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Archivio per la categoria 'WeekBowl’s&Music'


martedì 12 Settembre 2006, 15:45

[[The Police – Synchronicity I]]

Questa è la canzone della frustrazione.

Another suburban family morning
Grandmother screaming at the wall
We have to shout above the din of our rice crispies
We can’t hear anything at all
Mother chants her litany of boredom and frustration
But we all know her suicides are fake
Daddy only stares into the distance
There’s only so much more that he can take
Many miles away
Something crawls from the slime
At the bottom of a dark
Scottish lake

Another industrial ugly morning
Tha factory belches filth into the sky
He walks unhindered through the picket lines today
He doesn’t think to wonder why
The secretaries pout and preen like cheap tarts in a red light street
But all he ever thinks to do is watch
And every so called meeting with his so called superior
Is a humiliating kick in the crotch
Many miles away
Something crawls to the surface
Of a dark Scottish loch

Another working day has ended
Only the rush hour hell to face
Packed like lemmings into shiny metal boxes
Contestants in a suicidal race
Daddy crips the wheel and stares alone into the distance
He knows that something somewhere has to break
He sees the family home now looming in his headlights
The pain upstairs that makes his eyeballs ache
Many miles away
There’s a shadow on the door
Of a cottage on the shore
Of a dark Scottish lake

Many miles away
Many miles away
Many miles away
Many miles away
Many miles away…

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martedì 12 Settembre 2006, 11:51

[[Imogen Heap – Hide And Seek]]

Oggi soltanto musica, e relativa varietà di still life; come regalo, in barba a tutte le regolamentazioni, ci saranno anche i link (ADSL permettendo, e a banda ridottissima). A scanso di equivoci sul mood, le canzoni non saranno tutte come questa – peraltro bellissima…

where are we?
what the hell is going on?
the dust has only just begun to form
crop circles in the carpet
sinking, feeling

spin me ‘round again
and rub my eyes,
this can’t be happening
when busy streets a mess with people
would stop to hold their heads heavy

hide and seek
trains and sewing machines
all those years
they were here first

oily marks appear on walls
where pleasure moments hung before the take over
the sweeping insensitivity of this still life

hide and seek
trains and sewing machines (you won’t catch me around here)
blood and tears
they were here first

ooom what’dcha say,
emmm that you only meant well?
well of course you did
ooom what’dcha say,
emmm that’s all for the best?
of course it is
emmm what’dcha say?
hmmm that it’s just what we need
you decided this
mmmm what’dcha say?
hmmm what did she say?

ransom notes keep falling out your mouth
midsweet talk, newspaper word cut outs
speak no feeling
no, i don’t believe you
you don’t care a bit,
you don’t care a bit

(hide and seek)
ransom notes keep falling out your mouth
midsweet talk, newspaper word cut outs

(hide and seek)
speak no feeling
no, I don’t believe you
you don’t care a bit,
you don’t care a bit

(hide and seek)
oh no, you don’t care a bit
oh no, you don’t care a bit

(hide and seek)
oh no, you don’t care a bit
you don’t care a bit
you don’t care a bit

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martedì 5 Settembre 2006, 18:41

[[Ryan Adams – Let It Ride]]

Le vacanze sono finite, ma a quelli di voi che hanno ancora voglia di sognare un viaggio e una strada dispiegata fino all’orizzonte propongo questo bel pezzo di Ryan Adams. (Quando vi posto un pezzo voi lo scaricate diligentemente coi vostri asinelli, vero?)

Per chi non lo conoscesse, ha una sola lettera di differenza ma nessun collegamento con lo sdolcinato cantante per cui il governo canadese si è già scusato ufficialmente in numerose occasioni; Ryan si inserisce più nel filone DylanSpringsteen con un po’ di country nel mezzo.

Il pezzo in questione è malinconico ma molto bello; anche perchè è vero che nessuno è mai veramente pronto a partire, a lasciarsi un paesaggio familiare dietro le spalle e scoprire senza paura quello nuovo. Eppure è così che funziona.

Moving like the fog on the Cumberland River
I was leaving on the Delta Queen
And I wasn’t ready to go
I’m never ready to go
27 years of nothing but failures
And promises that I couldn’t keep
Oh lord, I wasn’t ready to go
I’m never ready to go
Let it ride
Let it ride easy down the road
Let it ride
Let it take away all of the darkness
Let it ride
Let it rock me in the arms of stranger’s angels until it brings me home
Let it ride, let it roll, let it go

Loaded like a sailor tumbling off a ferry boat
I was at the bar till three
Oh Lord, and I wasn’t ready to go
I’m never ready to go
Tennessee’s a brother to my sister Carolina
Where they’re gonna bury me
And I ain’t ready to go
I’m never ready to go
Let it ride
Let it ride easy down the road
Let it ride
Let it take away all of this darkness
Let it ride
Let it rock me in the arms of stranger’s angels until it brings me home
Let it ride, let it roll, let it go

I wanna see you tonight
Dancing in the endless moonlight
In the parking lot in the headlights of cars
Someplace on the moon
Where they moved the drive-in theater
Where I left the car that I can’t find but I still got the keys to
Let it ride
Let it ride easy down the road
Let it ride
Let it take away all of this darkness
Let it ride
Let it rock me in the arms of stranger’s angels until it brings me home
Let it ride, let it roll, let it go

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lunedì 14 Agosto 2006, 18:11

Un po’ di musica

Stamattina, mentre facevo colazione, ho acceso un po’ di MTV per vedere com’è la situazione della musica mainstream di questi tempi, visto che a casa ascolto solo più Radio Flash e quindi solo più musica indipendente.

Un po’ di belle cose sono passate, dal nuovo video di Steady As She Goes all’ultimo di Madonna, che merita una nota a parte: vent’anni fa, da ragazzi, la schifavamo come biecamente commerciale, ma bisogna riconoscere che c’eravamo sbagliati. Madonna ha inventato una nuova forma di espressione artistica, che fonde il glamour e l’immagine con i contenuti più tradizionali; e provateci voi, a quasi cinquant’anni, ad essere ancora in quello stato di forma (“essere così belle è un fottuto lavoro”, disse Cindy Crawford) e a reinventarvi ogni volta un genere; provateci voi, a scrivere un intero disco che si possa ballare in discoteca ma anche ascoltare, che piaccia ai reduci degli anni ’70 ma anche ai ragazzini di oggi, e che sia tutt’altro che privo di contenuto. Subito prima è passato il video di Shakira, e scusate se si vede un abisso di differenza…

Ora veniamo alle note meno piacevoli. A quanto pare, il brit pop è garanzia di successo purchè ci siano un cantante scombinato e una donna nel gruppo; con questo video (GuillemotsTrains to Brazil) direi che abbiamo toccato il fondo, visto che non c’è niente di niente, se non un cantante arruffato che mugola e una modella che suona il contrabbasso. Comunque anche la new wave non sta meglio, visto che quest’altro video (White Rose MovementLove Is A Number) adotta la stessa regola; in questo caso, però, il cantante è un figlio illegittimo di Boy George, per cui si sono concentrati sulla tizia in sottoveste.

Intendiamoci, che ci siano delle donne nei gruppi rock potrebbe essere un progresso verso la parità dei sessi, visto che anche le donne sanno suonare chitarre e bassi. La cosa però mi convince di meno quando vedo un video come quello, in cui le inquadrature sono attentamente studiate in modo da avere sempre al loro interno o le tette o il culo della componente femminile del gruppo; oltre ai primi piani della stessa, tutti gli altri membri del gruppo vengono quasi sempre inquadrati in modo che ci sia lei sullo sfondo.

Infine, lacrimuccia perchè MTV ha rimandato un vecchio video dei miei tempi giovani, Doll Parts delle Hole; uno dei primi video che fece Courtney Love dopo il suicidio del suo fidanzato Kurt Cobain. Non sarei troppo sicuro della sincerità del video, visto che la signorina era nota per monetizzare tutto; comunque, la sequenza finale con lei che urla ossessivamente “Someday you will ache like I ache”, mentre accompagna un bimbo sosia di Kurt fuori dalla porta, era fatta apposta per deprimere noi adolescenti dell’epoca. A ben pensarci, i danni psicologici che il grunge ha fatto alla mia generazione (come nota Bart Simpson, “deprimere gli adolescenti è [facile] come sparare a un pesce in barile”) non saranno mai recuperati appieno; dovrei mandare alla signorina Love il conto del mio analista, ammesso che non sia morta di overdose nel frattempo.

Comunque, se quanto sopra non vi piace, potete premere “+1” sul telecomando di Sky e passare a VideoItalia, che manda l’ultimo video di Mango – pieno di negri seminudi che ballano, tizie coi pantaloni a vita bassa bassa (praticamente cominciano alle ginocchia) e arditi effetti speciali con sovraimpressione di uccelli (in senso ornitologico) che volano via liberi (dal dover ascoltare Mango, suppongo). E poi ci si chiede perchè l’Italia fatichi a entrare nel terzo millennio.

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sabato 5 Agosto 2006, 16:04

[[Deep Purple – Doing It Tonight]]

Mentre ero in treno per Roma, con sette lunghe ore da far passare, ho deciso di dedicare del tempo ad ascoltare un po’ della musica finita recentemente alla rinfusa sul mio Zen. E ho così scoperto Bananas, il penultimo disco dei Deep Purple, risalente al 2003.

Voi vi chiederete che razza di musica possa fare un gruppo di sessantenni coi capelli di bianchi – sono rimasti Gillan, Glover e Paice, per la precisione, che hanno però rimpiazzato gli altri due con un paio di elementi eccezionali, il tastierista Don Airey, ex Rainbow e Black Sabbath, e il guitar hero della nostra gioventù, Steve Morse. E invece, come dimostrato anche dalla performance al Live 8 di cui già vi parlai, questo è un ottimo periodo, e il disco di cui sopra è a livelli mai raggiunti dal gruppo dalla fine degli anni ’80.

Il pezzo di cui sotto, saltato fuori attraversando quella specie di gola che collega Follonica a Grosseto, in quella parte di Maremma situata tra l’Arizona e la California, mi è subito piaciuto, mi è sembrato adatto, e quindi l’ho scelto da riportare qui :-)

I don’t have a problem
I’m not seeking her advice
I’m saving that for later
Yeh, it’s something awful nice
I had a shaky feeling
When she floated into sight
I imagine we’ll be doing it tonight

I’m ragged round the edges
All these people in the room
There’s magic in the air
I’m guessing she can feel it too
Prospective recreation
Helps me keep her in my sight
I imagine we’ll be doing it tonight

That’s why everybody’s sitting around
We can’t think of nothing better to do
There’s no empty bottle
They’re all half full
So we end up spinning a shoe

We keep on going ‘til poor old Lenny’s
Got drool hanging off of his chin
He can’t stop winning
When the shoe stops spinning
But he doesn’t know where to begin

She wasn’t in the running
She was never in the game
I could see her in the distance
But I could not lay my claim
Let me tell you ‘bout this cherry
I never got a single bite
Therefore I imagine we’ll be doing it tonight

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giovedì 27 Luglio 2006, 20:09

[[James Blunt – Wisemen]]

Ve l’avevo promessa qualche giorno fa, questa canzone. In realtà, il disco (di due anni fa) ebbe successo forse oltre i suoi meriti; la storia strappalacrime del soldato inglese che scriveva i pezzi con la chitarra mentre era in servizio in Kosovo – pezzi come You’re Beautiful e High, poi giunti in cima alle classifiche e persino alla consacrazione definitiva, l’uso come colonna sonora in uno spot Vodafone – aveva sicuramente il suo fascino. Il disco è però superprodotto, con suoni curatissimi, insomma un po’ di plastica, ed essendo stato trasmesso all’infinito ha probabilmente rotto le scatole. Certo, i commenti sui forum, tipo “è certamente lui che si scrive i testi: nessun professionista pagato per farlo scriverebbe delle schifezze del genere”, sono impietosi: ma magari è invidia?
Eppure, dopo due anni, provano a rilanciarlo facendo uscire un altro singolo, proprio questa canzone. A me piace molto, l’arrangiamento è eccellente, il giro è solare, il ritornello ribadisce che hanno torto gli assenti: per la fine di luglio, che volete di più?

She said to me, “Go steady on me.
Won’t you tell me what the Wise Men said?
When they came down from Heaven,
Smoked nine ‘til seven,
All the shit that they could find,
But they couldn’t escape from you,
Couldn’t be free of you,
And now they know there’s no way out,
And they’re really sorry now for what they’ve done,
They were three Wise Men just trying to have some fun.”

Look who’s alone now,
It’s not me. It’s not me.
Those three Wise Men,
They’ve got a semi by the sea.
Got to ask yourself the question,
Where are you now?
Got to ask yourself the question,
Where are you now?

Really sorry now,
They weren’t to know.
They got caught up in your talent show,
With you pernickety little bastards in your fancy dress,
Who just judge each other and try to impress,
But they couldn’t escape from you,
Couldn’t be free of you,
And now they know there’s no way out,
And they’re really sorry now for what they’ve done,
They were three Wise Men just trying to have some fun.

Look who’s alone now,
It’s not me. It’s not me.
Those three Wise Men,
They’ve got a semi by the sea.
Got to ask yourself the question,
Where are you now?
Got to ask yourself the question,
Where are you now?

Look who’s alone now,
It’s not me. It’s not me.
Those three Wise Men,
They’ve got a semi by the sea.
Got to ask yourself the question,
Where are you now?
Got to ask yourself the question,
Where are you now?
Where are you now?
Where are you now?
Got to ask yourself the question,
Where are you now?
Got to ask yourself the question,
Where are you now?

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mercoledì 19 Luglio 2006, 20:58

[[The Strokes – Vision Of Division]]

Concludo la parentesi sugli Strokes con una canzone del loro ultimo disco First Impressions Of Earth, che mi è rimasta in testa nel concerto e cade a fagiolo in questi giorni. Ha una strofa fatta di due frasi separate che si intersecano, seguiti da un ritornello che è una marcia nuziale al contrario in versione elettrica: ha una cadenza solenne da cerimonia, ma parla, come dice il titolo, della divisione; è dolce e straziante allo stesso tempo. E poi, una chiosa furiosa per distruggere il tutto.

Intimamente dedicato, ovviamente, a una persona specifica, e al modo in cui i suoi problemi si sono rivelati insormontabili per mancata voglia di affrontarli. It’s about time that you came through.

Sing me a song (You could be)
Tell me a tale (Just like me)
Don’t turn it my way (Happy and free)
I’ll turn it to shit (Happy and free)

All that I do, is wait for you
All that I do, is wait for you

I can’t get along with all your friends
I don’t know how to act, that’s all there is
Why do I accept the things you say?
You know what to change but not in what way

How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?

I am not you (We could have)
I’m almost through (Great success)
It’s about time (Such a success)
That you came through (At no expense)

All that I do, is wait for you
All that I do, is wait for you

I can’t get away from all your friends
I’m not coming back, that’s all there is
Why do I accept the things you say?
You know what to change but not in what way

How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?

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mercoledì 19 Luglio 2006, 20:34

Traffic (day 3)

Non vi ho raccontato dell’ultimo giorno del Traffic, con il concerto dei The Strokes – preceduti dalla band di una tizia che in un paio di brani pareva una copia sputata dei Muse, ma che alla fine non ho trovato granchè.

Il concerto degli Strokes, in compenso, è stato molto bello; non solo perchè ho incontrato un amico in crisi di socialità, con cui ho passato la serata; ma anche dal punto di vista musicale. Nonostante l’amplificazione un po’ così, con il suono un po’ troppo saturo che spesso finiva per cancellare gli incroci armonici delle due chitarre, dal vivo gli Strokes sono una potenza; i riff incisivi e i ritmi veloci non fanno mai calare la tensione.

In più, ho trovato notevole la scenografia, molto semplice ma molto bella, fatta di strisce verticali o orizzontali di luce, però vive e intensissime, quasi solide, e capaci di cambiare continuamente colore. A seconda del brano, le combinazioni erano diverse, così come gli effetti di luce alle spalle del cantante (bello, melodico e maledetto) Julian Casablancas; ogni tanto entrava in gioco anche una splendente illuminazione bianca e intermittente dall’alto.

Anche il mio amico, che conosceva solo una delle canzoni più famose, è rimasto ben impressionato; alcuni dei riff più belli, dai recenti You Only Live Once e Heart in a Cage fino al capolavoro Reptilia, sono davvero trascinanti dal vivo. Il pubblico era ovviamente meno numeroso che per il concerto di Manu Chao, ma comunque abbondantissimo, direi trenta o quarantamila persone; in mezzo alla vasca centrale, un sacco di braccia e di delirio.

Purtroppo, in Italia gli Strokes non sono ancora così totalmente famosi come nei paesi anglosassoni; ma vale la pena esplorare perlomeno l’ultimo disco. Nel frattempo, complimenti al Traffic; certo, avere un altro amico di servizio al bar può aiutare il rifornimento di birra, ma in generale mi sembra una iniziativa bella e meritoria. Il costo di alcune centinaia di migliaia di euro, in gran parte pagato da enti pubblici, non è poi così impossibile; soprattutto, ha un ritorno di immagine e di gradimento ben visibile e misurato, cosa che non si può dire di molte delle infinite sagre musicali estive.

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venerdì 14 Luglio 2006, 02:07

Traffic (day 1)

Sono appena tornato dalla prima serata di Traffic. Che dire? Sicuramente si tratta di un evento, il più grande festival gratuito in Italia; la serata di stasera è stata un successone di pubblico (direi almeno cinquantamila abbondanti, una marea che si stendeva a perdita d’occhio) ma mi ha lasciato parzialmente perplesso.

Sono arrivato tardi (il perchè ve lo racconterò domani) e così ho visto solo metà del concerto di Caparezza, che però ho trovato eccellente, persino sopra le attese. A me Caparezza piace parecchio, sia per la parte ritmica e musicale che per le giocolerie di parole; concede molto al fan service, tra citazioni anni ’80 e parolacce, e ha un numero limitato di temi, ma se li gioca bene.

Mi aspettavo però che dal vivo fosse tutto un set di campionamenti registrati, il che tra l’altro di solito provoca terribili problemi di mixer e risultati pessimi. Al contrario, Caparezza ha una band, e tra l’altro pesta anche parecchio! Di conseguenza i pezzi hanno un gran tiro; e segnalo la chiusura trionfante, prima con Dalla parte del toro, introdotta dicendo “E’ un piacere speciale suonarla qui a Torino”, mentre la band esibiva al completo magliette granata; e poi con Vengo dalla luna, che è stata cantata in coro dalla piazza in gran delirio.

Nel frattempo, però, il catino (ex pozza d’acqua cementata) della Pellerina si era completamente riempito, e così sono andato a farmi un giretto, ascoltando in sottofondo i francesi La Phaze, raccomandati da Manu Chao; all’inizio ero scettico, ma poi mi sono sembrati interessanti, con uno strano mix tra l’house-elettro-pop alla Subsonica e organini-chitarre anni ’70. Approfondirò; nel frattempo vi segnalo che sul retro, alla sinistra del palco, c’è una collinetta da cui si può vedere perfettamente il tendone sotto cui mangiano e si preparano gli artisti (ho visto la cena di Caparezza!).

Sono tornato per Manu Chao, che ha preso il palco alle undici e un quarto; a quel punto c’era il pienone, e io, pur essendo molto di lato, ai bordi del denso e avendo ancora parecchia gente dietro di me, ero ad almeno trenta metri dal bordo del palco (fosse che fossimo centomila?).

Bene, la prima mezz’ora mi ha convinto: Manu Chao è un bluff colossale! Io l’ho sempre apprezzato parecchio, sia per quel sapore anti-imperialistico e colorato dato dal mix continuo di lingue, sia per i ritmi ossessivi e ipnotici. Eppure, la prima mezz’ora, artisticamente parlando, è stata il nulla assoluto.

A quanto pare, Manu Chao per “concerto” intende il prendere una canzone indistinguibile dalle altre, eseguirne il ritmo solo strumentale per un paio di minuti per prendere tempo, cantarne una strofa, poi improvvisamente, proprio nel momento più struggente della canzone, raddoppiare il tempo e saltellare, infilando ogni tanto una esclamazione a caso tra “Canta!”, “Sube!”, “Oh-oh-oh-oh!” e “[insert city name here]!”. Alle volte anche mescolate, tipo “Canta [insert city name here]!”. Poi rallenta di colpo, fa la faccia compiaciuta perchè nessuno della band ha mancato il cambio di ritmo, e riprende il ciclo dal principio. Peccato che se avessi voluto fare dello spinning sarei andato in palestra!

Ogni tanto, comunque, inserisce anche qualche messaggio politico; a un certo punto arringa la folla a proposito di “el mas grande terrorista del mundo, el hombre mas peligroso, el presidente George W. Bush!” – e lì, ovviamente, centomila persone fanno buu all’unisono. Inoltre, all’inizio sale con la bandiera “No Tav”, che mostra anche alla fine; e devo dire che la coerenza nell’andare a fare la superpagata superstar a un concerto finanziato quasi interamente dal Comune di Torino e dalla Regione Piemonte, per poi fare l’alternativo anti-tutto e contro i progetti di quelle stesse istituzioni, mi sfugge alquanto. Da contribuente, mi sento un po’ preso in giro.

Arriva Me gustas tu; canzone delicatissima, con quel ritornello bilingue confuso e notturno:

Que voy a hacer je ne sais pas
Que voy a hacer je ne sais plus
Que voy a hacer je suis perdu
Que horas son, mi corazon

che ognuno in piazza dedica a una persona speciale (almeno, io l’ho fatto). Siccome questo gioiellino viene devastato eseguendolo in una versione speed metal funzionale ad ulteriore spinning, mi indigno e sto per metterci una pietra sopra; ma proprio allora il concerto decolla un pochetto. Lui esegue Clandestino (cantata in coro, anche se di “peruano clandestino” alla folla pare non fregare molto, quello che indigna e smuove le ugole è chiaramente solo “marijuana illegal”), e poi anche Desaparecido, canzone simbolo di chi nella vita cerca una casa e non la trova, non solo in senso letterale.

Proprio mentre la piazza ancora ondeggia cantando “cuando llegarè, cuando llegarè”, arriva a sorpresa sul palco Roy Paci e ribalta la situazione. Ecco, con un trombettista (e che trombettista) sul palco, finalmente si comincia a sentir della musica, e non un mix tra BGM da palestra e Il Peggio dei Gipsy Kings. Roy strega tutti con un assolo incredibile, e poi accompagna ancora un paio di pezzi.

A quel punto tutti pensano che sia finita, e invece no: Manu saluta la folla almeno dieci volte, ma ogni volta insiste nell’attaccare “a sorpresa” un nuovo brano, fino a che la gente sui lati, già visibilmente scemata, ha l’aria di voler cercare un fucile per abbatterlo da lontano e poter finalmente andare a casa. Nel frattempo, altra gente completamente strafatta comincia a cadermi sui piedi. Tra i bis, almeno c’è un pezzetto di Mentira“mentira la mentira, mentira la verdad”: quanto ci sono affezionato dai tempi bui – ma anche questo massacrato; e poi c’è il quinto o sesto finale con Bongo Bong, la canzone che lo lanciò, con quella linea di basso eccezionale.

Bon, il concerto finisce praticamente all’una, un’ora dopo il consentito: saranno contenti i vicini. Ma almeno abbiamo quasi completamente schivato la pioggia; in compenso, una massa di gente così non s’era mai vista. Vedremo domani e dopodomani, dove il livello secondo me sale, e quindi ci sarà meno gente.

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mercoledì 12 Luglio 2006, 22:44

[[Backyard Babies – The Mess Age (How Could I Be So Wrong)]]

Insomma, questa è la settimana del Traffic, domani Manu Chao e Caparezza, dopodomani Franz Ferdinand, sabato gli Strokes, tutto gratis alla Pellerina. Ma io ho sentito questa canzone per caso, stamattina su Radio Flash, e mi è subito entrata come un coltello nel cervello.

Ho detto: ehi! Ma è Alice Cooper! No, aspetta, sono gli AC/DC! No, invece, sono quattro svedesi sconosciuti ai più (anche se hanno suonato da poco all’Hiroshima, e per questo Flash li manda ancora) che però da vent’anni fanno del dannato hard rock’n’roll come si deve, come si faceva prima che November Rain ce lo facesse ammosciare a tutti.

Il resto del disco è carino ma non troppo all’altezza, anche se è tutto orecchiabile, con un buon tiro, diciamo del livello dei più pubblicizzati The Darkness. Ma questa canzone, oh signori, l’avrebbe potuta scrivere davvero Alice a fine anni ’80, e non avrebbe sfigurato nemmeno dentro Trash. D’altra parte, guardate un po’ come è conciato il cantante nel video

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