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Archivio per la categoria 'TorinoInBocca'


venerdì 12 Marzo 2010, 19:10

In coda

Un’ora fa, dopo essere andato a portare fino in corso Grosseto i manifesti per l’attacchinaggio a Lanzo, mi son messo in macchina per tornare a casa – normalmente, un percorso di cinque minuti.

E ci ho messo mezz’ora: sin dalla sopraelevata, tutto corso Potenza era un’unica marea di auto ferme in coda.

Stare in coda è una buona occasione per arrabbiarsi, dato che la scatoletta di lamiera in cui siamo dentro costituisce automaticamente un’armatura, e come tale ci rende pronti ad aggredire gli altri in tutta sicurezza (apparente). Ma è anche una buona occasione per riflettere.

E io riflettevo: ma cosa ci facciamo tutti qui fermi, chiusi nel nostro isolamento, molti con l’autoradio a palla per cercare di non accorgerci degli altri, della città, del mondo? Ha ragione Beppe Grillo quando dice che non sei tu che sei in coda, tu sei la coda! Ognuno di noi infatti ha la percezione che la coda sia altro da sé, un evento esterno e imponderabile che gli si piazza sulla strada, senza rendersi conto che la coda esiste perché anche noi abbiamo scelto di prendere l’auto e passare di lì proprio in quel momento.

La coda dunque è asimmetrica: si basa sul principio che tu avresti pieno diritto di usare la strada in libertà, ma ci sono degli altri rompiscatole che si sono piazzati lì per negartelo. E questa idea è dura a morire: tutti sono pronti a invocare restrizioni sul traffico, ma la maggior parte delle persone le vorrebbe solo per qualcun altro.

In realtà, proprio la coda può essere amica di noi che vogliamo il cambiamento: perché raramente si può immaginare un modo più assurdo di impiegare tempo, energia, risorse che stare fermi da soli in una scatola di latta bruciando carburante fossile vecchio di 100 milioni di anni.

[tags]città, traffico, coda, persone, energia, automobili, beppe grillo, altri[/tags]

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giovedì 11 Marzo 2010, 18:44

Ignoranti e fieri di esserlo

All’inizio pensavo quasi che fosse una cosa seria, leggendo sul giornale l’ennesima polemica pre-elettorale sulla cultura: un settore che in Italia vuol dire politica, dato che si parte dal principio che qualsiasi attività culturale debba necessariamente essere foraggiata dallo Stato.

Una volta la diatriba era tra quelli che volevano spendere più fondi pubblici nella cultura “per educare le masse” e quelli che volevano tagliare le spese “per abbassare le tasse”; poi la sinistra ha letto velocemente un bignami sulle teorie economiche del mercato e ha cominciato a dire che “la cultura ha una ricaduta economica” per giustificare non solo le attività che effettivamente portano turismo e vitalità, ma anche la continuazione delle elargizioni agli amici; dato infatti che “la cultura è per definizione in passivo”, questo è il tipico settore dove nessuno viene mai chiamato a rispondere della bontà degli investimenti pubblici.

Dunque trovo legittima la discussione sul Mao, il museo d’arte orientale aperto in pompa magna lo scorso anno con una spesa di 14 milioni di euro (di cui 11 del Comune di Torino), che ha incassato in biglietti poco più di 300.000 euro nell’anno di lancio (chissà in futuro). Allo stesso tempo non trovo sensato il calcolo fatto dai protestanti del centrodestra, tra cui l’ubiqua Barbara Bonino (per carità, anche noi attacchiamo manifesti in quantità, ma lei avrà consumato per le sue affissioni metà della foresta amazzonica), secondo cui investimento / ricavi = 43 anni dunque l’investimento è un po’ troppo a lungo termine.

Non solo è sbagliato in termini finanziari (se mai bisognerebbe confrontare con l’utile, non con l’incasso totale…), ma è sbagliato in generale, perché effettivamente un buon museo porta gente a visitare la città e dunque è una spesa pubblica che poi si moltiplica generando un ritorno sul territorio, anche in posti di lavoro, gettito fiscale e così via. Un museo poco interessante, però, no; e dunque la domanda vera – che, come ricorderete, mi ero posto anch’io visitando il Mao all’apertura – è se la collezione sia sufficientemente valida da attirare visitatori in numero commisurato all’investimento.

Alla fine però, quando sono giunto in fondo all’articolo, non ho potuto che mettermi a ridere leggendo la risposta dell’ineffabile assessore alla Cultura Fiorenzo Alfieri. Riporto il suo ragionamento per intero: “Gli autori del comunicato stampa non sono mai andati in Inghilterra o negli Stati Uniti dove l’ingresso ai musei è gratuito in quanto i musei stessi sono considerati alla stessa stregua delle scuole la cui frequenza è obbligatoria e gratuita? Cosa si dovrebbe dire in questi casi: che per rientrare nei costi sostenuti per costruire e gestire, ad esempio, il Metropolitan Museum di New York (leggermente più alti di quelli del MAO), si dovrà aspettare l’eternità?”

Insomma, la giustificazione di Alfieri è: non ha senso dividere investimento per ricavo annuale da biglietti, perché per i musei gratuiti cosa viene fuori, infinito? Lasciamo perdere il fatto che, come dicevo, economicamente questo genere di ragionamento non sta proprio in piedi; ma c’è un altro piccolo dettaglio.

Perché è vero che i musei inglesi sono generalmente gratuiti (a libera donazione), ed è una delle cose che apprezzo e che denota la civiltà di quel paese, ma negli Stati Uniti è un altro paio di maniche. In particolare, io ho visitato il Metropolitan di New York non più di un anno fa, e vi posso garantire che l’ingresso si paga e non poco. Ma non è necessario aver mosso il sedere fuori dal proprio ufficio, basta andare sul sito per scoprire che l’ingresso al museo costa 20 dollari a testa, non proprio due lire (ovviamente li vale tutti).

Dunque, se chi dovrebbe programmare l’offerta culturale della città e la sua sostenibilità economica non solo non sa fare dei conti che stiano in piedi, non solo non ha la minima idea di quanto costi entrare in uno dei più famosi musei del mondo, ma non è nemmeno capace a prendersi Internet e controllare prima di fare dichiarazioni ai giornalisti, come possiamo fare che faccia delle scelte un minimo sensate?

[tags]torino, cultura, musei, mao, alfieri, bonino, fondi pubblici[/tags]

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martedì 2 Marzo 2010, 15:11

Ho incontrato la Digos

Stamattina ero in giro e ho sentito la notizia dell’arrivo di una nuova trivella della TAV in strada della Pronda, al confine tra Torino e Grugliasco; e così, ho fatto una deviazione e verso l’una e mezza sono arrivato lì per vedere cosa succedeva.

Parcheggio, arrivo sul posto; c’è un gazebo No Tav in via di montaggio con una manciata di persone, una decina al massimo. E poi, come al solito, un oceano di forze dell’ordine; sulla strada cinque o sei furgoni, più molti altri mezzi nel prato dove sta venendo montata la trivella. Mi metto sul marciapiede e comincio a fare qualche fotografia.

Dopo nemmeno due minuti un poliziotto scende dal furgone, attraversa la strada e viene da me; mi ferma, mi chiede i documenti, mi chiede di seguirlo (cosa che io faccio subito, da bravo cittadino). Vuole vedere tutte le foto che ho fatto, si lamenta che si vedono le targhe dei mezzi della polizia; io rispondo che non voglio fare niente di male, che essendo su una pubblica via mi risulta di poter fotografare, che non sapevo che non si potessero inquadrare i mezzi della polizia. Lui insiste che il problema sono le targhe; evidentemente anche i poliziotti tengono alla loro privacy, non sia mai che qualcuno possa poi sorprenderli in pose sconvenienti.

A questo punto il poliziotto chiama un signore della Digos, capelli ricci e occhialoni da sole; sembra quasi Poncharello – il digo che segue i tifosi del Toro – però non mi sembrava il caso di chiedere “scusa, ma tu sei Poncharello?”, comunque se non era lui vuol dire che l’ufficio del personale della Digos li cerca tutti uguali. Cominciano a farmi domande su chi sono e cosa voglio fare, mi chiedono se sono un giornalista – evidentemente se non hai il tesserino magico e la statura deontologica di un Massimo Numa non puoi documentare quel che accade. Io spiego tutto senza problemi, gli dico che sono un blogger (sguardi perplessi) e che faccio politica nel movimento di Beppe Grillo, gli faccio vedere le foto, ripeto che voglio solo documentare quel che accade e che essendo per una pubblica via mi risulta che si possa fare foto. Mi chiedono come ho fatto a sapere della trivella, rispondo “alla radio”, mi chiedono “che radio”, rispondo “Radio Flash”, e loro “ecco! Radio Flash!”.

Il poliziotto, nervosissimo, comincia un pippone di tre minuti, guardandomi sempre più storto; mi dice che sono un pecorone, che sono il decimo che viene a far foto e che solo perché lo dice una radio non devo andarle dietro… (probabilmente confonde Radio Flash con Radio Blackout). Infine, dopo essersi segnati i miei dati, mi dicono “ascolti, le consigliamo caldamente di cancellare quelle foto” e mi fanno andare: fine del primo incontro della mia vita con la polizia.

Dunque io, da bravo cittadino, ho cancellato le foto; ma prima di farlo ho pensato che, insomma, pubblicare una versione a bassa risoluzione era nel mio diritto, naturalmente dopo avere oscurato le targhe e i volti dei poliziotti con delle immagini e dei volti a caso.

stradapronda_700.jpg

Per carità, capisco anche il nervosismo dei poliziotti, il nervosismo di chi viene spedito a fare una repressione per difendere gli interessi privati di terzi, magari rendendosene pure conto; tuttavia io ero lì per documentare, non per prendere posizione e nemmeno per creare problemi a nessuno, anche se sono notoriamente contrario alla TAV. Vedere le strade di Torino invase di camionette, vedere fermare e chiedere i documenti a chi si avvicina, non è certo un bello spettacolo o un buon clima.

[tags]tav, no tav, torino, strada della pronda, trivelle, sondaggi, polizia, repressione, digos, partiti, chiamparino, politica, movimento 5 stelle[/tags]

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domenica 28 Febbraio 2010, 19:41

17.000 volte grazie

Come avrete letto sui giornali di oggi, il dado è tratto: la lista Movimento 5 Stelle Piemonte è stata ammessa e parteciperà alle prossime elezioni regionali. Ci servivano 13.000 firme, ne abbiamo raccolte oltre 17.000: e per questo non possiamo che ringraziare le tantissime persone che ci hanno dato una mano, perché non sono affatto poche.

Tanto per darvi un’idea di che cosa voglia dire raccogliere 17.000 firme, andare a prendere i relativi certificati elettorali in qualche centinaio di comuni e mettere insieme ogni firma con il suo certificato, poi ricontrollare, impacchettare, portare, ho girato qualche secondo di immagini durante una di queste nottate… Certo mi riempie d’orgoglio (essendo stato, di fatto, il responsabile burocratico-legale di tutta l’operazione) il fatto di essere arrivati lì all’apertura degli sportelli con tutta la documentazione pronta e perfetta, mentre, come avrete letto, persino il maggiore partito italiano (il partito degli avvocati) riesce a sbagliare l’operazione e a farsi escludere – e poi, naturalmente, reclama un condono!

Adesso però non distraetevi: il prossimo obiettivo sono i 60.000 voti su scala regionale che servono per eleggere un consigliere, e solo l’azione diretta di ognuno di voi può permetterci di raggiungerlo.

[tags]elezioni, regionali, politica, movimento 5 stelle, piemonte, beppe grillo, raccolta firme[/tags]

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sabato 27 Febbraio 2010, 12:51

Berlusconi a Torino

Mi scuserete se in questi giorni sono telegrafico e parlo solo di politica, però vi lascio con un altro video: il manipolo di protesta di fronte al Lingotto per l’arrivo (ieri) di Berlusconi in città a sostegno di Cota. Nel video appare anche Piero Ricca, che è venuto a parlare per noi giovedì sera (io non c’ero, ero a contare firme fino alle 4 di mattina). A Berlusconi è andata un po’ meglio dell’altra volta a Porta Nuova, ma solo perché questa volta la militarizzazione della zona era ancora superiore.

[tags]berlusconi, politica, popolo viola, piero ricca[/tags]

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venerdì 26 Febbraio 2010, 04:58

All’alba

Sono appena arrivato a casa dopo la seconda nottata di fila, ieri fino alle 3, oggi fino alle 4 passate. Ieri c’erano decine di volontari, per preparare la documentazione per la presentazione delle liste in tutte le province del Piemonte; oggi siamo rimasti prima in tre, poi dopo mezzanotte in due, per chiudere i due pacchi più grossi – la provincia di Torino e la lista regionale.

Presentare una lista alle elezioni regionali è un’odissea burocratica dal peso incredibile, specialmente per un gruppo di volontari. Nello specifico, confezionare due pacchi rispettivamente di circa tremila e cinquemila firme senza fare errori non è facile come sembra: oltre a controllare che tutti i timbri e i certificati siano a posto, oltre a dover inserire qualcosa come settemila certificati elettorali all’interno del modulo corrispondente, bisogna stare attenti a massimizzare il numero di firme senza rischiare di sforare.

Infatti, più sono le firme e meno si rischia che depennamenti per errori formali o per firme doppie (persone che hanno firmato per più liste) ti facciano scendere sotto la soglia minima, ma esiste anche un numero massimo di firme che è possibile consegnare, superato il quale si viene esclusi. L’incubo è dunque quello di sbagliare i conti e inserire nel pacco più firme di quel che si crede… e considerando che i moduli delle firme regionali sono circa 250, provenienti da una quindicina di gruppi diversi, e che si è tutti piuttosto rincoglioniti dalla stanchezza, l’errore è dietro l’angolo.

Peraltro, stanotte le nostre avanguardie sono andate a prendere il posto davanti al tribunale; per esempio ad Asti tutto tranquillo, ma a Torino i nostri hanno già incontrato i loro consimili delle liste di Rabellino, finché tutti non sono stati mandati via dalla Finanza. Domattina ci saranno le comiche per assicurarsi di essere i primi a presentare la lista, dato che le eventuali firme doppie valgono solo per il primo che arriva. In questi giorni si sono moltiplicate le inquietanti segnalazioni di ignari nostri sostenitori che scoprivano di aver firmato per liste a loro sconosciute, o perché pensavano di firmare “contro il canone Rai” o “per l’abolizione delle strisce blu”, o proprio senza spiegazioni plausibili.

Anche in questo caso, infatti, la sensazione è di essere gli unici o quasi a fare le cose onestamente, contro gruppi che si fanno le leggi da soli per esonerarsi dalla raccolta firme o che sfruttano chissà quali protezioni per raccoglierle in modi sulla cui legalità molti hanno seri dubbi, ma su cui stranamente la magistratura non indaga mai.

Del resto, circolano voci secondo cui il PD starebbe aiutando Rabellino a raccogliere le firme per presentare una lista civetta per togliere voti a Cota. Insomma, questo mondo politico è molto peggio di come sembra dall’esterno; quanto peggio, lo scopriremo tra poche ore.

[tags]elezioni, politica, firme, movimento 5 stelle, elezioni regionali, piemonte[/tags]

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mercoledì 24 Febbraio 2010, 18:28

Altri aumenti che non esistono

Ne ha già parlato qualcuno in queste settimane (ad esempio .mau.), ma sui giornali la notizia è passata sotto silenzio: a partire dall’inizio del mese, chi come me viaggia spesso con il treno regionale da Torino Porta Susa a Milano e viceversa si è trovato di fronte alla bella sorpresa di un aumento nascosto del 19,4%.

Il meccanismo dell’aumento è tanto perverso quanto complesso. In passato, per i treni di categoria normale, vigeva un’unica tariffa chilometrica nazionale. Dopodiché, già da molti anni, per poter scaricare un po’ di costi dal proprio bilancio, lo Stato ha passato la competenza sul trasporto locale, compreso quello ferroviario, alle regioni; questo significa che i treni regionali, anche quando coprono più regioni, sono di competenza di una regione specifica, che ne negozia prezzi e orari con Trenitalia provvedendo allo stesso tempo a sovvenzionarli. Per esempio il Torino-Milano è di competenza della Regione Piemonte, mentre il treno suburbano Novara-Milano è di competenza della Regione Lombardia; sono così stati fatti sparire i treni “interregionali”.

Fino ad ora, però, sui treni “ex interregionali” vigeva ancora una tariffa nazionale; se il percorso del treno era interamente in una regione si applicava invece la tariffa regionale, concordata tra Trenitalia e regione di competenza del treno.

Siccome però molte regioni avevano provveduto ad aumentare per bene le tariffe, su varie tratte interregionali si verificava il paradosso per cui il biglietto per la prima città fuori regione, calcolato sulla tariffa nazionale, costava meno del biglietto per l’ultima città della regione, calcolato sulla tariffa regionale. Per fare un esempio, sul regionale costava meno il biglietto Genova – Massa che il biglietto Genova – La Spezia, con conseguenti trighi dei pendolari più accorti che prendevano il biglietto per la città fuori regione e poi scendevano prima.

E così, Trenitalia e le regioni “care” come Liguria e Piemonte si lamentavano del “mancato introito”, ovvero delle persone che cercavano di sfuggire ai loro aumenti di prezzo. Soluzione: dal primo febbraio, il biglietto sulle tratte interregionali viene calcolato sommando il prezzo dei chilometri percorsi nella prima regione alle tariffe di quella regione con il prezzo dei chilometri percorsi nella seconda regione alle tariffe di quella regione. E, per un gioco di fasce chilometriche, il risultato è che il biglietto da Porta Susa a Milano è rincarato del 20%, allineandosi a quello da Porta Nuova a Milano che invece non è aumentato (peccato che tre quarti dei viaggiatori per Milano salgano a Porta Susa).

Questa è la spiegazione tecnica, ma la sostanza non cambia: in un periodo di crisi, con la gente che fatica ad arrivare a fine mese e con gli uffici che continuano a spostarsi verso Milano, Trenitalia e la Regione Piemonte hanno pensato bene di lucrare con un bel 20% di aumento sulla tratta di medio raggio più gettonata dai torinesi.

Del resto, il pendolarismo tra Torino e Milano è un business enorme, e solo al primo gennaio si era completato un aumento del 34% in otto mesi del pedaggio autostradale: come poteva la ferrovia essere da meno? Fa un po’ specie se si pensa che l’autostrada è gestita dai privati mentre la ferrovia è pubblica, ma poi ci si pensa bene e si capisce come sia proprio vero che tra pubblico e privato non c’è più differenza: comunque sia, la risorsa (spesso costruita generazioni fa con fondi pubblici) viene adibita a impresa di lucro privato senza alcun tipo di rischio, con tariffe imposte in regime di monopolio, e benefici che vanno non nelle tasche dell’ente pubblico, ma nelle tasche di chi lo governa (da quelle dell’ente usciranno poi in pubblicità, consulenze, appalti…) e dei suoi amici.

Tutto questo, naturalmente, nel silenzio generale dei media collusi, che alla questione non hanno dedicato nemmeno un trafiletto: essendoci le elezioni regionali alle porte non si vuol certo mettere in difficoltà la giunta attuale, che anzi andrà sicuramente a vantarsi di avere “messo alla porta Trenitalia” per migliorare i treni regionali…
[tags]ferrovia, pendolari, trasporti, torino, milano, aumenti, regione piemonte, trenitalia, pubblico, privato[/tags]

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martedì 23 Febbraio 2010, 19:38

Blackout

Chi mi conosce, chi legge da tempo questo blog, sa che non sono un simpatizzante dei centri sociali. Penso che le regole debbano valere per tutti, dunque non credo giusto occupare abusivamente dei locali altrui (anche se credo che gli edifici in abbandono dovrebbero essere dati in uso a chi li vuole, almeno finché il proprietario non dimostra di farci qualcosa); non mi piacciono le scritte sui muri e le azioni di disturbo verso chi la pensa diversamente; e sui famosi “centri di identificazione ed espulsione” la penso in maniera decisamente diversa da loro, non mi piacciono ma penso che nell’attuale condizione siano inevitabilmente necessari.

Tuttavia, l’operazione di polizia di questa mattina mi ha lasciato basito e anche molto preoccupato. E’ indubbio che sia sgradevole e non condivisibile andare a gettare fisicamente sacchi di merda su chi cena al Cambio (anche nel caso in cui, come per qualcuno di loro effettivamente è, tale merda sia metaforicamente meritata), ma è anche un reato? Questo è il punto: qual è il confine tra la manifestazione del dissenso e il crimine? Tutte le società prima o poi si pongono questo dilemma; ci sono quelle più autoritarie, dove il dissenso è immediatamente represso, e quelle più libertarie, dove pur di non limitare la democrazia si accettano anche i vestiti sporcati di merda, magari spedendo agli autori il giusto conto della tintoria.

Comunque sia, se fosse confermato che queste persone hanno violato la legge è giusto che ne rispondano; ma anche in questo caso c’è una cosa che davvero preoccupa, cioè l’irruzione nella sede di una radio con conseguente interruzione delle trasmissioni per circa sei ore. Quelli che La Stampa definisce “controlli” hanno infatti portato allo spegnimento del segnale per oltre un’ora e all’annullamento dei normali programmi nelle altre, dalle 5 alle 11 circa di stamattina.

Anche qui, credo di non aver mai ascoltato Radio Blackout in vita mia, se non per le informazioni dalla Valsusa, visto che è la radio che ne dà la maggior copertura. Ma non è questo il punto; come non disse Voltaire (l’attribuzione è errata, anche se continua a propagarsi per copia-e-incolla di compiti tra bimbiminkia), “disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”.

Il Comune di Torino, zitto zitto, quattro mesi fa gli ha già dato lo sfratto; e se è nel diritto di un padrone di casa dare lo sfratto anche a fronte di un affitto che la radio paga regolarmente, certo fa specie che le autorità ostacolino apertamente quella che è l’unica voce cittadina di un certo tipo di idee, anche perché traslocare una radio, con tanto di impianti e tralicci, non è come traslocare un ufficio. E’ davvero preoccupante vedere le istituzioni cittadine trasformarsi sempre più spesso in ostacoli alla libertà di espressione, invece che in promotori della stessa; e questa è una scelta di campo profondamente politica da parte di Chiamparino & c., che non possiamo non far notare.

Ci sarebbe da citare la famosa poesia che Brecht non scrisse: ho il sospetto che quando verranno per me i centri sociali non ci saranno più da un pezzo, e quando verranno per voi non ci sarò più io.

P.S. Poi scopro che la poesia di Niemöller è stata citata anche da Magdi Cristiano Allam, e allora la mia fede nella libertà di espressione vacilla per un attimo. Ma solo per un attimo eh!

[tags]torino, radio blackout, anarchia, digos, repressione, libertà di espressione, diritti, polizia, chiamparino, voltaire, brecht[/tags]

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giovedì 18 Febbraio 2010, 10:21

Una notte di ordinaria follia

Pubblico abbastanza spesso qualche riassunto di ciò che accade in Valsusa, dato che ciò che scrivono i giornali è parziale e spesso edulcorato. Chi non è addentro alla vicenda della TAV, chi si limita a leggiucchiare i giornali, probabilmente penserà che sono impazzito anch’io e che sto diventando un estremista; la verità è che più si va avanti a rimuovere gli strati di menzogne e di coperture che pesano su tutta questa vicenda e più si sente l’esigenza impellente di far sapere agli altri ciò che accade davvero, mettendo insieme i tanti racconti individuali che trovate su Facebook, ormai l’unico media non censurato che abbiamo.

notav-17012010.jpg

Questa signora è uno dei pericolosi black bloc anarco-insurrezionalisti che ieri hanno provocato violenze e sono stati giustamente puniti a manganellate (così dicono La Stampa e la polizia). E’ di Villarfocchiardo, nota base del terrorismo internazionale. Ieri, insieme ad alcune centinaia di persone, era scesa in corteo dall’autoporto di Susa fino al luogo del sondaggio di Coldimosso, avviato ieri nel modo che già abbiamo raccontato (ora c’è anche un video); prima per la strada, poi per i boschi, per aggirare il blocco della statale già effettuato dalla polizia (e non dai manifestanti).

Il corteo era stato deciso in assemblea, con lo scopo di bloccare i lavori pacificamente, mettendosi tutti attorno alla trivella. Verso le 19 però la manifestazione viene accolta da un cordone di polizia, che presto comincia a caricare. In Italia le “cariche di alleggerimento”, in genere, funzionano così: i poliziotti corrono tutti in avanti e aspettano che qualcuno cada o inciampi, poi lo isolano, lo tengono a terra e lo picchiano in cinque o in dieci. Ieri, oltre alla signora, è capitato a un ragazzo di Torino, Simone, che ora è in prognosi riservata; inizialmente temevano che rimanesse paralizzato alle gambe, ma pare che abbia avuto una emorragia cerebrale e sia per questo in pericolo di vita. Naturalmente i giornali parlano anche di “due poliziotti feriti” che però nessuno ha visto.

Dopo la carica c’è sempre un momento in cui torna la calma; in questo momento qualcuno racconta di essersi sfogato con i poliziotti chiedendo il perché di un simile trattamento, e che qualcuno dall’altra parte della barricata abbia gridato “lo conosciamo”. Simone è un anarchico torinese e si sa che gli anarchici a Torino sono in lotta da anni, con tanto di sfogo del prefetto sul fatto di non riuscire a trovare abbastanza prove per farli finire in galera. E’ possibile che qualcuno dei poliziotti o dei loro capi, nella confusione di ieri, si sia voluto prendere qualche rivincita su Simone e sulla magistratura “buonista”; e l’hanno quasi ammazzato.

Tornata la calma, i poliziotti hanno cercato di portarsi via questo ragazzo verso chissà quale caserma o scuola Diaz del momento (ricordando che il capo delle operazioni di polizia in Valsusa è il vicequestore Spartaco Mortola, lo stesso del G8 di Genova), caricandolo su una normale barella, come se non fosse a rischio di paralisi; per fortuna sono stati fermati ed è arrivata una vera ambulanza, che lo ha portato all’ospedale di Susa. Mentre lo curavano, i poliziotti sono arrivati anche lì, per cercare di arrestarlo; sono stati mandati via dagli stessi medici.

Nel frattempo la valle è bloccata, questa volta dai manifestanti, concentrati presso lo svincolo dell’autostrada di Chianocco.

chianocco-17012010.jpg

Il blocco si apre solo per far passare l’ambulanza che porta il ferito alle Molinette. Anche lì, mentre è in terapia al pronto soccorso, arriva la Digos, entra dentro senza riguardo per i medici e per tutti gli altri malati, ma viene di nuovo cacciata. Arriva l’avvocato e il ferito viene portato in reparto.

In valle la tensione è altissima; una colonna di camionette viene bloccata sulla statale, a Bussoleno poco dopo mezzanotte ci sono altre cariche e altri lacrimogeni. Credo che queste immagini arrivino da lì:

A Torino, un gruppo di persone cerca di bloccare simbolicamente la distribuzione della prima edizione de La Stampa; il blocco dura un’oretta e poi si scioglie. Stamattina alle 11 ci sarà un presidio di protesta sotto la Rai in via Verdi.

Ciò che veramente bisogna fare però è astrarsi un attimo dal racconto degli scontri e pensare: perché? Da settimane, ci sono circa 2000 agenti che soggiornano negli alberghi della periferia ovest di Torino; ognuno di essi costa al contribuente circa 300 euro al giorno; il costo totale per le nostre tasche di questa buffonata dei sondaggi, solo in spese di polizia, è probabilmente tra i 10 e i 20 milioni di euro. Lo svantaggio è visibile: al di là di tutte le ragioni contro la Tav, questo progetto comporta una valle militarizzata – per vent’anni, se si volesse veramente fare l’opera -, feriti, tensioni. Che cosa può mai esserci di così importante nel progetto di questa ferrovia tanto da rendere tutto questo accettabile, a parte l’arricchimento di chi comanda?
[tags]torino, susa, valsusa, no tav, scontri, incidenti, polizia, giornali[/tags]

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mercoledì 17 Febbraio 2010, 13:15

Moncalieri a 5 Stelle

Un po’ in extremis, è partito in questi giorni il tentativo di presentare una lista civica a cinque stelle anche alle elezioni comunali di Moncalieri, una città che va alle urne in quanto la precedente amministrazione di centrosinistra si è sciolta come neve al sole dopo meno di due anni dal voto. Moncalieri è un’altra delle città calabre della cintura torinese, non molto dissimile in questo da Rivoli; e gran parte della campagna elettorale si è giocata sulle due coalizioni che si accusavano a vicenda di voler fare accordi con Francesco Fiumara, ex sindaco e potentato locale, ovviamente calabrese, che finora con i Moderati sosteneva il centrosinistra; che ha causato la crisi per divergenze programmatiche, ovviamente sul piano regolatore; e che ora potrebbe passare al centrodestra.

Noi, comunque, ci proviamo, sperando di portare un po’ di aria fresca in un clima politico così asfittico; a scanso di equivoci preciso subito che il candidato sindaco si chiama Giorgio Bertola ma non è mio parente, anche se sul Corriere di Moncalieri hanno pubblicato la mia foto al posto della sua. Sarà difficile raccogliere le duecento firme necessarie, visto che c’è soltanto più una settimana a disposizione, ma sarà possibile firmare in piazza nel fine settimana (qui il calendario, in evoluzione) oppure andando entro mercoledì prossimo all’ufficio elettorale del comune, che in questi giorni è aperto in settimana dalle 8,30 alle 18,30 e sabato e domenica dalle 9 alle 17. Mobilitate tutti i moncalieresi che conoscete!

Infine, segnalo che domenica Beppe Grillo sarà ancora in Piemonte, al mattino a Trino Vercellese per incontrare i lavoratori in lotta dello scandalo Omega-Phonemedia-Agile-Eutelia, poi alle 17 a Vercelli e alle 21 a Biella: qui tutti i dettagli. La provincia di Vercelli è l’unica dove non abbiamo ancora raccolto un numero sufficiente di firme, e abbiamo bisogno di grande affluenza per sperare di farcela anche lì. Sulla scheda ci saremo comunque nelle altre sette, ma sarebbe bello completare l’impresa ed esserci anche a Vercelli. Mobilitate; oppure venite anche solo a godervi un carnevale diverso.

[tags]politica, beppe grillo, movimento 5 stelle, elezioni regionali, elezioni comunali, moncalieri, rivoli, fiumara, meo, chiamparino, bertola, vercelli, trino, biella[/tags]

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