Questo è un avviso per quei tifosi del Toro che non frequentano i forum, e si limitano a leggiucchiare la Busiarda e guardare qualche trasmissione in TV: non sorprendetevi, non scandalizzatevi quando in un momento indefinito tra stasera e la prossima settimana Cairo annuncerà il licenziamento dell’allenatore Gianni De Biasi.
In fondo, a guardare la superficie, si rimarrebbe esterrefatti: De Biasi è l’allenatore che ha preso il Toro nel derelitto stato in cui si trovava nell’agosto del 2005, due giorni prima del campionato, e lo ha guidato a una incredibile promozione in serie A. Quest’anno è stato cacciato in modo assurdo tre giorni prima dell’inizio del campionato, è stato richiamato quando la squadra aveva perso sei partite di fila in modo indegno, si è messo in panchina ed è riuscito nella seconda missione impossibile, quella di salvarlo dalla serie B. Andrebbe portato in trionfo: allora, perchè cacciarlo?
E’ che, seguendo la squadra più da vicino, si scopre che le cose stanno un po’ diversamente. De Biasi è un allenatore medio, le cui scelte tecniche lasciano spesso molto a desiderare, così come l’interpretazione delle partite; e potremmo citare vari esempi di cambi sbagliati e partite buttate incredibilmente (qualcuno ricorda ancora Bari – Torino dell’anno scorso, da 0-2 a 2-2 negli ultimi quattro minuti). Ma il problema vero non è questo.
Quest’estate, De Biasi è stato cacciato (pare; si parla sempre di voci, che però hanno ricevuto numerose conferme incrociate) per un motivo preciso: pare che mentre Cairo lavorava per vendere un po’ dei giocatori in esubero dalla serie B – onesti pallonisti come Ungari, Orfei, Doudou, Martinelli, gente che al massimo può giocare in una media B, certo non in serie A – lui sottobanco li incitasse a non accettare il trasferimento, perchè li avrebbe fatti giocare anche a fronte di nuovi acquisti molto più forti: insomma, remasse contro il suo datore di lavoro.
Solo malignità ? Bene, osserviamo cosa succede dopo: De Biasi viene cacciato, arriva Zaccheroni. L’inizio è difficile, ma dopo un paio di mesi la squadra comincia a riprendersi; alla fine del girone d’andata, il Toro ha 22 punti, mette in difficoltà Milan e Roma negli scontri diretti, è ben lontano dalle ultime posizioni e anzi sembra poter lottare per un posto in Europa. Poi, d’improvviso, il buio: sei sconfitte consecutive, via via sempre più imbarazzanti e inspiegabili.
L’ultima è a Verona, 3-0 dal Chievo. Il giorno prima, in ritiro a Desenzano, Zaccheroni chiude la squadra nello spogliatoio e pretende, in privato, fedeltà . Come risultato, il mattino dopo gli fanno trovare tutto in piazza su Tuttosport. Pancaro – uno che sarà anche vecchio e stanco, ma in termini di classe e carriera ad alto livello vale il resto del Toro messo insieme – sull’autobus si incazza con gli altri. Rosina, cosa pensa dei compagni l’ha già detto sul suo sito, finendo inevitabilmente in tribuna. Perchè quello che è chiaro è che il gruppo storico dell’anno prima, in testa Muzzi che non accetta di non essere titolare, ha smesso di giocare: vuole la testa di Zaccheroni, e il ritorno di De Biasi, a costo di mandare a monte la stagione.
E così, di fronte alla situazione, Cairo non ha alternative: licenzia Zaccheroni, che da signore non rilascia nemmeno una intervista, e richiama De Biasi, che ha nel frattempo rifiutato altre possibilità di tornare ad allenare; c’è chi dice che abbia addirittura manovrato la rivolta di spogliatoio per fare le scarpe al collega. De Biasi torna e rilascia dichiarazioni poco concilianti, come a dire: qui comando io. Dice che perdona Cairo per l’errore di averlo cacciato, ma che alla fine ha avuto ragione lui.
Guarda caso, tornato De Biasi, praticamente tutti i nuovi acquisti finiscono in panchina o in tribuna, e tornano in campo i senatori della B, da Ardito a Muzzi; e guarda caso, la squadra ricomincia d’improvviso a giocare. Grazie anche a un calendario favorevole, mette insieme un filotto di buoni risultati; a quel punto, ci si sente già salvi. E guarda caso, ricominciano le pessime partite, quelle svogliate, in cui i giocatori pascolano per il campo in modo irritante; e guarda caso, i vari senatori cominciano ad avanzare richieste di rinnovi di contratto e aumenti di stipendio.
Peccato che succeda l’imprevedibile: le ultime cominciano a fare punti su punti, la quota salvezza si alza, e il Toro si trova nei guai. Si salva solo grazie a un miracolo, a una incredibile vittoria a Roma in cui la Roma, imbottita di riserve per via delle finali di Coppa Italia situate il mercoledì prima e quello dopo, batte quindici calci d’angolo e prende tre pali, di cui uno al 93′. E poi, appena salvo, De Biasi non contento fa altre dichiarazioni bellicose: dice che Cairo pare non avere un progetto e rischia di prendere in giro i tifosi.
La summa di De Biasi è la partita con l’Inter di oggi: una prestazione irritante, dove la sconfitta era prevedibile, ma l’accidia con cui il Toro ha camminato per il campo è inaccettabile, senza provare mai a recuperare, senza un minimo di grinta. De Biasi schiera una formazione senza capo nè coda, con il giovane difensore centrale Ogbonna posizionato all’ala, e l’altro difensore Di Loreto come regista. Poi aspetta fino a cinque minuti dalla fine per inserire un’altra punta, come se non gli importasse di provare a pareggiare. Invece, mentre le altre squadre usano l’ultima partita per far esordire i giovani o per far giocare chi non ha mai visto il campo, lui manda in campo Luigi Martinelli, 37 anni a settembre, onesto difensore di B e C1 che in tutta la carriera ha visto la serie A solo quest’anno dopo il ritorno di De Biasi; la cui qualifica principale è quella di far parte del gruppo di “amici di De Biasi”.
Insomma, il giudizio della tifoseria (e di Cairo) è ormai quasi unanime: ci si trova di fronte a un allenatore che manovra lo spogliatoio, e che invece di far giocare i migliori manda in campo i propri fedelissimi, lavorando contro il presidente o contro l’allenatore precedente. Naturalmente esiste anche l’altra campana, quella per cui Cairo sarebbe un fanfarone o un pasticcione, Zaccheroni un incapace, e De Biasi ha salvato la situazione: lui sarebbe magari un po’ arrogante o suscettibile, ma non in malafede.
Quel che è chiaro – basta leggere – è che Cairo non ha nessuna intenzione di restare per un’altra stagione ostaggio dei propri giocatori ed eventualmente di De Biasi. E quindi, salutato il maggior numero possibile dei vecchi padroni dello spogliatoio, da Muzzi in giù, vedremo un nuovo allenatore, se non un clamoroso ritorno di Zaccheroni. Nel frattempo, benvenuti nel calcio moderno.