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Archivio per la categoria 'VitaDaToro'


giovedì 7 Giugno 2007, 17:34

Malati di calcio

Arriva l’estate, e arriva anche il calciomercato: il tipico passatempo estivo, per ammazzare il tempo sotto l’ombrellone.

Il problema, però, è che noi del Toro l’abbiamo preso un po’ troppo sul serio: a partire dal giorno dopo la salvezza (una settimana prima della fine del campionato) sono stati aperti infiniti thread di discussione. Quello principale, aperto il 22 maggio, è stato chiuso d’autorità ieri pomeriggio al raggiungimento della pagina numero 1720, ossia 34’400 messaggi in quindici giorni: impallava il database del forum. Ne è stato riaperto un altro, che in ventiquattr’ore è già arrivato alla pagina 227 (ormai, con il tempo di digitare il post, saremo almeno a 230).

Certo, ci si è messo anche Ernesto, il vate del forum (non solo conosce mezzo mondo del calcio italiano, ma passa il tempo a scassargli la minc*a): ieri notte verso l’una, per scazzo, ha finto di avere improvvisamente perso fiducia in Cairo, complice un presunto SMS ricevuto da Cairo e relativo all’improvvisa rottura della trattativa per il trasferimento in granata dall’Udinese di Giampiero “Monio” Pinzi, per meri duecentomila euro di differenza. Il risultato è stato il fiorire di centinaia di messaggi nel cuore della notte, con mobilitazione telefonica e gente tirata giù dal letto per cercare conferme o smentite (qui la reazione di un anonimo dipendente del Torino FC). Verso le tre, Ernesto ha rivelato la burla; in mattinata si è preso i vaffanculi di chi ha letto il thread appena arrivato in ufficio, dando luogo a scene isteriche di vario genere, prima di scoprire che era uno scherzo qualche centinaio di post più avanti.

E così, formalizzato dopo un migliaio di trepidanti pagine l’ingaggio di Walter Novellino come allenatore, pendente l’annuncio ufficiale di Antonelli direttore generale e Lupo direttore sportivo, ci si concentra sul vaticinio di Aldo Agroppi, che avrebbe dichiarato che il Toro ha già acquistato una punta forte: si conversa su chi potrebbe essere tra Budan, Bjelanovic e Bojinov, ignorando peraltro il valore enciclopedico del suddetto Agroppi, così come immortalato da Elio e le Storie Tese.

In tutto questo, è trascurabile il fatto forse più importante: il calciomercato apre soltanto il due di luglio.

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domenica 27 Maggio 2007, 23:50

Arrivederci e grazie

Questo è un avviso per quei tifosi del Toro che non frequentano i forum, e si limitano a leggiucchiare la Busiarda e guardare qualche trasmissione in TV: non sorprendetevi, non scandalizzatevi quando in un momento indefinito tra stasera e la prossima settimana Cairo annuncerà il licenziamento dell’allenatore Gianni De Biasi.

In fondo, a guardare la superficie, si rimarrebbe esterrefatti: De Biasi è l’allenatore che ha preso il Toro nel derelitto stato in cui si trovava nell’agosto del 2005, due giorni prima del campionato, e lo ha guidato a una incredibile promozione in serie A. Quest’anno è stato cacciato in modo assurdo tre giorni prima dell’inizio del campionato, è stato richiamato quando la squadra aveva perso sei partite di fila in modo indegno, si è messo in panchina ed è riuscito nella seconda missione impossibile, quella di salvarlo dalla serie B. Andrebbe portato in trionfo: allora, perchè cacciarlo?

E’ che, seguendo la squadra più da vicino, si scopre che le cose stanno un po’ diversamente. De Biasi è un allenatore medio, le cui scelte tecniche lasciano spesso molto a desiderare, così come l’interpretazione delle partite; e potremmo citare vari esempi di cambi sbagliati e partite buttate incredibilmente (qualcuno ricorda ancora Bari – Torino dell’anno scorso, da 0-2 a 2-2 negli ultimi quattro minuti). Ma il problema vero non è questo.

Quest’estate, De Biasi è stato cacciato (pare; si parla sempre di voci, che però hanno ricevuto numerose conferme incrociate) per un motivo preciso: pare che mentre Cairo lavorava per vendere un po’ dei giocatori in esubero dalla serie B – onesti pallonisti come Ungari, Orfei, Doudou, Martinelli, gente che al massimo può giocare in una media B, certo non in serie A – lui sottobanco li incitasse a non accettare il trasferimento, perchè li avrebbe fatti giocare anche a fronte di nuovi acquisti molto più forti: insomma, remasse contro il suo datore di lavoro.

Solo malignità? Bene, osserviamo cosa succede dopo: De Biasi viene cacciato, arriva Zaccheroni. L’inizio è difficile, ma dopo un paio di mesi la squadra comincia a riprendersi; alla fine del girone d’andata, il Toro ha 22 punti, mette in difficoltà Milan e Roma negli scontri diretti, è ben lontano dalle ultime posizioni e anzi sembra poter lottare per un posto in Europa. Poi, d’improvviso, il buio: sei sconfitte consecutive, via via sempre più imbarazzanti e inspiegabili.

L’ultima è a Verona, 3-0 dal Chievo. Il giorno prima, in ritiro a Desenzano, Zaccheroni chiude la squadra nello spogliatoio e pretende, in privato, fedeltà. Come risultato, il mattino dopo gli fanno trovare tutto in piazza su Tuttosport. Pancaro – uno che sarà anche vecchio e stanco, ma in termini di classe e carriera ad alto livello vale il resto del Toro messo insieme – sull’autobus si incazza con gli altri. Rosina, cosa pensa dei compagni l’ha già detto sul suo sito, finendo inevitabilmente in tribuna. Perchè quello che è chiaro è che il gruppo storico dell’anno prima, in testa Muzzi che non accetta di non essere titolare, ha smesso di giocare: vuole la testa di Zaccheroni, e il ritorno di De Biasi, a costo di mandare a monte la stagione.

E così, di fronte alla situazione, Cairo non ha alternative: licenzia Zaccheroni, che da signore non rilascia nemmeno una intervista, e richiama De Biasi, che ha nel frattempo rifiutato altre possibilità di tornare ad allenare; c’è chi dice che abbia addirittura manovrato la rivolta di spogliatoio per fare le scarpe al collega. De Biasi torna e rilascia dichiarazioni poco concilianti, come a dire: qui comando io. Dice che perdona Cairo per l’errore di averlo cacciato, ma che alla fine ha avuto ragione lui.

Guarda caso, tornato De Biasi, praticamente tutti i nuovi acquisti finiscono in panchina o in tribuna, e tornano in campo i senatori della B, da Ardito a Muzzi; e guarda caso, la squadra ricomincia d’improvviso a giocare. Grazie anche a un calendario favorevole, mette insieme un filotto di buoni risultati; a quel punto, ci si sente già salvi. E guarda caso, ricominciano le pessime partite, quelle svogliate, in cui i giocatori pascolano per il campo in modo irritante; e guarda caso, i vari senatori cominciano ad avanzare richieste di rinnovi di contratto e aumenti di stipendio.

Peccato che succeda l’imprevedibile: le ultime cominciano a fare punti su punti, la quota salvezza si alza, e il Toro si trova nei guai. Si salva solo grazie a un miracolo, a una incredibile vittoria a Roma in cui la Roma, imbottita di riserve per via delle finali di Coppa Italia situate il mercoledì prima e quello dopo, batte quindici calci d’angolo e prende tre pali, di cui uno al 93′. E poi, appena salvo, De Biasi non contento fa altre dichiarazioni bellicose: dice che Cairo pare non avere un progetto e rischia di prendere in giro i tifosi.

La summa di De Biasi è la partita con l’Inter di oggi: una prestazione irritante, dove la sconfitta era prevedibile, ma l’accidia con cui il Toro ha camminato per il campo è inaccettabile, senza provare mai a recuperare, senza un minimo di grinta. De Biasi schiera una formazione senza capo nè coda, con il giovane difensore centrale Ogbonna posizionato all’ala, e l’altro difensore Di Loreto come regista. Poi aspetta fino a cinque minuti dalla fine per inserire un’altra punta, come se non gli importasse di provare a pareggiare. Invece, mentre le altre squadre usano l’ultima partita per far esordire i giovani o per far giocare chi non ha mai visto il campo, lui manda in campo Luigi Martinelli, 37 anni a settembre, onesto difensore di B e C1 che in tutta la carriera ha visto la serie A solo quest’anno dopo il ritorno di De Biasi; la cui qualifica principale è quella di far parte del gruppo di “amici di De Biasi”.

Insomma, il giudizio della tifoseria (e di Cairo) è ormai quasi unanime: ci si trova di fronte a un allenatore che manovra lo spogliatoio, e che invece di far giocare i migliori manda in campo i propri fedelissimi, lavorando contro il presidente o contro l’allenatore precedente. Naturalmente esiste anche l’altra campana, quella per cui Cairo sarebbe un fanfarone o un pasticcione, Zaccheroni un incapace, e De Biasi ha salvato la situazione: lui sarebbe magari un po’ arrogante o suscettibile, ma non in malafede.

Quel che è chiaro – basta leggere – è che Cairo non ha nessuna intenzione di restare per un’altra stagione ostaggio dei propri giocatori ed eventualmente di De Biasi. E quindi, salutato il maggior numero possibile dei vecchi padroni dello spogliatoio, da Muzzi in giù, vedremo un nuovo allenatore, se non un clamoroso ritorno di Zaccheroni. Nel frattempo, benvenuti nel calcio moderno.

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sabato 26 Maggio 2007, 14:52

Monsieur Cimminaux

Le cronache sono tornate nuovamente a parlare del mitico Franco Cimminelli e del suo fu Torino Calcio: pare che, per il fallimento del suddetto, si vada al rinvio a giudizio. Questa, però, è storia nota; ce n’è invece un’altra che si svolge proprio in questi giorni.

Infatti, la fama del celebre calabroleso cittadino ha varcato i confini nazionali, giungendo fino in Val d’Aosta. L’altra sera, il TGR della Vallée ha trasmesso un lungo servizio sulla situazione pesantissima della Air Vallée, la compagnia aerea valdostana di proprietà della Ergom che, grazie al proprio tenace impegno sulle battutissime rotte Aosta-Roma, Torino-Pescara e Genova-Trieste, ha accumulato sei milioni di euro di debiti.

Se le pessime capacità manageriali del nostro, almeno quando non si parla di cruscotti, paiono confermate, più interessante è notare come anche in Val d’Aosta siano giunti alla stessa conclusione: nel servizio, Monsieur Cimminaux era presentato come un grande fornitore degli Agneaux, e pertanto, si diceva, “la pista porta alla Fiat”. E anche tralasciando come in questo contesto il termine “pista” acquisisca un almeno triplice senso, non si può evitare di notare come praticamente chiunque ritenga il Cimminelli, in termini affaristici, incapace di intendere e di volere per conto proprio; insomma, si dia per scontato che ci sia qualcuno che gli dica cosa deve fare dei soldi che il suo fornitore provvede a pompargli. Fossi in lui, non me ne farei un vanto.

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domenica 20 Maggio 2007, 14:23

Biscotti

Cosa deve succedere oggi pomeriggio lo sanno anche i sassi. Cioè, la maggior parte del popolo dei forum granata incita la squadra alla vittoria, che darebbe la salvezza matematica; non vuol sentir parlare di pareggio. Ma la minoranza del forum ch’è fatta di uomini di mondo non ha fatto altro che ripostare una immagine, questa:

Biscotto

Largo alla vaniglia, arriva il cacao: 0-0 (o 1-1, che fa più fine) e tutti a casa, ché in tal caso basterebbe la sconfitta di una fra Catania, Chievo, Cagliari e Reggina per essere entrambe matematicamente salve; e, se non basta, sarà poi d’avanzo un pareggino la domenica successiva per essere salvi con praticamente qualsiasi combinazione degli altri risultati, a parte una invasione aliena.

Il biscotto è il pasto principale della fine campionato; se ne ricordano infiniti, anche clamorosi. Ci sono ad esempio il famoso Milan-Brescia 1-1 che spedì in B la Fiorentina, o quel derby di Roma finito 0-0 in cui, nel secondo tempo, la palla non arrivò mai in alcuna delle due aree di rigore; persino Milan-Reggiana 0-1, col Milan già campione d’Italia e la Reggiana che si salvò con l’insperata vittoria. Il Livorno stesso è noto per alcune situazioni invero particolari, a cominciare da quel Livorno-Siena 3-6 finito dritto dentro Moggiopoli (sei gol in casa dal Siena non li prenderebbe nemmeno la Puteolana). Un mesetto fa, Livorno-Reggina 1-1 è finita tra gli insulti del pubblico di casa e le grida di “venduti”, con Lucarelli a dire “non giocherò mai più a Livorno” (le domeniche dopo era regolarmente in campo).

Già, perchè uno degli ingredienti principali del biscotto è l’ipocrisia: il pubblico deve indignarsi, le altre squadre devono infuriarsi, nessuno deve mai e poi mai ammettere l’evidenza. Per dire, domenica scorsa il Livorno ha fatto una piazzata, dopo la vittoria del Toro a Roma (di cui non si sa molto, ma a giudicare dai quindici angoli e tre pali della Roma, se anche fosse stato un impasto non era per un biscotto a perdere). Spinelli e Lucarelli hanno gridato allo scandalo, accusando il Toro di aver comprato la partita, di essere una squadra di farabutti e maneggioni (sempre con quel detto e non detto, che in Italia si è ipocriti anche nelle accuse).

Ora, dovete sapere che Spinelli, attuale presidente del Livorno, è l’ex presidente del Genoa; vive a Genova da sempre e ha fatto i miliardi in attività commerciali nel retroterra, ossia nella provincia di Alessandria, da cui proviene Cairo. Tempo fa, pare che Spinelli avesse cercato di vendere a Cairo l’Alessandria (come? Spinelli non è mai stato il proprietario dell’Alessandria? sì, vabbe’). In generale, si conoscono da quindici anni. Negli ultimi diciotto mesi, le due società si sono scambiate quattro giocatori (Lazetic, Melara, De Ascentis, Fiore) a botte di prestiti e regali. La probabilità che uno cerchi di mandare in B l’altro è più o meno pari a quella che io diventi il prossimo presidente degli Stati Uniti.

Certo, la storia è piena di biscotti venuti male, senza arrivare all’estremo di quel Venezia-Bari 2-1 in cui, a cinque minuti dalla fine e sul risultato di 1-1, il Venezia spedì in campo lo sconosciuto brasiliano Tuta, che aveva visto il campo per dieci minuti in tutto il campionato. Egli entrò, e nello stupore generale segnò un gol incredibile. Fu pestato in campo dai giocatori di entrambe le squadre, e immediatamente venduto alla squadra delle miniere di sale del Mato Grosso. Quindi, esiste anche il caso che oggi qualche giocatore con vecchi conti da regolare o con poca esperienza di vita stortagni la partita e sbricioli il biscotto: vedremo.

Ma prima che vi indigniate, ricordatevi che il calcio è bello proprio perchè è lo sport che più fedelmente mette in scena le commedie e le tragedie della vita reale: incluse le amicizie, le inimicizie, le guerre, i tradimenti, le disonestà e le miserie umane. Non sarebbe così bello se fosse solo un banale sport, mirato soltanto alla prestazione fisica o al gesto tecnico, di cui, detto onestamente, non ci frega nulla.

E quindi, sarebbe bello che Torino e Livorno potessero oggi consumare meritatamente il proprio agognato biscotto, finendo la partita abbracciati a fare il gesto dell’ombrello ai tifosi perdenti dell’odioso Catania, la cui sconfitta renderebbe il biscotto pienamente saporito.

Non fosse che il Catania gioca a Genova con la Sampdoria, che, con grande sportività, farà riposare le proprie punte titolari per far giocare un attaccante della primavera e il figlio di Gheddafi. Indigniamoci!

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domenica 13 Maggio 2007, 17:28

Una domenica impazzita

Eraldo Pecci, uno dei grandi giocatori del Toro dello scudetto, disse che tifare Toro è un po’ come masturbarsi con la sabbia: fa un male cane, ma prima o poi godi. Ecco, oggi è la giornata in cui si gode: il Toro è ancora tutt’altro che salvo, ma vincendo incredibilmente 1-0 in casa della seconda squadra più forte d’Italia – dopo una stagione passata a perdere in casa con la Reggina e con il Siena – è passato da una condanna quasi certa a buone possibilità di salvarsi.

Io, come sapete, sono in California, e ho dovuto mettere la sveglia alle cinque e cinquantacinque del mattino, cercando poi disperatamente uno streaming qualsiasi, di una radio, di una trasmissione TV che commenti le partite, di qualche cosa. Nulla: la Rai non si sente, GRP nemmeno, niente di niente. E così, mi sono accontentato del “tempo reale” del sito della Gazzetta, e soprattutto della webcronaca collettiva sul forum di Forzatoro.

Seguire una partita dalla webcronaca, se non si ha in parallelo la televisione o la radio, è allucinante. Sono pochissimi quelli che raccontano cosa succede: più che altro ci sono commenti, incitamenti, persino cori per iscritto. Si è sempre in ansia, pigiando sul tasto del reload, e attendendosi di veder comparire d’improvviso, senza annunci preventivi, una notizia buona o una ferale.

In questo caso, poi, è stata sofferenza vera: perché il Toro ha segnato all’inizio su un errore degli avversari, e poi, ovviamente, ha passato il resto della partita a difendersi dagli attacchi incessanti della Roma, che si sono fatti via via più intensi. E così, ti vedi apparire una scritta come “punizione di totti”, e poi niente per trenta secondi, col fiato sospeso, finchè qualcun altro non scrive “barrieraaaa!!!” e puoi respirare.

Nel frattempo arrivano le notizie dagli altri campi, il biscottone annunciato di Siena – in settimana Cagni, allenatore dell’Empoli quinto in classifica, aveva annunciato di temere i senesi, una squadra derelitta che in venti partite aveva vinto solo con noi, e di vedere il Toro già in B: puntuale è arrivata la vittoria del Siena sull’Empoli – e il biscottone inevitabile di Reggio, dove una sconfitta avrebbe mandato in B il perdente, per cui era ovvio che ci si accontentasse di un punto a testa.

Ma non importa, la sofferenza è tutta sul nostro campo, dove piano piano il secondo tempo si trasforma in un assedio, e le occasioni si infittiscono. Gli ultimi venti minuti sono un delirio, Abbiati inanella miracoli, Ogbonna combina disastri in fila, la Roma prende due traverse e varie punizioni e tiri fuori di poco. Si cominciano a contare i minuti, si cerca di resistere, ci si fa forza con qualche battuta e con qualche incitamento. Ogni minuto è un brivido, un’occasione salvata, un infarto mancato; finchè al 93′ la Roma prende ancora un palo, e saltano i nervi: metà di noi comincia a piangere, chi invocando gli angeli custodi, chi contando i secondi, finchè la partita non finisce, ed è una liberazione; la classica vittoria di cuore e di fiducia.

Di partite del Toro ne ho sofferte infinite, ma mai una così, a mezzo pianeta di distanza davanti a un albergo, nel silenzio della domenica mattina, con la sciarpa al collo e davanti a me solo un monitor e un po’ di compagni di sofferenza sparsi dappertutto. Grazie, è stato bellissimo. Non siamo ancora salvi, può ancora andar male, ma questa domenica non la dimenticherò tanto presto.

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martedì 8 Maggio 2007, 09:26

Il Cairmano

Domenica mattina sono andato anche io alla Marcia per il Filadelfia, proclamata dal presidente Cairo per unire i tifosi del Toro, nella richiesta al Comune di ricostruire lo storico stadio e centro sportivo.

La marcia era stata preceduta da varie polemiche; un ultras storico come Marco Montiglio aveva dichiarato che non ci sarebbe venuto, e in molti dei granata doc – anarchici e orgogliosi nell’anima – l’idea di accorrere alla chiamata di un presidente, persona che nel calcio è alleata ma spesso anche controparte dei tifosi, ha fatto storcere un po’ il naso; tanto più che la chiamata è giunta nel mezzo di una dura e prolungata battaglia mediatica con il sindaco Chiamparino, che da parte sua ne ha combinate di cotte e di crude sugli stadi torinesi (come già più volte qui raccontato), arrivando infine a dire che “era meglio Cimminelli” (per la cupola cittadina, certamente: l’avevano messo loro e ne eseguiva gli ordini…).

Insomma, non a tutti i tifosi andava di farsi “strumentalizzare” da Cairo in una battaglia politico-affaristica, anche se poi, riflettendo, la maggior parte dei tifosi – me compreso – hanno concluso che in questo scontro l’interesse di Cairo fosse anche quello del Toro e persino quello della cittadinanza in generale, aderendo quindi alla manifestazione.

La marcia in sè è stata tranquilla e beata, una festa non solo di ultras – guidati dallo storico Margaro – ma soprattutto di tifosi normali, con tante bici, tanti bambini, tanti vecchietti granata, e anche tanti club. All’inizio, in piazza Solferino, eravamo poche migliaia, ma il corteo si è andato ingrossando, raggiungendo una cifra finale di circa diecimila persone (quindicimila per Cairo, settemila per la Questura). La marcia è stata pacifica, scandita da cori e applausi, con grande commozione al cippo di Meroni; l’unico attimo di tensione è stato per un fesso con una bandiera bianconera in corso Re Umberto 82 (citofonare…), ripagato da un signore più avanti che ha messo lo stereo alla finestra per suonare l’inno del Toro. Qui trovate alcune delle foto.

L’atmosfera, però, è cambiata alla fine: al Filadelfia, Cairo si è arrampicato sui ruderi per arringare la folla, grazie ad un pronto radiomicrofono. Qui trovate alcuni estratti ripresi da me; oppure, se ci tenete, qui trovate il video completo.

E’ stato difficile restare seri durante il discorso. A tratti, ci si aspettava che Cairo esclamasse “I-taliani!”, o anche “Vincere! E vinceremo!”. A tratti, ha promesso nuovi miracoli granata. Verso la fine – in questo video – è sembrato persino caricaturale, ricordando un animatore di villaggio vacanze, o Elio che imita Madonna chiedendo alla folla “Sieti cià cauldi?”. Nelle pause, mi veniva naturale aspettarmi che la folla gridasse “Sil-vio! Sil-vio!”, ma mi venivano in mente anche le scene di Sordi nel Borgorosso FC.

E’ noto il carattere femminile della folla e della folla italiana in particolare: ecco, probabilmente quella di ieri è stata una visione tipicamente italiana, incomprensibile all’estero, a quelli che non hanno mai capito come avessimo fatto a scegliere gente come Berlusconi.

Per combinazione, la sera su Sky davano Il caimano di Nanni Moretti, che non avevo ancora visto. Premetto che Moretti mi sta sonoramente antipatico; ho visto alcuni dei suoi primi film, anni fa, rimandendo disgustato dal trasparente autocompiacimento e dal vecchiume intellettualoide e sinistrorso; sui suoi excursus politici a forza di girotondi, stendiamo un velo pietoso; insomma, mi son sempre guardato bene, da tempo, dall’inciampare in lui.

Questo film, però, è molto affascinante, per via della sua dimensione onirica; del continuo mescolarsi tra realtà, finzione, finzione che sembra reale (ossia il cinema) e realtà che sembra finzione (tra cui molto della vita di Berlusconi). Non è un Mulholland Drive di sinistra, eppure questo contrasto ipnotico tra lo squallore e il frantumarsi impotente della vita vera del protagonista da una parte, e il mito irreale dell’uomo sempre bello, sempre ricco, sempre ammirato, sempre vincente – sempre potente – dall’altra, colpisce davvero; così come il gioco (pur sempre narcisistico) di parlare di Berlusconi mettendo se stessi in un film a dire che non ha più senso parlare di Berlusconi in un film. In più, c’è quella svolta inquietante nel finale; essa ricongiunge l’estetica del mito con la bruttura del reale, ma anche Berlusconi (il nostro gemello interiore malvagio e vincente) con noi stessi-Moretti, e rende difficile da dimenticare la tesi della pellicola.

Avendo pertanto acquisito il messaggio che tutti noi siamo un po’ Berlusconi, mi compiaccio di ritrovare tale verità in Urbano Cairo, che di Berlusconi è stato il segretario particolare, compreso coinvolgimento in fondi neri Mediaset. Anche Cairo è un personaggio inquietante, soprattutto perché imperscrutabile: ha la lingua talmente lunga, e una tal scuola alle spalle, che non capisci mai se è serio o se ti sta cinicamente prendendo per il culo.

Io spero solo che con il calcio si diverta veramente, in modo da fare l’unica cosa che a noi poveri cittadini tifosi, anarchici e orgogliosi, resta da fare: sfruttare cinicamente il suo portafoglio, e fargli pagare un giusto biglietto d’ingresso per il grande gioco delle sue ambizioni.

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venerdì 4 Maggio 2007, 19:47

Quattro maggio

Quasi tutti gli anni, a Torino il quattro maggio piove. Succede persino in quest’anno di siccità globale: quattro mesi di deserto, e poi tac, arriva il quattro maggio e sembra novembre: una giornata di tregenda, con l’acqua che viene a rovesci, i tombini che saltano, il traffico che impazzisce tra alberi caduti, giovani tamponati e vecchie zie inchiodate a trenta all’ora sui viali, nella loro uscita in macchina annuale.

C’era stata, è vero, l’eccezione dell’anno scorso, con una splendida grigliata al Filadelfia, le partite di calcio dei bambinetti, la sfilata dei giocatori, il concerto conclusivo. Ma il 2006 era un anno speciale. Questo, invece, è un anno qualsiasi; uno di quegli anni in cui le cose vanno un po’ bene e un po’ male, e poi arriva il quattro maggio e piove.

Piove come pioveva nel grigio e nella nebbia del 1949 stremato di post-guerra, il giorno della tragedia di Superga (the Superga air disaster). Un giorno che riguarda il calcio solo superficialmente; perché il disastro vero e incredibile è il simbolo dell’unità della vita e della morte, della basilare imperscrutabilità della vita umana.

Se non le avete mai viste, prendetevi il tempo di guardare le immagini di quella storia, quei rottami lì, a un metro, distrutti ma non disintegrati, talvolta beffardamente interi; quel funerale impossibile, con più gente di quanta il centro di Torino ne abbia mai potuta contenere, le persone ridotte a pallini che si affacciano schiacciati ed impazziti, straripanti da ogni angolo e finestra e buco disponibile; e quegli stadi così diversi, pieni di umanità, del sangue e del vino a cui testardamente, contro ogni logica ed ogni evidenza, il tifoso del Toro rimane attaccato.

I tempi sono cambiati, e si vede; per gli altri, il ricordo è sbiadito. Certo, c’è qualcosa di cocciuto e di perdente, nel rimanere attaccati a un fatto diventato leggenda e forse mito, nel cercare nel pallone volgare e sguaiato di oggi una conseguenza qualsiasi di quello di un tempo. C’è, però, che il gioco è la rappresentazione della realtà, e il calcio è un condensato della vita.

Nelle partite del Toro – ormai siamo abituati – le cose vanno un po’ bene e un po’ male, e poi, alla fine, di solito piove; ma non fa niente, perché l’importante non era stare al caldo. Quando in terra comincia a piovere, il Toro ha già vinto; perché l’importante è esserci sempre, nonostante la pioggia.

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mercoledì 2 Maggio 2007, 19:48

Bestemmioni

Si sa, io sono una persona fine; ma, nei momenti topici e nei luoghi adatti, bisogna farsi sentire con le autorità di competenza.

Guarda caso, il mio itinerario di ritorno prevedeva un arrivo alla stazione di Verona Porta Nuova alle 14:59 precise, sfilando a poche centinaia di metri dallo stadio Bentegodi; dove gioca quel Chievo che è ormai l’unica squadra che può sperare di fare più schifo del Toro e finire in serie B al posto nostro, e dove di lì a un minuto sarebbe cominciato un cruciale Ascoli-Catania.

E così, in mezzo agli sguardi allibiti degli inglesi che erano con me nello scompartimento (ma poi gli ho spiegato, e ho scoperto che andavano a Milano per la loro partita, quindi hanno capito) io mi sono aggrappato al finestrino e ho tirato giù tanti di quei bestemmioni al Chievo e anche al Catania.

Per il Catania un po’ ha funzionato; per il Chievo non ci sono molte speranze, ma vedremo. L’importante è non mollare mai, ***** *** * ***** **** *********** ****** ****!!!

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sabato 28 Aprile 2007, 20:52

Impotenza

Attenzione, contiene volgarità; ma questo commento che ho letto sul forum dei tifosi (che è ora ForzaToro.net, dopo che tutti hanno abbandonato Toronews) è perfetto per descrivere le ultime partite di questo povero Toro e dei suoi scarsissimi e riottosi giocatori: “E’ come vedere uno senza cazzo cercare di trombarsi la Schiffer: uno spettacolo che ti fa provare imbarazzo per loro.”

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mercoledì 18 Aprile 2007, 12:56

Euro 2012 a Polonia e Ucraina

Ok, sono contento. Ma non tanto perchè la Juve, se vorrà rifarsi il Delle Alpi, dovrà pagarselo di tasca propria invece che con le mie tasse; non è certo stato quello il motivo della sconfitta. Magari è stato veramente qualche maneggio di basso livello, una vendetta di Platini o chissà cosa; ma ritengo seriamente probabile che il resto d’Europa, pur con tutti i propri limiti, sia seriamente schifato dalla situazione del calcio italiano, e della pervicacia con cui noi rifiutiamo di cambiare alcunchè.

Non credo che all’UEFA abbiano mai letto il nostro appello, ma i fatti riportati erano evidenti e noti a tutti; le immagini della polizia belluina di Roma-Manchester e le facce di Abete e Matarrese appena rieletti hanno fatto il giro del continente.

Naturalmente, sarebbe troppo sperare che ora i suddetti signori – ma anche Moggi, che continua a muovere mezzo campionato, e lo stesso Galliani – mollino le seggiole su cui, col beneplacito di Prodi e Melandri e senza dimenticare quel grand’uomo di Guido Rossi, si sono rimessi. Comincio a pensare che l’Italia abbia solo da marcire definitivamente, mentre sempre più italiani di valore traslocano all’estero.

E quindi, buttiamola sul ridere: includo un regalo per i gobbi (ma anche per i palazzinari affiliati che erano solo lì che aspettavano altri appalti). Se, visto che nessuno ve lo paga, deciderete di non fare più il megastadio, potrete almeno consolarvi con l’immaginazione nel cortile di casa. Bruuum!

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