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martedì 10 Marzo 2009, 14:50

Potrebbe finire così

Il post di oggi, purtroppo, è solo per quelli che capiscono bene l’inglese. In questo caso, potrete avvicinarvi anche voi alla serie di video che sta sconvolgendo l’America (si dice sempre così, no?): il Crash Course on Economics di Chris Martenson.

Martenson è un ex dirigente bancario che a quarant’anni, dopo aver riflettuto su alcuni problemi di base della nostra economia, ha abbandonato di corsa il villone cittadino per trasferirsi in una isolata fattoria nelle montagne americane, dove si è reso totalmente autosufficiente per quanto riguarda acqua, cibo ed energia. Infatti, la sua analisi economica sostiene che l’attuale crisi è l’inizio dell’esplosione, anzi dell’implosione, della società moderna: ciò a causa dello scontro tra l’aumento esponenziale e sempre più veloce dei parametri dell’umanità – popolazione, produzione, uso delle risorse naturali, cementificazione del territorio agricolo, fino al debito e alla quantità di denaro circolante – e il raggiungimento dei limiti fisici del pianeta.

Cosa succede quando l’economia, per continuare a crescere allo stesso ritmo, deve produrre un trilione di dollari di valore in poche settimane? Non si può: di conseguenza, dato che la produzione di nuovo denaro è continua e necessaria per poter pagare gli interessi sul gigantesco debito che abbiamo accumulato verso le banche e verso i nostri eredi, mentre la quantità di beni disponibile non potrà più crescere, le nostre banconote diverranno quasi istantaneamente carta straccia, o meglio foglietti colorati. A quel punto sarà il panico, e il resto è immaginabile.

Non so se sia una prospettiva realistica, certo i dati che Martenson porta a supporto lo sono. A voi decidere se vi interessa investire un paio d’ore per valutarli.

[tags]crash course, economia, martenson, crisi, denaro, debito, collasso, pianeta, risorse, energia[/tags]

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lunedì 9 Marzo 2009, 23:02

Racconto da Firenze

E che cavolo: avevo promesso un post entro oggi, e non sia mai che manco alla promessa. Ma ho come la sensazione che, se va avanti così, le prossime settimane saranno molto molto intense.

L’incontro è stato davvero interessante; nella mattinata hanno parlato esperti di vario genere che hanno parlato di temi importanti, dall’acqua pubblica all’eliminazione del concetto stesso di rifiuto, dal wi-fi/wi-max ubiquo agli impianti energetici personali, per passare poi a temi più strettamente politici, esposti in particolare da Travaglio, e all’intervento intimista finale di Jacopo Fo.

Secondo me però, specie per persone che ancora non hanno capito a quale stravolgimento dei nostri stili di vita e della nostra società stiamo andando incontro, sono più interessanti i primi; e spero che Grillo li metta in linea presto (su Youtube e soci trovate solo quelli più famosi e meno interessanti). Perché a parlare del fatto che in Italia i linfomi nei bambini crescono del 5% l’anno contro il 2% del resto d’Europa (e i bambini non fumano), o di come le guerre civili nel mondo ora non scoppino più per petrolio o diamanti ma perché, come in Madagascar, il governo svende le terre coltivabili ai coreani che hanno bisogno di cibo per loro stessi, non sono poi così tanti; per me ormai sono questioni ovvie, ma il resto d’Italia vive ancora nell’illusione berlusconiana del “continuate a consumare e non succederà nulla” e del “faremo tanti posti di lavoro con nuove colate di cemento”, pompata grazie al controllo totale dei media.

Il pomeriggio è stato dedicato alle presentazioni delle liste civiche di tutta Italia, tra cui la nostra; l’ho fatta io ed è stata un vero successo. Noi, andando in controtendenza, abbiamo scelto di non parlare delle piste ciclabili piene di buche o dello scandalo di questo o quell’assessore (anche se qualcosa all’inizio ci ho infilato al volo, giusto per non sembrare disinformato) ma, trattandosi di un incontro nazionale, di alcuni problemi fondamentali di un nascente movimento politico, e innanzi tutto di una questione molto semplice: cosa ci evita di diventare un nuovo partito, di sostituire vecchi corrotti con nuovi corrotti?

Se vi interessa, potete leggere la presentazione o il documento completo oppure guardare il video qui sotto. A me resta la piacevole sensazione di un inatteso successo, il fatto che il nostro sia stato l’intervento più applaudito di tutto il pomeriggio, che abbia spinto persino Grillo a uscire sul palco (cosa che non ha fatto per nessun altro) e a chiarire che l’abbraccio con Di Pietro non si farà, che tutto è ancora aperto e da inventare.

Allo stesso tempo, resta un po’ di scoramento: questo intervento è un lavoro di gruppo, ma in pratica l’abbiamo preparato in tre o quattro, e il nostro gruppo è ancora minuscolo. Rovesciare la casta, cambiare radicalmente la nostra società, sembrano obiettivi giganteschi, impossibili. E’ vero che ieri a Firenze c’erano duemila persone, quasi tutte aperte, oneste, positive (poi qualche personaggio un po’ viscido c’era anche, ma li si vede subito). Ma qui, o si sveglia almeno una parte della nostra società e si rende conto che la sua salvezza passa dall’impegno diretto, o l’impresa resta davvero ardua.

[tags]grillo, cinque stelle, torino a 5 stelle, politica, firenze, democrazia, partecipazione[/tags]

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domenica 8 Marzo 2009, 23:29

A Firenze (2)

Il primo importante riscontro di questo week-end a Firenze è che la Trattoria Palle d’Oro di via Sant’Antonino si è conquistata un posto stabile tra le mie preferenze gastronomiche: era la seconda prova in quattro mesi ed è stata ancora ampiamente positiva, visto che per 26 euro a testa abbiamo preso primo, secondo e dolce ed era tutto ottimo. Positiva anche la new entry dell’Hotel Villa Betania, un tre stelle nuovo e pulito in una splendida villa sulla collina di fronte alla città: certo ci vuole mezz’ora a piedi per arrivare in zona centrale, ma il posto è davvero bello e il costo (55 euro la doppia) più che abbordabile, e in più (cosa rara per la città) sia il wi-fi che il parcheggio sono gratuiti. Bisogna dire che con le raccomandazioni di TripAdvisor raramente si sbaglia!

Per il resto, vi rimando con calma a domani…

[tags]viaggi, firenze, trattorie, osterie, alberghi[/tags]

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sabato 7 Marzo 2009, 08:56

A Firenze

Oggi sparisco di nuovo: sono in viaggio per Firenze, dove domani si terrà il primo incontro nazionale delle liste civiche a cinque stelle. Ancora non sappiamo se sarà una cosa seria, con possibilità per tutti di discutere e di organizzarsi, o se sarà uno show di Grillo & friends in cui noi saremo chiamati a fare essenzialmente da pubblico. Lo scopriremo presto…

[tags]grillo, cinque stelle, elezioni, firenze[/tags]

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venerdì 6 Marzo 2009, 19:15

Sfiga di suora

Ho già detto che, da adulto laico ma di mente aperta, ho sviluppato un rapporto dialettico e non privo di stima con la Chiesa Cattolica, pur rimanendo spesso sconcertato dai suoi aspetti più moralistici o più affaristici (tra questi, in questo viaggio si è aggiunto il santuario della Beata Vergine di Guadalupe, dove per massimizzare il flusso di pellegrini che riescono ad ammirare la reliquia dell’apparizione è stato installato tra l’altare e la teca un sistema di tapis roulant modello aeroporto, i quali, muovendosi costantemente a una certa velocità, impediscono ai fedeli di sostare per troppo tempo davanti alla reliquia e con ciò diminuire il throughput del santuario).

Comunque, ogni tanto si risveglia anche l’anima da quindicenne, risalente a quando, durante una vacanza estiva o forse una gita, mi fu insegnato il gioco della sfiga di suora; gioco tanto semplice quanto irrazionale, perché consisteva nel contare il numero di suore che si incontravano sul cammino, e applicare le opportune formule per scaricarne la supposta potenza iettatrice su qualcun altro.

Bene, capirete quindi che quando ieri sera – in attesa di decollare da Città del Messico, seduto sull’aereo nel posto finestrino di un blocco di tre – l’occupante del posto accanto a me si è rivelata essere una suora con tanto d’abito d’ordinanza, mi son chiesto: che sfiga, cosa ci potrebbe essere di peggio?

La risposta è arrivata subito: peggio di una suora seduta accanto a te, c’è che la suora seduta accanto a te chieda al passeggero sistemato dall’altro lato se può cambiare posto, in modo da far accomodare nel tuo blocco di tre una seconda suora.

E non finisce qui: quando le suore hanno attaccato a parlare in italiano, ho subito capito che la cosa era lì per durare; infatti, dove mai in Italia possono essere destinate due suore missionarie che tornano dal Messico, se non a Torino? E infatti, puntualissime, le due suore si sono palesate anche a Francoforte, all’imbarco del volo per Torino.

Qui, il mio inconscio si è ribellato e ha deciso di fare un esperimento in due parti; e parlo di inconscio perché sono due cose di cui mi sono accorto solo atterrato a Torino, e che non mi era mai capitato di fare, nessuna delle due, in decine e decine di voli in giro per il mondo. In pratica, quando a metà volo mi sono alzato un attimo e mi sono riseduto, mi sono dimenticato di allacciare le cinture, e ho fatto tutto l’atterraggio slegato; inoltre, quando alla partenza ho messo la giacca nella cappelliera, mi sono completamente dimenticato di spegnere il cellulare che stava in tasca, e che è rimasto acceso e attivo per tutto il volo.

L’esperimento prova dunque che non solo le suore non portano sfortuna, ma anzi fanno girare tutto per il verso giusto: i voli erano in perfetto orario, la valigia è arrivata senza problemi, e nonostante i ripetuti rischi non è successo nulla di negativo. In più, anche se non abbiamo avuto modo di chiacchierare più di tanto visto il volo notturno (e sinceramente mi dispiace), la suora alla mia destra mi ha anche offerto il suo pasto, che però ho cortesemente rifiutato per esaurimento di stomaco. Insomma, l’esperienza è stata positiva: spero di incontrarne ancora.

[tags]chiesa, suore, sfortuna, viaggi, incontri, aerei, sicurezza, beata vergine proteggici dai cellulari[/tags]

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giovedì 5 Marzo 2009, 18:35

Punto centrale

Oggi ad ICANN è la giornata del Public Forum, e ovviamente l’argomento caldo è l’introduzione dei nuovi domini di primo livello… che ancora una volta è stata spostata in avanti di sei mesi.

Il vero problema è che ci sono troppi interessi e troppe necessità che vanno a confliggere nello stesso spazio di nomi: ci sono i galiziani, i baschi e i gallesi che vogliono avere .gal, .eus e .cym, ma non hanno una lira o quasi; ci sono decine di danarose start-up che pensano (illusi) di fare i miliardi con .music, .health, .sport e così via; ci sono i cinesi e i coreani che vogliono assolutamente avere il prima possibile .ideogrammaCina e .ideogrammaCorea per permettere ai propri utenti di non dover scrivere gli indirizzi Web in caratteri occidentali; ci sono le grandi aziende che vogliono distinguersi con un bel .google e .ibm. E poi ci sono tutti quelli che già possiedono qualcosa.com e temono la concorrenza di un nuovo .qualcosa, tutti i governi del mondo che temono l’assegnazione di nomi sensibili a entità sgradite (un bel .tibet?), e persino il Vaticano che manda una mail al CEO di ICANN per avvertire di non provarsi nemmeno a creare .catholic.

Come ne esce ICANN? Beh, se prima o poi si deciderà a fare qualcosa, l’approccio che stanno difendendo con le unghie e con i denti è quello di chiedere a qualsiasi potenziale applicante di pagare una tassa di iscrizione di 185.000 dollari prima ancora di poter dire qualcosa: in questo modo gli unici a poter fare domanda saranno le start-up in competizione con .com, le grandi multinazionali che vogliono difendere il proprio nome, e al massimo qualche governo asiatico, russofono o arabo. Tutti gli altri – le comunità linguistiche, le entità no profit, gli sforzi comunitari – possono accomodarsi da un’altra parte; e questo approccio ha il fringe benefit di portare nelle casse di ICANN una cifra stimata in un centinaio di milioni di dollari, che permetterà nuovi stipendi di giada e nuovi alberghi a sei stelle.

La questione è oggettivamente difficilissima, e diventa sempre più difficile man mano che si va avanti, e che aumentano le richieste, le reazioni, le proposte, le controversie. Infatti, ICANN continua a rinviare i tempi di tutto il processo e ormai alcuni cominciano a dubitare che si arriverà mai a un qualsiasi risultato.

Il che prova un punto fondamentale: che, in un pianeta sempre più complesso e interconnesso, qualsiasi accentramento di potere diventa sempre più difficile da far funzionare.

[tags]icann, internet, internet governance, tld, nomi a dominio, dns[/tags]

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martedì 3 Marzo 2009, 23:29

Ripido

La giornata di ieri ha ridefinito il mio concetto di ripido; ma ne è valsa la pena.

Infatti, a differenza di oggi – in cui sono stato preso tutto il giorno in riunioni, e quel paio d’ore libere che ho avuto è stato speso facendo altre cose per l’Italia e crollando a dormire con la faccia sul letto – ieri mi sono preso la giornata libera e sono andato con un giro organizzato a vedere le piramidi di Teotihuacan.

Ed è stata una visita davvero impressionante: una città-tempio di duemila anni fa in cui anche solo il poco che è stato ricostruito è di un’imponenza impressionante; una cosa la cui grandiosità, tra ciò che ho visto, è comparabile forse solo con le rovine di Efeso, ma che ad esse unisce il fascino alieno di una civiltà lontana dalla nostra, un po’ come su per la montagna di Hattusha.

Ma quando si arriva in cima alla Piramide del Sole, o alla piattaforma di metà di quella della Luna (più su non si può andare), la sensazione è eccezionale. La prima è più alta, ma la seconda per me è stata più impressionante, perché è posta al fondo di una grande piazza perfettamente quadrata a cui si giunge da un enorme viale lungo un paio di chilometri, e da lì sopra tutto questo è inchinato ai tuoi piedi.

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C’è solo un piccolo particolare: o questi aztechi discendevano dagli stambecchi, o avevano le gambe di due metri, perché tutti questi edifici sono accessibili soltanto mediante scalinate ripidissime. E quando intendo ripide dico sul serio: questo ad esempio è il punto più ripido dell’ascesa alla Piramide del Sole.

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Oltre a questo, si è a circa duemila metri di altitudine; e la temperatura gradevole (circa venticinque gradi) non toglie il fatto che si è dritti sotto il sole e non c’è una nuvola in cielo da nessuna parte. Io mi sono limitato ad arrossarmi un po’, ma i miei compagni di viaggio finlandesi hanno rischiato grosso. Sulla salita, però, abbiamo rischiato tutti l’infarto, o in alternativa di perdere l’equilibrio per sfinimento e rotolare giù sulle pietre per qualche decina di metri.

E poi, la cosa è stata resa più difficile da un altro piccolo particolare: come in tutti i tour organizzati, la prima sosta obbligata è stata presso il classico “negozietto tipico di artigianato” dove ti dimostrano le abilità locali e poi cercano di farti comprare qualcosa. Solo che in questo, oltre alle statuine di ossidiana e ai tessuti di fibra di agave, ci hanno rifilato (alle dieci del mattino) una dimostrazione di liquori del posto: e prova il pulque, e prova la tequila, e prova il liquore alle mandorle, e quello rosso e quello verde… come tattica di vendita è interessante, e comunque, quando siamo usciti di lì e siamo arrivati alle piramidi, il clima era piuttosto allegro.

Però valeva la pena di andarci, e di riuscire a salire fin lassù: se non altro per essere riuscito a farlo senza ammazzarmi.

[tags]viaggi, messico, teotihuacan, piramidi, aztechi, tequila[/tags]

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lunedì 2 Marzo 2009, 04:19

Un grande Paese

Probabilmente, voi del Messico avete in testa l’immagine vista nei film: deserto e calore, sombreri pigri a fare la siesta, oppure città degradate, traffico e inquinamento, violenza di ogni genere, destini in fuga dall’ordine americano verso l’anarchia misteriosa del mondo latino. Bene, il Messico è esattamente così: ma è anche completamente l’opposto.

Oggi, per esempio, sono uscito da una riunione verso le undici, e la giornata era meravigliosa: c’erano una ventina di gradi, un sole che spaccava le pietre e un vento intenso e rinfrescante. Sembrava di essere al mare a giugno, e invece siamo in inverno e a quasi duemila metri di altitudine. Quando siamo arrivati, l’organizzazione americana ci ha dato un vademecum terrificante: non uscite mai da soli dall’albergo, non prendete la metro perché vi scippano, non prendete un taxi per strada perché vi rapiscono, non portate mai dietro soldi o documenti, e quando (quando, non se) vi rapineranno consegnate subito tutto quello che avete.

E invece, io sono uscito da solo e ho trovato questo: un grande viale alberato, circondato da grattacieli ed edifici nuovissimi di vetro e cemento. Il viale, come tutte le strade principali, era stato pedonalizzato per l’intera domenica – lo fanno ogni domenica – ed era invaso da centinaia e centinaia di persone in bici, a piedi, sui monopattini, di corsa. Ogni qualche centinaio di metri c’era un punto dove il comune offre gratuitamente acqua e assistenza alle biciclette; in alcuni punti ti davano anche gratis la bici in prestito.

A metà del vialone c’era un concerto: dal palco un gruppo locale suonava rock, hip hop e crossover di stile americano, altro che mariachi, davanti a centinaia di persone. Al centro della piazza c’era un bel monumento, mentre più in là c’erano aiuole e fontane. Su un angolo, c’era una campagna per la riforestazione degli spazi attorno alla città, che spiegava come l’intero evento fosse a emissioni zero.

Ho camminato per un’ora e per un’ora ho trovato solo grattacieli, negozi moderni e alberghi in stile internazionale, tutto piuttosto nuovo; e migliaia di persone sulla strada pedonalizzata. Alla fine, ho trovato il parco: un grande parco urbano pieno di persone in gita, di bancarelle che vendono di tutto (sono stato tentato dalle maschere di lucha libre), di spazi attrezzati per il barbecue o per mangiare da uno dei vari chioschi che vendono tacos e carne alla griglia. Poi c’era un lago, dove una lunga e ordinata fila di persone aspettava di poter noleggiare una barchetta per fare un giro.

Oltre il lago e oltre il viale c’era il Museo Nazionale di Antropologia, un edificio enorme e meraviglioso, pieno di reperti dalle svariate culture che popolavano il Messico prima della Conquista; molti erano davvero belli, con le imponenti ricostruzioni di interi templi, e alcuni erano veramente eccezionali, come il gigantesco disco solare (o calendario azteco) o la statua olmeca di un giaguaro. E’ la prima volta, a parte l’Estremo Oriente, che mi trovo davanti ai resti di una cultura non europea ma pure chiaramente sviluppata almeno altrettanto della nostra: si può davvero toccare con mano che per complessità, per risultati artistici, per scienza i popoli e gli stati dell’era pre-colombiana non avevano nulla da invidiare ai nostri, a parte, purtroppo per loro, la polvere da sparo. Insomma, il Messico non ha nulla a che vedere con il Brasile, con l’Africa, con gli stessi Stati Uniti, con altre parti del mondo non europeo dove prima della colonizzazione lo sviluppo dell’umanità locale era ancora molto arretrato; dopo aver visto il museo, mi viene da accomunarlo soltanto all’India e alla Cina.

E’ una sensazione straniante: anche perché alle cineserie siamo abituati, ma quasi nessun magnate o ricercatore nostrano si è mai preoccupato di promuovere in Europa queste culture. Ci si trova insomma davanti a un’estetica raffinata ma radicalmente diversa: una forma di cultura aliena e a noi ignota, che esiste soltanto qui.

E’ evidente quindi come la cultura sia in qualche modo rimasta; il museo era pieno di ragazzi che ricopiavano le didascalie per portarsi a casa qualcosa della propria storia… e l’altro giorno in centro ho visto lunghe code non all’ingresso di un negozio di scarpe, ma davanti a una fiera del libro.

Dopo tre ore al museo sono tornato indietro, e per spregio agli americani che avevano compilato le istruzioni ho preso la metro: efficiente, ampia, discretamente pulita e facile da usare, anche perché è stata pensata per gli analfabeti, così ogni linea ha un proprio colore e ogni fermata ha un proprio logo; e allo sportello dei biglietti – umano, ma basta avvicinarsi e dire “uno”, il prezzo è di circa 10 centesimi di euro a corsa – c’è la tabella che dice quanto costa un numero di biglietti qualsiasi da 1 a 50. Costano sempre due pesos l’uno, per cui la tabella è “1 = 2$, 2 = 4$, 3 = 6$… 49 = 98$, 50 = 100$”: insomma si può viaggiare in gruppo anche senza sapere fare le moltiplicazioni.

In tutto questo giro, mai una volta mi sono sentito in pericolo; attorno a me c’era gente, tanta gente, molti con macchine fotografiche e Ipod, tutti tranquilli ed allegri a godersi la domenica di sole senza traffico. Tutto ben diverso da come ce l’avevano dipinto.

Insomma, a prima vista è un paese strano, pieno di tinte forti e di contraddizioni, sospeso a metà tra Simon Bolivar e Jennifer Lopez. Ma è senza dubbio un grande paese.

[tags]viaggi, messico, città del messico[/tags]

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sabato 28 Febbraio 2009, 21:31

Messico a cinque stelle

Ci avevano avvisato che le manifestazioni di protesta, a Città del Messico, sono frequentissime: e chiaramente sconsigliato di avvicinarsi se ne avessimo visto una. Ovviamente io mi ci sono infilato e l’ho seguita fino alla piazza centrale, dove ho filmato la fase finale (avendo esaurito lo spazio-dossier presso la Digos italiana, non volevo farmi mancare l’apertura del faldone presso quella messicana). E così ho colto – nonostante i due che ci si sono subito messi davanti – il messaggio fondamentale, affidato allo striscione al centro del corteo:

“Questo evento è trasmesso in diretta via Internet”.

[tags]messico, protesta, corteo, internet, diretta, politica digitale[/tags]

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venerdì 27 Febbraio 2009, 05:07

Arrivo in Messico

La prima cosa che ho scoperto del Messico è che lontanissimo. Lo so che non ci crederete ma, causa curvatura terrestre, è stato il volo più lungo che abbia fatto (dodici ore pulite da decollo ad atterraggio) ad esclusione del viaggio in Nuova Zelanda: persino la California, persino il Giappone, persino il Sudafrica sono più vicini… o almeno mi sono sembrati tali.

Il volo è stato un po’ così: non fanno più i film di una volta, e mi sono toccati una inesistente commedia al femminile con Meg Ryan (sì, è ancora viva) e un improbabile film di spionaggio con Rosario Dawson e Billy Bob Thornton (il protagonista era tal… aspe’ che me lo sono scritto… Shia LaBoeuf: vabbe’ che negli Stati Uniti qualsiasi stringa di caratteri è legale come nome o come cognome, ma questo si posiziona ben in alto nelle classifiche dei nomi assurdi).

Però il viaggio mi si è riscattato quando, nei venti minuti di coda all’immigrazione messicana, mi sono trovato dietro a due coppie di una certa età che, dall’accento, venivano da qualche parte tra Brescia e Verona. Quando il poliziotto messicano ha fatto tagliare la coda a una mamma con un bambino di sei mesi (persino in Messico ci arrivano…), loro hanno esordito commentando con garbo “uè, i soliti culattoni”; poi i due signori hanno cominciato a far casino perché secondo loro quelli in cima alla fila non erano abbastanza veloci nell’avvicinarsi agli sportelli man mano che si liberavano: e giù di “impedito!”, “deficiente!”, “baluba!” a voce altissima verso gente di tutte le nazionalità. Quindi se la sono presa con due ragazzi tedeschi che non avevano compilato i moduli sul volo, e appena possibile li hanno superati nella fila approfittando del loro rallentamento. Naturalmente, arrivati praticamente alla fine, al pre-controllo dei moduli gli hanno fatto notare che (nonostante fosse scritto e spiegato chiaramente sia in spagnolo che in inglese) non avevano compilato tutta la parte bassa dei moduli, e loro che fanno? Si fermano a compilare, ma nel contempo si allargano strategicamente a ventaglio in modo che nessuno possa superarli. Ah, la furbizia lombardo-veneta!

Comunque, ho scoperto ancora una volta che prepararsi vale: la prima regola per non farsi fregare da turista sperduto all’estero è scoprire in anticipo quanto devono costare le cose. Così sono arrivato allo sportello dei taxi prepagati (come si usa in tutto il Sudamerica, per evitare che il tassista possa ricattarti sul prezzo a corsa finita) e ho chiesto il taxi per il centro; e mi hanno chiesto 250 pesos (20 pesos = 1 euro). Io ho fatto tanto d’occhi e ho detto: scusate, mi hanno detto che ne costa 130! La risposta è stata: “Ah, ma lei signore vuole il biglietto singolo perché è da solo, poteva dirlo subito! Allora fanno 152 pesos.” Deciso che la contrattazione era soddisfacente, ho accettato e anzi ho dato pure altri 20 pesos di mancia al povero autista, che era gentile e d’aspetto simpatico.

Certo, ho capito molte cose già solo nel viaggio dall’aeroporto a qui: non solo che il posto forse non è poi così insicuro, visto che – a differenza del Brasile – i vetri del taxi non erano oscurati, l’autista non si è chiuso dentro con la sicura e la strada dall’aeroporto era a livello terra e non sopraelevata per evitare che dalla favela sottostante assaltino le auto dei turisti.

Per esempio, ho intuito che qui il tempo è irrilevante, tanto è vero che io ho lasciato l’aeroporto alle 19:30 ora locale sotto un tabellone luminoso che segnava le 21:13, e poco dopo in strada ne ho incrociato un altro che diceva “6:27”. Insomma, tutto è relativo, e si fa come si può: quando il tassista è arrivato e ha scoperto che per arrivare davanti alla porta dell’albergo doveva fare il giro dell’isolato, non ha avuto voglia: è andato avanti, poi ha messo la retro e ha percorso un centinaio di metri all’indietro a velocità folle perché così faceva prima.

Del resto, è la prima volta che arrivo in un business hotel e non solo non vengo inseguito dai fattorini che vogliono assolutamente portarmi la valigia, ma non trovo nemmeno nessuno alla reception; devi suonare un po’ di volte e poi compare qualcuno. Il collegamento inalambrico funziona, ma ti devono avvertire che nel modulo di login devi scrivere il cognome tutto maiuscolo e il numero di stanza con uno zero davanti, perché aggiungere una riga di codice al programma che lo faccia era faticoso. E poi vai a cena nel centro commerciale sottostante e in un invitante griglieria ci sono tre inservienti lì, ma chiedi se ti possono servire e ti rispondono di no, che in quel momento non hanno voglia di cucinare.

Però al gabbiotto di fianco mi hanno dato tacos del pastor e un misto di carne grigliata e jalapeños tritati con tortillas che era davvero buonissimo, il tutto per tre euro compresa la bibita. La parte culinaria promette bene; e adesso che qui sono le dieci, posso andare finalmente a dormire.

[tags]viaggi, messico, città del messico, cucina, aerei, cinema, nomi, brescia, verona, italiani all’estero[/tags]

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