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Archivio per la categoria 'TorinoInBocca'


martedì 10 Luglio 2012, 10:05

Mi manifesto, contro la corruzione

Venerdì scorso, al Palazzo di Giustizia di Torino, si è concluso il processo per l’episodio di tentata corruzione all’Amiat di cui fu vittima Raphael Rossi, a cui fu offerta una mazzetta per non ostacolare l’acquisto di un macchinario del costo di 4,5 milioni di euro che non serviva sostanzialmente a nulla.

Io, con tanti altri cittadini, ho risposto all’appello per essere presente davanti al tribunale prima dell’udienza per una singolare e colorata manifestazione.

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Il problema della corruzione, difatti, è che almeno in Italia è considerata un problema minore. Lo testimonia anche l’esito del processo: nonostante gli eventi siano stati provati, i responsabili dell’azienda che doveva vendere il macchinario sono stati condannati a pene abbastanza lievi, con la condizionale, che andranno senz’altro in prescrizione prima dell’appello (alcune delle accuse si sono già prescritte). I politici e i dirigenti pubblici coinvolti nel processo sono stati assolti, tranne l’ex presidente Amiat Giordano, del PDCI, che aveva già patteggiato una condanna a un anno. Alla fine, non pagherà nessuno.

La corruzione costa alla collettività italiana l’astronomica cifra di 60 miliardi di euro l’anno, una cifra che potrebbe risolvere molti dei nostri problemi economici, ma le istituzioni recuperano solo alcune decine di milioni di euro l’anno. Del resto, la risposta delle istituzioni alla vicenda Amiat è stata sconcertante: invece di essere premiato, Rossi è stato praticamente costretto ad andare via da Torino per poter lavorare. La Città non si è mai costituita parte civile, mentre l’ha fatto l’Amiat, dopo due anni di insistenze e pressioni pubbliche. Nonostante le mozioni del consiglio comunale, la Città non ha nemmeno aiutato Rossi con le spese legali, né promosso la visibilità del processo.

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Per questo venerdì eravamo lì davanti: per ribadire che la corruzione va denunciata e combattuta, e che serve un cambio radicale di rotta su questo tema. Raphael ha costituito l’associazione dei Signori Rossi, che ha iniziato a portare avanti iniziative sul tema. Serve però una presa di coscienza di tutti, perché solo una sorveglianza collettiva può cambiare le cose.

[tags]corruzione, amiat, torino, raphael rossi, processo[/tags]

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mercoledì 4 Luglio 2012, 10:40

Variante 200, la variante che uccide

Di storie incredibili, in un anno in Comune, ne ho viste tante: ma quella che vedete nel video le batte tutte. E’ la storia di una azienda mandata in fallimento dalle scelte urbanistiche e dalla lentezza dell’amministrazione comunale, e più precisamente dalla famosa Variante 200, proprio quella che viene continuamente sbandierata come un meraviglioso progetto di rinnovamento e sviluppo di Torino.

Ho conosciuto Roberto Padoan, il patron di Scubatica, alcuni mesi fa: lui si è rivolto a tutte le forze politiche e autorità cittadine, io sono stato l’unico a rispondere. Mi ha raccontato la storia che sentite nel video: quella di un imprenditore con un progetto innovativo che si indebita per centinaia di migliaia di euro per portarlo avanti, comprando una vecchia fabbrichetta meccanica e investendo sui prodotti.

Tutto va bene fin che non arriva il Comune a dirgli di punto in bianco che, per favorire l’accesso al nuovo quartiere della Variante 200 che devono costruire oltre il suo stabilimento, hanno deciso di allargare la futura via Regaldi rispetto a quanto previsto dal piano regolatore sin dal primo Novecento, nonché di costruire l’immancabile rotonda all’angolo con via Pacini, e dunque gli portano via un bel pezzo di fabbrica.

Senza la fabbrica in cui farli, però, non si possono realizzare i nuovi prodotti; e dunque bisogna fermare tutto e trovare una nuova sede, che però costa, come costa traslocare macchinari di stampaggio alti quattro metri e pesanti tonnellate. Se prima non si vende la sede attuale, non ci sono i soldi per spostarsi; altro credito ovviamente non te ne fa nessuno; ma chi comprerà una fabbrica dimezzata?

Qui entra in gioco il Comune, che suggerisce la seguente soluzione: la Città rende il terreno edificabile per un bel palazzo di otto piani, così gli immobiliaristi lo comprano e Scubatica ha i soldi per spostarsi. Peccato che, nonostante le promesse, nessuno compri, o comunque vengano fatte offerte a prezzo stracciato, insufficiente a pagare anche solo le spese di trasloco.

Il motivo ufficiale è che “il mercato è in crisi”, ma mettetevi nei panni di chi vive di speculazioni immobiliari: Scubatica non può portare avanti il proprio business plan, ma deve continuare a pagare costi, stipendi, mutui per l’acquisto della sede ora inutile; con l’attività ridotta, conseguente alla mancata espansione, non ce la può fare. La vicenda burocratica si trascina per due, tre anni; ogni volta il Comune minaccia l’arrivo imminente delle ruspe – questione di settimane – ma poi c’è sempre un motivo per cui tutto resta fermo. A forza di perdite, Scubatica non può che fallire; e dunque perché darsi la briga di comprare ora, quando si può comprare a metà prezzo tra pochi mesi dal curatore fallimentare?

La cosa pazzesca è che il Comune dovrebbe fare gli interessi di tutti; di chi costruisce, ma anche di chi già si è insediato lì; progettando una trasformazione come questa, dovrebbe comunque difendere chi ci si trova in mezzo. Difatti per prima cosa abbiamo chiesto che l’assessore Curti facesse il proprio lavoro di “moral suasion”; in risposta a una nostra interpellanza, l’assessore aveva detto che tutto andava bene e che le offerte di acquisto del terreno stavano partendo. Abbiamo sollecitato ancora, in questi mesi, e non è successo nulla.

Infatti, quando si tratta di fare una variante al piano regolatore – operazione che, per legge, può essere fatta soltanto nel pubblico interesse, e non per l’interesse di privati – gli operatori immobiliari diventano “partner” che aiutano la “trasformazione urbana”; quando si tratta dei diritti dei cittadini, diventano privati a cui l’amministrazione non può imporre nulla, per colpa naturalmente del “mercato”.

E però, tramite lo strumento urbanistico del “piano particolareggiato”, l’amministrazione può invece imporre a Scubatica e agli altri proprietari di realizzare il progetto della variante, costruendosi da soli i palazzi se necessario, oppure espropriargli i terreni a basso prezzo e in più addebitargli i costi della demolizione e della bonifica dei loro edifici!

In nome dell’ennesima speculazione venduta come grande progetto per il bene di tutti, il Comune considera l’azienda come una vittima collaterale; addirittura, Padoan racconta come i tecnici comunali gli abbiano detto che è colpa sua, che quando si è insediato lì ha effettuato un “incauto acquisto”, perché avrebbe dovuto immaginare che il Comune due anni dopo magari avrebbe voluto allargare la strada…

La Variante 200, al momento, è un morto che parla; Torino è già piena di decine di migliaia di nuovi alloggi vuoti e invendibili – a cui peraltro Fassino, dopo aver spremuto le famiglie e le aziende fino al massimo delle aliquote, ha appena concesso agevolazioni sull’IMU – e anche chi doveva investire in quell’area ora non è più così certo di volerlo fare. La seconda linea di metropolitana è fumo negli occhi, lo Stato ha già negato persino il primo timido finanziamento per le due fermate dal passante ferroviario al San Giovanni Bosco. Vedremo se e quando partiranno dei lavori, ma nel frattempo ci sono già le prime vittime: le persone di Scubatica, messe in mezzo a una strada.

P.S. Per chi fosse interessato, giovedì 19 luglio alle 21 in via Lessona 1/E faremo una serata a tema sull’urbanistica di Torino, spiegando come funziona il piano regolatore e dove sono previste le prossime colate di cemento. Non mancate!

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lunedì 18 Giugno 2012, 11:55

La giustizia a Torino e il Palazzo del Lavoro

Per chi, come noi, sostiene da tempo la lotta dei cittadini di via Ventimiglia e del comitato SalvaItalia61 contro la trasformazione del Palazzo del Lavoro in un centro commerciale (nel video vedete una nostra piccola manifestazione dello scorso dicembre e tutte le ragioni della protesta), venerdì è stata una grande giornata: una sentenza del TAR Piemonte ha completamente annullato le delibere di consiglio comunale che approvavano la variante al piano regolatore che permetteva il progetto, riazzerando tutto.

E’ meno bello, però, scoprire esattamente perché il TAR Piemonte ha considerato illegittimo il progetto. E’ perché si tratta di un monumento nazionale, opera del grande architetto Pier Luigi Nervi costruita per celebrare il centenario dell’Unità d’Italia, e come tale meritevole di rispetto e tutela e magari di un uso pubblico, per qualcuno dei tanti servizi utili al quartiere? No, assolutamente, anzi la vendita del palazzo dal Demanio e dal Comune ai nuovi proprietari – la società Pentagramma, ovvero Gefim, uno dei maggiori immobiliaristi privati torinesi, e Fintecna, impero delle partecipazioni statali – è stata considerata legittima.

E’ perché il terreno sotto il palazzo è inquinato? No, perchè è vero che il terreno è pieno di metalli pesanti e residui industriali pericolosi per la salute – si dice che nella prima metà del Novecento fosse usato come discarica per le lavorazioni del Lingotto – ma siccome il Comune ha modificato la destinazione del terreno in commerciale, e siccome i limiti di legge per l’inquinamento delle aree commerciali sono molto più alti di quelli per le aree verdi e residenziali, il terreno del palazzo non è legalmente inquinato; anche se lo stesso identico terreno un metro più in là, oltre la recinzione, dentro il parco di Italia ’61 e nel giardinetto dell’asilo nido Il Laghetto, è invece legalmente inquinato, dato che si applicano i limiti di legge più bassi; ma quelli sono terreni comunali e dunque la bonifica è a nostro carico.

E’ perché il nuovo insediamento attrarrà ulteriore traffico in una zona già completamente intasata, con code di chilometri alla Rotonda Maroncelli e su via Ventimiglia nelle ore di punta, danneggiando ulteriormente la salute dei residenti con l’inquinamento? No, anche se non ci sono i soldi per fare sistemazioni viabili più complesse di un paio di rotonde e corsie di uscita, quello non è un problema.

E’ perché un centro commerciale in quel palazzo ucciderebbe tutti i negozi del quartiere nel raggio di diversi isolati? Un po’ sì, ma per i piccoli negozi non si sarebbe certo scomodato il TAR.

Infatti, il motivo per cui il TAR Piemonte ha bloccato tutto è il ricorso della società 8 Gallery Immobiliare, che gestisce l’omonimo centro commerciale promosso dalla Fiat e poi rigirato nel vortice delle finanziarie immobiliari; ovviamente l’8 Gallery sarebbe danneggiata dalla concorrenza di un altro centro commerciale in zona, e dunque hanno fatto ricorso e hanno vinto.

Sicuramente, se quelli di 8 Gallery hanno vinto, avevano ragione; eppure il commento di corridoio più frequente è che “solo la Fiat poteva vincere un ricorso al TAR contro il Comune”. Già, perché i ricorsi al TAR Piemonte da parte di cittadini e comitati contro la cementificazione del territorio e la svendita dei beni comuni si sprecano; e però, tutti questi ricorsi sono generalmente respinti, e vince regolarmente il Comune. L’ultima è l’ordinanza, uscita anch’essa venerdì, con cui il TAR Piemonte boccia il ricorso del comitato referendario dell’acqua pubblica contro la svendita di GTT, Amiat e TRM, con la motivazione per cui i cittadini non avrebbero il diritto di contestare per vie legali il modo in cui il Comune vende la proprietà di tutti, anche nel caso in cui tale modo fosse eventualmente illegale o irregolare.

Sicuramente, se i cittadini hanno perso, avevano torto; eppure si nota come, quando i cittadini hanno la forza di appellarsi al Consiglio di Stato, lasciando Torino e andando a Roma, le cose non di rado cambiano. Per esempio, il ricorso contro la speculazione immobiliare sull’area ex Fiat Isvor di corso Dante, anch’essa in mano a Gefim, è stato bocciato a Torino, ma a Roma il Consiglio di Stato ha invece subito concesso una sospensiva (siamo in attesa della sentenza).

Non sfuggirà ai lettori attenti che pochi mesi fa il presidente del TAR Piemonte Franco Bianchi è stato indagato perché, secondo l’accusa, si sarebbe messo d’accordo col segretario generale del Comune di Torino nella gestione Chiamparino, Adolfo Repice: Bianchi avrebbe aggiustato le sentenze del TAR in favore della segreteria comunale, e Repice in cambio avrebbe provveduto a una raccomandazione per far entrare il figlio di Bianchi in Rai come regista televisivo. L’inchiesta è in corso, vedremo come finirà; nel frattempo Bianchi è andato a casa con una lauta pensione, a nostre spese (non si sa se suo figlio sia poi entrato in Rai, a nostre spese; Saccà nega).

E dunque non si può che concludere che a Torino, oltre a fare un bel repulisti della politica, sarebbe proprio il caso di buttare un occhio anche sulla magistratura.

[tags]magistratura, tar piemonte, 8 gallery, palazzo del lavoro, torino, cittadini, politica[/tags]

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venerdì 15 Giugno 2012, 12:07

L’insostenibile pesantezza dell’IMU

Se c’è una cosa che mi sorprende sempre di moltissimi italiani, è che più vengono maltrattati e più chinano la testa. Solo così si spiega il fatto che a fronte di un governo di gente scelta non dagli elettori ma dalle banche, che guadagna decine di migliaia di euro al mese (qualcuno sette milioni di euro l’anno), e che impone a tutti una tassa mostruosa come l’IMU, peraltro pasticciandola fino a renderla ingestibile, senza aver ancora nemmeno provveduto a tagliare gli stipendi dei parlamentari e dopo avere esentato dall’IMU stessa le suddette banche, la reazione degli italiani sia quella di mettersi ordinatamente in fila allo sportello per compilare un modulo astruso e versare allo Stato una mesata di stipendio o giù di lì come tassa sulla casa.

Intanto è bene chiarire una cosa: il Comune in questa vicenda è soprattutto un esattore per conto di Monti. L’IMU sulla prima casa resta al Comune, ma lo Stato ha contemporaneamente tagliato i fondi a ciascun Comune per l’equivalente dell’IMU sulla prima casa calcolata al 4 per mille; dunque in realtà al Comune resta solo la differenza, nel caso in cui applichi un’aliquota più alta. Sulle seconde case, invece, l’introito è diviso a metà tra Comune e Stato. Nel complesso, dunque, più di metà del gettito va nelle casse nazionali.

A fronte di una situazione del genere, un sindaco coscienzioso avrebbe dovuto fare una sola cosa: disobbedienza civile. Avrebbe dovuto dire: se volete aumentare le tasse agli italiani, andate avanti voi e non mandate avanti me. Avrebbe dovuto far notare che molte famiglie non sono assolutamente in grado di pagare alcune centinaia di euro sulla casa in cui vivono, e su cui spesso, con gran fatica, stanno ancora pagando il mutuo. Avrebbe dovuto farlo in pubblico, anche con gesti clamorosi. Ma non ora: avrebbe dovuto farlo mesi fa.

E infatti, il 19 aprile noi abbiamo presentato un ordine del giorno che chiedeva più o meno questo; e la maggioranza, dopo aver sforbiciato le parti più polemiche, ha pure approvato la versione rivista. Ma per scherzo, perché poi Fassino ovviamente non ha fatto nulla di tutto ciò.

Al contrario, vista anche la situazione disperata delle casse comunali, Fassino ha alzato le aliquote il più possibile. La proposta della giunta dice 5,75 per mille per la prima casa e 10,6 per mille – il massimo – per le altre, tutte, senza nemmeno più la distinzione tra sfitte e affittate, con pochissime riduzioni. E qui, in ottica di riduzione del danno, noi abbiamo presentato da settimane le nostre richieste; abbiamo chiesto un trattamento agevolato per chi sta ancora pagando un mutuo significativo, e poi per tutta una serie di situazioni che fino all’anno scorso sono (quasi tutte) sempre state equiparate alla prima casa e che oggi, grazie a Monti, non lo sono più, a partire dalle case date in uso gratuito come prima casa ai parenti fino al secondo grado, da quelle rimaste vuote degli anziani che sono in casa di riposo, e poi quelle acquistate tramite cooperativa, quelle occupate abusivamente da terzi, quelle date in uso all’ex coniuge dopo il divorzio (abbiamo anche chiesto che il governo si occupi di ripartire equamente le detrazioni tra gli ex coniugi). Abbiamo chiesto che tutte le pertinenze della prima casa usate direttamente (cantina, box ecc.) siano tassate alle aliquote della prima casa, mentre il regolamento della giunta prevede che solo una per tipo lo sia. Abbiamo poi chiesto che vengano corrette le rendite catastali, che spesso contengono errori macroscopici, come appartamenti identici dello stesso palazzo che risultano in zone diverse della città e con rendite molto diverse.

Di tutto questo, la questione degli anziani e quella dei divorziati è stata affrontata a livello nazionale, mentre a livello locale è stata accolta la questione delle cooperative e sarà concesso uno sconto dal 10,6 al 7,6 per mille alle case date ai parenti, ma solo per i parenti di primo grado (genitori e figli) e non quelli di secondo (fratelli, zii, nonni). Ci saranno agevolazioni per le case in affitto convenzionato. Tutti gli altri, probabilmente, pagheranno il massimo; noi possiamo anche proporre degli emendamenti, ma difficilmente passeranno.

L’effetto dell’IMU sarà pesante: un normale appartamento da 70 mq in periferia, anche con le detrazioni da prima casa, paga alcune centinaia di euro; se poi per caso se ne possiede un altro, magari comprato in tempi migliori o ereditato, solo per quello si arriva tranquillamente a un migliaio di euro o più. Ma forse non ve ne rendete conto; già, perché la prima rata è calcolata sulle aliquote base, mentre la vera mazzata arriverà a dicembre – un trucchetto deciso all’ultimo per rimandare la rivolta. Ma c’è di peggio: se in autunno i conti dello Stato e/o del Comune non torneranno, entrambi gli enti potranno ancora aumentare le aliquote…

Ora, capite che leggere sui giornali cittadini di questi ultimi due giorni la gara tra PD e PDL a chi contesta di più l’IMU fa davvero girare le scatole. Già, perché questi due partiti sono proprio quelli che reggono il governo Monti che l’ha decisa, nonché quelli che hanno retto l’Italia portandola nella situazione in cui sta. I giornali, invece di partecipare a questo teatrino, dovrebbero scandalizzarsi per la lunga lista di poteri più o meno forti che non la pagheranno, grazie agli aggiustamenti approvati in Parlamento da questi partiti.

Del resto, durante la prima riunione di commissione sul tema ormai molte settimane fa, quando ancora non era stato deciso a livello nazionale, qual era la prima richiesta di agevolazione menzionata da entrambi questi partiti? I grandi costruttori edili con tante case invendute. Alla faccia dell’italiano medio.

[tags]imu, tasse, monti, fassino, torino, casa, governo[/tags]

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mercoledì 6 Giugno 2012, 16:49

Fassino e le bici

Domenica scorsa io, Chiara e moltissimi attivisti del Movimento torinese abbiamo partecipato al Bike Pride, insieme a migliaia di persone; un mare di biciclette che ha invaso la città, accolto generalmente – a parte l’inevitabile manipolo di automobilisti frustrati – con grande festa da tutti i passanti. Nessuno si aspettava davvero una partecipazione del genere; alcuni giornali hanno parlato persino di ventimila biciclette.

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E’ da quando siamo entrati in Comune, e ormai è un anno, che lavoriamo sulla mobilità ciclabile. O meglio, ci proviamo; perché è un anno che a tutte le proposte, richieste e segnalazioni viene risposto che “bisogna aspettare il bici plan”. Il bici plan sarebbe un allegato al piano della mobilità del Comune, il cosiddetto PUMS, che fu approvato nel febbraio 2011 (più di un anno fa, c’era ancora Chiamparino). L’allegato dovrebbe indicare quali sono le piste ciclabili e le altre infrastrutture per ciclisti che la Città intende realizzare nei prossimi anni.

Ora, già non si capisce, se davvero la ciclabilità è importante, perché non abbiano semplicemente inserito il piano ciclabile dentro il PUMS, insieme alle nuove strade e ai progetti per i mezzi pubblici; dubbio che si aggiunge a quello sull’ostinazione con cui le biciclette sono ancora in buona parte assegnate alla categoria “Ambiente” anziché alla categoria “Trasporti”. Comunque, questo “bici plan” è diventato un vero Santo Graal della nostra attività amministrativa; è passato un anno e ancora non ne abbiamo visto nemmeno una bozza, e nel frattempo le proposte in materia – ad esempio una nostra mozione presentata a dicembre che propone una serie di criteri di banale buon senso, come non far finire le piste nel nulla e non piazzarci in mezzo dei gradini, cose che pure a Torino accadono ordinariamente – vengono tranquillamente insabbiate.

L’amministrazione si è però svegliata dal torpore proprio giovedì scorso – combinazione, tre giorni prima del Bike Pride – quando è stata convocata una commissione in cui gli assessori Lubatti e Lavolta ci hanno presentato… il bici plan? No, quello ancora non c’è, però è stata presentata la presentazione del bici plan, così almeno sappiamo più o meno cosa ci sarà dentro. La presentazione è interessante, però alla fine non dice nulla di trascendentale: qui bisogna soprattutto decidere dove e come fare le piste, e metterci sopra dei soldi. Ma quello sta nel bici plan, che arriverà, si spera, dopo l’estate.

La mattina dopo, La Stampa ha riportato la discussione con un titolo a caratteri cubitali: “Mai più dehors sulle piste ciclabili” – virgolettato, ovvero presentato come dichiarazione degli assessori. Bello! Peccato che proprio quella mattina fossimo in commissione a discutere il nuovo regolamento per l’occupazione del suolo pubblico, e di tale previsione non ci fosse la minima traccia; anzi, ho alzato la mano, ho chiesto agli uffici dell’assessore competente (che non è né Lavolta né Lubatti, ma Curti) e si son quasi messi a ridere, ricordando che i dehors contestati (via Verdi) sono stati autorizzati prima di costruire le piste ciclabili e che comunque non c’è nessuna regola che affronti il problema.

A questo punto ovviamente ho scritto io un emendamento al regolamento in questione, che vieta esplicitamente di concedere dehors, chioschi, installazioni pubblicitarie e simili sulle piste ciclabili e sulle aree dove devono essere costruite; vedremo lunedì prossimo se verrà approvato. Nel frattempo, però, spero che sulle biciclette Fassino si possa dare una mossa; farò sinceramente i complimenti agli assessori se riusciranno a smuoverlo, visto che questa è pur sempre la città dell’auto e che secondo il giornale cittadino, rubrica Specchio dei Tempi, il vero problema di Torino sono i ciclisti.

Per ora, l’unico approccio del sindaco con le bici è quello contenuto nel video che vedete, nel quale non solo vengono commesse infrazioni varie (in bici sotto i portici?), ma si vede il panico di Fassino che interrompe a metà i discorsi per dire “piano, che c’è lo scalino” e, a ben tre isolati dalla partenza, “possiamo andare di là e rientrare in Comune”.

[tags]bici, mobilità, ciclisti, torino, bike pride[/tags]

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giovedì 31 Maggio 2012, 09:14

Lo stadio Filadelfia, gli asili e La Stampa

La prima volta che, molti anni fa, entrai in Municipio da cittadino per ascoltare una commissione consiliare, fu per la vicenda dello stadio Filadelfia, una storia che si trascina da vent’anni tra manifestazioni di decine di migliaia di persone, raccolte di firme, progetti spontanei, collette tra i tifosi, folle sotto il Comune per il minimo incontro tecnico; per non parlare di un paio di sabati (ma c’è chi lo fa ogni settimana da anni) passati a ripulire l’area dalle erbacce o a togliere con un cucchiaio dal terreno di gioco i cocci lasciati dalla festa del quattro maggio, insieme a personaggi come la leggendaria Lorena, una ragazza di Santiago del Cile che venne fino a Torino per aiutare il Fila. Insomma, una lotta autenticamente popolare contro tutti i poteri forti della città, che, se fosse per loro, avrebbero già provveduto, tra uno spintone e l’altro, a realizzare sull’area il famoso “giardinetto della memoria”, ovviamente stretto tra due palazzine dei Recchi (amici degli Agnelli) e una galleria commerciale realizzata dalla DeGa (già parenti di Castellani).

Per questo mi sono profondamente incazzato quando persone intelligenti ma disinformate si sono messe con grande superficialità a criticare lo “stanziamento” di fondi per il Filadelfia a fronte della privatizzazione degli asili, cadendo nella manipolazione de La Stampa – ribadita ieri con l’ennesima letterina pelosa pubblicata da Specchio dei Tempi, la rubrica che dà voce ai cittadini che danno voce alla Fiat, a partire da due o tre lettere a settimana contro i ciclisti, che come tutti sappiamo sono il vero problema di Torino – a cui non è parso vero di poter accostare ad arte le due notizie. Dunque mi pare opportuno raccontare alcune cose.

Intanto, parliamo di un impianto che si chiamerà “stadio” in onore alla memoria storica, ma la cui parte sportiva è costituita in realtà da un campo per gli allenamenti e per le giovanili con alcune migliaia di posti; certo non un terzo stadio in alternativa all’Olimpico e allo stadio Juventus. Ad esso si aggiungeranno però l’accoglienza per i giovani che vengono a studiare calcio in città, il museo del Toro attualmente esiliato a Grugliasco (e pure lì fa più visitatori di vari musei comunali), gli spazi sociali e i locali pubblici per i tifosi e per il quartiere.

Non si tratta dunque di un progetto commerciale come quello dello stadio Juventus (con tanto di ipermercato interno) che pure la Città ha finanziato in maniera ben più ingente tramite agevolazioni sul terreno e sulle licenze, ma di un bene pubblico, di proprietà di una fondazione di cui il Torino sarà solo un affittuario; un progetto voluto proprio dal quartiere, che ha addirittura inserito “Filadelfia” nel proprio nome ufficiale, e che ha la necessità di riqualificare un’area degradata. Non si tratta di un’opera olimpica con una vita di due settimane, che pure abbiamo finanziato con centinaia di milioni di euro, ma di un impianto capace di mantenersi economicamente da solo e di diventare un punto di riferimento per la città.

Quanto ai fondi, a fronte dei 3,5 milioni di euro che il Comune ora dovrà mettere, esso ha ricevuto negli anni quasi sette milioni di euro grazie alle speculazioni edilizie rese possibili dalle cubature generate dall’area dello stadio. E’ vero che 4,3 milioni in realtà sono stati persi; si tratta dei soldi che Cimminelli, il fornitore Fiat vecchio proprietario del Toro, aveva dato in garanzia per la ricostruzione del Filadelfia, e che il Comune avrebbe potuto incassare al suo fallimento. Purtroppo, quando il Comune ha rinegoziato gli accordi con chi ha rilevato il fallimento, ha commesso in maniera del tutto involontaria uno spiacevole errore di stesura del testo, il che ha permesso a chi ha rilevato il fallimento di andare in causa col Comune presso il Tribunale di Torino e vincerla, ottenendo di non dover più pagare questi 4,3 milioni. Ah, vi ho detto che chi ha rilevato il fallimento è la Fiat? Del resto non l’ha detto nemmeno La Stampa.

Comunque, il Comune ha potuto incassare 2,2 milioni di euro di oneri di urbanizzazione dal supermercato Bennet di via Taggia e dalle palazzine costruite grazie alle cubature dell’area, a cui vanno aggiunti 170.000 euro di fondi raccolti quasi vent’anni fa, con una colletta tra i tifosi, dal progetto diretto dall’ex sindaco Novelli (erano molti di più – si dice che solo il Comune mise 600 milioni di lire – ma a quanto pare Novelli ha investito i soldi in titoli che sono andati malissimo, per cui 170.000 euro è tutto ciò che è rimasto). Insomma, il Comune reinveste nell’opera ciò che ha incassato dai privati, che, come sempre in Italia, hanno concluso e guadagnato sulla parte privata dell’operazione da molti anni, mentre le opere pubbliche di compensazione urbanistica, in questo caso il centro sportivo, sono ancora da fare. Inoltre, il resto del costo sarà probabilmente coperto dal Credito Sportivo.

Va inoltre detto che, anche se si fosse deciso di destinare questi fondi ad altro scopo (ammesso che sia legale, dato che gli oneri di urbanizzazione sono destinati ad opere pubbliche di utilità urbana e non per altro), non li si sarebbe potuti usare per gli asili, che sono stati privatizzati non per mancanza di fondi, ma perché, dato che Fassino è uscito dal patto di stabilità, il Comune ha il divieto di assumere o comunque ingaggiare i precari che li tenevano aperti, anche avendo i soldi necessari. Inoltre, gli stipendi delle maestre sono spesa corrente e non possono essere pagati con soldi destinati agli investimenti.

Mi spiace dunque che tante persone si siano fatte prendere dalla disinformazione e dalla manipolazione mediatica riguardo a un progetto portato avanti dal basso, da tante persone, con tanti sacrifici per vent’anni. Purtroppo esiste, specie nella “sinistra bene”, un pregiudizio contro lo sport, il calcio in particolare, visto come attività riservata a maschi trogloditi dal congiuntivo debole. Basterebbe frequentare un po’ gli ambienti legati al Filadelfia per capire che non è così; e poi, va detto che in democrazia ogni cittadino ha il diritto di vedere realizzate le opere pubbliche che ritiene più opportune, e a giudicare dalla partecipazione i torinesi interessati al Filadelfia sono almeno pari, se non di più, a quelli interessati al fatto che gli asili siano gestiti da personale comunale anziché da personale delle cooperative.

Alla fin fine, sarebbe il caso di non cadere in queste guerre tra poveri, quando sarebbe possibile mandare avanti tutti i progetti in parallelo, se solo non avessimo avuto una classe politica che ha spolpato le casse pubbliche fino all’osso e che ora si diverte a giocare con l’informazione per metterci gli uni contro gli altri.

[tags]torino, toro, filadelfia, stadi, la stampa, asili, fiat[/tags]

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giovedì 3 Maggio 2012, 15:31

Un Primo Maggio movimentato

La primavera, si sa, rende l’aria frizzante e risveglia gli animi: così si può spiegare il movimentato Primo Maggio di Torino. Molto è stato scritto in questi giorni sulle contestazioni a Fassino e sugli scontri davanti al Municipio, che avevamo già commentato; io vorrei farvi vedere un paio di video, in modo che possiate rendervi conto direttamente delle cose; viste di persona o comunque in immagini sono tutt’altra cosa, rispetto ai racconti edulcorati e manipolati dei media.

Del primo video impressiona lo smarrimento delle autorità di ogni livello e colore, di Fassino, di Saitta, di Leo, di Chiamparino, murati tra file di poliziotti a perdita d’occhio, in strada con l’aria di non riuscire proprio a capire, a spiegarsi perché improvvisamente la gente li fischi e li attenda per strada per insultarli. Chiamparino risponde con classico disprezzo, di un contestatore dice “di sicuro ha passato tutta la vita in funivia”, senza rendersi conto che è proprio così, che ormai è la stessa buona classe media torinese che fino a ieri li adorava a contestarli, e che proprio questa è la sua condanna. Fassino sembra ancora nella fase della negazione, più tardi dirà che i contestatori sono il solito gruppetto di estremisti e di autonomi – e invece no, è la gente comune, persino quella di età non più verdissima che costituisce la base del corteo del primo maggio, ormai ridotto a rito di una società quasi estinta.

E poi, impressiona la scena del servizio d’ordine del PD, tutto tecnico e organizzato con le pettorine rosse marchiate, che si mette a spintonare una persona che riprende – in mezzo a piazza Castello in un corteo per una festa nazionale, un’occasione che più pubblica non si può – e gli mette le mani sulla telecamera, finché non arriva il consigliere Paolino (che ringrazio) a calmarli e portarli via. Loro, dicono, erano nervosi perché la gente li prendeva a male parole, qualcuno anche a sputi: ma non è un buon motivo per prendersela con chi documenta, anche perché il risultato è che sempre più gente si mette a gridare “siete peggio della polizia” e “fuori il PD dal corteo”.

Di questo secondo video impressiona l’aggressività della polizia: celerini fuori controllo che insultano e inseguono le persone che avevano provato ad avvicinarsi a Fassino. Si sentono chiaramente gli ufficiali cercare di fermarli con ogni mezzo, compresa una bestemmia. Questo è il clima nelle nostre strade, e probabilmente la polizia è rabbiosa anche per trovarcisi in mezzo, per doverne subire le conseguenze in prima persona; finché anche i poliziotti non si stuferanno e si rifiuteranno di scortare i politici.

[tags]primo maggio, politica, torino, pd, fassino, chiamparino[/tags]

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venerdì 13 Aprile 2012, 11:58

Benvenuti a Torino

Sono passati quasi due mesi da quando ho avuto l’opportunità, grazie a un sopralluogo ufficiale, di visitare dall’interno la baraccopoli di Lungo Stura Lazio; una questione su cui continuamente vengono detti fiumi di parole, ma che quasi nessuno conosce veramente.

Sulle sponde della Stura, col passare del tempo, si sono accampati i più disperati della città; in parte sono rom, prevalentemente fuggiti dalla Romania ma anche nostrani, in parte sono immigrati, generalmente romeni anch’essi ma non solo. Centinaia di persone, compresi i bambini, vivono (non per scelta) in condizioni igieniche da terzo mondo che tutti fanno finta di non vedere, o di vedere soltanto per dire “non dovrebbe essere così”.

Il problema è appunto quale possa essere l’alternativa. Torino infatti è una città che da molti anni si occupa anche dei nomadi, spendendo centinaia di migliaia di euro ogni anno, dai tirocini agli abbonamenti GTT passando appunto per la pulizia dei campi. Certo, in una commissione consiliare l’unico rom partecipante, la combattiva signora Vuletic dell’associazione Idea Rom, si è lamentata molto chiaramente proprio di questo: vengono spesi moltissimi soldi per i rom, ma ben pochi arrivano ai rom. La maggior parte si ferma nelle mani di intermediari vari, soprattutto associazioni senz’altro benemerite, ma anche ben agganciate politicamente. I lavori sovvenzionati con questi fondi non vengono dunque fatti svolgere ai rom, che potrebbero così cominciare ad integrarsi e a vivere del proprio lavoro; e questo già cambierebbe un po’ le cose.

Anche in Lungo Stura Lazio è andata così: inizialmente ci si è limitati ai divieti, poi, di fronte al degrado, sono stati dati circa 100.000 euro a un’associazione per fare un po’ di pulizia, dato che Amiat si rifiuta di farla poiché nessuno la paga; non vuole nemmeno mettere un numero adeguato di cassonetti sul Lungo Stura, per cui anche quegli utenti del campo che vogliono smaltire correttamente l’immondizia non possono farlo. Il problema è che l’associazione in questione è Terra del Fuoco, creatura del capogruppo e segretario provinciale di SEL Michele Curto, per cui la spesa ha subito scatenato la polemica politica.

D’altra parte, se si lascia tutto così la città si lamenta, se si spendono soldi per fare qualcosa la città si lamenta; molti parlano di sgomberi senza rendersi conto che anche lo sgombero costa e che si limita a spostare il problema pochi metri più in là, anche perché, non trattandosi di extracomunitari, non si potrebbe comunque espellerli. Ma non si può nemmeno scaricare il problema su chi abita lì vicino e che si trova davanti a ogni genere di problema di convivenza, a partire dal fumo nero e tossico che spesso sale dai roghi accesi nel campo.

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Dunque, che fare? La verità è che non lo sa nessuno. Nel frattempo, molti ci marciano sopra, economicamente e politicamente, pro o contro cambia poco; mentre i più poveri dei poveri, come sempre è stato, si arrabattano da soli come possono dentro le loro baracche, cercando un modo – legale o illegale che sia – di potersi permettere condizioni migliori di vita.

[tags]nomadi, rom, torino, lungo stura lazio, baracche, povertà[/tags]

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mercoledì 11 Aprile 2012, 09:08

Il consiglio comunale più veloce del West

Probabilmente, quello che vedete nel video non è di per sé uno scandalo: in Comune succedono cose ben peggiori. E’ però piuttosto interessante, da una parte per capire le complicazioni della democrazia, e dall’altra per constatare il preoccupante livello di disorganizzazione e di “vita alla giornata” che caratterizza l’amministrazione di Torino.

Il video infatti contiene l’intera seduta del Consiglio Comunale di Torino svoltasi il 5 aprile 2012 alle ore 18: dura in tutto “ben” due minuti e trenta secondi, che diventano cinque minuti e cinquantasette secondi se si include anche l’appello prima di iniziare. Il presidente del Consiglio Comunale effettua alcune comunicazioni, ricorda le prossime sedute e iscrive all’ordine del giorno due delibere, poi chiude i lavori.

Il motivo di questa seduta lampo è presto detto: il Comune è tenuto ad approvare il bilancio consuntivo del 2011 entro il 30 aprile, e devono essere lasciati almeno 21 giorni per discuterlo dopo che la delibera è stata formalmente presentata, che è appunto l’operazione svolta nell’ultimo minuto della seduta. Di qui la necessità di fare questo consiglio proprio adesso, visto che il successivo, già convocato per oggi, sarebbe stato troppo in là.

Il costo di questa seduta è valutabile in diverse migliaia di euro, se si considerano 34 gettoni di presenza da 80 euro l’uno (anche se molti consiglieri non li prenderanno, raggiungendo comunque il tetto massimo mensile) e soprattutto il costo dei dipendenti comunali che hanno dovuto organizzare, gestire e verbalizzare la seduta, tra l’altro in orario di straordinario.

Ora, se la seduta in sé avesse un senso politico, si potrebbe annoverare questa spesa nei normali costi della democrazia, dato che è comunque meglio impiegare qualche euro in più e garantire i diritti di tutti, che avere un’efficientissima dittatura in cui le decisioni sono prese da uno solo a costo zero ma non c’è libertà per nessuno. E di consigli straordinari con un valore politico ce ne sono già stati molti, anche per effetto delle opposizioni, anche nostro, ad esempio quando abbiamo fatto ostruzionismo sulle privatizzazioni o sull’aumento dei biglietti del bus per cercare di migliorare gli atti in extremis o di sollevare l’attenzione del pubblico su quanto stava accadendo.

Comunque, quelli erano consigli veri: nessuno di essi è durato due minuti e mezzo. In questo caso, infatti, il consiglio straordinario non ha un senso politico, ma è solo frutto di disorganizzazione. Infatti, il bilancio consuntivo del 2011 – cioé la chiusura dei conti dello scorso anno, un lavoro che dunque è iniziato già da gennaio – si sarebbe benissimo potuto presentare nel normale consiglio comunale del 2 aprile, per poi approvarlo in quello del 23. Purtroppo, però, tre mesi non sono bastati all’amministrazione per finire il documento, e dunque all’ultimo minuto hanno chiesto un consiglio straordinario il 5 aprile per poterci lavorare tre giorni in più, a cui seguirà un altro consiglio straordinario il 27, che potrebbe essere seguito da un terzo consiglio straordinario il 30 (nel ponte, facendo saltare le ferie dei dipendenti coinvolti) se, come prevedibile, ci sarà ostruzionismo.

In pratica, questo è il risultato della disorganizzazione e della situazione drammatica in cui versa la Città, per cui anche le più basilari operazioni amministrative vengono svolte all’ultimo momento, non sapendo più dove sbattere la testa per far tornare i conti sempre più in rosso: e questo è il vero scandalo di questo video. Andiamo bene…

[tags]consiglio comunale, torino, politica[/tags]

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venerdì 30 Marzo 2012, 12:13

Le multe giuste

Non accade troppo spesso che il giornale cittadino parli delle nostre proposte, ma venerdì scorso è successo – con un bel titolo “I vigili devono fare più multe”. Secondo alcuni, essendo che le multe sono impopolari, non era certo un favore; eppure noi siamo molto contenti che, come potete vedere nel video, la nostra mozione sia stata accolta e approvata dal consiglio comunale.

L’obiettivo, comunque, non è fare “più multe”, ma fare multe più giuste. Fino ad oggi, l’attività sanzionatoria dei Comuni è concentrata soprattutto sugli eccessi di velocità, tramite gli autovelox fissi e i terribili telelaser. Ora, noi troviamo giusto che si dissuada chi vuole usare i viali cittadini come piste da Formula 1, ma troviamo meno giusto che i limiti di velocità non siano adeguati alla normalità del traffico: su uno qualsiasi dei nostri stradoni tutte le auto corrono almeno a 60-70 chilometri orari, cioé oltre il limite dei 50, e delle due l’una – o tutti i torinesi sono pazzi incoscienti o il limite non è adeguato alla realtà.

Peggio ancora se l’ente pubblico si mette a multare in punti dove è molto più pericoloso andare ai 50 (rischio tamponamento) che andare agli 80, come alla fine della discesa della sopraelevata di corso Grosseto, o su vere e proprie superstrade, come hanno fatto recentemente alcuni comuni della cintura (vedi Rivoli su corso Allamano). Queste sono evidentemente multe fatte solo per fare cassa, sfruttando limiti talmente bassi che viene il dubbio che siano tenuti bassi apposta (e basta visitare i forum degli automobilisti arrabbiati per capirlo).

In compenso, ci sono violazioni che sono molto più pericolose e dannose per la collettività, ma che raramente vengono sanzionate. Una è quella di svoltare a sinistra da centro viale dove è vietato, specialmente quando l’incrocio è trafficato e si creano lunghe code per chi resta bloccato. Peggio ancora se, come in via Cernaia angolo corso Vinzaglio, chi svolta a sinistra illegalmente blocca i binari del tram e con esso una fila di mezzi pubblici carichi di persone, facendogli perdere un paio di minuti. Analogamente per due altri tipi di violazioni: la doppia fila sugli assi di scorrimento, che costringe il traffico a restringersi e le auto a cambiare corsia all’ultimo in modo pericoloso, e la violazione delle corsie preferenziali.

Già oggi queste violazioni vengono sanzionate, mandando una pattuglia ogni tanto; peccato che sui cinque incroci cruciali da noi segnalati siano state fatte nel 2011 1.600 multe per svolta vietata, che sembrano tante ma sono in realtà mediamente una al giorno per incrocio. Dato che le violazioni sono invece una al minuto, si capisce anche che il solitario beccato dai vigili si lamenti dicendo “perché io?”.

Ecco perché la nostra proposta è di usare le telecamere, come si fa per gli accessi alla ZTL; la tecnologia di oggi permette di individuare manovre e leggere le targhe dalle immagini in automatico, e se tutte le violazioni venissero regolarmente represse si otterrebbe contemporaneamente molta più equità e molta più efficacia, andando inoltre a recuperare entrate finanziarie non a caso, da chi si comporta esattamente come tutti e ha la sfortuna di essere preso di mira, ma solo da quella minoranza che compie manovre veramente dannose e pericolose.

Naturalmente la proposta ha suscitato qualche polemica, compreso l’intervento piccato di un consigliere comunale che era stato fermato e multato, a suo dire ingiustamente, proprio per aver svoltato a sinistra da via Cernaia in corso Vinzaglio. Alla fine però è passata, e ora vedremo come verrà applicata; inoltre vedremo se avrà esito positivo anche un’altra mozione da noi presentata, quella per studiare qualche sistema automatico per multare chi parcheggia alle fermate del pullman, impedendo ai bus di accostare e dunque di far salire gli invalidi. La nostra mozione per un maggior controllo su chi entra abusivamente in auto nelle isole pedonali è stata invece respinta dalla maggioranza, che ne ha chiesto il ritiro promettendo di affrontare l’argomento in commissione.

Ma dato che non vogliamo dimenticarci di chi invece è stato multato perché sfrecciava a “ben” 65 chilometri orari su un viale a tre corsie, segnaliamo anche che il consiglio comunale, tramite un nostro emendamento a una mozione della maggioranza, ha già approvato di elevare a 70 km/h il limite di velocità su tutti i grandi viali cittadini, portandolo invece a 30 km/h nelle vie residenziali; e che, alla notizia dell’ennesimo autovelox spremitore del comune di Moncalieri, abbiamo presentato anche un ordine del giorno per chiedere che la stessa cosa venga fatta dai comuni della cintura su tutte le grandi strade di accesso a Torino, ovviamente dove la strada è ampia e priva di incroci pericolosi.

Ecco dunque perché l’obiettivo che ci proponiamo non è fare più o meno multe… ma fare le multe giuste, a chi veramente guida come se sulla strada ci fosse solo lui, danneggiando e mettendo in pericolo tutti gli altri.

[tags]traffico, viabilità, multe, vigili, torino[/tags]

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