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Archivio per la categoria 'TorinoInBocca'


sabato 11 Febbraio 2012, 13:00

Eppure manca qualcosa

La vicenda dell’Opera Pia Lotteri, storica casa di riposo torinese, ritorna ciclicamente sui giornali da alcuni anni. L’Opera è una di quelle classiche istituzioni ottocentesche, fondata da un prete e finanziata nei decenni dalle donazioni del meglio della borghesia torinese; attualmente ospita alcune decine di anziani non autosufficienti, nel suo grande complesso di via Villa della Regina. A partire dagli anni ’90, un po’ per una gestione poco attenta e un po’ per i costi delle ristrutturazioni necessarie per adeguare i vecchi edifici, l’ente ha cominciato ad accumulare debiti, fino al fallimento. Ma la storia è tutt’altro che chiara, e a metà dicembre siamo andati a discuterne direttamente sul posto col nuovo commissario dell’ente, l’ex assessore Marco Borgione.

Nel novembre 2007, sotto il peso di oltre sette milioni di euro di debiti, l’ente fu commissariato; la Regione, allora guidata da Mercedes Bresso, la affidò ad Adolfo Repice, al tempo segretario generale del Comune (il segretario generale è una figura tecnica ma assolutamente vitale, perché certifica la regolarità di tutto ciò che il Comune decide; e Repice era grande amico di Chiamparino).

Se ci seguite, il nome di Repice non vi è nuovo: è il signore che abita in un maxiappartamento di lusso in corso Massimo d’Azeglio 2, vista Valentino, che il Comune gli affitta ad equo canone; il Comune lo ricevette in eredità da una signora che voleva così finanziare borse di studio e garantirsi la manutenzione della tomba… qui vedete com’era ridotta, dopo una interrogazione e due interpellanze sono intervenuti. Alla fine del mandato di Chiamparino, Repice si trovò un’altra occupazione: lo stesso Chiamparino e l’attuale ministro Profumo contribuirono alla sua elezione a sindaco di Tropea. Peccato che dopo solo un anno l’abbiano cacciato pure da lì, dopo che Tar e Consiglio di Stato hanno riscontrato irregolarità in alcuni seggi elettorali della ridente cittadina calabrese.

Dunque, Repice tentò inizialmente di vendere la struttura, ma l’asta nel 2009 andò deserta; allora cercò qualcuno che se ne assumesse la gestione. La gara fu vinta dalla società Villa Maria Pia Hospital, del colosso Villa Maria Pia del ragionere romagnolo Ettore Sansavini, che forse alcuni ricorderanno da una memorabile puntata di Report; i più ignorano la sua esistenza, ma è uno degli uomini più ricchi del Paese. La società in questione offrì 14 milioni di euro per aggiudicarsi la gestione della struttura per quarant’anni; ci furono ricorsi da altre case di cura private, e si arrivò così al gennaio 2011.

Il 14 gennaio, il Tar respinge il ricorso e si potrebbe procedere; tra le mani di Repice, però, i debiti erano ormai esplosi a 16 milioni di euro – più che raddoppiati in meno di quattro anni. I creditori avevano dunque fatto partire le procedure di pignoramento, e il 25 gennaio era fissata l’asta giudiziaria per vendere all’incanto i beni dell’ente – essenzialmente il complesso di via Villa della Regina, ovvero vari edifici, in parte storici, e un pezzo di parco, in una delle zone più chic e costose di Torino – per coprire 11,9 milioni di euro di crediti.

All’asta arrivano tre offerte, e vince… Villa Maria Pia Real Estate, sempre dello stesso gruppo, che offre 13,5 milioni per la proprietà dell’intero complesso. Di fatto, pagando anche un po’ meno, in questo modo Villa Maria ottiene ben di più: immobili per complessivi 9000 metri quadri più giardini, in una zona di lusso. Vogliamo dire 3000 euro al metro quadro, perché sono da ristrutturare? Fa 27 milioni di euro. Ma se mai venisse autorizzato il cambio di destinazione dell’area, da casa di riposo ad appartamenti, il valore sarebbe di molto superiore: quanto vale al metro quadro un appartamento in via Villa della Regina angolo corso Lanza?

Nell’agosto, dopo che sono cambiate sia la giunta regionale che quella comunale, la Regione decide infine di ringraziare Repice e cambiare commissario, nominando Borgione. Egli si ritrova in una situazione difficilissima: il servizio tira avanti, gestito direttamente dall’ASL (anche perché così le rette, da 80 a 100 euro al giorno, possono essere usate per pagare i lavoratori e non i creditori), ma sempre in passivo (anche se minimo rispetto al passato) e senza prospettive chiare. L’ente ha 22 dipendenti, ma quattro aspettano la pensione e otto sono inabili agli sforzi richiesti dall’assistere anziani non autosufficienti (questi sono tra i motivi per cui la stessa casa di cura gestita in regime pubblico, con garanzie e sindacati di mezzo, accumula debiti, mentre gestita da un privato, con precari e cooperative di mezzo, genera utili). E, gentilmente, la nuova proprietà scrive al commissario che loro adesso sono occupanti abusivi e se ne devono andare.

E succedono altre cose strane: per esempio, esiste una legge che dice che un immobile di un ente pubblico destinato allo svolgimento di un servizio pubblico non è pignorabile, proprio per evitare situazioni come questa; ma l’opposizione al pignoramento viene respinta dal giudice, sulla base di una lettera di un funzionario regionale prodotta dai creditori.

Si arriva dunque all’inchiesta di questi giorni, che coinvolge Repice e il presidente del Tar Piemonte Bianchi, accusati di avere aggiustato le sentenze del gennaio 2011, in cambio di una raccomandazione alla Rai per il figlio di Bianchi. Se fosse vero sarebbe tremendo, ad esempio per la quantità di comitati di cittadini che hanno faticosamente raggranellato migliaia di euro per ricorrere al Tar contro delibere del Comune ritenute illegittime, per vedersi poi respingere il ricorso: ora tutti si staranno chiedendo se veramente tra Tar e Comune ci siano consultazioni prima delle sentenze.

Vedremo quali saranno i successivi sviluppi di questa vicenda, ma penso che ne abbiate capito il senso: sia sull’assistenza sanitaria che sul patrimonio storico degli enti di beneficenza girano cifre da capogiro, a fronte delle quali non ci si ferma davanti a niente; e sono cifre che quasi sempre vengono dalle nostre tasche o da quelle dei nostri antenati.

E’ per questo che vorrei aggiungere una postilla che, negli articoli scandalistici di questi giorni, non leggerete. Non vi sembra che in tutta questa discussione manchi qualcosa? Tra aste, inchieste, burocrazia, politica, business un elemento è scomparso, ed è quello che invece, visitando queste strutture, ovviamente colpisce per primo.

E’ il fatto che all’Opera Pia Lotteri ci sono tuttora decine di persone, che si trovano a trascorrervi gli anni che le separano dalla morte, spesso in solitudine, spesso in malattia, in ogni modo deboli, senza potersi difendere, con il solo aiuto di chi, nonostante tutto, nonostante la crisi e i tagli e le manovre, ancora si dedica a loro.

Se c’è un motivo per cui serve la politica, è proprio quello di difendere chi non può difendersi da solo, e ricordare che la grande macchina della sanità e dell’assistenza deve essere al servizio delle persone, e non il contrario.

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[tags]sanità, assistenza, anziani, opera pia lotteri, inchieste, comune, torino, repice, villa maria[/tags]

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sabato 4 Febbraio 2012, 11:43

Nevica, governo tecnico

Quella del titolo è la battuta della settimana, che ovviamente a Palazzo Civico è stata molto movimentata; con tanto di due o tre commissioni andate buche per sparizione degli assessori, che Fassino ha mandato a sorvegliare lo spalamento neve in giro per la città, uno per Circoscrizione – per dire quanto erano disperati.

Decine di migliaia di torinesi sono infuriati per come è stata gestita l’emergenza neve; basta girare Facebook e forum per leggere tonnellate di insulti al sindaco. La macchina comunale ha retto fino a lunedì, ma tra martedì sera e giovedì mattina c’è stato un vero tracollo, con strade impercorribili, piccole Siberie in ogni periferia, ingorghi e incidenti ovunque, mezzi pubblici fantasma e ogni genere di problema (più sotto troverete una piccola rassegna di mie fotografie). Lega e PDL ci hanno marciato in ogni modo possibile; noi abbiamo scelto una linea diversa.

Invece di fare polemica, infatti, credo che sia utile individuare alcuni aspetti specifici che hanno funzionato particolarmente male, e con calma, nei prossimi giorni, segnalarli e pretendere che vengano affrontati per la prossima volta. Io comincio a elencarne alcuni: l’elevata quantità di condomini che non provvedono a pulire il proprio marciapiede, apparentemente senza che vi siano effettivi controlli; l’incomprensibile balletto di chiudo-apro-no,chiudo-no,apro le scuole, perdipiù senza coordinamento con i Comuni vicini; l’esistenza di terre di nessuno che non si sa chi deve pulire; la mancanza totale di pulizia delle piste ciclabili; l’indisponibilità di mezzi pubblici aggiuntivi da mandare in giro quando il traffico rallenta, per ridurre i tempi d’attesa che altrimenti salgono; la mancata pulizia dei parcheggi all’aperto; e l’incomprensibile scelta di sospendere la ZTL quando invece si doveva cercare di ridurre il numero di auto in giro (ma a Torino, si sa, qualsiasi scusa è buona per sospendere la ZTL). Allungate pure l’elenco.

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Mercoledì sera, stazione Re Umberto della metro: per arrivare lì dal Municipio ho impiegato oltre mezz’ora, dato che in via Milano secondo il pannello 5T non transitava niente (forse un 4 dopo venti minuti) e che ho atteso quasi venti minuti al gelo nella centralissima via Pietro Micca senza che passasse nemmeno un mezzo di nemmeno una linea in nessuna delle due direzioni; ho poi corso per prendere in via Arsenale un 15 visto apparire all’orizzonte. Finalmente giungo alla metro e trovo i tornelli aperti, e penso: guarda che sveglio l’assessore Lubatti, ha reso gratuita la metro perché è l’unico mezzo che gira. Invece no, i tornelli erano proprio rotti e spalancati per il freddo (secondo il giornale, sono poi andati col phon a scongelarli).

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Mercoledì sera, stazione Re Umberto (lato sud): questa scala mobile è rotta da tre mesi (io ho già fatto tre interpellanze in sette mesi sui malfunzionamenti della metro, l’ultima una decina di giorni fa). Certo che se devono subire pure cinque centimetri di neve, c’è da chiedersi come facciano ad aver mai funzionato; la Città da anni deve tirar fuori i soldi per realizzare la copertura delle uscite, ma preferisce buttarli in manutenzione straordinaria.

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Mercoledì sera: il primo tratto pulito è quello del mio condominio, quello successivo, davanti al giardinetto, è del Comune; la foto si commenta da sola. I primi pulitori comunali sono arrivati lì stamattina (sabato).

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Giovedì mattina, piazza XVIII Dicembre: una folla attende mezzi pubblici che sono una rarità (matematicamente, se aumenta il tempo di percorrenza e i mezzi in servizio sono sempre gli stessi, aumenta proporzionalmente il tempo di attesa).

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Giovedì mattina, via Pietro Micca: se sono così le strade più centrali, figuriamoci la periferia.

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Giovedì mattina, capolinea del 29 in piazza Solferino: la fermata chiaramente non è mai stata pulita da quando, cinque giorni prima, ha iniziato a nevicare.

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Venerdì mattina, corso Re Umberto: questa sarebbe una pista ciclabile che è anche il percorso pedonale di accesso alla fermata (geniale anche senza neve). Nonostante abbia smesso di nevicare da ventiquattr’ore, pare proprio che non sia passato nessuno a pulire.

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Venerdì mattina, pista ciclabile di via Bertola, il principale accesso ciclabile al centro da ovest. Mai pulita, il sentiero che vedete è stato conquistato dai pedoni. Su un forum però (non scherzo!) ho trovato uno che ringrazia il Comune, è un praticante di mountain bike e ha usato la pista per allenarsi al fuoristrada invernale…

[tags]neve, pulizia, viabilità, trasporti, gtt, torino, fassino[/tags]

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mercoledì 18 Gennaio 2012, 17:51

Ancora sugli attraversamenti pedonali

Lo confesso: per molte settimane, man mano che l’incidente di corso Peschiera si allontanava nel tempo, ho pensato che anche questa volta lo Stato avrebbe “gettato la spugna con gran dignità”, come diceva De André. Infatti non vi era traccia dei colpevoli, né avevano alcun esito gli appelli a chi sapeva e li stava probabilmente proteggendo; dopo aver frettolosamente rimosso le strisce in quel punto, si erano soltanto più sentite polemiche strumentali tra politici sull’efficacia del tipo di ringhiere adottato.

Lunedì il consiglio comunale ha finalmente approvato all’unanimità la nostra mozione presentata il 17 ottobre, che chiedeva di censire e mettere in sicurezza tutti gli attraversamenti pedonali non semaforizzati sui grandi viali; dopo aver giaciuto per due mesi in attesa di discussione in commissione, giaceva in attesa di votazione in aula dal 12 dicembre; una volta la maggioranza non era pronta e ne chiedeva il rinvio, l’altra volta eravamo troppo presi dagli aumenti delle tariffe e non c’era il tempo di discuterne. Una mozione del consiglio comunale non cambia di per sé la realtà – è molto più importante la volontà concreta dei dirigenti comunali, che hanno il vero potere di fare le cose – ma è almeno un segno di interesse e una richiesta di impegno all’amministrazione, con in più l’obbligo di ritrovarsi dopo quattro mesi per verificare cosa è stato fatto. Io avevo invitato tutti i consiglieri a firmarla, se lo volevano, e comunque a votarla all’unanimità; e così è stato, senza distinzioni.

A margine della discussione, quando è venuto fuori che io avevo scritto la mozione due mesi prima dell’incidente, qualcuno ha platealmente suggerito che io portassi sfiga. In realtà, stavolta la coincidenza è stata positiva; il giorno dopo è stata annunciata la cattura dei responsabili, che non erano rom o immigrati (sui social network già qualcuno lo diceva) ma due tossici sardo-aostani, in corsa per procurarsi la dose, fuori di testa e senza un euro ma comunque con la macchina nuova. I vigili urbani hanno fatto veramente un gran lavoro, gestendo direttamente tutte le indagini grazie al proprio nucleo scientifico; sono partiti dall’elenco di tutte le Clio di quel modello (prodotto da poco più di un anno: sono 7600) e piano piano le hanno ridotte a 12 in base ai pezzi ritrovati e altre deduzioni; poi hanno mandato i vigili delle varie città a controllarle, e ad Aosta hanno trovato quella giusta.

So che l’assessore Lubatti, dopo l’incidente, aveva già iniziato a fare di suo quanto chiede la mozione, e che mi pare banale buon senso: censire tutti gli attraversamenti e per ognuno valutare cosa fare, se mettere un semaforo, dissuasori di vario genere, o transenne per bloccare il passaggio… o magari studiare qualche soluzione innovativa, come questa (la producono a Villarbasse). Intanto, stamattina aspettavo il bus a Porta Susa e ho visto ancora una volta un’auto aggirare le macchine già ferme alle strisce, proiettarsi in velocità sul passaggio zebrato e poi inchiodare evitando di un soffio il pedone che stava attraversando.

Alla fine quel che conta di più è il comportamento di chi guida; però un po’ d’attenzione organizzata, per eliminare i punti neri e per punire più regolarmente la guida pericolosa, potrà fare molto.

[tags]traffico, viabilità, incidenti, sicurezza stradale[/tags]

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venerdì 30 Dicembre 2011, 11:29

L’instabilità di Fassino

L’annuncio a sorpresa di Fassino, sul fatto che Torino non riuscirà a rispettare per l’anno che si sta chiudendo il patto di stabilità, avrebbe anche potuto essere una buona notizia; ma non lo è.

Il patto di stabilità, infatti, è quel meccanismo per cui ogni ente locale viene obbligato a rimanere sotto determinati tetti di spesa; è nato per porre fine alle gestioni allegre, quelle per cui un Comune spendeva e spandeva tanto alla fine lo Stato comunque avrebbe ripianato il buco. Progressivamente, però, è diventato uno strumento per strozzare i Comuni in modi sempre più assurdi, senza distinguere in cosa vengono spesi i soldi (Torino, per esempio, si fa carico di spese che toccherebbero allo Stato, come parte del personale del Tribunale o come molte scuole materne, che però vengono conteggiate dentro il tetto da rispettare), dando esenzioni come favori (Roma ne è esente perché è la capitale…) e generando situazioni assurde come quelle per cui il Comune ha i soldi in cassa ma non può spenderli nemmeno per pagare i fornitori, che aspettano da anni, perché se no sfora il tetto.

Il patto di stabilità è ormai lo strumento con cui lo Stato obbliga i Comuni a lasciare a casa i precari, svendere il patrimonio, chiudere i servizi e privatizzare le ex municipalizzate, in quell’ottica biecamente finanziaria della gestione dello Stato che pone al primo posto il pagare le banche e all’ultimo il servire i cittadini. Chiamarsi fuori dal patto di stabilità potrebbe dunque essere un modo per porre il problema politico di un’economia pubblica che non regge più e che richiede cambiamenti radicali, come noi stessi avevamo gridato in Sala Rossa poche settimane fa parlando di privatizzazioni.

Il problema, però, è che quella di Fassino non è una scelta e non va affatto in questa direzione. Fino al 30 dicembre, tutta la maggioranza ha operato tagli, svendite e aumenti – gli ultimi tre giorni fa – perché bisognava stare dentro i limiti del patto di stabilità, sacro e inviolabile. Improvvisamente, il 30 dicembre senza consultare nessuno Fassino va sui giornali a dire che “il patto di stabilità è stupido”, con i giornali cittadini (veramente imbarazzanti) che incensano questa sua improvvisa scelta di libertà. Non vi puzza?

Noi siamo stati tenuti all’oscuro di tutto, eppure, leggendo con attenzione, si può capire come probabilmente stanno le cose: Torino è costretta a non rispettare il patto di stabilità perché Fassino non è riuscito a trovare nemmeno una banca che concedesse alla Città il “prestito ponte”, ovvero un anticipo sulla svendita ai privati di Amiat, GTT e TRM che avverrà entro marzo. Dunque mancano all’appello del bilancio 2011 alcune decine di milioni di euro, e senza quelli i conti non tornano e il tetto viene sforato.

Se le cose stanno così, non solo l’operazione di privatizzazione delle municipalizzate è già diventata un fallimento, ma la preoccupazione sulla solvibilità della Città, a cui non fa più credito nessuno, è inevitabile.

Gli effetti immediati saranno significativi ma non cambieranno molto le cose, dato che già prima non si assumeva più nessuno (tranne staffisti e dirigenti dagli stipendi d’oro…) e che non ci si può più indebitare; perderemo comunque alcune decine di milioni di euro di fondi statali, con tagli conseguenti ai servizi (inoltre verrà tagliato il nostro stipendio del 30%: buon anno anche a me). Possiamo comunque sperare che Fassino abbia chiamato i ministri torinesi e si sia messo d’accordo in qualche modo.

Più pesanti gli effetti politici, perché gli alleati di Fassino – IDV, SEL e Moderati – hanno perso la faccia; il sindaco ha deciso e comunicato la cosa ai giornali senza nemmeno avvertirli, dimostrando che sostanzialmente non contano un bel niente. Penso in particolare a SEL, che ha votato privatizzazioni e aumenti delle tariffe spiegando di farlo per evitare che la Città sforasse il patto di stabilità e gli altri vincoli finanziari di legge, e che poi si è vista passare sulla testa un dietrofront, con il sindaco che dice che il patto di stabilità è inutile: ma allora potevano deciderlo tre mesi fa ed evitare le svendite.

E’ comunque scandaloso che una cosa del genere venga comunicata alla stampa prima che al Consiglio Comunale, se necessario convocando una riunione urgente almeno della commissione competente. Evidentemente il sindaco confonde il proprio ruolo con quello di un amministratore delegato…

[tags]fassino, torino, patto di stabilità, economia, prestito, privatizzazioni, consiglio comunale[/tags]

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mercoledì 28 Dicembre 2011, 11:51

Tutti gli aumenti di Fassino

Alla fine, nonostante una settimana di opposizione dura, l’aumento generalizzato delle tariffe della mobilità torinese – un altro tassello nel sistematico smantellamento dei nostri beni comuni – è stato approvato: ne leggete su tutti i giornali di oggi.

Di fatto ci è stato impedito di elaborare e presentare delle controproposte serie; il piano di Fassino & c. era approvare un aumento lampo la sera di venerdì 23 dicembre, in modo che i giornali non potessero parlarne. Noi abbiamo fatto resistenza e siamo riusciti ad arrivare fino a ieri, e almeno oggi ne parla tutta la città; ma all’arroganza del metodo vorrei dedicare un post nei prossimi giorni, perché da fuori non lo potete nemmeno immaginare.

Parliamo invece di sostanza, che è pesante: +50% sulla corsa singola, da 1 a 1,50 euro; +30% sui carnet da 15 corse, da 0,90 a 1,17 euro per corsa; +28% il giornaliero; +19% il mensile; +7% l’annuale. Altrettanto sulle strisce blu: +12% la tassa annuale per i residenti; +25% in centro; +13% alla Crocetta; addirittura +100% (da 0,65 a 1,30 l’ora) nelle zone meno centrali.

La motivazione ufficiale è che ci sono stati tagli sui fondi per i trasporti, sia a livello nazionale che regionale. E’ vero; peccato che i tagli siano in buona parte rientrati la settimana scorsa, grazie anche a ulteriori tasse sulla benzina. Di fatto, su questi tagli non ci sono stati forniti dati precisi, se non qualche percentuale sparata lì, e così si fa strada il dubbio che il vero scopo degli aumenti sia quello di ingrassare GTT per renderla più appetibile ai privati, avendo già deciso di venderla tra tre mesi.

Gli effetti saranno evidenti: innanzi tutto un forte disincentivo a prendere i mezzi pubblici, specialmente per chi li usa saltuariamente. Se andare e tornare in due in bus costa 6 euro, l’auto è quasi sempre più conveniente, anche perché in genere se ne calcola solo il costo marginale (benzina e sosta) dato che tutti comunque hanno un’auto. Di fatto, si alimenta una segregazione classista: chi può, gira in auto; chi non ha i soldi deve utilizzare mezzi pubblici sempre più costosi e inefficienti, anche perché non sono previsti potenziamenti del servizio ma se mai nuovi tagli di percorso a partire da marzo, dopo quelli di un mese fa.

Eppure si è visto con il gigantesco ingorgo di venerdì 16 cosa succede se chi normalmente usa gli autobus passa all’auto; la città sarà sempre più intasata, bloccata e inquinata (a proposito, avrete notato le scelte della giunta a fronte dei 140 giorni di sforamento dei limiti di legge o giù di lì: parlare di grandi iniziative a lungo termine e intanto non fare niente).

Ci sono poi alcune categorie particolarmente danneggiate: per esempio, l’abbonamento ridotto per gli anziani, che prima partiva dai 60 anni, ora partirà dai 65 e solo per chi ha meno di 36.000 euro di reddito. Grazie a un intervento dell’ultimo minuto, richiesto anche da noi in commissione, si è quantomeno permesso a chi già aveva questo abbonamento di continuare a mantenere la riduzione anche se non rientra nelle nuove condizioni; analogamente è sparito all’ultimo minuto l’aumento dell’11% sull’abbonamento per i disoccupati (da vergognarsi solo ad averlo pensato), che però dovranno farlo per minimo sei mesi anziché tre. L’esenzione fino a un metro di altezza è diventata fino a 11 anni, mentre inizialmente prevedevano un biglietto “ridotto bambini”.

E’ stata inoltre approvata in principio, in quanto adottata anche da IDV e SEL, una proposta che facevamo sin dalla campagna elettorale, ovvero di far pagare in futuro tariffe di sosta differenziate in funzione delle dimensioni, del valore e dell’inquinamento dell’auto.

Non è stata invece approvata la nostra proposta di un biglietto ridotto a 1,70 euro per chi deve fare due viaggi brevi in metropolitana (con tram e bus si fanno con un solo biglietto); e sono state bocciate dalla maggioranza varie altre nostre proposte generalmente a costo zero, come il poter portare la bici su tutti i mezzi, l’aumento dei controllori, il tasso zero sulle rateizzazioni degli abbonamenti, una migliore accessibilità per i disabili, una generale razionalizzazione degli orari.

E’ stata bocciata dalla maggioranza anche una nostra mozione che chiedeva due cose molto semplici, ovvero di fissare un tetto massimo pari allo stipendio del sindaco per tutti i dirigenti GTT (attualmente l’amministratore delegato, l’ex senatore DS Barbieri, incassa a vario titolo quasi 250.000 euro l’anno, e continuano le nomine politiche), e di riportare in gestione interna le linee subappaltate a fornitori privati, che costano a parità di servizio anche il 60% in più.

Insomma, le alternative c’erano… In parte erano politiche; per esempio, se ce ne avessero dato il tempo, si poteva studiare una riformulazione delle tariffe della sosta che magari colpisse meno determinati quartieri ma si allargasse su altri, con opportune salvaguardie per concentrare i costi sulle auto più grosse e inquinanti, incentivando così l’uso del mezzo pubblico. In parte erano semplicemente legate al taglio degli sprechi e dei favori, come i due citati poco fa o come il lucroso contratto per i controllori della linea 4, per cui GTT spende 145.000 euro al mese che vanno in gran parte nelle tasche della cooperativa Rear, presieduta da un consigliere regionale del PD, che paga ai lavoratori stipendi di pochi euro l’ora… basterebbe usare invece il personale interno che, divenuto inabile alla guida, non ha granché da fare.

Credo di avervi dato il quadro della situazione; mi scuso se è un po’ lungo, ma noi a questo tema dedichiamo da sempre gran parte delle nostre energie, per affrontarlo in modo serio e realistico. Speriamo che ci sia la possibilità di farlo in questo modo anche col resto del consiglio comunale, perché in questa occasione proprio non c’è stata.

[tags]gtt, torino, fassino, aumenti, tariffe, trasporti[/tags]

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lunedì 19 Dicembre 2011, 19:17

Il dibattito sui rom in Consiglio Comunale

L’articolo della scorsa settimana, come prevedibile, ha fatto molto discutere; e se mi ha fatto dispiacere ricevere qualche accusa di razzismo, mi ha fatto piacere notare come, su un tema così difficile, con molte persone si sia riusciti a impostare una discussione razionale sui fatti, indipendentemente dalle loro opinioni di partenza.

Mercoledì scorso ne ha parlato anche il consiglio comunale; il sindaco Fassino ha sorpreso tutti con una dichiarazione che un tempo sarebbe stata etichettata “di destra”, ovvero – pur parlando anche di pregiudizi e di accoglienza – dicendo che i rom che rifiutano l’integrazione devono essere allontanati dall’Italia. A me sembra esagerata; io mi sarei limitato a dire che i rom che commettono reati devono essere puniti e incarcerati secondo la legge, dato che sono quasi tutti cittadini italiani o comunitari.

Comunque, sono stato positivamente sorpreso che Fassino non abbia scelto la linea poi tenuta dal ministro Riccardi, che è andato giustamente a promettere aiuto e integrazione ai rom della Continassa, ma non ha trovato nemmeno cinque minuti per parlare con gli abitanti delle Vallette e preoccuparsi anche dei loro problemi.

Ad ogni modo, questo è il video del mio intervento nella discussione.

P.S. Stamattina ho fatto un piccolo esperimento, pubblicando su Facebook questa notizia: ignoti criminali, pur di rubare il rame e i sanitari, hanno devastato un asilo di Moncalieri, temporaneamente chiuso per ristrutturazione, causando danni ingenti che probabilmente ritarderanno di chissà quanto la riapertura e lasceranno molte famiglie senza un posto asilo. Né io né il giornalista abbiamo parlato di rom, eppure già al secondo commento si era finiti sul tema.

[tags]rom, integrazione, torino, vallette, fassino, consiglio comunale[/tags]

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giovedì 15 Dicembre 2011, 17:55

Alcune domande a Fiat

Lunedì 28 novembre, il consiglio comunale si è riunito in seduta straordinaria per discutere del futuro della Fiat a Torino e in Italia. E’ stata una estenuante maratona di sei ore in cui sono state dette molte parole, ma poco o nulla di concreto; i rappresentanti della Fiat presenti in aula hanno rimarcato di avere fatto un grande onore alla città a essere presenti, ma nelle loro conclusioni hanno più che altro criticato lavoratori e sindacati.

Noi abbiamo deciso di usare i nostri cinque minuti per porre alla Fiat alcune domande; invece di prendere le parti dell’una o dell’altra parte, abbiamo cercato di fare proposte su come la Fiat possa garantire lavoro a Torino, non solo per venti mesi ma per vent’anni, non solo per gli operai ma per i quadri, i dirigenti, i ricercatori, perché ormai, in prospettiva, sono a rischio anche loro. Abbiamo cercato di sottolineare che la strada non è certo quella di tagliare diritti e qualità per competere con i cinesi, ma quella di puntare sull’innovazione, sulla ricerca, sulla mobilità verde, ovvero su prodotti ad alto valore aggiunto.

Alla fine, comunque, la politica industriale della Fiat può essere fatta solo dalla Fiat; sono loro a dovere dare risposte che per ora, purtroppo, non hanno dato – limitandosi a marciare spediti verso la fuga dall’Italia.

[tags]fiat, consiglio comunale, torino, movimento 5 stelle[/tags]

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martedì 13 Dicembre 2011, 18:32

Più aree per i cani in città

Lunedì 5 dicembre il consiglio comunale ha approvato ben due mozioni proposte dal Movimento 5 Stelle. Una è quella per contrastare il gioco d’azzardo, una vera piaga sociale; l’altra riguarda invece il benessere dei cani che vivono in città.

I cani, infatti, hanno il bisogno naturale di “sgambare”, ovvero di correre liberamente in un’area di dimensioni sufficienti. Poiché però non a tutti piacciono i cani e qualche cane maleducato potrebbe anche infastidire anziani e bambini, la Città permette di farlo soltanto all’interno delle apposite aree cani, ovvero dei recinti posti nei giardinetti; altrove, i cani devono sempre avere il guinzaglio. Il problema è che in alcune zone della città, a partire dal centro, non esistono aree cani: chi abita in centro e possiede un cane è costretto a violare quotidianamente le regole, rischiando anche un centinaio di euro di multa.

Per questo noi abbiamo presentato una mozione che chiedeva all’amministrazione di impegnarsi su due fronti: il primo è quello di valutare la possibilità di concedere il passeggio dei cani senza guinzaglio in alcuni giardini del centro in certe fasce orarie, ad esempio al mattino presto e alla sera, quando comunque non ci sono bambini che giocano; il secondo è quello di concordare con le circoscrizioni e con le associazioni animaliste un piano per creare nuove aree cani in tutta la città, specialmente nelle zone in cui mancano.

Purtroppo la maggioranza ha bocciato la prima proposta, ma ha accolto la seconda; e così la nostra mozione, tolto il primo punto, è stata approvata all’unanimità.

A questo punto, l’assessore ha quattro mesi di tempo per avviare le consultazioni e definire il piano di nuove aree cani; e noi siamo contenti di aver dato la spinta a risolvere un problema apparentemente piccolo ma molto importante per migliaia di torinesi e per i loro animali.

[tags]cani, animali, torino, movimento 5 stelle[/tags]

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lunedì 12 Dicembre 2011, 19:28

Qualche fatto sui rom

Di parole sui rom se ne sono fatte già troppe; io vorrei solo puntualizzare qualche fatto.

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Il primo riguarda il luogo del rogo, che non era un campo nomadi ma un misero accampamento clandestino di baracche, dentro le rovine della splendida e derelitta cascina Continassa, di proprietà del Comune ma futura sede della Juventus. Ci eravamo andati in sopralluogo circa due mesi fa (le foto in questo post sono di allora) e avevamo trovato soprattutto miseria, topi di mezzo metro e condizioni disumane.

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Si erano allora presentati anche un paio di abitanti del quartiere, che avevano lamentato soprattutto il fumo tossico che arrivava dentro le case delle Vallette, a causa dei roghi per estrarre il rame dai cavi rubati. Pochi mesi fa, proprio in quell’accampamento la polizia aveva arrestato sedici persone per questo reato.

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Il secondo fatto è questo: gran parte della città odia i rom. Li odiano non solo un po’ di beceri leghisti, ma, sempre più, anche la classe media e gli stessi elettori di Fassino. Li odiano perché hanno la sensazione che agli zingari tutto sia permesso: sporcare, rubare, sfruttare i bambini, minacciare per ottenere dei soldi. E soprattutto, li odiano perché da vent’anni, ogni volta che pongono alle istituzioni il problema non “dei rom” ma “di quel rom che ruba il rame e intossica il quartiere”, gli amministratori di questa città rispondono che sono dei razzisti e devono stare zitti – e non affrontano il problema.

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Vedi l’agghiacciante intervista di Chiamparino: caro Chiampa, al signore che si lamenta di Porta Palazzo “ostaggio dei marocchini e dei neri”, magari perché è stato scippato o minacciato con un coltello sotto casa sua, non bisogna dare del razzista e poi lasciarlo lì tornandosene nel proprio elegante appartamento di piazza Vittorio. Bisogna mandare la polizia a dimostrare che la legge vale anche per i non italiani, e allo stesso tempo bisogna mostrare che esistono anche degli esempi di integrazione positiva. Chiamparino ha governato per dieci anni e non è stato capace di fare né l’una né l’altra cosa… e ancora parla.

Per combattere l’odio bisogna riportare la discussione sui fatti e sulle responsabilità personali. La città è invece piena di fantasiose leggende metropolitane: persino quella che gli zingari sono protetti perché sarebbe zingara la moglie di Novelli e pure quella di Chiamparino. Io vorrei cominciare a mettere sul tavolo dei fatti: quanto spende la città per i nomadi? E’ vero che ricevono dei sussidi? E’ vero che non pagano le bollette? E’ vero che sono favoriti per le case popolari? Il tasso di criminalità tra i rom è più alto della media? Se avete altre domande sui rom che vi siete sempre posti, mandatecele: le porremo all’amministrazione, e poi potremo cominciare a ragionare sui fatti.

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domenica 4 Dicembre 2011, 13:06

La politica aspetta il morto

È da quando sono bambino, allievo delle vicine scuole Baricco e Maritano, che vedo persone morire sulle strisce pedonali di corso Peschiera all’altezza di via Sagra San Michele. E’ un attraversamento pericolosissimo in cui si concentrano vari fattori di pericolo; sta subito dopo l’incrocio con via Bardonecchia, a cui c’è un semaforo che è sempre verde o per l’una o per l’altra strada, e da entrambe le strade le auto arrivano a velocità sostenuta, visto che da via Bardonecchia ci si immette quasi senza curvare, mentre corso Peschiera è uno stradone rettilineo a sei corsie.

Il tutto è complicato dal fatto che ci sono auto che inchiodano e svoltano a sinistra verso via Sagra San Michele in modo vietato, usando un varco nel controviale che sarebbe riservato alla scorta del giudice Caselli, che abita proprio lì accanto. I pedoni che attendono di passare – spesso bambini, perché all’angolo c’è un grosso negozio di giocattoli – sono sostanzialmente invisibili, persi nell’ombra in mezzo agli alberi sulla banchina. Qualche anno fa hanno fatto un attraversamento semaforizzato solo cento metri più su, ma, per abitudine decennale, quasi tutti continuano a usare le strisce in quel punto.

Sabato 15 ottobre, come molti sabati, passavo di lì subito dopo pranzo; è sul percorso da casa di mia mamma a casa dei genitori di Elena. Arrivavo da corso Peschiera con una fila di verdi, e ho visto un’auto accostare sulla destra subito dopo via Bardonecchia. Sembrava volesse far scendere qualcuno; ci ho messo qualche secondo a capire che era il raro automobilista che decide di fermarsi per far passare i pedoni sulle strisce. Tutti gli altri davanti a me l’hanno capito tardi, e all’ultimo secondo hanno cominciato a inchiodare. Anche io ho inchiodato, e abbiamo mancato di poco uno spettacolare tamponamento a catena. Accanto a me, sulla corsia di sinistra, uno non si è proprio fermato e ha attraversato le strisce a settanta all’ora, mancando di un metro i pedoni.

Lunedì 17 ottobre dunque sono arrivato in ufficio e ho deciso di fare qualcosa; ho presentato questa mozione, intitolata “Messa in sicurezza degli attraversamenti pedonali non semaforizzati”, che impegna l’assessore a fare una ricognizione di tutti i casi in cui vi sia un attraversamento di questo tipo, per poi decidere se installare un semaforo, mettere un dosso, o chiudere il passaggio se se ne può fare a meno, visto che possiamo discutere per ore sull’inciviltà degli automobilisti, ma non cambieremo mai la loro testa; quel tipo di attraversamento è soltanto un invito alla strage.

Dal 17 ottobre, tuttavia, la mozione giace abbandonata nei cassetti, in attesa che il presidente della seconda commissione, quella che si occupa di urbanistica, edilizia, viabilità e trasporti, decida di metterla all’ordine del giorno. Il perché ve l’avevo raccontato in un post proprio il 15 ottobre: “sarebbe bello parlare di viabilità e trasporti, ma la relativa commissione è intasata di palazzi da costruire e dunque non ce n’è mai il tempo”.

La seconda commissione è un buco nero, e lo è in particolare per le nostre mozioni: dopo questa ne ho presentate altre, per reprimere gli accessi non autorizzati alle zone pedonali, per combattere la doppia fila, per chiedere di aumentare le tariffe della sosta privata piuttosto che il biglietto dei mezzi pubblici. Nessuna è ancora stata messa all’ordine del giorno: sono perse nel limbo.

Ieri, come avrete letto, è successa la stessa identica cosa che è successa a me il 15 ottobre, ma questa volta l’auto sulla corsia di sinistra ha falciato la vita di tre persone, tra cui un bambino. A me è venuta una gran rabbia; per carità, anche se la mozione fosse stata prontamente discussa e approvata non è che un minuto dopo avrebbero messo il semaforo. Ma è evidente che l’amministrazione non ha attribuito alcuna importanza a questo tema.

Adesso, improvvisamente, questo diventerà un problema urgente. Scommetto che a brevissimo metteranno il semaforo; già successe così pochi anni fa in un altro noto attraversamento pericoloso, quello di via Pietro Cossa angolo via Nicomede Bianchi, subito dopo che un nonno morì investito per salvare la nipotina. Scommetto anche che ora in consiglio comunale pioveranno altre mozioni, richieste, interpellanze. Magari anche la mia verrà calendarizzata al volo, oppure chiederò che venga messa ai voti in consiglio comunale senza che sia passata dalla commissione (di solito questo implica una bocciatura certa, ma in questo caso chi oserà votare contro?).

E poi? E poi succederà come con questa mozione la cui esistenza ho scoperto poco fa: presentata il 7 aprile 2008 dopo l’investimento di via Pietro Cossa, rimasta nel cassetto un anno, e poi approvata il 6 aprile 2009. E non servita a niente. Perché o questa cosa se la prendono a cuore il sindaco, l’assessore e i dirigenti dallo stipendio di giada, oppure non succederà niente: i consiglieri comunali possono solo sollecitare. Chissà se i torinesi riusciranno a far capire a Fassino che questa è una priorità.
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