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sabato 11 Luglio 2009, 18:04

Campanili del Sud

Oggi stavo perdendo tempo sui forum del Toro quando mi è capitato sotto gli occhi un thread intitolato “Il weekend del napoletano”. Ho incominciato a leggere pensando che si trattasse del classico racconto più o meno razzista con cui qualche padano dileggia i napoletani a base di stereotipi… e invece no: l’autore è di Salerno e racconta soltanto la propria esperienza diretta. Quando vari lettori hanno cominciato a complimentarsi per lo stile satirico, l’autore ha cominciato a dire “no ma voi non capite, è tutto vero”, cosa che hanno confermato anche i napoletani del forum. Al che è partita una lunga discussione tra napoletani e salernitani, conclusa con una convergenza sul fatto che sì, è vero che d’estate ci sono anche dei napoletani per bene che rifiutano la barbarie locale e vanno a Ibiza, ma per tutta l’estate Ibiza tecnicamente fa parte del comune di Napoli.

Immagino che tra Napoli e Salerno ci siano le stesse rivalità di campanile che esistono tra qualsiasi coppia di città italiane adiacenti, ma io mi son chiesto: ma quando noi piemontesi andiamo al mare, i liguri ci vedranno così?

“allora, il fatto dei napoletani al mare funziona così.

è da premettere che questo fatto discende dal noto fenomeno, tuttora in fase di studio da parte degli scienziati, della moltiplicazione del napoletano.
in pratica i napoletani, per ragioni inspiegabili, si moltiplicano in prossimità dei giorni di vacanza o ferie (non scrivo riposo perchè, sappiamo bene, anche durante i giorni lavorativi loro non è che si stanchino molto). la moltiplicazione cresce in maniera esponenziale con l’aumentare dei giorni consecutivi di vacanza, ragion per cui i napoletani nei week-end diventano circa 15 milioni, nei ponti di 3-4 giorni circa 50 milioni, per le vacanze di pasqua circa 500 milioni, per le vacanze di natale superano il miliardo. dal primo agosto, per 20 giorni, sono maggioranza assoluta della popolazione terrestre.

in codesta riflessione/saggio analizziamo il fenomeno più diffuso nel weekend tardo primaverile: il fine settimana al mare, a paestum.
paestum, specialmente negli ultimi anni, domina incontrastata i weekend marini partenopei, ed ha superato con furore sorrento, baia domizia e scalea, altre destinazioni top per i partenopei. resiste ancora ischia, seppur maggiormente di nicchia. i napolesi amano andarci e ritrovarsi lì, per perpetrare le proprie irrinunciabili abitudini e tradizioni.

l’orario di uscita dal lavoro di venerdì, orientativamente, è per le 17. ragion per cui intorno alle 14 l’autostrada napoli-salerno è già completamente intasata in direzione sud. intorno alle 15,30 sulla tangenziale di napoli iniziano a sentirsi distintamente colpi di rivoltella.
a causa di questi brevi disagi la massa informe dei partenopei arriverà a paestum a notte fonda; la storica località, perla della magna graecia, si scuoterà dal suo torpore intorno alle due, violentata da sfrigolio di cipolle, puzza di sugo marcio e canzoni di gigione.

dal sabato mattina vige l’occupazione selvaggia degli arenili. gli indigeni cilentani e gli amici salernitani si rinchiudono in qualche stabilimento balneare che non accetti napoletani (che manco sono interessati ad andarci, ad onor del vero), ma le spiagge pubbliche sono loro.
i contrasti cromatici degli ombrelloni sono tali che parecchie persone perdono la vista, e alcuni anche l’udito. due anni fa un turista tedesco di passaggio restò senza olfatto per tre mesi.
le attività in spiaggia sono molto limitate: gavettoni, palleggi in riva al mare a trenta centimetri da famiglia con figli neonati e padri urlanti “stann i’creatur!”, baccaglio a delicate ragazzine somiglianti a mastini napoletani, borseggiamento.
sotto ogni ombrellone troneggia una matrona, seduta su minuscola sedia pieghevole in legno o finto legno, che per tutta la durata della giornata scarta frittate di maccheroni e le distribuisce ai presenti e ai passanti. recentemente a quark piero angela si è occupato del fenomeno e ne sono emerse tre ipotesi prioritarie:

– la frittata di maccheroni è una sola minuscola fettina, ma l’incartamento in stagnola è di circa 150 chilometri
– la frittata di maccheroni, prima di essere affettata, era delle dimensioni di piazza del plebiscito
– non esistono nè la matrona nè la frittata, si tratta di immagini olografiche a fine folkloristico

frittata di maccheroni.jpg

a differenza del resto del mondo civilizzato, i napoletani non amano stare lunghe giornate in spiaggia, perchè non si staccano dalle loro abitudini prioritarie. tra le 13,10 e le 13,20 la spiaggia si svuota e vanno tutti a pranzo, nelle fetide baracche travestite da villette al mare che hanno affittato.
i cilentani sono felici perchè pensano di aver rifilato un pacco, i napoletani se la ridono perchè pagano con soldi falsi, o rubati. spesso proprio ai cilentani. va da sè che qualsiasi cosa che valga più di un rutto, in casa, verrà distrutta. vasi che resistevano da generazioni e generazioni, forse già proprio dai tempi dei greci, vengono polverizzati. foto di famiglia mangiate.

ci si chiederà come mai abbiano fame se hanno passato la mattina tra le frittate di maccheroni (e anche i casatielli, per i più radical-chic). bene, se vi ponete questo interrogativo non avete capito niente di loro.

nel pomeriggio si torna in spiaggia, l’andazzo è simile a quello del mattino: pallone, matrone, baccaglione. in più si vedono le due forme di seduzione più diffuse tra i napoletani di ogni età ed estrazione: la pallavolo e il tuffo a cufaniello.

di sera, intorno alle 21, tutti a tavola! tra ettolitri di vino e damigiane di cocacola per i più piccini, i napoletani completano la giornata gastronomica (salvo isolate pizzette notturne) devastandosi completamente. il fungo atomico che sovrasta la zona per un’oretta è visibile anche dal basso lazio.

a questo punto, le famiglie si dividono. il pater e la mater familias si dedicano alla televisione, gettonatissimo il solito varietà di rai uno o le trasmissioni con bambini incapaci che si esibiscono su canale 21. i più evoluti, che già sviluppano comportamenti sociali, imbastiscono uno scopone scientifico con i vicini di appartamento. spesso per questo ci scappa il morto. nel 2004 per un ramino condominiale ci fu una strage; da allora una frangia denominata “scissionista” ha polemicamente affittato un appartamento a capaccio scalo cercando di creare un nuovo filone.

i giovani, invece, vanno a passeggio. si muovono in sciami da centomila. musica a palla dalle macchine, con particolari preferenze per la progressive, la deep house e tommy riccio. nonostante le cilentane siano mediamente brutte quanto la miseria, il napoletano ama la conquista in trasferta, forse a causa degli storici fallimentari risultati dell’amata squadra di calcio lontana dal san paolo. per cui si assiste a scene deprimenti come gente che si sporge talmente dal finestrino dal ritrovarsi a piedi per proporre soluzioni sorprendenti a delle orrende ragazzotte con delle zeppe alte quanto lo stelvio. solitamente, va detto, il napoletano all’attacco è cordiale e non volgare. viene solo tradito dal proprio accento. le frasi che rimbombano solo del tipo “gome sei garina, vieni a pigliar un gelatino?” o “vien a ballar che si tras a coppie?”. di contro le ragazze si spostano sdegnate, o abbaiano. ovviamente il traffico è completamente bloccato. completamente. ma per ragioni misteriose il napoletano, sia pur in ingorgo a croce uncinata, non spegne mai il motore. un esponente dei verdi del parlamento austriaco a vedere la scena in televisione è morto.

la domenica, com’è ovvio, procede come il sabato. l’unica differenza è tra le 10,30 e le 12, quando le matrone interrompono lo scartamento delle frittate di maccheroni e vanno a messa. la chiesa fino al weekend successivo puzzerà di carne arrostita.

alla domenica sera, purtroppo, il weekend è finito. il napoletano non ha mai accettato il concetto di “partenza intelligente”. per loro anche l’ultimo istante di vacanza è da sfruttare e succhiare avidamente. per cui, dal momento che sono tutti uguali e ragionano esattamente nello stesso modo, partiranno tutti contemporaneamente, intorno alle 19,30. il traffico, ovviamente, si paralizza. alcune arterie primarie restano bloccate già da un’ora prima, solo per la paura dell’evento. i pochi chilometri che separano paestum da salerno diventano una traversata oceanica. molti non ce la fanno e tentano di suicidarsi sotto le macchine. ma le macchine camminano talmente lentamente che non sortiscono alcun effetto (provando tra l’altro numerose teorie della fisica, in particolare quella della relatività). intorno all’una della notte questo rettile informe composto da centinaia di migliaia di automobili arriva a salerno. ovviamente non prosegue lungo la tangenziale, che è collegata all’autostrada, ma esce. “ci facciamo un giro per salerno? salerno è bellina!”, è la frase gridata all’unisono. e così arrivano. gli indigeni svuotano strade e locali, mentre compaiono nuovi locali aperti solo per la loro discesa, che si autodistruggeranno alle cinque del mattino. i napoletani arrivano dove vogliono andare e lasciano la macchina lì. ve lo giuro. ma proprio lì per strada. il parcheggio è un’abitudine che non conoscono, o forse non la praticano per risparmiare tempo. tranquilli residenti che scendono di casa e vedono, all’altezza della propria punto, macchine in sosta fino all’ottava fila, a volte svengono, a volte muoiono, a volte vengono arrestati per oltraggio alla bandiera.

scoppiano le prime risse isolate ma, nonostante non corra buon sangue tra salernitani e partenopei, preponderantemente i padroni di casa preferiscono rifugiarsi in poche, e nascoste, isole felici ancora non scoperte dai napoletani, e aspettare che la tragedia passi.
di contro, le orde di napoletani sono proprio in cerca di tali isole; per questo come in preda a trance girano in gruppi per i vicoli del centro storico salernitano con il fare ansioso e pimpante di un gruppo di galeotti che partecipa alla caccia al tesoro dentro il carcere di poggioreale.

verso le tre, improvvisamente e senza ragioni apparenti, piombano tutti in macchina e ripartono. va da sè che a salerno ci sono due (due) comodi caselli dell’autostrada. ma “un gelatino a vietri? un gelatino a vietri?”, come dire di no? il napoletano patisce la mancanza della costiera amalfitana (che ha cercato di annettersi tentando di spacciare la costiera sorrentina come prolungamento della stessa), e vuole poggiare lì la propria bandiera. e per il napoletano vietri sul mare è atta allo scopo. perchè è costiera amalfitana, e a un napoletano non è che puoi far capire la differenza tra palinuro o teggiano, tra santander e barcellona, tra springfield e los angeles. è sempre cilento, è sempre spagna, è sempre america. loro sono così. e così vietri sul mare è sempre costiera. anche se un salernitano abitualmente quando la vede piange.

fuenti-vietrisulmare.jpg

così il serpentone malvagio piomba a vietri. un paio d’ore per fare un chilometro e mezzo. i locali chiudono di botto tranne un paio di coraggiosi: il bar ancora e uno che ha assicurato un banco di pizze a trancio per dodici miliardi di euro. inutile specificare che il bar ancora cambia gestione circa tre volte all’anno. tutto vero.

verso le cinque del mattino, appagato, il napoletano si rimette in macchina direzione napoli. del resto alle nove l’ufficio apre. la coda al casello (fortunatamente spostato per queste esatte cause da salerno a nocera) arriva fino in libia. la salerno-napoli è completamente paralizzata. i primi fortunati arrivano a napoli intorno alle 17. un caffè, firma in ufficio e tutti a casa.
si blocca la tangenziale di napoli.”

[tags]napoli, salerno, paestum, vietri sul mare, campanilismo, tamarri, traffico, ecomostri[/tags]

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venerdì 10 Luglio 2009, 22:48

Opinioni curiose

Anche la giornata di oggi del meeting di San Rossore è stata molto interessante.

All’inizio ho ascoltato la presentazione di Edward De Bono, l’inventore del pensiero laterale, che ha spiegato come l’umanità non rifletta abbastanza sul problema di “come pensare”. La nostra educazione si concentra sull’insegnarci la logica, ma la quasi totalità degli errori di pensiero riguardano non la logica, ma la percezione, ossia i meccanismi di acquisizione dei dati di partenza su cui si applicano i procedimenti logici; inoltre, anche a livello di chi dirige l’umanità, spesso non si è educati a mettersi nei panni degli altri e nemmeno ad essere costruttivi e propositivi. A un certo punto De Bono ha fatto notare come nei nostri Parlamenti prevalgano di gran lunga professioni come avvocati, professori e intellettuali, cioè professioni basate sul parlare e sul cercare di convincere gli altri delle proprie idee, mentre siano tradizionalmente molto poco rappresentati gli architetti, i medici, gli ingegneri, ossia le professioni basate sul risolvere problemi concreti; naturalmente non so che genere di studi abbia fatto lui…

Altrettanto interessante è stata la presentazione finale della mattinata, in cui Stefano Bartolini dell’Università di Siena ha esposto alcuni studi scientifici sulla correlazione tra crescita del PIL, clima sociale e felicità delle persone. Le conclusioni di questo studio potrebbero essere considerate ovvie o persino “da bar”: in pratica si dice che i paesi anglosassoni hanno presentato negli ultimi 20-25 anni la maggiore crescita del PIL, ma che sono anche quelli in cui la “felicità” percepita delle persone è diminuita drasticamente. Ciò sarebbe attribuibile al fatto che la crescita del PIL crea felicità, ma in parallelo si è verificata una drastica riduzione dei rapporti interpersonali, collegata all’aumento degli orari di lavoro in un circolo vizioso. In pratica, secondo questo studio la crisi dei rapporti interpersonali determinerebbe nelle persone un maggiore investimento emotivo e temporale sul lavoro, che provocherebbe l’aumento del PIL e contemporaneamente acuirebbe la crisi stessa dei rapporti, in quanto le persone dispongono di meno tempo per stare insieme. Inoltre l’aumento del PIL sarebbe legato anche ad una “bulimia di consumi” dovuta al tentativo delle persone di gratificarsi mediante l’acquisto di oggetti e servizi sostitutivi dello stare insieme o necessari per fare fronte al deterioramento sociale e ambientale derivante dalla crescita del PIL (dalla Playstation alle vacanze esotiche fino al condizionatore) creando anche in questo caso un circolo vizioso. Infine la “bulimia di consumi” ha provocato l’indebitamento esagerato degli americani che a sua volta è causa della crisi globale, dimostrando che una crescita del PIL associata ad una decrescita della felicità non è nemmeno sostenibile tanto a lungo. Dire tutto questo può essere abbastanza ovvio, ma dimostrarlo scientificamente lo è di meno, per cui vedrò di approfondire la questione.

Ma c’è anche una nota stonata e sta nell’intervento di un megaeuroburocrate, tal Samuele Furfari, della Direzione Generale Energia della Commissione Europea. Già uno che essendo in un panel delle 11 si prenota un aereo per cui deve andarsene alle 12, pretendendo di parlare per primo e andandosene subito dopo senza ascoltare nessun altro, non fa bella impressione. Ma la presentazione, che riguardava le future strategie energetiche della Commissione Europea, mi ha abbastanza terrorizzato. Non iniziava male, parlando ovviamente di risparmio energetico e anche del fatto che l’approvvigionamento di energia è storicamente una delle maggiori cause di guerre, ma si è evoluta secondo i seguenti concetti:
1) la grande idea della Commissione è finanziare progetti per estrarre petrolio in maniera innovativa là dove prima non si riusciva ad arrivare (con tanto di spot all’Eni);
2) la strategia europea contro l’effetto serra è costruire discariche di CO2 per catturarla e interrarla;
3) l’Europa non finanzierà più di tanto lo sviluppo della produzione di energie rinnovabili perché sono troppo care, mentre vuole investire nel “ciclo del caldo e del freddo”;
4) la grande novità in questo senso è generare il riscaldamento bruciando i rifiuti urbani negli inceneritori, e non si capisce perché ci sia tutta questa opposizione perché gli inceneritori sono il futuro e l’Europa è vent’anni indietro agli altri e gli inceneritori di oggi sono compatibili in quanto vengono inseriti nelle città (mostra foto di un inceneritore di Vienna dipinto di colori vivaci e con grandi disegni, come prova del fatto che non disturba il pianeta);
5) poi si pensa di investire in nuove centrali nucleari in modo da aumentare la produzione globale di energia evitando che i paesi poveri, che detengono il 90% delle riserve mondiali di petrolio ancora esistenti, ci taglino le gambe o costringano l’Occidente a “vecchi metodi non più praticabili” (eufemismo per invaderli, colonizzarli, taglieggiarli ecc.);
6) e comunque tutti questi esperti (praticamente tutti quelli che hanno parlato nel resto del meeting) che vogliono invece ridurre i consumi energetici dell’Occidente ad un quarto dell’attuale in modo da renderli sostenibili su scala globale (il che, faceva notare ieri Odifreddi, equivarrebbe al livello degli anni ’70, non certo all’età delle candele) sono degli oscurantisti che vogliono negare il progresso agli europei e riportarci indietro nella competizione globale per la crescita economica.

Ora io spero veramente che questo tizio, come spesso si dice degli euroburocrati, sia stato nominato direttamente dall’industria di settore, perché se pensa veramente queste cose senza essere pagato per farlo c’è da preoccuparsi davvero sul ruolo della Commissione Europea nel nostro futuro: forse tutti questi che si oppongono a un maggior peso delle istituzioni europee non hanno tutti i torti…

[tags]toscana, san rossore, conferenza, futuro, sostenibilità, energia, crescita, crisi, economia[/tags]

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giovedì 9 Luglio 2009, 22:43

Il grande disastro del carrello dei prosciutti

Pisa, si sa, è infestata di matematici. Devono averne assoldato uno persino per definire i sensi unici all’interno della città: infatti essi adottano uno schema unico al mondo, secondo il quale praticamente ad ogni incrocio ciascuna via inverte il senso di marcia. In questo modo non vi sono quasi mai semafori o incroci con precedenza, ma ci si trova spesso davanti a “incroci frontali” in cui le auto convergono da due direzioni opposte e svoltano obbligatoriamente, riunendosi in una delle due direzioni laterali. Si capisce che è un principio ideato da un matematico perché è assolutamente geniale e perfetto sulla carta, ma quando ti ci trovi in mezzo nella pratica diventa un incubo: andare “verso là” è impossibile in quanto dopo uno o due isolati vieni subito fatto girare di novanta gradi, e il dover percorrere continue e gigantesche chicane fatte di interi isolati solo per andare diritto è una esperienza davvero perversa.

Alla luce di questo, si spiega anche la scenetta di Odifreddi che entra nella sala colazione dell’albergo, mentre noi siamo lì che mangiamo, e non si accorge del buffet e della macchina del caffé a disposizione dei clienti, inseguendo vanamente un cameriere pieno di tovaglie sporche per ordinare che gli venisse fatto un tè. D’altra parte, mi viene difficile definire Odifreddi un matematico: nel suo intervento stamattina ha parlato di qualsiasi cosa, strappando gli applausi della platea – composta dall’intellighenzia della pubblica amministrazione e dell’accademia della Toscana – ricordando che tutti si lamentano dell’Iran ma la bomba atomica l’hanno sganciata solo gli americani; argomentazione fine e poco poco populista. A un certo punto ha anche motivato un argomento spiegando che “in politica diciamo così”… Del resto dopo di lui c’era nel panel Ignazio Marino, neo-candidato alla segreteria del PD, che peraltro ha fatto un intervento che a me è piaciuto molto, tutto centrato sulla libertà di scelta in materia di bioetica.

Insomma, questo convegno di San Rossore è davvero eccellente e i relatori sono di altissimo livello; non ho resistito e mi son fatto fotografare accanto al pannello che reca i nomi degli intervenuti e che, a causa della disposizione su tre colonne, reca scritto “VITTORIO BERTOLA [tab] MARGHERITA HACK”: accoppiati dal destino con molto piacere. La tenuta presidenziale è bellissima e tirava pure un piacevole venticello che rendeva il caldo quasi sopportabile, almeno al di fuori dei tendoni dove si svolgono gli incontri. Il mio panel era presieduto dal vicepresidente della Regione Toscana, Gelli, un medico che ha parlato di tutti gli sforzi della Regione per portare la larga banda ovunque, riconoscendo questo come un diritto, e per collegare tutti gli ospedali con linee a 100 Mbps; io ho parlato di copyright, creative commons, peer-to-peer e natura orizzontale della rete. Il pubblico era attento ed è stato davvero un piacere partecipare.

C’è però un unico, spiacevole incidente che si è verificato e che per dovere di cronaca non posso non riportare; quello che un umorista inglese definirebbe il grande disastro del carrello dei prosciutti. Gli è che, come purtroppo è norma in Italia (abitudine che sconvolge sempre gli ospiti stranieri), il programma della mattinata era in ritardo di solo un’ora e mezza; grazie alla logorrea del relatore italiano medio (tanto più quanto più è un famoso accademico) e all’idea che far rispettare i tempi prestabiliti sia per un moderatore un atto di grande sgarbo personale verso il relatore logorroico, la mattinata invece di finire verso l’una è finita alle 14:20.

La tenuta è isolata a chilometri dalla città, dunque era previsto un buffet per tutti i partecipanti; e per ovvi motivi di finesse culinaria nonché di correttezza ideologica, la sua organizzazione è stata affidata al locale gruppo di Slow Food.

Adesso immaginatevi la scena: immaginate circa trecento persone, prevalentemente tra i quaranta e i sessant’anni, che stanno morendo di fame da un pezzo, e che si trovano di fronte a un bancone nemmeno troppo lungo dietro il quale si trovano una decina di persone in elegante divisa bianca, a ognuna delle quale è stato assegnato un compito quale il tagliare con finezza, cura e soprattutto grande lentezza una fettina di eccezionale prosciutto toscano, o di salame, o di formaggio, o di focaccia o di alcune altre cose, per poi guarnirla e disporla su un vassoio d’argento. Ecco, io sono un esperto internazionale di buffet plundering, ma non ho mai visto nulla del genere; dirigenti pubblici azzuffarsi per una fetta di pane; distinte signore darsi di gomito e spintonarsi per un pezzo di pecorino; giovani adirarsi coi vecchi per la loro lentezza, e vecchi adirarsi coi giovani per la loro destrezza; bambini piangenti implorare un po’ di pietà e del cibo, anche solo una scodellina di ceci o la pappa col pomodoro.

In tutto questo, io ho sfruttato esperienza, abilità e intelligenza per infilarmi in ogni pertugio e procacciare rapidamente una notevole quantità di cibo per me e per la mia compagna. D’altra parte, si sa, siamo piccoli e deboli; per sopravvivere non possiamo che sfruttare l’astuzia.

[tags]matematica, strade, pisa, traffico, odifreddi, colazione, marino, san rossore, toscana, conferenze, internet, prosciutti, slow food, sopravvivenza[/tags]

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mercoledì 8 Luglio 2009, 23:49

Giornate esistenziali

Ci sono molte cose che si potrebbero dire della giornata di oggi.

Per esempio, guidare in autostrada in Italia ormai è diventata una roulette russa: passi centinaia di chilometri per strade piene di curve e gallerie, talvolta preistoriche e chiaramente insicure (vedi tangenziale di Genova), a fianco di un’unica colonna di TIR. Ogni due chilometri, un TIR a 75 all’ora – fregandosene anche, quando ci sono, dei numerosi divieti di sorpasso per mezzi pesanti – esce improvvisamente e blocca l’autostrada per tre o cinque minuti per sorpassarne un altro che va a 70. Spesso questa operazione viene compiuta indipendentemente dal fatto che sulla corsia di sorpasso stia arrivando un’auto, costringendola a inchiodare; ad ogni modo, si crea subito una fila di auto bloccate dietro al TIR che sta sorpassando, che fanno fisarmonica rischiando continuamente il tamponamento. Se poi uno pensa a quel che diceva Report qualche settimana fa, cioè che moltissimi autisti di camion sono strafatti di cocaina, eccitanti e droghe varie per guidare ben oltre i tempi consentiti dalla legge…

Comunque è stato un viaggio interessante: buona parte del mio cervello era occupata dal rimuginare su questioni varie, così a un certo punto mi è spuntato in mano un CD che non ascoltavo da forse dieci anni, dritto dai primi anni ’90: Dirt degli Alice In Chains, il prototipo del disco grunge per adolescenti depressi. Racconta il cantante dei Poison che capì che l’era del glam rock era finita quando entrò negli uffici della sua casa discografica e trovò tutti i loro poster staccati e sostituiti da quelli degli Alice In Chains: e Dirt è un disco depressissimo, cupo e insieme potente, il classico disco per quando ti senti tipo “I lie dead gone under red sky / I feel so alone / gonna end up a big ol’ pile o’ them bones”.

C’è però, a metà disco, un momento epico: quando improvvisamente la musica scema e prosegue sommessa per un paio di minuti, prima di esplodere di botto in un delirio di piacevole morte e distruzione. E’ l’inizio di Rooster, uno dei pezzi che più simbolizza il passaggio dall’innocenza al pessimismo e dagli anni ’80 agli anni ’90:

Immaginate ora di essere presi ad evitare TIR giù per le curve e i viadotti da Ovada a Voltri, e che questo momento sommesso vi capiti proprio mentre vi trovate inaspettatamente in un improvviso e dilatato istante di pausa, soli, in una galleria scura, buia e dritta. Non è un fantastico esempio di sintonia empatica tra mondo e lettore CD?

Comunque, alla fine la cosa importante è una sola: qui al convegno, nonché al ricevimento di stasera, c’è anche un astronauta russo che ha vissuto due anni in orbita nella Mir, accompagnato dalla figliola, una ventenne russa alta un metro e ottanta in vestitino corto che ha monopolizzato l’attenzione. Alla sua apparizione tutti i maschi in sala, dai venti ai novant’anni, hanno immediatamente smesso di porsi domande esistenziali.

[tags]autostrade, traffico, tir, sicurezza stradale, genova, alice in chains, dirt, musica, grunge, topa forever[/tags]

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martedì 7 Luglio 2009, 14:51

MacBuc Pro

Oggi, in pausa pranzo, sono andato fino alle Gru per due motivi.

Il primo era fare benzina al self service: infatti da stasera i benzinai sono in sciopero e io domani devo andare fino a Pisa, dove sarò tra i relatori del Meeting di San Rossore 2009. Non c’era nemmeno troppa coda, se non fosse stato per una signora davanti a me che per mettere dieci euro di benzina avrà impiegato dieci minuti, nonostante l’aiuto di tre o quattro diversi automobilisti, l’ultimo dei quali è servito a proteggerla da un paio di tamarri inferociti che, stufi di aspettare, l’hanno apostrofata al grido di “vai a fare la calza”. Inoltre, i gestori delle Gru hanno avuto l’intelligente idea di chiudere per lavori il vialetto d’uscita del benzinaio proprio oggi, così per uscire bisognava passare dall’ingresso, che a sua volta dà sull’uscita del parcheggio dell’ipermercato, larga due metri e girata al contrario… insomma il tutto ha generato un ingorgo che bloccava mezzo parcheggio.

Il secondo task, comunque, era acquistare una borsa per portare il mio nuovo MacBook Pro, che essendo da 13 pollici invece dei 12 del precedente non entra più nella borsa che avevo. Ecco, qui sta il problema: da Mediaworld c’erano due file di borse di vario genere, ma praticamente nessuna per computer più piccoli di 15″.

Allora vado da Fnac e lì invece di borse ce n’erano varie, però… intanto bisogna dire che la maggior parte delle borse mancano di alcuni elementi essenziali di una borsa, tipo una maniglia o una tracolla (almeno una delle due: se no che faccio, mi porto il computer sottobraccio in aereo? metto il mio computer nella borsa senza maniglie e poi la borsa in un sacchetto della Coop per trasportarla?). Alla fine però ce n’erano un paio di accettabili, una del genere “borsa con maniglie e cerniera” e una del genere “borsa a tracolla”.

Il problema era che quest’ultima era in stile “arte povera” con tanto di chiusura in panno e decorazioni disegnate di vario genere, mentre la borsa con maniglie era disponibile solo in due colori: il primo era “beige translucido con eleganti inserti dorati” e il secondo era “arancio fluorescente”. Sì, c’erano tante belle borse nere e blu, ma erano solo per computer più grossi; quelle dei 13″ erano tutte, con rispetto parlando, borsette da signora o perlomeno da cupio.

Ho notato anch’io come negli ultimi tempi, in ossequio al generale trend – lamentato da tutte le donne – di generale rammollimento del maschio italiano, la culattonaggine avanzi anche nel settore informatica: prova ne sia che alla Fnac i giochi della Playstation 3 – per la maggior parte fantastici sparatutto tridimensionali dove le munizioni non bastano mai – sono ormai relegati in un angolino, mentre c’è mezza sala dedicata ai “giochi” della Wii che insegnano ai nerd a fare ginnastica, a cucinare, a fare l’uncinetto e a cambiare i pannolini al pargolo virtuale (di farne uno reale non se ne parla). Ma è possibile che se un uomo si compra un portatile che sia veramente portatile – non una roba che prenda l’intero baule dell’auto per essere trasportata – sia condannato a portarlo in giro in una borsetta arancio fluo?

[tags]computer, portatili, borse, videogiochi, playstation, wii, macbook, apple, moda giovane, informatica, culattonaggine[/tags]

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lunedì 6 Luglio 2009, 15:10

Non-Lidl

Oggi abbiamo deciso di fare il pesto, e così, mentre ero in giro in bici all’ora di pranzo, mi sono dedicato a procurare l’ingrediente mancante (i pinoli). Avrei potuto andare al mio Lidl di fiducia, ma non ero sicuro che li avessero – anche se mi immagino le antiche pinolaie della Baviera, dove donne poppute colgono il saporito frutto dagli alberi tedeschi per poi inviarlo al discount nazionale.

Sulla mia strada c’era invece il Simply (ex Sma) di piazza Sabotino; e così sono andato lì, e (oltre a pagare tre euro un sacchettino di pinoli) ho avuto per la prima volta dopo tanto tempo la possibilità di incrociare nella spesa un gruppo di massaie italiane. Al Lidl, infatti, gli italiani sono in aumento, ma sono perlopiù o giovani sui trent’anni con bimbi piccoli, o coppie piuttosto anziane. La massaia italiana tipica, quella che fa la spesa per tutta la famiglia mentre il marito è al lavoro, è una specie molto rara; e invece lo Sma ne era pieno… e sono rimasto piuttosto perplesso.

In coda alla cassa ero infatti piazzato tra due signore sui 45 anni. Quella davanti a me non ha comprato del cibo; ha comprato quasi solamente barattoli e scatole di roba pronta, tra cui un “carpaccio con scaglie di formaggio” (il formaggio aveva l’aria di essere scarto di cartone pressato) il cui prezzo è probabilmente il triplo rispetto al comprare la carne tagliata, comprare il formaggio, tagliarne delle scaglie e disporle manualmente sulla carne – una operazione evidentemente lunga e complicata tanto da richiedere che il supermercato la faccia per te.

Quella dietro di me, invece, ha esordito con una lamentela: ha chiesto come mai non ci fosse più acqua San Bernardo lievemente frizzante. La cassiera si è doverosamente scusata, ma la signora ha proseguito spiegando che i suoi figli bevono soltanto acqua di marca San Bernardo e soltanto lievemente frizzante – quella naturale non va bene e quella frizzante nemmeno, per non parlare di altre marche d’acqua.

Tutto questo avviene non in un elegante quartiere collinare, ma nel (fu) operaio Borgo San Paolo, una zona di classe media dove la crisi, in teoria, dovrebbe colpire duro. Eppure mi sembra che di superfluo in giro ce ne sia ancora parecchio.

[tags]crisi, supermercato, lidl, sma, san paolo[/tags]

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sabato 4 Luglio 2009, 22:01

Nel tempo

Oggi sono andato al matrimonio di una mia compagna di liceo, ed è stata una buona occasione per rivedere persone che frequento ancora, ma che in gran parte ormai vedo solo in queste occasioni o quasi – matrimoni, battesimi e qualche cena o grigliata un paio di volte l’anno.

Rivedere i compagni dei tuoi quindici anni quando tendi ai quaranta è sempre pericoloso: il tempo nel mezzo è volato… cioè, se ci pensi hai fatto tantissime cose, però ti sembrano sempre poche rispetto a quelle che avresti potuto fare secondo le tue fantasie di quindicenne. Forse è per questo che moltissimi dei miei coetanei preferiscono frequentare al massimo uno o due grandi amici rimasti dal periodo dell’adolescenza, ma si concentrano soprattutto su giri di amicizie successive – l’università, i colleghi di lavoro, gli hobby propri e quelli del compagno/a. In più, sulla lunga distanza c’è anche il rischio di un po’ di competizione o perlomeno di confronto: che succede se quel tizio che a scuola era uno sfaticato ora guadagna il doppio di te, o se tutti i tuoi ex compagni son già lì con i figli e tu ancora non hai deciso se è giunto il momento di diventare adulto?

Eppure oggi mi sono trovato bene; forse in maniera sorprendente, dato che una delle origini principali dell’esito di queste situazioni è l’autostima e ultimamente la mia non è in gran forma. Per fortuna, prevale il piacere di ritrovare le storie comuni; e quando si è fortunati si scopre che tutti sono cambiati, ma il legame è rimasto.

[tags]tempo, compagni di scuola[/tags]

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venerdì 3 Luglio 2009, 16:24

Fiction ferroviaria

Io ho sempre ammirato molto Pierangelo Sapegno e il modo che ha di raccontare le vicende degli uomini; è uno dei pochi motivi rimasti per leggere La Stampa. Per questo motivo ho subito apprezzato questo articolo, che racconta la vicenda eroica del capostazione di Viareggio, Carmine Magliacano, che con sprezzo del pericolo si è buttato sui binari della sua stazione in fiamme per andare a fermare l’intercity in arrivo da Roma, evitando così che il treno finisse in mezzo all’incendio provocando una strage. Si aggiungono naturalmente i commenti dei giornalisti sull’importanza degli uomini, che dei compiuter non ci si può fidare.

Peccato che, tra una lacrimuccia e un’altra, mi siano venuti alcuni piccolissimi dubbi. E’ noto infatti che sin dalla notte dei tempi i segnali ferroviari sono progettati per mettersi automaticamente in posizione di blocco in caso di qualsiasi malfunzionamento; all’inizio si usavano ad esempio delle palle o delle aste che segnalavano “via libera” se alzate o “stop” se verticali, in modo che, in caso di rottura, la gravità le riportasse in posizione di stop. Figurarsi se i segnali attorno a Viareggio continuavano a dare il verde.

Ma anche l’avessero fatto, ci sono altri sistemi di sicurezza: ad esempio il BACC, che ripete i segnali tramite correnti elettriche che vengono immesse e fatte circolare all’interno dei binari stessi, in assenza delle quali il treno si ferma automaticamente. Non credo proprio che sui binari in mezzo all’incendio i segnali elettrici fossero regolari… E poi c’è ancora l’SCMT

Comunque, nel dubbio, ho postato l’articolo sul forum dei ferrovieri; ecco qui una piccola selezione dei commenti che hanno fatto all’articolo. Divertitevi.

“Cazzate come quelle che stanno dicendo in radio. Quando ci sono problemi TUTTI gli apparati si dispongono DI DEFAULT per la Via Impedita, altro che paletta.”

“Pur essendo sicuro della professionalità, dello spirito di servizio dei colleghi DM e Deviatore, e dei colleghi in servizio a bordo del treno incidentato, mi permetto di chiedere ai professionisti o meno che abbiano contatto con le redazioni dei giornali di chiedere una presa di coscienza che li porti a scrivere in maniera meno sconsiderata. Gli articoli come quello della stampa, fanno il paio con i famosi film americani “di traggedia”…”

“Veramente è triste pensare a ‘sta cosa: ogni qual volta accade una tragedia di queste proporzioni (ma anche in casi ben più modesti, quando non succede proprio nulla) è l’irrazionalità, fatta di fantasie, paure, suggestioni a prendere il sopravvento sulla razionalità e la cultura. E così “giornalisti” scrivono quelli che a loro paiono evidentemente pezzi di alta letteratura. Ma il termine corretto è quello che avete utilizzato voi: CAZZATE.”

“Direi decisamente inverosimile. Fermo restando che vorrei capire come possa, un ac [apparato di controllo della stazione], mantenere un segnale a VL [via libera] in quelle condizioni. Già tanto se il segnale resta acceso.”

“Tra l’altro il racconto del giornalista non regge per un dettaglio banalissimo. Il merci è deragliato sulla radice [la fine dei binari della stazione] sud di Viareggio ed è lì che il gas si è incendiato. L’IC [intercity] veniva anch’esso da sud e quindi il DM [il suddetto dirigente di movimento Carmine Magliacano] eroico per farsi vedere sbracciandosi dai macchinisti dell’IC avrebbe dovuto quantomeno attraversare le fiamme andando incontro al treno. Se poi, come ha detto, avrebbe tolto tensione alla linea quando il merci era ancora in piedi, come avrebbe fatto l’IC a entrare in stazione? Secondo me, come è normalissimo, il DM può aver telefonando all’IC dicendogli di fermarsi subito. Tra l’altro i macchinisti avranno ben visto qualcosa e magari sono stati loro a telefonare al DM o al DC.”

“Sono basito per la terrificante e perversa fantasia di certi giornalisti che scrivono CAZZATE come quelle dell’articolo della Stampa, che danno della ferrovia (ma anche degli automatismi in generale) una visione abberrante che non può far altro che generare diffidenza (se non panico) in chi legge non conoscendo principi di funzionamento, regolamenti e procedure.
Non si tratta di pretendere che un giornalista sia competente di tutto quello che scrive, ma l’utilizzo della pura fantasia rischia di essere devastante. Mi piacerebbe sentire cosa ne pensa un giornalista svizzero/tedesco/austriaco di un articolo del genere, sapendo che in quei paesi la cultura ferroviaria è di ben altro livello ed una cosa del genere non verrebbe scritta nemmeno in un racconto per bambini.”

[tags]ferrovie, viareggio, incidente, la stampa, disinformazione, sicurezza[/tags]

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giovedì 2 Luglio 2009, 11:44

Ragazzate

La vecchiaia incombe, e non solo per motivi anagrafici: ieri sera sono uscito con i soliti vecchi amici e sono rimasto colpito dal fatto che fino a un paio d’anni fa, quando eravamo giovani e single o lascamente fidanzati, l’argomento di discussione principale erano giochi e videogiochi, mentre da qualche tempo, ora che siamo vecchi e sposati o strettamente accoppiati, si parla soltanto più di film porno (anche se in chat sostengono che si è parlato di film porno solo per farci smettere di parlare di Torino a 5 Stelle).

Comunque, tutto ha inizio ieri quando per caso in rete rinvengo questa fantastica risposta alla tremenda, odiosa, vergognosa pubblicità della Coca Cola con Giulia di Pisa, quella che “la crisi non c’è perché basta bere l’intruglio multinazionale gasato” (credo uno spot che entrerà negli annali per essere riuscito in un attimo a distruggere l’immagine italiana del brand più forte del pianeta). E quindi ecco qua:

La lacrimuccia però scende se si notano gli autori: è il parto dell’ineffabile Andrea Camerini, già noto e incrociato un deca d’anni fa a Lucca come fumettista del Vernacoliere e autore dell’immortale personaggio de Il Troio (sottotitolo “Sulle strade de La California (LI)), un giovane sfaccendato di bella presenza caratterizzato dal maschilismo assoluto, dall’occhio bovino e dalla totale assenza di segnali nel cervello. Naturalmente l’umorismo livornese non è per persone timorate di Dio e tantomeno per persone dotate di un qualsivoglia senso del pudore, per cui non vi raccomando di seguire il link.
[tags]amici, ragazzate, porno, coca cola, pubblicità, giulia di pisa, camerini, vernacoliere, fumetti, il troio[/tags]

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mercoledì 1 Luglio 2009, 14:22

Non si legge bene la sovraimpressione

Lo sapete, che il TG1 è sempre una miniera di notizie interessanti! Per questo, nei miei dieci minuti di pranzo, non manco mai di accendere il televisore e vedere cosa ci propinano oggi. Certamente non le immagini di Berlusconi contestato a Viareggio; ormai ovunque mette piede si becca bordate di fischi, e dev’essere per questo che il TG1 parlava invece dei caccia militari che “manterranno l’ordine” durante il G8.

Dopo i doverosi servizi sull’introduzione ufficiale con voto di fiducia delle ronde padane e della censura su Internet, però, è andata in onda una chicca fantastica: immagini di bambini e bambine che correndo nei prati si dicevano “passa parola” con un libro in mano (e no, non era un loro book fotografico destinato a Emilio Fede). Intitolata Passaparola, con un chiaro riferimento aulico alle Ultime Letterine di Gerry Scotti, si tratta di una nuova pubblicità (aka appalto da 2,4 milioni di euro) pagata da noi contribuenti, ideata dal fido Bonaiuti insieme a un paio di veline ministro, e destinata a convincere i giovani a leggere.

Stando al comunicato ufficiale, infatti, “In Italia abbiamo pochi che leggono moltissimo e molti che leggono poco”, ha detto il ministro Bondi, spiegando che “questo divario va superato perchè è anche un problema che incide direttamente sullo stato della democrazia nel Paese”: infatti se fossimo finalmente tutti analfabeti sarebbe più facile per Berlusconi venire finalmente eletto Presidente a vita e magari pure Papa.

Ma la Mariaporastella rincara la dose: non solo partono con questa pubblicità, ma “sarà indetto un concorso per le scuole elementari e medie per la realizzazione di un spot che invogli alla lettura.” La dichiarazione è certamente autentica, dato che dice “un spot”, ma il dramma è che quello già fatto non basta: ne vogliono pure far fare un altro ai bambini. D’altra parte, se uno vuole provocare un cambiamento sociale qual è la soluzione? Ovviamente la pubblicità: l’unico modo di rapportarsi con la “plebe” è inculcare le idee tramite rincoglionimento mediatico (se quello non funziona, c’è poi la seconda opzione: il manganello).

Pensate che sia finita qui? No, naturalmente c’è una chicca nella chicca: il TG1 ci ha tenuto a informarci che la musica dello spot, un intollerabile belato di tasti di pianoforte che invocano pietà o almeno la pronta legalizzazione dell’eutanasia, è del “maestro Allevi”. E di chi se no?

[tags]cultura, istruzione, berlusconi, fede, bonaiuti, bondi, gelmini, allevi, passaparola, letterine, gerry scotti, pubblicità, lettura[/tags]

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