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Archivio per la categoria 'Tech&Howto'


lunedì 27 Ottobre 2008, 21:32

L’eterna lotta

Oggi ho sentito un manager e un tecnico che discutevano, e ho assistito a una nuova vetta della conflittualità latente che sempre regna nelle aziende ICT: il manager, infuriato per ritardi e bachi di vario genere, ha detto al tecnico “mi spiace solo che non so programmare, se no nel tempo necessario per spiegarti le cose lo programmavo io il sito!”.

E il tecnico non ha nemmeno risposto “prego, allora fai tu”!

[tags]tecnici, manager, ingegneria, aziende[/tags]

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lunedì 13 Ottobre 2008, 17:07

Javaffa

Scusate se oggi non posto; sono in ufficio da Glomera, che tra due giorni lancerà la sua nuova (ed effettivamente molto intrigante) piattaforma di video streaming su Internet. E, come sempre due giorni prima del lancio di una nuova piattaforma, non funziona una mazci sono alcuni piccoli bachi da riparare urgentemente. E’ la vita del tecnico informatico del ventunesimo secolo, sempre sull’orlo del disastro e sotto la mannaia delle scadenze organizzative “a prescindere” (“non importa se è complicato: entro domani mattina alle nove voglio quella piramide egizia pronta sulla mia scrivania!”).

Colgo però l’occasione per segnalare che chiunque abbia concepito Java andrebbe fustigato per la pubblica via: con questo linguaggio, infatti, è fin troppo facile per chi sviluppa gli applicativi di base inventarsi delle complicatissime API ad oggetti, in cui ogni oggetto del sistema, come da teoria, è wrappato dentro sette o otto livelli di astrazione successiva, in gran parte utili solo a complicare le cose; dopodiché, documentare per bene le decine di classi che ne risultano è troppo lungo, per cui ci si limita a rilasciare la documentazione standard, una riga per classe e mezza riga per metodo, senza minimamente spiegare quali siano il ruolo e la relazione reciproca dei vari oggetti.

Il risultato è un pastrocchio imperscrutabile che è molto meno utilizzabile dal programmatore terzo di una qualsiasi libreria procedurale in PHP

[tags]programmazione, tecnologia, java, php[/tags]

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sabato 11 Ottobre 2008, 12:22

Fessbook

Ieri sera ho visto per caso un pezzo del TG2 (solo per testare la mia presa dell’antenna in tinello, finalmente riparata; sia ben chiaro che non raccomando a nessuno di guardare il TG2). Bene, verso la fine il conduttore ha annunciato che sarebbe subito andato in onda uno speciale sulla grande novità tecnologica del momento: Facebook.

In effetti, è due o tre settimane che sono sommerso di suggerimenti di iscrizione a Facebook: l’Italia deve essersi svegliata adesso. Infatti, mi pare il caso di avvertirvi che a livello globale Facebook è già passato di moda: nei miei giri internazionali hanno già tentato senza successo di farmi iscrivere da mesi e anni, e nel frattempo si sono già stufati; l’ex genio del momento è già considerato un mezzo fesso, e si dice (confermatemi voi, visto che non l’ho mai usato) che i cambi di interfaccia e i tentativi di uso spregiudicato dei dati abbiano già minato alla radice la credibilità della piattaforma, tanto che le critiche sono già diventate enciclopediche.

Comunque, io cerco di ridurre al minimo la disponibilità dei miei dati personali; non mi piace farmi schedare, e una piattaforma dove si tende a registrare tutto quello che faccio e tutte le persone che conosco mi pare più una forma di sorveglianza globale che un grande passo avanti per l’umanità. Alla fine ho accettato LinkedIn perché è oggettivamente utile a livello professionale, ma perché mi iscriva su queste piattaforme ci vuole un buon motivo; quindi perdonatemi se ogni volta che vengo invitato su qualche piattaforma che vuole i miei dati (e succede spessissimo) lascio cadere l’invito. Niente Naymz, niente Plaxo e il mio account su Orkut è diligentemente abbandonato da anni, nonostante continui a ricevere messaggi di brasiliane che vogliono conoscermi.

Comunque, se uno si diverte con Facebook e non ha niente di meglio da fare fa bene ad usarlo; e poi, grazie a Rutto ho potuto verificare la genialità del mio ex collega Fraser Lewry, ormai affermato blogger britannico; una delle persone più intelligenti, più divertenti e più esteticamente svantaggiate che conosca. Su Facebook la bruttezza è imperdonabile, visto che serve una foto; e allora lui che fa? Mette questo avatar totalmente geniale:

s609546579_2128.jpg

Sì, è lui. Ma non ditemi che non avete dovuto guardare la foto per almeno tre o quattro volte prima di vederlo.

[tags]internet, social networking, facebook, privacy, moda, tg2[/tags]

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venerdì 3 Ottobre 2008, 12:29

Votare con un dito

Da qualche giorno sta girando in rete l’anteprima dell’annuale puntata dell’orrore dei Simpson, che come tutti gli anni andrà in onda subito dopo Halloween, a inizio novembre, un paio di giorni prima delle presidenziali americane. Nel trailer, Homer prova a votare per il ticket democratico Baracca & Bidé, ma…

La cosa che colpisce non è tanto che si dia per scontato che anche stavolta, come in passate occasioni, i repubblicani possano “aggiustare” dei voti. E’ invece il fatto che, in America, diventi mainstream l’idea che il voto elettronico è quanto di più imbrogliabile ci possa essere. Questo è un tema su cui molti si sono scervellati, senza trovare grandi soluzioni: come si fa infatti ad accertare che il software che conta i voti non bari?

Su piccole dimensioni – ad esempio per elezioni associative – la soluzione trovata è stata quella di pubblicare al termine delle elezioni i singoli voti in maniera anonimizzata, associati a un codice noto solo al votante. In questo modo, ciascun votante può verificare che il proprio voto sia riportato correttamente, mentre tutti possono sommare i singoli voti e verificare i totali. Il problema, però, è che pochi si prendono la briga di verificare il proprio voto; inoltre, resta la possibilità per il sistema di aggiungere voti associati a chi non si è presentato alle urne, che molto difficilmente andrà a controllare che tra i voti pubblicati non compaia il proprio. Tutto questo diventa ancora più difficile su scala nazionale, con molti milioni di voti.

E’ comunque possibile prendere delle precauzioni; sicuramente il software dei sistemi di voto dovrebbe essere di tipo libero (ma poi come si può verificare che il software che gira nel singolo seggio sia lo stesso che è stato pubblicato?); anche avere ricevute cartacee rilasciate in privato dalla macchina al singolo elettore, o messe in un’urna per un successivo conteggio cartaceo, può aiutare.

Resta però il fatto che imbrogliare alle elezioni, con qualsiasi sistema, è piuttosto semplice per chiunque gestisca la macchina elettorale; di solito questa cosa viene passata sotto silenzio per non minare la fiducia delle persone nello Stato, ma a me piacerebbe sapere quanto spesso ciò sia davvero avvenuto.

[tags]elezioni, stati uniti, simpson[/tags]

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martedì 5 Agosto 2008, 01:11

Shopping

Oggi è stato il giorno dello shopping: infatti al mattino sono andato al Museo d’Arte Ghibli di Mitaka, con annesso negozio di souvenir appropriatamente denominato Mamma Aiuto!; poi, approfittando dell’essere sulla strada, mi sono fermato a Nakano per vedere il famoso Mandarake, dove ho comprato un paio di numeri uno di manga giapponesi tanto per averli, ma soprattutto ho osservato il disfacimento umano di ragazzi nipponici che passano le giornate a collezionare gasshapon di Nami di One Piece seminuda in quindici posizioni diverse; e infine sono andato a Akihabara.

Il museo Ghibli è stato per certi versi una delusione, nel senso che il museo è più che altro un complemento del negozio, e in più è veramente centrato sui bambini; allo stesso tempo, due o tre cose lì dentro sono comunque magiche. Poi è stato bello vedere la riproduzione dello studio e del processo di produzione, con un sacco di meravigliosi sfondi dipinti a mano con la tempera, prima di sovrapporre il rodovetro con i personaggi animati; quando li vedi nel film non ti rendi conto di quanto siano perfetti… tanto è vero che una sezione del museo è dedicata a un gemellaggio col Louvre che ospita riproduzioni rimpicciolite della Gioconda e di altre opere, con un effetto per noi buffissimo (anche perché metà delle didascalie in francese erano sbagliate).

A parte questo, in tutto il museo non c’è mezza riga in lingua altra dal giapponese, però se uno conosce un po’ di tecnica dell’animazione e un po’ di opere di Miyazaki se la cava lo stesso. Alla fine sono stato quasi tentato di fare la follia e calare 250 euro per un fotogramma originale (completo, sfondo più rodovetro) di Mononoke Hime, ma poi mi sono trattenuto; comunque, qui è uscito da due settimane Ponyo della scogliera sul mare e, anche se è evidente il tentativo di produrre un nuovo Totoro, i bambini erano tutti lì per quello. Ah, e per salire sul nekobus di peluche: quello li mandava in delirio.

Il Mandarake di Nakano è stato invece un bel contrasto: immaginatevi un centro commerciale tipo gli ultimi due piani della Rinascente di via Lagrange, insomma un posto triste di negozietti un po’ mal messi, un po’ vecchi, un po’ sporchi e abbandonati; solo che per tutti e tre i piani superiori il posto è stato via via colonizzato da Mandarake, un negozio di materiale fumettoso di ogni genere per appassionati duri e puri. I fumetti sono solo un accessorio; esistono una dozzina di diversi negozietti Mandarake, ciascuno di un 20-30 metri quadri pieni zeppi di roba affastellata, ciascuno dedicato a un aspetto diverso.

Per esempio, c’è il Mandarake per il cosplay, dove a un centinaio di euro puoi comprare i vestiti da Sailor Moon fatti e completi; c’è il Mandarake per i collezionisti di automobiline; c’è, ed è enorme, il Mandarake per le statuine di plastica dei personaggi dei fumetti, i gasshapon appunto. C’è il Mandarake per i doujinshi per lui, pieno di belle ragazze che la danno via in ogni posizione ma solo su carta disegnata, e il Mandarake per i doujinshi per lei, pieno di bei pornazzi con uomini muscolosi disegnati in gran dettaglio. I normali manga diventano quasi irrilevanti…

Dopo di questo – ed erano già quasi le quattro del pomeriggio – ho preso il treno e ho attraversato tutta la città per andare a Akihabara, uscita Electric Town (scritto direttamente in inglese). Si tratta di qualche isolato dove sono concentrati i maggiori negozi di elettronica del paese; ognuno di essi occupa i sei o sette piani dell’intero palazzo, anzi i più grossi, come Sofmap, hanno più palazzi tra cui la roba è suddivisa per genere – il palazzo dei videogiochi, il palazzo degli apparecchi elettrici, il palazzo dei computer, il palazzo dei CD…

Grazie alle mie precedenti esperienze asiatiche, sapevo che la cosa migliore era girare un po’, per trovare i prezzi migliori; per ciascuna cosa ci possono essere differenze di prezzo anche di tre o quattro volte. Ovviamente i prezzi più bassi erano nelle bancarelle delle strette vie sul retro, e non certo nei mega-negozi sul corso vicino alla stazione; comunque ho portato via 50 DVD-R 16x, bulkissimi, per circa 7 euro (Urbani & discografici, tiè), una mini-SD da 2GB per il mio nuovo cellulare a circa altrettanto, e un adattatore per i controller PS2-USB (->PS3/PC) a una decina di euro. Devo ancora decidere se comprare un’altra compact flash per la macchina fotografica (quelle cinesi base sono a 24 euro per 8 GB) e una SD per la PS3 (ma la mia PS3 schifida da 40GB legge le SD?).

Nel frattempo, girare per i vari palazzi è stato istruttivo. Intanto ho capito che la PS3 qui è stata un fiasco pazzesco: ci sono interi piani di giochi per la PS2, mezzi piani per la PSP, e solo un angolino per la PS3, anche se i giochi costano leggermente di meno; per esempio è appena uscito Soul Calibur IV e si trova in offerta lancio sui 30 euro; sarà solo in giapponese, però pare che i giochi per PS3 siano region-free, quasi quasi…

Poi, è stato interessante vedere il reparto dei giochi per PC: due o tre piani per palazzo, in cui uno scaffale di una corsia ospitava, che so, Age of Empires e Civilization. Tutto il resto ospitava giochi soft-porno, di quelli in cui puoi dialogare con le donnine fino a farle spogliare; corsie e corsie di giochi del genere. Addirittura c’era lo spazio dedicato a prenotare le nuove puntate delle varie serie prima che uscissero, in modo da essere sicuri di non mancarle.

Per fortuna oggi era un giorno feriale, e non c’era così tanta gente in giro; è stato piacevole. Domani gita in giornata; vi racconterò.

[tags]giappone, viaggi, ghibli, nakano, akihabara, computer, videogiochi, playstation[/tags]

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venerdì 1 Agosto 2008, 05:23

Oltre

Mentre all’iSummit ascolto il discorso del signor Kadokawa presidente della Kadokawa Shoten – per i meno esperti, vuol dire Cowboy Bebop, Tenchi Muyo, Evangelion e tonnellate di altri manga tra cui il mitico Chrono Crusade, la storia di una suora diciottenne in giarrettiere che combatte i demoni a pistolettate – mi riviene in mente la sensazione che ho provato quando, sul modulo per l’immigrazione ovviamente copiato da quello degli americani, ti chiedono (risposta obbligatoria “no”) se stai importando materiale pedopornografico; un po’ come se alla frontiera italiana ti guardassero storto e ti chiedessero con grande rigore “non starai mica pensando di importare mozzarella?”.

Ieri, per esempio, uno dei video premiati nel concorso nazionale di video liberi – una competizione di alto livello, con Ryuichi Sakamoto in giuria, per dire – era una animazione di una bambina sui 10-12 anni che girava per la strada completamente nuda, a parte un filo di mutanda bianca. Ok, il disegno è completamente fumettoso, molto kawaii e assolutamente privo di realismo, ma le varie parti del corpo sono chiaramente disegnate. Soprattutto, il brano è una fiaba per bambini dove cade una stella dal cielo e bisogna ritrovare chi l’ha perduta, e il fatto che la bambina sia nuda o vestita non fa alcuna differenza: segno che per loro disegnare bambine nude è completamente normale. Avessero mostrato un video del genere da noi, papa Ratzinger avrebbe fatto irruzione in sala con le armi in pugno, portato in spalla da Chuck Norris con tutta la Papamobile.

(Comunque il Giappone mi ha aperto nuovi mondi di tamarraggine; per esempio, nonostante ci fossero dei video molto belli, il concorso è stato vinto da un inguardabile remix di un brano techno con un testo in inglese delirante – questo è il video scelto dall’autore.)

Nell’atrio, poi, c’è una demo di Hatsune Miku (se riesco faccio un filmato). Hatsune Miku è… ecco… insomma, c’è un software pazzesco chiamato Vocaloid che sintetizza un cantato partendo dal testo, dalla melodia e da alcuni campioni vocali, producendo un risultato indistinguibile dal vero. Poi c’è un modello 3-D di una bella ragazza in stile manga, disegnata con grande accuratezza – tra i video proiettati nella dimostrazione c’è “cinque minuti di modellazione 3-D del culo e della minigonna di Hatsune Miku” – e associata a tutta una serie di particolari di vita fittizi; cioè, siccome i giapponesi sono precisi, ti dicono esattamente quanto pesa, quanto è alta, quando è nata e così via, anche se si tratta di un personaggio immaginario. E poi, ci sono i video in cui questa bella ragazza – che però si capisce che è un robot musicale, perché le hanno disegnato la manopola del volume sulla minigonna e un equalizzatore sul braccio – canta canzoncine di vario genere.

Io sono certamente aperto alle nuove tecnologie, però questa è… oltre. Non so nemmeno oltre cosa, però è sicuramente oltre.

[tags]giappone, video, tecnologia, icommons[/tags]

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sabato 26 Luglio 2008, 08:54

Giocando coi computer

Siccome oggi sono in viaggio, vi lascio sul blog qualcosa da scoprire: un videogioco per PC di qualche anno fa. Si chiama Big Rigs: Over The Road Racing, e, come racconta la scatola, permette al giocatore di compiere una folle corsa per le strade degli Stati Uniti alla guida di un enorme camion, con lo scopo di consegnare il carico prima degli avversari e a qualsiasi costo, evitando gli inseguimenti della polizia.

Peccato che, una volta aperto, si scopra che il gioco ha alcuni piccoli problemi. Per esempio, il camion, apparentemente renderizzato da un Atari 2600, non ha alcun carico da consegnare, nè è possibile ottenerne uno. Questo comunque non impedisce al giocatore di gareggiare, visto che il suo camion può comunque completare il percorso e, nel caso arrivi primo, vincere la coppa:

Yourewinner-38601.jpg

Certo, la vittoria è un po’ sgrammaticata, perché in inglese come in italiano ci vorrebbe un qualche tipo di articolo o pronome prima di “winner”; ma volete mettere la soddisfazione di alzare la coppa? ammesso che ci riusciate, naturalmente, visto che come si vede dall’immagine la coppa ha tre maniglie, forse quattro, e deve quindi essere stata progettata per un camionista alieno.

Comunque, alle volte la vittoria sarà più facile di come sembra, perché il controllo di posizione è buggato e, nei circuiti circolari, la vittoria vi verrà assegnata prima ancora che partiate. Ma anche se doveste disputare veramente la gara, non preoccupatevi: potete tranquillamente tirare diritto, visto che gli ostacoli – case, pali, staccionate, muri… – apparentemente sono inconsistenti, e il vostro camion potrà passarci tranquillamente attraverso. Certo, ciò è problematico per i ponti, visto che anche se li imboccate sprofonderete e discenderete il costone della valle, ma poi lo potrete risalire senza problemi: difatti, il vostro bestione si inerpica senza minimamente rallentare su qualsiasi pendenza del terreno, anche verticale. State solo attenti a non oltrepassare le montagne che cingono lo scenario di gioco, perché finireste per addentrarvi all’infinito dentro un inquietante nulla grigio. Se però foste in ritardo, avete comunque un trucco a vostra disposizione: infilando la retromarcia, il vostro camion comincerà ad accelerare, ed accelerare, ed accelerare, arrivando a indietreggiare a una velocità (secondo il display del gioco) di diversi milioni di chilometri all’ora; ma basterà rilasciare il tasto perchè il camion si fermi di botto.

In ogni modo, anche tutti questi piccoli dettagli saranno insufficienti a mettervi in difficoltà: perché, vedete, c’è anche il problema che manca l’intelligenza artificiale dell’unico altro concorrente della gara, per cui esso rimarrà fermo prima della linea di partenza, permettendovi agevolmente di vincere in qualsiasi caso, vista anche la totale assenza di altri veicoli, tra cui la millantata polizia; e di ripetere l’esperienza nei ben cinque circuiti del gioco, anzi quattro perché selezionando il quinto il gioco si pianta e ritorna al menu iniziale.

Crediateci o no, non è uno scherzo: questo gioco è stato veramente collocato sugli scaffali dei negozi nel Natale del 2003, e distribuito addirittura da Activision (che ormai, detto fra noi, è diventata una classica EvilMegaCorp: basta vedere come ha devastato Guitar Hero da quando l’ha preso in mano). Pare abbia anche venduto discretamente, se non altro per le palle marchettare stampate sulla confezione.

C’è chi dice che sia stato un esperimento, per vedere quante copie di un gioco non funzionante si potevano vendere semplicemente con il marketing e la spinta sui canali distributivi; o addirittura che sia stata una geniale mossa commerciale per realizzare un gioco talmente brutto da far parlare di sé (infatti ha vinto premi a mani basse come peggior gioco di tutti i tempi: qui la leggendaria video-recensione di GameSpot) e quindi da venire acquistato per tale motivo.

La realtà è che la compagnia che lo ha prodotto, tale StellarStone, si vanta del proprio modello di business: affittare ad aziende occidentali giovani programmatori russi per un costo che è una frazione del normale. In pratica, la realizzazione del gioco è stata subappaltata in Russia con un budget con cui, al giorno d’oggi, si fa a malapena il sito Web di una salumeria; naturalmente il risultato non è stato particolarmente aderente alle aspettative, ma in fondo ai manager non importava, tanto bastava mettere la scatola sugli scaffali e qualcuno l’avrebbe comprato lo stesso.

E’ veramente incredibile pensare che ci possa essere qualcuno, nei paesi sviluppati, che basa il proprio business sulla competitività dei propri prodotti software, ma che poi per risparmiare va a dare in outsourcing l’implementazione a sconosciuti sviluppatori del secondo e terzo mondo, solo perché costano di meno e promettono di realizzare lo stesso prodotto per un quarto del prezzo. E’ solo alla fine che si scopre che, purtroppo, non è lo stesso prodotto.

E’ davvero incredibile, eppure è la politica che adottano i tre quarti delle software house italiane che conosco direttamente, comprese quelle con piani di competizione mondiale…

[tags]videogiochi, big rigs, peggior gioco di tutti i tempi, outsourcing, programmazione[/tags]

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martedì 22 Luglio 2008, 15:11

Tiscali!

Ero qui tranquillo che smazzavo la mia posta guardando la fuga di Cunego al Tour, quando nel mio Thunderbird è apparsa una mail da Tiscali, il mio fornitore di ADSL. Curioso, l’ho aperta: mi comunicavano che la mia richiesta di modifica dei dati personali – cambiando il numero di conto in banca e l’indirizzo, che loro avevano originariamente caricato in modo errato – era stata accolta e processata, e si scusavano perché “la mancata modifica dei dati di pagamento è dovuta al processo di migrazione dei sistemi, verso una nuova piattaforma di gestione.”.

Io mi ricordavo di avere inviato questa richiesta tramite il loro sito Web “130 fai da te”, ricevendo in cambio un sacco di errori; ma era molto tempo fa, in una delle prime fasi di tutte le mie peripezie con Tiscali (risolte con il pagamento di una fattura via carta di credito per telefono, dopo il primo post sul blog; per la seconda dovrebbe partire il RID, ma a questo punto non sono più sicuro di niente). Ma era proprio molto tempo fa, parecchie puntate prima di quella.

Così ho controllato, anzi, nella mail stessa c’era scritto quando avevo inviato la richiesta di assistenza a cui loro stavano ora per la prima volta rispondendo: esattamente lunedì 11 febbraio 2008 alle ore 11:33:26.

Beh, come tempo di risposta a una richiesta di assistenza online, cinque mesi e mezzo non è male: ammiro comunque la perseveranza!

[tags]tiscali, assistenza, customer care, piani di migrazione ben studiati, le meraviglie delle corporation moderne[/tags]

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giovedì 17 Luglio 2008, 09:36

Un parere spassionato su iPhone e simili

Non si dovrebbe mai parlare di cellulari con un grande blogger come Fabbrone e un grande non-blogger come Simone C.: non appena ho scritto questo, il mio venerato Nokia 6620 del Natale 2002 è morto sul colpo (o meglio, è morta la sua colonna sonora, e tutte le suonerie sono diventate mute, impedendomi di accorgermi delle chiamate).

La buona notizia però è che questo mi ha permesso finalmente di farmi una opinione di prima mano sui cellulari dell’evo moderno; non sull’iPhone di cui tutti parlano, ma su un suo concorrente piuttosto simile. Infatti, in azienda avevamo un residuo di smart phone di fascia alta dello scorso anno, comprati per un progetto a termine e poi rimasti lì; e così, nella necessità, ho rimediato al volo un HTC P3600.

Stando al duo di two non-blogs di cui sopra, si tratta di un telefono fichissimo: ha uno schermo enorme, due fotocamere da due megapixel, il bluetooth, il wi-fi, l’UMTS, sopra ci gira Windows e può farti anche la pasta in PDF. Così mi sono messo di buzzo buono e ho provato ad adottarlo come cellulare.

La batteria era a terra, e ci ho messo venti minuti per trovare il buco dove infilare la presa del caricatore, o meglio per scoprire che si infila nel buco dell’USB, anche se sull’oggetto, vicino al buco, non c’è alcun simbolo che indichi “corrente” ma solo quello che indica “segnale”; e il buon Beccari, mitico professore al Politecnico, m’insegnò che dove va il segnale non va la corrente, pena il crollo del cielo sulla testa.

In compenso, ci ho messo un’ora (ma veramente!) per riuscire ad aprirlo e metterci la SIM; alla fine, ho chiesto a un collega il quale mi ha descritto via chat una specie di manovra di Heimlich, tipo “metti il palmo di una mano sullo schermo e l’altro palmo sul retro, poi schiaccia con forza e spingi in due direzioni contrapposte”. E dire che avevo cercato il manuale; nella confezione c’era sì un volumetto di 80 pagine, ma erano le condizioni di licenza di Windows e annessi; il manuale, quello che serve a qualcosa, non te lo danno, ed esiste solo online; lo cerchi, lo trovi, lo scarichi, lo apri, e dopo scartabellamento ti dicono che le istruzioni per aprire il retro sono in un altro manuale, quello di “avvio rapido”; trovi pure quello, e finalmente arrivi alla fatidica istruzione, che dice testualmente: “1. Aprire il coperchio.” Ah, grazie!!!

Perlomeno, durante l’ora di ispezione ho scoperto un fenomeno strano; anche se questo oggetto è un mattone, è grosso e pesante il doppio del mio vecchio Nokia e sembra di portarsi dietro un panetto di piombo, ha degli angolini progettati da un coreano con le manine da puffo. Da uno di questi angolini, infilando l’angolo di un’unghia, esce fuori un cottonfioc di metallo, che ho guardato con stupore; poi mi hanno spiegato che esso serve a battere sullo schermo per selezionare le opzioni.

E così, l’ho caricato, l’ho acceso, e mi sono trovato a battere sullo schermo come Woody Woodpecker, quindici volte di fila per settare l’orologio a ore tre, e poi quarantasette per i minuti. Comodo!

Essendo che il cellulare era stato già usato, per prima cosa ho cercato di cancellare la rubrica; non si può. Puoi fare milioni di fantasmagoriche operazioni usando Windows, ma svuotare la rubrica no; ho dovuto fare un reset hardware e reimpostare tutto da capo. E poi, la mia prima telefonata.

E’ lì che ho realizzato un aspetto che mi era sfuggito, ma che è piuttosto basilare: questo coso non ha i tasti coi numeri.

Cioè, signori, lo passano per un cellulare fichissimo, ma non c’è modo di comporre un numero di telefono. A meno naturalmente di: bootare Windows, estrarre il pennino, battere qua e là alla maniera di Woody, far venir fuori un tastierone numerico sullo schermo, e ribattere sui numeri di telefono. Oppure battere qua e là per far venir fuori la rubrica… e poi, visto che non ci sono i tasti coi numeri, non puoi arrivare alla lettera che ti serve semplicemente premendo un tasto; di nuovo, devi battacchiare qua e là.

Ora, un cellulare serve a fare tre cose: telefonare, scambiare SMS e svegliarmi al mattino quando devo prendere l’aereo. Queste tre cose, in codesto oggetto, richiedono dieci volte lo sforzo del mio Nokia di dieci anni fa. Per esempio, immaginate di stare arrivando sotto casa della vostra metà e di volerle fare uno squillo per invitarla a scendere: non mi sembra una esigenza strana, anzi lo fa metà della popolazione terracquea tutte le sere. Con il cellulare precedente, potevo schiacciare tre tasti tre per arrivare a selezionare il numero; al momento buono, bastava schiacciare il pulsante verde. Si poteva fare senza problemi nei venti secondi di attesa all’ultimo rosso, o persino guidando. Si poteva addirittura semplificare facendo in modo che bastasse tenere schiacciato un solo tasto numerico per far partire la chiamata.

Con questo nuovo oggetto, io, mentre guido, dovrei estrarre un cottonfioc di metallo, fare Woody Woodpecker per trenta secondi in mezzo a una interfaccia con decine di icone e voci di menu di 3×3 millimetri l’una – il tutto in equilibrio precario e mentre tengo il volante coi denti – e poi tenere premuto il cottonfioc per un secondo contro lo schermo, mi raccomando senza lasciarlo mai. E badate bene di non preselezionare il numero quando uscite di casa, perchè entro un minuto, per risparmiare la sua batteria che dura più o meno un quarto d’ora, l’oggetto si spegne da solo!

Non ho peraltro dubbi che con qualche centinaio di dollari di costi di licenza io possa sviluppare una meravigliosa applicazione custom per Windows Mobile, che mi permetterà di fare la stessa cosa che fa un Nokia da 30 euro, cioè squillare la mia fidanzata in un secondo senza slogarmi il becco a forza di picchiare…

E dire che mi avevano avvertito: tutti gli altri colleghi che avevano già provato questo coso, passati i primi tre minuti di orgasmo tecnofiliaco, erano tornati di corsa ai loro vecchi cellulari. Ma dopo questa esperienza non ho dubbi: se uno vuole usare un PC, guardare le mail, navigare su Internet, si porta il portatile, magari comprandosene uno leggero e non un padellone da 19″; quanto al telefono, mi cercherò quanto prima un Nokia da 30 euro che faccia le cose che deve fare un cellulare, invece di costringermi a litigare con una interfaccia grafica pure per mandare un SMS alla mamma.

[tags]iphone, smart phone, cellulari, nokia, htc[/tags]

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sabato 5 Luglio 2008, 09:02

Strumenti per viaggiare

TripAdvisor è ormai uno strumento indispensabile per pianificare i miei viaggi, e in particolare per trovare un albergo in città sconosciute. Esso dispone di tre grossi vantaggi: il primo è che ti permette di trovare facilmente una lista di alberghi del posto che non siano topaie – e se la distinzione tra il primo e il decimo del ranking può essere opinabile, di solito a prendere un albergo della parte alta della classifica non si sbaglia. Il secondo è che ti permette di leggere le recensioni di viaggiatori che sono stati lì prima di te, che spesso contengono informazioni utili come indicazioni per muoversi, risposte a domande come “ma è pulito? ma è tranquillo?” e persino consigli come “chiedete una camera sul retro perché il davanti è rumoroso”. Il terzo è che, una volta individuato un potenziale albergo, è possibile ricercare in parallelo su vari siti le tariffe migliori, e alle volte questo mi ha permesso di risparmiare il 20-30 per cento per lo stesso pernottamento (una volta trovai il Park Inn di Alexanderplatz, quattro stelle nella torre simbolo di Berlino Est, a 59 euro a notte per camera doppia…).

Da qualche mese lo hanno anche tradotto in italiano, e quindi non ci sono più scuse per non usarlo. In più, ora è possibile anche realizzare la mappa dei luoghi dove si è stati, non solo tramite le proprie recensioni di alberghi (io tendo a farle sempre quando torno) ma anche flaggando i vari luoghi; così mi sono divertito a fare la mia. Sono curioso di vederne altre…

[tags]tripadvisor, viaggi, alberghi, mappa[/tags]

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