Sky
Vittorio vb Bertola
Affacciato sul Web dal 1995

Gio 24 - 10:22
Ciao, essere umano non identificato!
Italiano English Piemonteis
home
home
home
chi sono
chi sono
guida al sito
guida al sito
novità nel sito
novità nel sito
licenza
licenza
contattami
contattami
blog
near a tree [it]
near a tree [it]
vecchi blog
vecchi blog
personale
documenti
documenti
foto
foto
video
video
musica
musica
attività
net governance
net governance
cons. comunale
cons. comunale
software
software
aiuto
howto
howto
guida a internet
guida a internet
usenet e faq
usenet e faq
il resto
il piemontese
il piemontese
conan
conan
mononoke hime
mononoke hime
software antico
software antico
lavoro
consulenze
consulenze
conferenze
conferenze
job placement
job placement
business angel
business angel
siti e software
siti e software
admin
login
login
your vb
your vb
registrazione
registrazione
mercoledì 9 Luglio 2008, 14:40

Siamo caduti proprio sull’uccello

Ma solo io ho pensato che la gran cagnara che hanno montato oggi tutti i giornali, criticando la Guzzanti per la volgarità degli epiteti rivolti alla strana coppia Carfagna – Ratzinger (peraltro, per la prima, gli stessi epiteti che da giorni pensa mezza Italia), sia stata accuratamente scelta per evitare di parlare del problema, ossia di come Berlusconi, ripreso il potere, abbia accelerato sulla strada dei provvedimenti legislativi ad personam, della repressione di qualsiasi dissenso e in ultima analisi della dittatura?

Il commento di Mantellini è completamente condivisibile; ma non è che quel genere di commento è proprio ciò che i giornali volevano, seguendoli sul loro tentativo di cambiare argomento?

[tags]berlusconi, guzzanti, carfagna, ratzinger, giornali, mantellini, blog, dittatura[/tags]

divider
mercoledì 9 Luglio 2008, 08:31

Revolution #9

(da una chat di ieri sera)

vb> l’italia è veramente piena di peracottari
vb> del tipo “so che mi cerchi e invece di dirti qualcosa non rispondo alle mail e alle telefonate”
am> si
am> fastidioso
vb> eh…
vb> con sms “ti chiamo dopo” senza mai richiamare
am> cmq sono solo io ad avere l’impressione che silvio e soci stavolta scopriranno le carte con una serie di mosse a cominciare dal rendersi impunibili forever and ever per poi implementare l’agenda della p2?
am> e che a prescindere da che azioni correttive successive potranno essere implementate questo cambiera la bilancia del potere in italia?
vb> sì ma noi ci stiamo organizzando
am> cioe’, mi pare che ci siano tutta una serie di forze che stano aspettando il via
am> e che questo ia uno dei motivi della stagnazione della nazione
vb> mah, forse è la quiete prima della tempesta
am> semplicemente perche’ i poteri economici stanno aspettando il momento propizio
am> esatto
vb> magari saranno rivolte di massa per il pane eh
am> nono
am> sto parlando di una cospirazione
am> che cerca il suo big bang da 14 anni
am> e che siccome la situazione non e’ propizia tiene tutto fermo
vb> molto più di 14 anni, sono almeno 30
am> mah
am> cioe’, mi vien da pensare… siamo cmq nel framework EU, potremmo lasciarli fare, QUANTO peggio puo’ essere?
am> che star fermi, dico
vb> lasciarli chi?
vb> la p2?
am> si
am> cioe’, non possono mettere su una dittatura
vb> mah, comunque ci sarà una riduzione progressiva del livello di vita, il massimo che puoi sperare è restarne fuori
vb> scusa, questa non è molto diversa eh
am> beh si
vb> uno mette su per scherzo una finta telefonata tra berlusconi e confalonieri e gli fanno sparire il sito in due ore…
am> sto parlando liberamente, eh
vb> sì, finchè sei irrilevante
am> nel senso… non credo che la situazione sarebbe poi cosi’ diversa, con la differenza che almeno le ruote comincerebbero a girare di nuovo
am> e magari nel tempo la ruota potrebbe girare (non le ruote, la routa)
vb> sei un po’ alla frutta, mi sa
vb> assuefazione alla mancanza di futuro
am> ecco
am> quello io volevo capire
am> non e’ che io la pensi cosi’
am> ma siamo sicuri che sia il worst case?
am> cioe’, il prolungamento di questa paralisi potrebbe essere peggio
am> cmq la mancanza di futuro e’ strutturale nel mondo
vb> peggio per chi, per cosa?
am> o almeno per una buona parte della sua popolazione, oppure per il suo livello
am> per tutti
vb> non c’è mai limite al peggio
am> ecco
am> va bene, mi hai convinto
am> pero’ che si fa?
vb> spe’ che tra un po’ te lo dico
vb> ora non c’è più spazio sul margine del foglio

[tags]beatles, berlusconi, p2, rivoluzione[/tags]

divider
martedì 8 Luglio 2008, 11:15

A ruote ferme

Mi è successo in questo weekend di guardare per un po’ le prove e la gara del Gran Premio d’Inghilterra: infatti ero molto stanco, e non c’è niente che faccia addormentare come la Formula Uno.

Anche in questa occasione, come in passato, mi è capitato di essere incuriosito da un fenomeno fisico semplice ma piuttosto particolare. Frequentemente capita che la regia mostri per un certo periodo le immagini in soggettiva prese dalla telecamerina posta sull’automobile stessa. Queste immagini sono piuttosto particolari, perchè, siccome la telecamera è fissata all’oggetto in movimento, esso appare fermo: in pratica la macchina non si muove, e si vedono soltanto l’agitarsi del pilota e lo scorrere della pista e del paesaggio sui bordi.

Si tratta di una condizione dinamica molto interessante, non solo perché semplifica la costruzione dell’immagine (tanto è vero che i videogiochi di Formula Uno in soggettiva sono arrivati abbastanza presto, ben prima di quelli in cui l’immagine tridimensionale è generata dall’esterno).

In questo sistema di riferimento, c’è un solo elemento del veicolo che si muove: le ruote. Esse, come da definizione, ruotano; e anche molto velocemente, visto che la velocità della ruota è uguale e contraria a quella dell’auto sul terreno. Le ruote di Formula Uno differiscono da quelle normali per tante cose, ma anche per un particolare: per ovvi motivi pubblicitari, hanno il nome del produttore scritto con grande evidenza e in bianco, sia all’esterno che all’interno.

A macchina in movimento, è impossibile leggere il nome; la ruota sta muovendosi a un paio di centinaia di chilometri orari… Ciò nonostante, si vede chiaramente il movimento di quella macchia bianca sull’interno della ruota; ed è un movimento che incuriosisce, perché agisce secondo logiche proprie. Capita infatti che mentre la macchina accelera la rotazione della macchia bianca rallenti, e a un certo punto si fermi e addirittura cominci a ruotare all’indietro! In televisione si vede benissimo; su Youtube un po’ meno a causa della compressione, ma potete vederlo ad esempio in questo filmato, almeno nei tratti in cui una delle due ruote ha la luce a favore.

Incuriosito, durante il Gran Premio mi sono messo ad elaborare un modello matematico per determinare le leggi secondo cui si muove la macchia bianca in questo particolare tipo di inquadratura.

Per prima cosa, bisogna osservare che noi non vediamo il moto direttamente, ma attraverso una telecamera; essa riprende la scena con una frequenza f. (A seconda delle tecniche di ripresa, può darsi che, anche in un singolo fotogramma, il momento in cui viene ripreso l’angolo in alto a sinistra della scena non sia lo stesso in cui viene ripreso l’angolo in basso a destra; tuttavia notiamo che, visto che la telecamera è fissata all’auto, le ruote sono sempre nello stesso punto dell’immagine, quindi ciò è per noi irrilevante.)

In questo intervallo di tempo – che è sufficientemente piccolo da poter assumere che l’auto si sposti a velocità costante, persino per le accelerazioni da Formula Uno – la scritta bianca percorre nella sua rotazione uno spazio pari a s = v*t = v/f, dove v è la velocità della vettura. Questo spostamento sarà composto da un numero intero non negativo k di rotazioni complete, più uno spostamento di posizione apparente Δp; è proprio quest’ultimo che noi percepiamo. Non ci interessa se tra un fotogramma e l’altro la scritta ha ruotato dieci volte completamente; se si ritrova nello stesso punto di prima, a noi sembrerà ferma.

Esistono quindi varie velocità – al variare del valore di k, ossia del numero di rotazioni complete compiute tra due fotogrammi successivi – per cui la scritta appare ferma. Infatti, scomponendo lo spazio percorso nel modo sopra descritto, ossia come s = k*Ï€*d + Δp, dove d è il diametro delle ruote (quindi Ï€*d è la circonferenza della ruota), la velocità per cui la ruota è ferma (ossia Δp = 0) è quella per cui v/f = k*Ï€*d con un qualsiasi valore intero di k da zero a infinito. Per k=0 la velocità è zero, ossia la scritta è ferma perché la macchina è ferma; e va bene. Per il resto, si tratta di velocità multiple di una velocità stazionaria base vs ottenuta per k=1, ossia vs = Ï€*d*f.

Se invece lo spostamento apparente Δp è compreso tra zero e metà circonferenza, ci sembrerà che la scritta si sia spostata in avanti. Le velocità v per cui la scritta appare spostarsi in avanti si ottengono quindi imponendo 0 < Δp < d*Ï€/2, ossia k*vs < v < (k+1/2)*vs per k intero da zero a infinito. Similmente, le velocità per cui la scritta appare spostarsi all’indietro sono quelle per cui d*Ï€/2 < Δp < d*Ï€, ossia (k+1/2)*vs < v < (k+1)*vs per k intero da zero a infinito.

Ipotizzando che il diametro delle ruote all’altezza della scritta sia di circa 35 centimetri, e che la frequenza di ripresa sia pari ai canonici 50 Hz televisivi, si ottiene vs = 197,9 km/h. Ottenuto questo valore, sono rimasto un po’ perplesso: difatti si tratta di una velocità piuttosto elevata, mentre guardando le immagini si vede che la velocità stazionaria viene attraversata relativamente spesso, anche in frenate piuttosto secche.

Alla fine, credo di avere risolto il problema: in effetti sulle gomme non vi è una sola scritta, ma ce ne sono due, di dimensioni più o meno simili e in posizione simmetrica rispetto al centro della ruota. Dunque è presumibile che al nostro occhio, durante la rotazione, le due scritte risultino tra loro indistinguibili, e che quindi una mezza rotazione risulti uguale a nessuna rotazione, riportando la macchia bianca nella stessa posizione. Del resto noi vediamo comunque solo la metà superiore delle ruote, mentre il resto è coperto dall’interno della vettura: quindi vediamo comunque una sola macchia bianca per fotogramma.

A questo punto, basta esprimere lo spostamento apparente come la differenza rispetto a un numero intero di mezze rotazioni, e si ottiene che valgono ancora tutte le (dis)equazioni già espresse, ma riferendole a una velocità stazionaria pari a metà di quella precedente: 99 km/h.

C’è poi una ulteriore correzione da fare: in realtà, la velocità della ruota nel punto della scritta non è pari a quella dell’auto, perché la scritta non si trova sul bordo della gomma; trattandosi di una rotazione, tra la velocità lineare della scritta e quella del bordo della gomma – e quindi dell’auto – vi è un rapporto pari a quello tra le distanze dei due punti dal centro della ruota. A occhio, sarà quindi il caso di aggiungere un 10-20% alle velocità indicate.

In pratica, quando vedete la scritta invertire il suo verso apparente di rotazione l’auto ha appena superato la soglia dei 110-120 km/h, oppure dei 220-240 km/h: un modo empirico di misurarne la velocità.

[tags]formula uno, ruote, rotazione, velocità, dinamica, tutto è ingegnerizzabile[/tags]

divider
lunedì 7 Luglio 2008, 10:12

A Genova fa troppo caldo

A Genova deve fare davvero caldo, perché ieri sono tutti impazziti.

Il primo episodio è quello in cui, sull’autostrada del mare, una Golf di tamarri diretti in spiaggia rimane bloccata in corsia di sorpasso dietro un ingegnere trentenne sulla sua alternativa Citroen. Lo scontro di culture è agghiacciante: i tamarri fanno i fari, suonano il clacson, chiedono di passare; l’ingegnere se la prende e non accenna a spostarsi, probabilmente andava già quasi alla velocità limite, o non aveva voglia di rimettersi in mezzo ai camion sulla corsia di destra, o semplicemente gli stavano sulle scatole i tamarri che vogliono passare a tutti i costi. Secondo il TG5, l’ingegnere risponde anzi con i gestacci.

Peccato per lui che abbia commesso un piccolo errore di calcolo: in fondo all’autostrada c’è un casello, dove le auto si devono fermare in coda. A quel punto i tre tamarri scendono e gliene danno di santa ragione, 35 giorni di prognosi; poi ripartono e vanno in spiaggia come se nulla fosse, dove vengono presi dalla Polizia.

Naturalmente sono ben contento che i tamarri finiscano in galera, però c’è da ricordare una delle prime leggi della vita di strada, insegnatami al primo giorno di trasferta dai miei compagni ultrà: se cerchi la rissa, la trovi, e te ne becchi un fracco, poi non andare a piangere dalla mamma; se invece non vuoi la rissa, non fare lo smargiasso e fila via in silenzio.

Diversa è la storia dello sfratto alla signora con figlia disabile, inviato dal Comune proprietario dell’alloggio su richiesta dei vicini, stanchi delle crisi di follia con conseguenti urla belluine in piena notte; lo sfratto è giunto di fronte al rifiuto della signora di trasferire la figlia in una casa di cura. Naturalmente Repubblica ha subito scatenato il peggior buonismo: e povera disabile, e non è giusto, e vicini stronzi, e Comune insensibile. In realtà, i disabili non devono essere discriminati per il loro stato, ma non per questo possono avere il diritto di violare le regole di convivenza civile e di rendere la vita impossibile agli altri; io troverei soltanto giusto che una persona che – non per colpa sua – non è in grado di controllare il proprio comportamento venga ricoverata in una struttura apposita. Ma evidentemente sono stronzo anch’io.

[tags]genova, rissa, autostrada, tamarri, disabili, sfratto[/tags]

divider
domenica 6 Luglio 2008, 09:02

Tra la rete e il West

Come lettura domenicale, vi lascio il mio articolo pubblicato su Nòva – il supplemento del Sole 24 Ore – una decina di giorni fa. Sperando che venga letto e capito… (non certo come ha fatto Mantellini, che invece di discutere il progetto si è messo a commentare una sua idea di carta dei diritti che è ben diversa da quello di cui si sta discutendo).

Poche settimane fa, quando l’Agenzia delle Entrate decise di pubblicare su Internet i redditi di tutti gli italiani, anche l’Italia scoprì un problema fondamentale: gli equilibri tra diritti raggiunti nell’era analogica non si applicano poi così bene all’era digitale. Pochi mesi prima, anche l’Estonia aveva dovuto fronteggiare una nuova sfida, quando in mezzo a una crisi politica con la Russia la sua infrastruttura di rete – e con essa il sistema bancario, quello energetico e praticamente tutta la vita nazionale – si era ritrovata sotto un attacco informatico di tipo militare, proveniente non da uno Stato ma da non meglio precisati hacker. Nel frattempo, da entrambi i lati dell’Atlantico, Parlamenti, aziende, organizzazioni e privati cittadini si confrontavano su termini nuovi e ancora tutti da definire, come neutralità della rete o diritto di accesso all’informazione.

Le cronache internazionali di questi anni sono piene di discussioni e di esempi su come i modelli di governo del pianeta, basati sulla sovranità nazionale, siano stati messi in crisi da Internet e dalla globalizzazione. Oggi un ventenne californiano può scrivere Napster e segnare il destino di una industria multimiliardaria, mentre la decisione di un motore di ricerca di retrocedere certi siti in fondo ai propri risultati può costituire uno strumento di censura globale privo di controllo.

Internet è nata col mito di un mondo senza regole; nello spirito del Far West, molti dei suoi fondatori ritenevano che la rete si potesse governare da sé. Altri, specialmente tra le grandi corporation americane, si sono accodati a questa visione per interesse, sapendo che le regole avrebbero soltanto limitato il loro potere di indirizzare il mercato a proprio vantaggio. La realtà ha dimostrato che, senza regole, la società globale dell’informazione che ci attende sarà ben grama, basata sull’arbitrio di attori che non rispondono a nessuno e sul dominio di chi dispone delle migliori potenzialità tecniche.

Da alcuni anni, nelle sedi delle Nazioni Unite, ci si chiede quali possano essere le forme di governo adatte a questa nuova era. Ora, la caratteristica fondamentale di Internet, che la differenzia dalla televisione e dal telefono, è la bidirezionalità; la libertà di iniziativa attribuita ai suoi utenti, che possono usarla per trasmettere i propri contenuti e distribuire le proprie innovazioni, senza attendere l’approvazione di una telco o di un ministero.

In un’era in cui tutto è correlato con tutto e in cui miliardi di persone possono agire direttamente, l’unica forma di governo che funziona è il consenso: la creazione di sforzi collaborativi in cui attori di tipo diverso – nazioni, aziende, NGO, singoli individui – spingano volontariamente nella stessa direzione. Da sempre, gli standard tecnici della rete nascono in questo modo; è possibile che nello stesso modo nascano anche le sue regole sociali?

Questa è la sfida dell’Internet Governance Forum, una conferenza ONU che rompe con le paludate strutture del passato, ammettendo a partecipare sullo stesso piano il rappresentante della Repubblica Popolare Cinese e Vint Cerf, Microsoft e un hacker giapponese; con la convinzione che le soluzioni ai problemi del mondo possano venire solo con un confronto aperto di idee tra tutti gli interessati, e con un lungo processo di costruzione di consenso.

Nel più pieno spirito della rete, all’IGF entità molto diverse tra loro cominciano a capirsi, e a trovare punti di contatto: nascono così le coalizioni dinamiche, gruppi eterogenei ed aperti di partecipanti che condividono un obiettivo, o anche solo la volontà di discutere un argomento. In rete, il progresso si verifica quando una quantità sufficiente di persone capaci è sufficientemente motivata da farlo avvenire; la chiave del futuro non è quindi tanto il gioco della diplomazia o l’imposizione di leggi, quanto la facilitazione di un incontro tra persone capaci e motivate. Questo è appunto lo scopo delle coalizioni dinamiche.

Certo, non tutto l’esperimento funziona a dovere; proprio per le resistenze di chi tradizionalmente domina la società e l’economia di Internet – Stati Uniti in testa – l’IGF è privo della capacità di ufficializzare risultati; molte coalizioni dinamiche sono ancora in uno stato embrionale.

Tuttavia, un’idea ha raccolto finora ampi consensi: quella lanciata da Stefano Rodotà, ossia lo sviluppo di una Carta dei Diritti della Rete. Si tratta di una Carta che però non è affatto la riproposizione delle Costituzioni monolitiche del secondo millennio; è invece l’evoluzione dei processi sfilacciati e distribuiti che hanno portato all’Unione Europea, basandosi sull’idea della coalizione dinamica: raggiungere accordi specifici e codificarli per compiere un piccolo passo in avanti, grazie al patrocinio ONU e sperabilmente all’istituzione di un Alto Commissario sulla questione.

Passo dopo passo, il risultato sarà quindi un corpus di documenti tra loro eterogenei, ognuno pieno di eccezioni e di idiosincrasie, alcuni di alto livello e alcuni di prescrizione quotidiana, alcuni approvati a livello internazionale e altri entrati nell’uso come buone prassi, ma tutti nel loro complesso tali da costituire la descrizione esaustiva dei diritti e dei doveri degli utenti della rete.

L’Italia, in questo, vive un paradosso; da una parte è in Europa il Paese più arretrato nella comprensione di questi fenomeni, e la sua crisi sociale ed economica ne è il sintomo evidente; dall’altra, tramite alcune individualità di eccellenza, è leader nelle conferenze internazionali.

E’ quindi davvero auspicabile che si crei un canale di comunicazione tra l’Italia e il mondo, attraverso un confronto costante tra la sua classe dirigente, politica e imprenditoriale, e chi comprende e disegna queste dinamiche globali. Se poi l’occasione del G8 in Sardegna si rivelerà propizia per aumentare la visibilità di questi temi anche agli occhi dei grandi del pianeta, l’Italia avrà dato un contributo storico: quello di proporre al mondo un modello alternativo di governo della globalizzazione, opposto ai ricordi neri delle strade di Genova.

[tags]nova, carta dei diritti, rodotà, igf, internet governance, globalizzazione, g8[/tags]

divider
sabato 5 Luglio 2008, 09:02

Strumenti per viaggiare

TripAdvisor è ormai uno strumento indispensabile per pianificare i miei viaggi, e in particolare per trovare un albergo in città sconosciute. Esso dispone di tre grossi vantaggi: il primo è che ti permette di trovare facilmente una lista di alberghi del posto che non siano topaie – e se la distinzione tra il primo e il decimo del ranking può essere opinabile, di solito a prendere un albergo della parte alta della classifica non si sbaglia. Il secondo è che ti permette di leggere le recensioni di viaggiatori che sono stati lì prima di te, che spesso contengono informazioni utili come indicazioni per muoversi, risposte a domande come “ma è pulito? ma è tranquillo?” e persino consigli come “chiedete una camera sul retro perché il davanti è rumoroso”. Il terzo è che, una volta individuato un potenziale albergo, è possibile ricercare in parallelo su vari siti le tariffe migliori, e alle volte questo mi ha permesso di risparmiare il 20-30 per cento per lo stesso pernottamento (una volta trovai il Park Inn di Alexanderplatz, quattro stelle nella torre simbolo di Berlino Est, a 59 euro a notte per camera doppia…).

Da qualche mese lo hanno anche tradotto in italiano, e quindi non ci sono più scuse per non usarlo. In più, ora è possibile anche realizzare la mappa dei luoghi dove si è stati, non solo tramite le proprie recensioni di alberghi (io tendo a farle sempre quando torno) ma anche flaggando i vari luoghi; così mi sono divertito a fare la mia. Sono curioso di vederne altre…

[tags]tripadvisor, viaggi, alberghi, mappa[/tags]

divider
venerdì 4 Luglio 2008, 08:42

Chinglish

Se vi siete stancati di World of Warcraft, perché non provare i suoi cloni cinesi? Basta leggere la loro presentazione ufficiale per ritrovarsi con dei punti interrogativi che ruotano sopra la testa. E anche un bel po’.

“Zu Online – which refers to lots of classical sutras, has its setting based on the supernature novel—The Life of Swordsman in a area called Zu.

It is an elaborately and well-designed 3D MMORPG with a rich culture of immortals and knight-errants. Its most outstanding feature is putting emphasis on the traditional orient-culture of monkery. The in-game quests will boost the development of storyline. Players will be able to taste flying by riding a sword, consubstantiating gods, forging mystic weapons, creating sects and other else amusing.

Zu Mountain, these two characters do not only represent a range of mountains and streams. By contrast, considerable ghosts, immortals, knight-errants and uncanny fairylands have been tightly fastened to them. Zu Mountain has become the pronoun of the millenarian oriental culture of immortals and monkery.

In a word, Zu Online is a story about the immortals monkery and battles against the evil. It has attracted much attention since its debut. We believe that Zu online will be a focus of the new online games in Q4 2007.”

Non ha ancora battuto il mitico segnale che accoglie gli occidentali all’uscita dell’aeroporto di Pechino, per indicare dove inizia la coda per i taxi:

DSC01204_544.JPG

però ci si avvicina già parecchio.

[tags]cina, inglese, cinese, segnali, traduzioni impossibili da una lingua per concetti a una lingua per parole[/tags]

divider
giovedì 3 Luglio 2008, 16:48

La più grande trollata della storia

Questa la bloggo subito, così non ve la perdete: la signora Amabile, di cui già parlammo esaustivamente, oggi ha avuto la bella pensata di fare un post per denunciare la terribile usanza dei musulmani di sposare bambine di un anno e poi violentarle quando ne hanno nove (anche la Amabile ogni tanto parla male degli immigrati; la regola infatti è che immigrato = povera vittima da giustificare a qualsiasi costo, a meno però che sia maschilista, nel qual caso diventa un porco maschio sciovinista da mandare immediatamente al rogo). Naturalmente, per quanto l’Islam sia pieno di integralisti che sostengono le peggiori assurdità (ma non è che manchino i predicatori cristiani di pari demenza), nessuna persona sana di mente crederebbe che nei paesi arabi le persone usino comunemente sposare bambine di sei anni e poi farci del sesso; e però qui c’è la prova: un video tradotto nientepopodimenoche da un ufficiale del Mossad, fonte assolutamente imparziale! Quindi l’isteria collettiva si è scatenata, invocando impiccagioni e pene di morte.

Ma non è tutto, perché verso la terza o quarta pagina di commenti (partendo dalla fine; nell’orrendo sistema della Stampa bisogna andare a mano fino all’ultima pagina e leggere tutto al contrario) salta fuori un troll galattico, che si firma Nabil, che fa la parte del musulmano caricaturale dei sogni di Borghezio. Di lì in poi, scatta il finimondo e decine di italiani medi cominciano a sbavare trottando, gettando allo stesso tempo una luce inquietante su quanto siano scarse le possibilità che a Torino non si verifichino scontri etnico-religiosi nei prossimi anni.

Comunque, se vi muovete, fate ancora in tempo a partecipare…

[tags]islam, religione, la stampa, amabile, troll[/tags]

divider
giovedì 3 Luglio 2008, 09:49

L’economia che non gira

Oggi ho controllato il conto in banca e ho avuto una sorpresa inattesa: ben due clienti hanno già provveduto a pagarmi, dopo un solo mese, le fatture emesse a fine maggio. E io che mi ero abituato a pensare che fosse normale venire pagati dopo quattro, cinque, sei mesi, come fanno i miei due clienti principali (di uno dei quali sono pure socio)!

E’ vero che questo è un andazzo generalizzato e tutto italiano: provate a dire a una azienda tedesca o francese che vi devono consegnare il lavoro adesso, ma che li pagherete dopo tre mesi che poi in realtà diventeranno quattro o cinque, e solo dopo che loro avranno sollecitato due o tre volte, pietito, criticato, minacciato di ritorsioni e tentato di staccare il servizio; penseranno che siete pazzo. Addirittura una nota marca italiana di automobili di lusso ha due procedure di pagamento separate, una per i fornitori italiani e l’altra per quelli stranieri… tanto se non ti pagano cosa vuoi fare, aprire una causa che durerà dieci anni e ti costerà più del tuo credito? Il risultato ovviamente è che ad andare in crisi non sono quelli che lavorano male, ma quelli meno filibustieri o meno ammanicati con il cliente, insomma meno in grado di farsi pagare: uno dei tanti elementi che rendono morente la nostra economia.

In più, in un sistema economico in cui sempre più persone lavorano con partita IVA, questo sistema mina le basi della sopravvivenza: come fareste voi se il vostro datore di lavoro vi pagasse lo stipendio con tre mesi di ritardo e comunque solo quando gli salta di farlo?

Solo che ora non riesco più a capire se sono stato fortunato adesso, o sfortunato prima; se sono particolarmente bravi quelli che pagano a un mese, o particolarmente malevoli quelli che pagano solo dopo tre raccomandate e un paio di stagioni.

[tags]economia, fatture[/tags]

divider
mercoledì 2 Luglio 2008, 13:39

Supereroi per criminali

Una decina di giorni fa, sono stato a Pavia, a un matrimonio italo-polacco. Durante la cena, al tavolo c’erano anche alcuni ospiti, che avevano trascorso la sera prima a Milano. Così gli abbiamo chiesto che impressione avessero avuto dell’Italia, e la risposta è stata: “bellissima, meravigliosa, straordinaria…” Dopo tre minuti di complimenti, però, hanno aggiunto: “C’è una cosa sola che ci ha spaventato, e che non abbiamo capito: ma è normale che ci siano tutti questi mendicanti, questi zingari e questi venditori di falsi per le strade? Noi non avevamo mai visto una cosa del genere… ma perché la polizia non li arresta o non li manda via?”.

Ecco, credo che l’Italia sia vittima di un dramma tutto suo, il risultato di cinquant’anni di approccio ideologico a questioni come l’ordine pubblico, la microcriminalità e la convivenza civile, che sono invece molto pratiche e molto concrete, e costituiscono la base del nostro patto di cittadinanza: se una volta l’anno qualcuno compie una strage e ammazza cinquanta persone possiamo ben pensare che sia un caso di antisocialità isolata, ma se ogni cinque minuti vedo qualcuno che passa col rosso, ruba un portafoglio o piscia su un portone, posso concludere che è l’intera società ad essersi dissolta e comportarmi anch’io di conseguenza.

Prendiamo per esempio la sentenza della Cassazione che dice che non è affatto discriminazione invocare provvedimenti contro ambienti criminali, perché essendo criminali è giusto che vengano trattati diversamente dagli altri, e di conseguenza anche far notare che in certi gruppi etnici o sociali (come i rom) il tasso di criminalità è più alto della media, auspicando provvedimenti specifici, non è affatto una affermazione razzista. A me sembra ovvio; ci vuole la Cassazione per far notare che prendere di mira un gruppo ad alto tasso di criminalità non è una discriminazione nei suoi confronti, ad esempio – per non parlare sempre di rom – che mandare più polizia in Sicilia per combattere la mafia non è razzismo anti-meridionale? Eppure c’è una parte consistente d’Italia che ha subito gridato al fascismo; sembra che qualsiasi tentativo di impedire ai delinquenti di delinquere – specialmente se sono stranieri – sia considerato razzismo.

Parliamo allora di quel giudice di Verona che non ha convalidato il fermo di due nomadi su quattro, arrestati dopo mesi di riprese e di indagini della polizia che provavano senza ombra di dubbio come essi mandassero i figli a rubare invece che a scuola. Secondo il giudice, bontà sua, i due di cui si è capito (tramite le impronte) che erano già stati arrestati rispettivamente “solo” 41 e 95 volte, fornendo ogni volta un nome diverso, possono restare in carcere; gli altri due possono andarsene tranquilli, perché non sarebbe stato adeguatamente provato il rischio che essi possano fuggire.

Scusi? Io arresto due persone nomadi, che vivono in una roulotte, e non esiste il rischio che di fronte a un processo che li aspetta questi possano fuggire? Due persone che (al di là dell’odioso reato loro contestato) agivano in gruppo con altre che hanno mentito sulle proprie generalità 136 volte in due, proprio per evitare 136 processi? Non esiste il rischio che questi scappino e non si trovino più, e non si presentino in tribunale quando ci sarà il processo, perché sono già andati da qualche altra parte a rimandare i figli a rubare?

Ma questo giudice è sicuro di stare bene? Perché l’impressione è che l’ideologia lo abbia talmente ammantato di prosciutto da vivere in un mondo tutto suo, pieno di criminali gentiluomini che non vedono l’ora di farsi arrestare e di rispondere in tribunale delle proprie azioni, e in cui comunque è più importante garantire la loro libertà di delinquere che il rispetto della legge.

Parla infatti, questo giudice, di grave lesione alle libertà costituzionali dei rom. Evidentemente per questo giudice i diritti delle migliaia di bambini rom che vengono sotto gli occhi di tutti educati al furto o all’elemosina non esistono; nè, nella sua furia ideologica, contano le libertà costituzionali di tutti gli altri, quelli che vengono regolarmente borseggiati sui tram, che vengono insultati o minacciati agli incroci, che hanno paura ad uscire di casa la sera, quelle non contano niente. E non si rende conto questo giudice che, dopo una simile dimostrazione di menefreghismo, il rischio che domani mattina qualche esaltato vada a bruciare i campi nomadi non può che aumentare?

E’ triste trovarsi in una situazione in cui l’unica scelta è passare per razzista da una parte, o per favoreggiatore dei peggiori crimini (perché il risultato pratico di questa scelta del giudice sarà evidentemente solo altro crimine) dall’altra, quando basterebbe avere come guida la responsabilità personale, la legge, ma anche l’esigenza di essere concreti, di focalizzarsi sull’obiettivo (la repressione di un livello criminale preoccupante e dell’aggressività sociale che esso genera in risposta) invece che sulle proprie seghe mentali.

Del famoso giudice Carnevale, a fronte dei suoi inspiegabili cavilli, si sostenne che fosse corrotto; almeno così ci sarebbe stato un motivo. L’osservazione triste, a guardare le rassegne, è che invece oggi tantissimi italiani, giudici e non, si comportano così pensando di essere nel giusto, anzi, di essere dei supereroi in lotta contro il male.

[tags]legalità, rom, giustizia, verona[/tags]

divider
 
Creative Commons License
Questo sito è (C) 1995-2025 di Vittorio Bertola - Informativa privacy e cookie
Alcuni diritti riservati secondo la licenza Creative Commons Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo
Attribution Noncommercial Sharealike