su scala tollerabile e financo piacevole; ora bisogna fare il doppio della strada, girare il doppio per trovare posto, camminare il doppio con i pacchi da e per l’ingresso, pigiarsi il doppio all’interno, e percorrere il doppio almeno della strada all’interno per arrivare sempre ai soliti prodotti… perché, a parte una (peraltro molto bella) sezione di piante e fiori, la roba è sempre la stessa, solo esposta con più abbondanza.

Per fortuna degli svedesi, in vent’anni i mobilifici italiani non hanno saputo inventarsi uno straccio di concorrenza, continuando a rimanere prigionieri o del modello “mobile bello a costi impossibili” o del modello “mobile di cartone pressato venduto da imbonitori televisivi”. Probabilmente al giorno d’oggi è impossibile mettere su qualcosa di simile all’Ikea che possa competere con la stessa sulle gigantesche economie di scala che le permettono di vendere oggetti comunque decenti a pochi euro l’uno. Certo che da oggi ho meno voglia di andare all’Ikea.

[tags]ikea, torino, collegno, urbanistica, pianificazione, mobilifici[/tags]

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giovedì 25 Giugno 2009, 18:16

Sta arrivando

Cosa c’entra Mandriot? Beh, è da qualche giorno che era in arrivo, pronto per essere consegnato, il mio nuovo MacBook Pro: quello vecchio, dopo tre anni e mezzo di servizio, si è definitivamente immolato durante la campagna elettorale dopo la stesura diurna e notturna delle quaranta pagine del programma. E così, ho scelto e ne ho ordinato uno nuovo: e mentre lo aspettavo avevo appunto in testa la fatidica musichetta delle consegne dello yogurt, che nessun trentenne torinese può facilmente dimenticare. Come molti filosofi già hanno spiegato, i nomi non vanno imposti ma scoperti: e così, quando oggi finalmente è arrivato, mi son reso conto che il nuovo computer si era già denominato da solo.

Un po’ mi han fatto penare: sono uscito stamattina per un’oretta, alle 11:30, e tornato ho trovato una mail delle 11:56 da Apple, che mi informava che il corriere era passato ma non aveva potuto consegnare, e mi chiedeva di chiamare un numero verde di TNT. Bestemmioni, ma mai quando, chiamato il numero verde, mi ha risposto una vocina per informarmi che “dal 1 gennaio 2009 il servizio clienti TNT risponde al nuovo numero 199…”, il quale ha un “costo massimo di 48 centesimi al minuto” se chiamato da cellulare! Anvedi l’attenzione al cliente della mela…

Comunque ho chiamato, e mi han detto che avrebbero riprovato domani; e invece verso le 15 hanno suonato al citofono, e il mio pezzo di tecnologia della Silicon Valley era lì per me, in una scatola di cartone inviatami da “Tech-Com Computer – Rong Xin Rd, Songjiang EX, CN Shanghai”. Quattro libbre di puro manzo americano fatto in Cina! E così, ho passato il pomeriggio a installare un po’ di tutto e a chiedermi perché sia venuta la moda degli schermi su cui non si legge niente per via dei riflessi.

Però, a ben pensarci, questa pubblicità è anche una auto-iettatura non da poco: infatti son giusto passati i vent’anni indicati e Mandriot non esiste manco più, inglobata prima da Yomo e poi da Granarolo. Altro che “fra vent’anni ci metteremo ancora dodici ore”: gavte la nata, venariese!

[tags]yogurt, mandriot, venaria, computer, laptop, apple, tnt, macbook, pubblicità, cina[/tags]

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lunedì 22 Giugno 2009, 17:14

Persepolis

Leggere un libro è una attività che richiede una lunga preparazione. Mi succede raramente di vedere lì un libro di cui non ho mai sentito parlare, comprarlo, portarlo a casa, leggerlo subito. Di norma succede il contrario: sento parlare di un libro e mi viene voglia di leggerlo; metto lì l’informazione per una futura occasione. Settimane, mesi, talvolta anni dopo, vedo il libro in libreria, me ne ricordo, lo compro, e lo porto a casa. Ma dato che il tempo per leggere è poco e la coda di libri arretrati è lunga, in genere passano altre settimane, altri mesi, e poi finalmente lo leggo. Si può così dire che leggo poco, ma leggo soprattutto libri predestinati.

Uno di questi è quello che sto leggendo adesso: Where Wizards Stay Up Late, un libro che volevo leggere sin da quando uscì più di dieci anni fa, e che varie volte ho pensato di ordinare via Internet oppure ho cercato in una delle mie visite nelle librerie di paesi anglofoni. Mi è capitato finalmente in mano, per caso, alla libreria dell’MIT a Cambridge-quella-in-America, quando ci sono stato a marzo; e l’altro giorno l’ho cominciato. Ma non è di questo che volevo parlare oggi.

Prima di questo, infatti, ho finalmente letto il primo volume di Persepolis, il fumetto di Marjane Satrapi che racconta la storia della rivoluzione islamica in Iran. Il fumetto è stato scritto e pubblicato in francese, ed è un esempio di quello che in Europa solo il mercato francese del fumetto può fare: cioè far uscire e conoscere opere serie anche di autori sconosciuti, cosa che da noi è quasi impossibile per relativa mancanza di pubblico, anche se fortunatamente le cose stanno migliorando.

Nell’ambiente, di Persepolis si parlava bene già prima che ne venisse fatto un film e che esso venisse premiato al Festival di Cannes due anni fa: per cui era sulla mia lista da qualche anno. Tre o quattro mesi fa – anzi no erano di più, perché era la volta di questa visita oppure subito dopo – mi capitò sottomano il primo volume, e così decisi di portarlo allo stato successivo: quello di “l’ho comprato e prima o poi lo leggo”.

Effettivamente la fama del fumetto è meritata; in questi giorni in cui si parla di Iran aiuta molto a capire cosa succede là, ma è anche un compendio di storia delle rivoluzioni del Novecento. Lo stile grafico è solo apparentemente semplice, ma è molto interessante vedere come lo stile del fumetto classico americano viene apertamente contaminato dall’iconografia di tipo babilonese, in cui le folle sono facce ripetute bidimensionalmente in maniera regolare e la stilizzazione assume un valore concettuale. Così come lo Psiconauta di Aleksandar Zograf rappresentava la storia della guerra in Serbia vista dall’interno, Persepolis fornisce una inquietante e commovente visione di come i grandi drammi della storia appaiano a chi ci cresce dentro.

Dev’essere per questo che oggi da Fnac, mentre compravo i volumi successivi, ho fatto che prendere anche un altro libro che è nella mia coda “da comprare” sin dai tempi del liceo: Il partigiano Johnny di Fenoglio. Ma è solo un acquisto tecnico: come libro di testo, per essere preparati per il nostro prossimo futuro.

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