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lunedì 11 Marzo 2013, 12:34

Cari intellettuali

Cari intellettuali,

ormai Repubblica ospita ogni giorno un diverso appello di luminari, artisti, personaggi finissimi di sinistra che si rivolgono al Movimento 5 Stelle chiedendogli di appoggiare un governo del PD.

Voi lo fate in modo cortese, ma mia bacheca è piena di gente che urla; e nonostante quel che dicono i media, non sono i “grillini”, ma prevalentemente elettori e militanti del PD che gridano scompostamente che loro hanno diritto a governare e che noi dobbiamo dargli i nostri voti per farglielo fare, se no siamo irresponsabili, distruttivi, fascisti, berluscoidi, infantili. Un film stucchevole e già visto, qui a Torino, all’epoca delle elezioni regionali e della sconfitta di Bresso.

Voi partite da una visione che non sta in piedi, quella per cui per vent’anni abbiamo avuto uno scontro tra il male (Berlusconi) e il bene (il PD) e ora il M5S ha il dovere di far trionfare il bene. Mi spiace per voi, quella visione è falsa, innanzi tutto perché non c’è stato nessuno scontro, ma vent’anni di inciuci dietro le quinte, in cui il PD, dalla Bicamerale alle garanzie per le TV di Berlusconi, ha tenuto in piedi il PDL perché entrambi potessero spartirsi il potere.

Dunque per me Berlusconi e Bersani non sono uguali, ma sono ugualmente impresentabili. Sono due facce dello stesso fenomeno durato vent’anni. E’ proprio salvando Bersani che noi salveremmo anche Berlusconi e il berlusconismo.

Invece di fare appelli al M5S, chi simpatizza per il PD dovrebbe fare appelli ai propri dirigenti. Perché non si può venire bocciati alle elezioni e poi pretendere di governare, no? Che il PD dia un segnale di rinnovamento; che vadano a casa tutti, Bersani, D’Alema, Rosy Bindi, anche Renzi, che a seconda di come si sveglia è del PD o contro il PD o il leader della fusione PD-Monti, ma sempre nel sistema è. Che il PD dia un segnale di svolta morale; che faccia una letterina pubblica con cui rinuncia immediatamente ai rimborsi elettorali a partire da queste elezioni, che i suoi parlamentari firmino un impegno a ridursi lo stipendio a 2500 euro netti al mese e ad accettare solo rimborsi spese a piè di lista, come i nostri; che si dimetta subito la deputata PD neoeletta e già indagata in un caso di voto di scambio, che vengano pubblicate tutte le carte dell’affare Monte dei Paschi e cacciati tutti i politici del PD che lo usavano come un bancomat.

Se il PD farà tutto questo, qui e subito, allora si potrà discutere di un governo di persone slegate dai partiti, dalle banche e dal passato, che possa andare avanti sei mesi a fare poche cose urgenti e importanti: va bene la legge elettorale, ma innanzi tutto c’è da garantire gli esodati, i cassintegrati, i disoccupati, i piccoli imprenditori che aspettano un pagamento, l’assistenza, i servizi essenziali. Ma se il PD non fa questo, non è credibile come interlocutore del rinnovamento, e non verso di noi: verso il Paese.

Dunque, per favore, rivolgete i vostri auspici al vostro partito del cuore; perché se l’unica cosa che sapete fare è scrivere a noi perché diamo al PD dopo le elezioni i voti che non è stato capace di prendere durante… mi spiace, ma non mi sembra sensato e nemmeno tanto democratico.

[tags]intellettuali, appello, repubblica, governo, pd, bersani, berlusconi, pdl, movimento 5 stelle, politica[/tags]

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venerdì 8 Marzo 2013, 12:33

Annacquare l’acqua pubblica

Lunedì scorso, il consiglio comunale di Torino si è finalmente espresso sulla proposta di delibera di iniziativa popolare per ritrasformare Smat in una società pubblica, proposta dai comitati referendari per l’acqua pubblica e sostenuta dalle firme di centinaia di torinesi.

Smat, difatti, è una società interamente posseduta da enti pubblici (il socio maggiore è il Comune di Torino, col 65% circa), ma è una società per azioni di diritto privato; come tale, potrebbe facilmente essere privatizzata. C’è già anche l’esempio dell’inceneritore: anche nello statuto di TRM, la società che lo costruisce, c’era scritto che la proprietà doveva restare pubblica, ma quando hanno dovuto fare cassa hanno semplicemente cambiato lo statuto e proceduto velocemente con la vendita ai privati. Per questo, l’unica vera garanzia contro la privatizzazione dell’acquedotto torinese è che Smat venga trasformata in una azienda speciale consortile di diritto pubblico.

Peccato che l’amministrazione di Fassino sia assolutamente contraria a questa trasformazione, come ammesso in aula dal vicesindaco Dealessandri in risposta a una nostra interpellanza. Per questo motivo, l’amministrazione comunale ha frapposto ogni genere di ostacolo al cammino della delibera.

In particolare, i dirigenti comunali hanno espresso già mesi fa un parere tecnico negativo, sostenendo che la trasformazione proposta sia illegale in quanto non prevista dal codice civile. Eppure a Napoli l’hanno appena fatta, con tanto di delibera validata dal segretario comunale e di atto notarile registrato dal presidente dell’ordine dei notai; molte altre città (Palermo, Belluno, Vicenza, Piacenza, Reggio Emilia) hanno già deliberato di procedere sulla stessa strada; non si capisce come a Torino la legge possa essere diversa dal resto d’Italia.

Tuttavia, in questo modo il Comune ha fatto melina per mesi; prima hanno detto che non si poteva, e i comitati hanno portato il parere di alcuni professori di diritto che smentivano la cosa; allora hanno detto che si sarebbe potuto, a patto di aspettare il 19 febbraio, data in cui si sarebbe formalmente concluso l’iter della trasformazione napoletana; poi, arrivato il 19 febbraio, hanno detto che comunque non si poteva e che a Napoli “sono passati col rosso e sono stati fortunati che il vigile non li ha beccati”, anche se un atto societario non è come guidare per strada, visto che bisogna per forza passare dal segretario comunale e dal notaio che devono validarlo.

Comunque, con questa scusa sono riusciti a tirarla in lungo fino a dopo le elezioni, nonostante l’attivismo e le manifestazioni dei comitati referendari, a cui abbiamo partecipato anche noi; in una occasione abbiamo anche esposto la bandiera dell’acqua sul balcone del Municipio, ricordando che l’acqua pubblica non è un simbolo di partito o comunque un principio di parte, ma un valore di tutti riconosciuto all’articolo 80 dello Statuto della Città.

Forse speravano che dopo le elezioni si sarebbe potuto bocciare la delibera con meno rischi, e invece, grazie all’onda dello tsunami, il clima è cambiato. Che fare? Non potendo farsi la figura di bocciare la proposta, ecco un’idea da politici professionisti: riscrivere il testo con ben 12 emendamenti che la snaturano in più parti, indebolendone il valore e inserendo tutta una serie di verifiche e ostacoli al futuro procedimento. Addirittura, il centrosinistra vota anche un emendamento del centrodestra che introduce come condizione quella di ottenere il via libera preventivo di tutti e 285 i Comuni soci di Smat, anche quelli che possiedono solo pochi euro di quote; una richiesta burocraticamente ingestibile, e un bell’accordo PD-PDL per annacquare l’acqua pubblica.

Gli stessi comitati per l’acqua pubblica hanno denunciato questo comportamento e il Movimento 5 Stelle in aula ha attaccato duramente la manovra, perdipiù dopo che il PD, per spostare l’attenzione, ha cominciato ad attaccare Pizzarotti e l’inceneritore di Parma (a proposito, ha risposto anche il comitato no inceneritore di Parma spiegando che il sindaco sta facendo tutto il possibile per fermare l’impianto e che loro sono soddisfatti del suo operato). Se mi provocano, mi arrabbio: il resto lo vedete nel video.

Il comportamento del centrosinistra è stato imbarazzante, non solo per la mancanza di una linea comune – divisi tra quelli che, come sindaco e vicesindaco, rivendicano orgogliosamente la gestione privata e di mercato dei beni comuni, e quelli che a parole vorrebbero un modello diverso ma poi tanto votano con gli altri – ma per la faccia tosta con cui hanno cercato di manipolare le cose, con l’aiuto dei media amici. Il PD è arrivato a fare un comunicato stampa intitolato “IL PD IN PRIMA FILA A FIANCO DEI COMITATI PER L’ACQUA PUBBLICA”, una strumentalizzazione tale che i comitati hanno reagito con un comunicato intitolato “Il colpo di mano del PD”.

Comunque, la battaglia continua e, a forza di premere, li stiamo costringendo ad andare ogni volta un po’ più in là. Per esempio, abbiamo approfittato della situazione per presentare una mozione che impegna Fassino a non intascarsi gli utili di Smat per finanziare la spesa comunale, usando il servizio idrico come un bancomat, ma a utilizzarli per fare investimenti o ridurre le tariffe, secondo il principio per cui sull’acqua non si lucra, neanche se a lucrare è una pubblica amministrazione.

Anche qui, si è verificato un inciucio tristissimo, con l’ex capogruppo PDL Tronzano che si alza in aula e si rivolge al PD dicendo di non capire il senso della mozione, così il PD risponde che è una bandierina dei grillini, visto che il PD è sempre stato d’accordo col principio e non c’era bisogno di ribadirlo. Peccato che alle ultime assemblee di Smat sia stata proprio Torino a schierarsi contro comuni come Rivalta e Avigliana che chiedevano di non distribuire gli utili, imponendo come socio di maggioranza la distribuzione di oltre 10 milioni di euro.

E così, mentre i partiti dicono il contrario di quello che pensano e fanno il contrario di quello che dicono, noi abbiamo portato a casa un altro punto, passo dopo passo. La prossima scadenza è, tra 90 giorni, il risultato della verifica aggiuntiva di fattibilità che hanno inserito con i loro emendamenti (come se non avessero avuto già un anno per farla): li attendiamo al varco.

[tags]acqua pubblica, fassino, torino, smat[/tags]

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lunedì 4 Marzo 2013, 16:04

La televisione che uccide?

Il video che vedete qui sopra, ripreso da Repubblica, ha fatto il giro del Web: durante un sopralluogo ufficiale, due consiglieri comunali, Viale (radicale del PD) e Liardo (PDL), vengono praticamente alle mani. Io c’ero in mezzo e devo dire che l’intera scena è stata più ridicola che altro, ma adesso vorrei invece raccontarvi qual è la questione che suscita tanto accanimento, e che è stata purtroppo un po’ oscurata dalla rissa.

La stradina del video è quella che separa dalle case e dai loro abitanti il teleporto di via Centallo, una struttura costruita per fare fronte alle esigenze di comunicazione delle Olimpiadi, e che è in funzione da allora. In pratica, si tratta di un’area con una dozzina di enormi parabole, di diversi metri di diametro, che trasmettono e ricevono segnali televisivi e Internet dai satelliti in orbita geostazionaria attorno alla Terra.

Per poter raggiungere i satelliti, situati nello spazio a decine di migliaia di chilometri, il flusso elettromagnetico emesso deve essere piuttosto intenso; d’altra parte, non servirebbe a nessuno sprecare energia per mandare il segnale sulle case adiacenti anziché sul satellite, per cui si tratta di onde fortemente concentrate nella direzione del satellite stesso, ovvero dirette verso il cielo. Secondo i progetti di questi apparati, nonché secondo le misurazioni dell’ARPA, che ha lasciato le proprie apparecchiature di misura in funzione per anni, il campo elettromagnetico generato da queste onde sulle case vicine è trascurabile, ampiamente dentro i limiti di legge, e non può avere alcun effetto nocivo.

Tuttavia, secondo gli abitanti di queste case, la realtà è completamente diversa. Essi lamentano disturbi di ogni genere, tra cui impossibilità di dormire, bruciature sulla pelle, stordimento, dolori. Raccontano che uno di loro è stato visitato e diagnosticato come se fosse sotto l’effetto di droghe, pur non avendo mai preso niente. Dicono che di notte le antenne vengono girate e rivolte verso le case (secondo i gestori, questo può avvenire solo poche volte l’anno, a segnali spenti, per fare manutenzione). E’ evidente a chiunque parli con loro che non stanno bene; l’ASL, in un rapporto preliminare, ha parlato di “psicopatologia” e auspicato lo spostamento degli impianti (si attende lo studio definitivo).

Il teleporto è della società Skylogic, del gruppo Eutelsat, che l’ha costruito su un terreno già utilizzato da Telecom Italia. In questo impianto lavorano alcune decine di ingegneri e tecnici specializzati, che in caso di trasferimento dell’impianto potrebbero perdere il lavoro; spostare un impianto del genere richiede tempo e denaro, e a quel punto tanto varrebbe accorpare queste funzioni in impianti analoghi in altre parti d’Italia.

Il problema di fondo è che l’inquinamento elettromagnetico è ignoto e sfuggente, e non così noto, almeno negli effetti a lungo termine, come si vorrebbe. Ormai è acclarato che “troppe onde fanno male”, ma non c’è accordo su quante, quali, per quanto tempo; anche i limiti di legge sono fissati in maniera piuttosto aleatoria.

Per questo, mentre nel caso scandaloso del colle della Maddalena il danno alla salute è riconosciuto da tutti, e tutti i limiti di legge sono superati da vent’anni, in questo caso è difficile arrivare a un’analisi comune, e dopo il titolo ci vuole il punto interrogativo.

Per i fisici dell’ARPA e gli ingegneri delle telecomunicazioni, qualsiasi sintomo mostrato dagli abitanti è psicosomatico, o al massimo è il risultato di una incredibile sensibilità personale ai campi elettromagnetici; per loro, non c’è alcuna ragione per cui l’impianto si debba spostare. Per gli abitanti, i limiti di legge non sono abbastanza cautelativi; le misurazioni dell’ARPA non sono credibili, non sono fatte nel modo, nel momento o nel posto giusto; e loro stanno venendo ammazzati lentamente per via dei grandi interessi economici che ruotano dietro alla televisione e alle telecomunicazioni, e che controllano anche la politica.

Alla fine, è comunque chiaro che un problema di igiene pubblica esiste; nel momento in cui decine di persone non riescono più a vivere in salute in casa propria, fa davvero differenza che sia un effetto fisico o un disturbo psicosomatico? Purtroppo, l’errore è stato fatto nel 2006 quando si è scelto di mettere le parabole lì, davanti alle case; ora tutti pensano che sarebbe meglio se quelle parabole fossero da un’altra parte, ma è difficile capire come si possa imporre legalmente lo spostamento o la chiusura di un impianto industriale che, secondo le autorità preposte alla salute ambientale, rispetta tutte le norme in materia. E allora, nessuno sa più bene come uscirne.

[tags]telecomunicazioni, teleporto, inquinamento elettromagnetico, elettrosmog, televisione, torino, via centallo[/tags]

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domenica 3 Marzo 2013, 10:42

Per i nostri portavoce

In queste ore in cui voi, i nuovi parlamentari a cinque stelle, vi apprestate a calare su Roma, vorrei condividere con voi e con tutto il Movimento alcune riflessioni personali.

A me è capitato più volte di frequentare in qualche occasione ambienti romani – i ministeri, il Parlamento, gli studi televisivi. Mi è capitato in diverse epoche e con diversi ruoli, dal rappresentante degli studenti all’attivista per i diritti digitali, ma mai con posizioni di potere come quella del parlamentare. Eppure, persino a me è regolarmente successo di trovare ogni volta qualche personaggio d’apparato, un perfetto sconosciuto, pronto a sdilinquirsi in lodi sperticate a prescindere; posso solo immaginare cosa succederà a voi.

Perciò, quando leggo resoconti che aprono il cuore come questo, in me scatta il campanello d’allarme. Se parlate con un semplice impiegato che vi dice sottovoce quanto sia contento del rinnovamento, posso ben credere che sia sincero. Se però ve lo dice un conduttore televisivo o un dirigente di un ministero, ovvero qualcuno che non potrebbe essere lì se non avesse avuto il beneplacito di almeno un partito, drizzate le orecchie, perché molti si stanno semplicemente “riposizionando” per non perdere il posto qualora il Movimento andasse in futuro a governare.

Questo fenomeno purtroppo si intreccia ora con la formazione del nuovo governo. Sappiamo benissimo che molti dei nostri parlamentari (e non solo loro, è successo pure a me) stanno venendo contattati, direttamente o indirettamente, da piddini e montiani, con la preghiera di “far ragionare Grillo perché accetti l’alleanza”. Molto di questo tentativo si basa appunto sulle lusinghe organizzate: gli stessi giornali che hanno buttato merda fino a venerdì, ora verranno a intervistarvi parlando di voi come giovani geni della politica, destinati sicuramente a fare il presidente di commissione o magari della Camera, o persino il ministro, se si fa l’accordo.

Avrete notato come tutti i media di centrosinistra improvvisamente abbiano ricominciato a battere sulla democrazia interna del Movimento, sul fatto che devono decidere i parlamentari e non Grillo; persino uno come Bracconi, che da anni vomita attacchi e maldicenze su di noi, oggi si dedica a questo. Che agli italiani della democrazia interna al Movimento non freghi niente è dimostrato dai risultati elettorali (a proposito, quand’è che Favia si dimette?), ma il messaggio è per voi: “scaricare Grillo è giusto, voi adesso siete più importanti e più intelligenti di lui, fate voi l’alleanza, prendete voi in mano il Movimento, farete giustizia e in più avrete ciò che meritate: potere, visibilità, adulazione”.

Inutile dirvi che poi il vostro potere e la vostra visibilità durerebbero una mezza stagione, come appunto quelli di Favia, perché in politica il potere ce l’ha chi porta voti (o in alternativa soldi) e no, mi spiace, i voti al M5S non li avete portati voi. Ma il potere dà alla testa, il potere corrompe e porta le persone a non poterne più fare a meno, le trasforma in mostri pronti ad accoltellarsi per un’ospitata a Ballarò.

Per questo non mi sono molto piaciute alcune delle interviste che avete rilasciato, tipo questa o questa. Non mi è piaciuto dover leggere affermazioni come “il premier non sarebbe Grillo ma lo sceglieremo tra noi parlamentari” e “da Napolitano ci andremo noi”. Spero che siano solo leggerezze dettate dall’entusiasmo.

Infatti, noi vi abbiamo eletti per fare le leggi, anzi, per coordinare un lavoro di rete nella stesura di nuove proposte di legge e nell’analisi delle proposte degli altri, in qualità di portavoce. Non vi abbiamo eletti per discutere dell’organizzazione nazionale del Movimento e nemmeno di ministeri e di alleanze, che sono state escluse fin dal principio nelle regole che avete firmato solo tre mesi fa per candidarvi.

E’ chiaro, ve lo dico per esperienza, che non potrete consultare sempre tutti su tutto e dovrete assumervi la responsabilità di prendere posizione da soli in varie occasioni, ma uno dei vostri immediati compiti è quello di trovare un modo di discutere con il resto del Movimento, con tutti i cittadini, le posizioni da prendere; guai se cominciassero ad esserci “circoli VIP” nel Movimento, se voi pensaste di essere più importanti dell’attivista che monta il gazebo al mercato, di valere più di uno.

E’ chiaro che la responsabilità politica, civile e penale di un voto è del singolo che lo fa, dunque è giusto che siate voi a tirare le somme dell’opinione della rete sulle materie di competenza del Parlamento; ma guai se pensaste di essere voi a dover decidere la linea politica del Movimento, che spetta invece a tutta la rete e all’unico portavoce che la tiene insieme, Beppe Grillo; su queste cose sarà lui a consultare i cittadini, non voi.

Invece di pensare a queste cose, pensate a dividervi il lavoro e a pubblicare i recapiti a cui i cittadini possono inviare segnalazioni e proposte, e gli indirizzi per discuterle con voi. Noi vi abbiamo votato per essere coinvolti sui problemi dell’Italia: non ci deludete.

[tags]politica, movimento 5 stelle, beppe grillo, roma, parlamentari, leccaculo, potere[/tags]

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venerdì 1 Marzo 2013, 14:57

Semplicemente grazie

Sono passati ormai alcuni giorni dal voto, ma a nome di tutto il Movimento torinese vorrei porgere un grande ringraziamento a tutti voi.

Ai 128.149 torinesi che ci hanno votato, un numero pazzesco, che ci ha portato a essere di gran lunga la seconda forza politica della città (il PDL si è fermato a 85.000…) e ad essere addirittura primi nelle circoscrizioni 5, 6 e 10, seguendo peraltro quasi tutti i comuni della cintura torinese – da Rivoli a Chivasso, da Grugliasco a Venaria, da Nichelino a Collegno, da Orbassano a Caselle, da Moncalieri a Beinasco – dove siamo nettamente la prima forza politica. Nonostante i tentativi scomposti dei giornali di farci passare per stupidi o per distruttivi, useremo bene i vostri voti e faremo in modo di sostenere le riforme che servono a questo Paese, ma solo quando saranno proposte in maniera credibile (no, un governo con dentro quelli che fino a venerdì scorso le hanno osteggiate non è credibile).

Alle centinaia di persone che in questi giorni ci contattano con proposte, domande, idee, semplice voglia di partecipazione: grazie, contattate i vostri gruppi di quartiere e venite alla prossima riunione, o venite mercoledì 6 marzo alle 21 in via Stradella 192, quando daremo il benvenuto a chi vorrà attivarsi.

Alle decine di migliaia di persone che sono venute in piazza Castello il 16 febbraio, regalandoci una emozione incredibile e poi aiutandoci a raccogliere tutti questi voti: vi abbiamo già ringraziati dal palco, ma grazie ancora; e grazie anche ai gruppi che hanno suonato (le grandissime LeGal, Shanty e Dino Pelissero, gli Scemi di guerra, i Sonicshine, i Premiata Distilleria Barzotto), a Marco Carena e Manuela Grippi che hanno presentato, a Romina Rossi che ha tradotto per i sordomuti, a Elisabetta Savaglio e Enrico Venditti (grazie per il drone delle spettacolari immagini qui sopra) che hanno ripreso quanto accadeva, a Tecnoservice di Collegno per l’impianto audio e ai molti volontari per il servizio di assistenza medica.

Alle centinaia di persone che si sono offerte come rappresentanti di lista, dedicando del tempo a controllare che i voti di tutti noi non venissero annullati con una scusa qualsiasi.

Alle centinaia di attivisti che non solo in queste settimane, ma in questi anni sono scesi nei mercati e nelle piazze con i nostri gazebo a parlare coi cittadini, a discutere, ad ascoltarli, a capire cosa vuole la gente dalla politica, una cosa che i partiti non sanno più fare; e a quelli che hanno affisso i manifesti, volantinato, raccolto le firme, organizzato serate, scritto sui social network, combattuto con la burocrazia e la mancanza di risorse… e tante altre cose.

Alle 36 persone che hanno condiviso con me il lavoro di delegato di lista per le varie aree della provincia, non lasciando nemmeno un fazzoletto di terreno scoperto, perché se Piemonte 1 (Torino e provincia) è la circoscrizione dove il Movimento 5 Stelle è andato meglio di tutta la pianura padana è anche per questo, e perché per far eleggere i parlamentari torinesi servono anche i voti delle valli, delle campagne e delle colline, e viceversa; e dunque li ringrazio per nome: Carmine Arnone, Massimo Bertero, Mauro Bianco Levrin, Claudio Borsello, Luigi Carignano, Gianpaolo Caruso, Pietro Catania, Silvia Cossu, Alessandro Delfino, Ivan Della Valle (ora cittadino onorevole), Andrea D’Errico, Dimitri De Vita, Natale Di Santo, Roberto Falcone, Eleonora Forno, Francesca Frediani, Marcello Gigante, Alessandro Giustetti, Sergio Grosso, Roberto Guasti, Francesco Lo Grasso, Luigi Massa, Anna Merlin, Gianpiero Minari, Domenico Monardo, Alberto Moscarda, Pino Nastro, Mario Perino, Roberto Ricci, Paolo Roselli, Roberto Rossato, Marco Sayn, Alberto Sega, Emanuele Sorrenti, Dante Vermena, Sergio Visentini.

A tutti i candidati, anche quelli che sapevano dal principio che non sarebbero mai e poi mai entrati in Parlamento, ma hanno lavorato lo stesso credendoci fino in fondo.

Allo staff comunale (gli indispensabili Paolo Vinci e Marina Commisso) e regionale, vecchio e nuovo, che dopo il lavoro hanno dedicato serate e giornate alle più oscure attività organizzative.

Ai dieci consiglieri di circoscrizione – Viviana Ferrero, Serena Imbesi, Maura Paoli, Nicola Santoro, Antonino Iaria, Paolo Tkalez che ha anche fatto il delegato di lista firmando risme di carta, Fabio Versaci, Claudio Di Stefano, Monica Amore, Luigi D’Alberti – a Chiara Appendino che scoperchia senza paura i mali della città, a Davide Bono che combatte in Regione e a tutti i consiglieri comunali della provincia, perché sono convinto che gran parte dei nostri voti li abbiamo conquistati con l’esempio, dimostrando che lavorare duramente, onestamente e tenacemente si può, e scusateci se ogni tanto non riusciamo a fare tutto, litighiamo, ci perdiamo le vostre segnalazioni, ma alla fine siamo una bellissima squadra e abbiamo messo in seria difficoltà il “sistema Torino”.

Alle persone che mi sono vicine e che da cinque anni sopportano e condividono tutti i sacrifici che questa avventura comporta… e a quelle che sono vicine a tutti gli altri cittadini con l’elmetto in prima linea a Torino.

Al presidio No Tav di Venaus (per la cena!) e a tutto il movimento No Tav, Alberto Perino in testa, perché se in questi anni siamo passati da essere un manipolo di utopisti e di aspiranti politici a essere un gruppo che nonostante tutto lavora insieme per un obiettivo comune è anche e soprattutto per il vostro esempio (e a tutti i nostri neo-elettori che ancora non capiscono di cosa sto parlando, per favore venite il 23 marzo e lo capirete).

A Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, che fanno da parafulmine per tutti e senza i quali nulla di tutto questo sarebbe mai successo, ma anche a Pietro Dettori, Salvo Mandarà, Gian Paolo Polinelli, Walter Vezzoli, Davide Casaleggio, Filippo Pittarello e alle altre persone che hanno lavorato al tour che ha sconvolto l’Italia, e prima di questo, per anni, a trasformare un sogno di cambiamento in realtà.

Grazie a tutti noi, e se anche inevitabilmente il Movimento – ora che è grande – si evolverà un pochino, cerchiamo di non perdere mai lo spirito che ci ha permesso di arrivare qui, e di continuare ad aiutarci l’un l’altro.

[tags]grazie, elezioni politiche, movimento 5 stelle, torino[/tags]

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mercoledì 27 Febbraio 2013, 22:48

Cara Viola di Firenze

Cara Viola di Firenze,

ti ringrazio per la tua petizione che il giornale di De Benedetti ha prontamente provveduto a rilanciare nel titolo di apertura in prima pagina, come fa regolarmente con tutte le petizioni di tutti i ventiquattrenni d’Italia.

Tu chiedi al Movimento 5 Stelle di sostenere un governo che faccia una decina di cose: la riforma elettorale, la legge sul conflitto di interessi, il reddito di cittadinanza, la cancellazione dei rimborsi elettorali… Noi le condividiamo, dunque se venissero presentate in Parlamento, seriamente e senza trucchi, le voteremmo; anzi le presenteremmo noi per primi.

Il problema, però, è che non le condivide Bersani. Ti ricordi quando gridava (vabbe’, dai: rantolava) che il reddito di cittadinanza era una promessa populista e insostenibile? E che i rimborsi elettorali sono essenziali per la democrazia? E la riforma elettorale, la legge sul conflitto di interessi, perché non le ha fatte quando governava?

Secondo te, veramente il PD dopo le elezioni ha avuto una crisi di coscienza ed è diventato buono, e ha deciso che improvvisamente voleva aiutare i “grillini” a realizzare il loro programma di stravolgimento dell’Italia, andando contro gli interessi che lo sostengono da anni? Per crederci, bisogna essere veramente ingenui o molto piddini.

Se per il Paese è necessario un governo che porti avanti il programma del M5S, una strada c’è: far fare il governo al M5S, e che siano gli altri a dargli fiducia. Ma se questa strada ti pare eccessiva, ce n’è ancora un’altra: un governo di persone super partes (ma veramente, non come Monti & c.) che si proponga con quel programma lì. Ma persino se dovessero fare il governo PD-PDL con relativa fiducia, basta che proponga quelle cose lì e noi le voteremo: non è che perché fanno il governo col PDL allora non possono più portare avanti questi punti, se veramente li vogliono fare.

Quello che non puoi pensare, invece, è che il Movimento 5 Stelle possa promuovere la nascita di un governo di Bersani e di Monti (son già talmente alleati che manco c’è bisogno di dirlo), con ministri tipo Enrico Letta e Rosy Bindi, per poi magari vedere questo governo far passare ogni genere di porcata senza nemmeno transitare dal Parlamento, a botte di decreti e di sottogoverno, costringendoci nel frattempo a tenerlo vivo per completare riforme che “casualmente” si impantanerebbero esattamente come si sono impantanati il taglio degli stipendi dei parlamentari e l’abolizione delle province durante il precedente governo Monti-Bersani.

Quindi ti ringrazio per la tua proposta e ti rassicuro che noi la porteremo avanti senz’altro, ma che non siamo così ingenui da pensare che improvvisamente gli stessi che hanno rovinato l’Italia muoiano dalla voglia di cambiarla. E per favore, dì a Pierlu Smacchiagiaguari che la smetta di dire “venite a dirmelo in Parlamento” e di rivolgersi direttamente ai nostri neoparlamentari cercando di convincerli a votare la fiducia (magari in cambio di un ministero), che magari il pirla che ci casca lo trova pure, ma in generale come tentativo di spaccarci è piuttosto patetico.

Con stima,

[tags]movimento 5 stelle, bersani, pd, governo, politica[/tags]

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sabato 23 Febbraio 2013, 13:10

Unipol-Fonsai, la storia d’Italia

Oggi non si fa campagna elettorale, ma i problemi di Torino non spariscono; e ce n’è uno che, secondo me, sintetizza bene il malcostume e il degrado dell’Italia.

La Sai è una delle storiche assicurazioni di Torino; attraversa tutto il Novecento per finire poi, a fine anni ’80, nelle mani dell’ingegner Salvatore Ligresti da Paternò, amico di Craxi, di Berlusconi, di Cuccia, di Dell’Utri, di La Russa e con inquietanti connessioni siciliane alle spalle. Tangentopoli lo vide arrestato e condannato per mazzette dalla Sai all’Eni, ma fu solo uno stop temporaneo; nell’era berlusconiana Ligresti rimane uno dei padroni di Milano, con partecipazioni un po’ ovunque, da Mediobanca alle grandi operazioni immobiliari. Nel 2003 Sai si compra Fondiaria, altra storica assicurazione; nasce Fondiaria-Sai o amichevolmente Fonsai, con sede legale e principale in corso Galileo Galilei 12 a Torino, sede che a tutt’oggi occupa circa 1500 torinesi.

Ligresti, come tutti i “capitalisti” italiani della seconda Repubblica, cresce grazie al debito: con la compiacenza di banche di cui è azionista, su tutte Unicredit, riesce a conquistare grandi aziende con pochi soldi… finché non arriva la crisi. E chi è più liquido di un’assicurazione? Dunque Ligresti comincia a scaricare i buchi immobiliari su Fonsai, depredandola di decine di milioni di euro. A fine 2011, Fonsai è sull’orlo del fallimento: non ha nemmeno le riserve per garantire gli assicurati. Ma non si può mandare gambe all’aria la quinta assicurazione italiana: too big to fail. Che si fa?

E qui arriva “abbiamo una banca”: Unipol, ovvero il PD. Anch’essa non naviga proprio in buone acque, e allora – come già visto per le multiutility – si travestono due buchi come una sinergia, con la compiacenza della stampa, e si avvia la fusione tra Unipol e Fonsai, in cui ovviamente la prima sarà il nuovo padrone, dato che l’intero impero Ligresti è ormai vicino all’inevitabile tracollo.

Ma prima bisogna coprire i buchi, e allora, mentre la Consob si mette interi prosciutti sugli occhi e non risponde nemmeno agli esposti tramite avvocato, per prima cosa si annientano i piccoli risparmiatori. In un massacro stile Parmalat, di cui “curiosamente” parla solo Linkiesta e qualche giornale minore, agli azionisti si propone la seguente “scelta”.

In pratica, le azioni Unipol vengono svalutate di quasi il 90%; chi, al prezzo già in perdita di prima dell’operazione, ha 100 euro di azioni Unipol può scegliere tra sottoscrivere l’aumento di capitale, pagando altri 229 euro di tasca propria per ritrovarsi poi in mano la stessa quota di proprietà di prima in una azienda dal dubbio futuro, oppure veder crollare le proprie azioni a un valore di 11,5 euro.

Ma agli azionisti Fonsai va ancora molto peggio: qui la svalutazione è di quasi il 99%, con un concambio di 252 a 1: chi ha 100 euro di azioni Fonsai può scegliere tra tirarne fuori altri 299 per non perdere tutto, oppure vedere le proprie azioni ridotte al valore di 1,18 euro.

Ora, uno può dire che è normale che le azioni di una società semifallita diventino carta straccia, ma nessuno ha tutelato i risparmiatori in alcun modo, né prima – avvisandoli della crisi della società, mantenuta sottotraccia per anni esattamente come con Parmalat prima e con MPS poi – né dopo, obbligando i manovratori a concambi più umani. Intere famiglie hanno perso i propri risparmi per le manovre finanziarie di questa gente!

Mentre i risparmiatori finiscono in rovina, però, c’è chi ci guadagna: ad esempio Piergiorgio Peluso, figlio del ministro dell’Interno Anna Cancellieri, tuttora in carica a gestire le elezioni. Peluso fino al maggio 2011 stava in Unicredit, ed era stato lui a garantire gli assurdi crediti della banca alle società di Ligresti sempre più in crisi. Poi Ligresti lo assume come direttore generale di Fonsai, quando essa è già in crisi irreversibile, con un modesto stipendio di un milione e duecentomila euro l’anno. Poco più di un anno dopo, quando si conclude la cessione di Fonsai a Unipol, i nuovi padroni lo licenziano con una buonuscita di altri tre milioni e seicentomila euro.

In totale, Peluso in un anno ha incassato quasi cinque milioni di euro da una società semifallita che ha rovinato migliaia di risparmiatori.

No, scusate, lo scrivo in grassetto maiuscolo: IL FIGLIO DEL MINISTRO DELL’INTERNO HA INCASSATO IN UN ANNO CINQUE MILIONI DI EURO DA UNA SOCIETA’ SEMIFALLITA CHE HA ROVINATO MIGLIAIA DI RISPARMIATORI. Come mai non l’hanno scritto tutti i giornali in prima pagina?

Non è finita qui, perché ovviamente il danno successivo riguarda i lavoratori. Prima si tagliano gli agenti, poi, come facilmente prevedibile, i nuovi padroni vogliono spostare le sedi Fonsai di Torino e Firenze presso la sede centrale Unipol di Bologna o a Milano. Per Torino significa perdere la sede legale, con milioni di euro di tasse comunali e regionali, e millecinquecento posti di lavoro.

Giovedì mattina centinaia di lavoratori Fonsai hanno protestato, per noi c’era Alberto Airola che ha scattato questa foto: la settimana prossima saranno ricevuti da Fassino e noi faremo in modo che se ne parli in consiglio comunale. Ma non preoccupatevi, penso che Fassino risponderà da par suo: dopo tante parole, provvederà a promuovere una sollecita variante urbanistica che consentirà a Unipol di trasformare la sede ormai inutile, situata in una delle zone più eleganti di Torino, in nuovi palazzi di lusso. Giusto accanto a quelli che costruirà la Fiat sulla ex sede de La Stampa. Scommettiamo?

La grande finanza amica della politica incassa, i politici e i loro parenti incassano, gli unici che ci perdono sono le casse pubbliche, i lavoratori e i risparmiatori. Una classica storia d’Italia.

[tags]italia, unipol, fondiaria, sai, fonsai, crisi, ligresti, politica, pd, borsa, consob, parmalat, mps, cancellieri, peluso[/tags]

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venerdì 22 Febbraio 2013, 10:40

L’immaginazione al potere

«Io so che voi li calcolate niente visto che la corte è armata, ma vi supplico di permettermi di dirvi che li si dovrebbe calcolare molto, tutte le volte che calcolano loro stessi come tutto. Sono a questo punto: essi stessi cominciano a calcolare i vostri eserciti come niente e la disgrazia è che la loro forza consiste nella loro immaginazione; e si può dire in verità, che a differenza di tutte le altre forme di potenza, essi possono, quando sono arrivati ad un certo punto, tutto ciò che credono di potere» (Il cardinale di Retz parla del popolo, dalle Memorie, 1675, via Barravento)

Sarà stata l’apparizione di Dario Fo, ma l’ultima accusa che l’apparato del PD ha trovato da tirarci contro è quella di essere sessantottini alla D’Alema, giovani rivoluzionari che poi occuperanno le poltrone e non le molleranno più; il che è alquanto buffo, dato che D’Alema è tuttora uno dei loro padroni del partito e dato che noi abbiamo una regola per cui nelle posizioni elettive, quelle che controllano tutto, si può stare solo per un periodo strettamente limitato.

In realtà la situazione di oggi è molto diversa, ma c’è un elemento che ricorda quell’epoca: la voglia, anzi la necessità, di immaginare un mondo nuovo, senza i dogmi di allora, ma con cinquant’anni di esperienza in più.

Esistono dei momenti storici in cui l’ordine sociale va in crisi e non regge più; questo è uno di quelli. Il comunismo e il capitalismo, modelli sociali fondanti da centocinquant’anni, hanno fallito entrambi; deve nascere qualcosa di nuovo, che contemperi la libertà e il benessere con la solidarietà e la giustizia, trovando un punto medio compatibile con un’epoca in cui le risorse disponibili saranno molto più scarse di adesso, e non potranno essere sprecate né suddivise in maniera troppo sbilanciata.

Il Movimento 5 Stelle è, in queste elezioni, l’unica opzione per immaginare un mondo nuovo, invece che aggrapparsi disperatamente alle rovine del vecchio. E’ ovvio che nessuno sa dove finiremo, e saremmo dei pazzi a dire che abbiamo le ricette per tutto, che sappiamo già tutto, che tutto funzionerà a meraviglia. Ci aspettano comunque anni di fatica e sofferenza, di tentativi non sempre riusciti, ma un conto è percorrerli senza speranza e senza equità, un conto è percorrerli come inizio di una strada nuova.

Per questo, nei pochi minuti che ho potuto avere sabato scorso, e che vedete nel video, ho voluto parlare dei poveri e di una società migliore. Nel servizio che mi avete affidato in questi anni, quella è stata la parte più difficile e insieme più toccante: visitare comunità per disabili, residenze per anziani, case alloggio per donne vittime di violenza, persino la strada con le prostitute, incontrare persone senza casa e senza lavoro, e sentire tante vite difficili senza poter dare risposte.

Voterò Movimento 5 Stelle per immaginare un mondo migliore. Del resto, avrebbe senso, qui e oggi, porsi un obiettivo meno ambizioso di questo?

[tags]immaginazione, politica, mondo, società, d’alema, dario fo, movimento 5 stelle, marcuse[/tags]

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mercoledì 20 Febbraio 2013, 15:49

Cinque stelle per ricominciare

Se per capire cos’è il Movimento 5 Stelle provate ad aprire un giornale o una bacheca di partito, sentirete cose come queste:

Il Movimento 5 Stelle devasta le stazioni (in realtà era un rave). Il Movimento 5 Stelle ha fatto un giornalino elettorale che sì, in effetti è stato pagato con le donazioni dei cittadini e non con fondi pubblici, però non c’era il bollo, il superbollo, la benedizione di Mario Calabresi. Il Movimento 5 Stelle falsifica le foto delle piazze, ma le falsifica apposta male perché non è capace, non come Bersani che mette direttamente le foto di due anni prima. Il Movimento 5 Stelle è maschilista e discrimina le donne, non come il PD che candida tantissime donne – peccato che le metta in fondo alle liste, dove non saranno mai elette, mentre nelle posizioni eleggibili la lista con più donne è proprio il M5S.

Il Movimento 5 Stelle pensa che l’omosessualità sia una depravazione perché una volta un attivista ha detto così, e il fatto che dal blog di Grillo alle aule comunali sia l’unica forza politica che ha preso posizioni chiare e uniformi per i diritti è solo fumo negli occhi. Il Movimento 5 Stelle è fascista ed è alleato di Casapound (parlare cinque minuti per strada con qualcuno vuol dire allearsi) ma è anche all’80% composto da gente dei centri sociali e pericolosi No Tav. Il Movimento 5 Stelle non va in televisione per non rispondere alle domande, infatti le interviste di Grillo dal camper a Sky e a Euronews sono realizzate da un sosia.

La verità è che milioni di italiani ormai conoscono il Movimento 5 Stelle nell’unico modo che conta, ovvero parlando con le persone che lo compongono e osservando quello che fa quando entra nelle istituzioni. Con tutti i suoi limiti e tutte le sue incognite, il Movimento è l’unica forza determinata a cambiare profondamente l’Italia e con le mani libere per farlo, in un momento in cui la conservazione di un ordine sociale marcio porta soltanto alla morte per fame.

Votare il Movimento 5 Stelle non risolverà d’incanto tutti i nostri problemi, perché ci vorranno comunque anni, e perché siamo noi cittadini a doverlo fare ogni giorno, in tutti gli aspetti della vita; ma, come dice Dario Fo nel video, è l’unico modo per cominciare a ricominciare, come dopo una guerra. Tutto il fumo sparso a piene mani in queste settimane, considerandovi pecore da riportare all’ovile, non può nascondere questa semplice verità.

[tags]movimento 5 stelle, beppe grillo, elezioni politiche, partiti, dario fo[/tags]

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venerdì 8 Febbraio 2013, 12:56

Una casa concreta

In questa campagna elettorale deprimente non si parla di niente di concreto, di nessuno dei grandi problemi degli italiani… salvo quando si può fare un bello spot ricordandosene all’ultimo minuto.

Per questo, quando ho visto il centrosinistra in Comune presentare il 21 gennaio una mozione sull’istituzione di un fondo “salva sfratti”, per poi discuterla in commissione il 29 gennaio e portarla in aula il 4 febbraio col comunicato stampa e articolo di Repubblica già belli pronti, mi sono un po’ girate le scatole: perché noi avevamo ferma da luglio 2012, mai discussa, una mozione, in linea con quanto sempre abbiamo detto, che cercava di affrontare il problema un po’ più in profondità.

L’idea della maggioranza, infatti, era quella di approvare l’istituzione di un fondo per aiutare i morosi a pagare l’affitto per qualche mese in più, evitando lo sfratto. Idea lodevole, ma non ci sono i fondi, né si è pensato, che so, di tagliare lo stipendio d’oro del portavoce del sindaco e altre spese inutili per metterceli dentro; al contrario, si è ipotizzato di andare a chiedere i 100.000 euro che già avevano messo in passato – una goccia nel mare – alle solite fondazioni bancarie… che poi magari nemmeno accetteranno, ma a quel punto le elezioni saranno già passate.

Eppure a Torino la casa è un’emergenza: nel 2012 ci sono stati circa 4000 sfratti per morosità, a cui rischiano di aggiungersene quasi 2000 (stime Caritas) per gli inquilini ATC che non possono più rientrare nelle regole delle case popolari, che la Regione ha rivisto al ribasso dallo scorso 31 gennaio; e ci sono altre migliaia di persone che hanno una casa grazie a fondi regionali e nazionali che sono a rischio. Insomma, rischiamo di avere presto migliaia e migliaia di torinesi in mezzo a una strada. Cosa potranno fare centomila euro di aiuti a pioggia?

Noi abbiamo presentato l’unica proposta che veramente potrebbe risolvere il problema: quella di fare incontrare l’enorme patrimonio abitativo inutilizzato in città – si parla di 50.000 alloggi – con le persone che ne hanno bisogno. Si potrebbe cominciare da due riserve immediatamente accessibili, quella degli interi palazzi in abbandono da decenni perché i proprietari non sanno che farsene (è incredibile, ma ce ne sono decine) e quella di diversi palazzi appena costruiti, ancora invenduti in gran parte e senza grandi speranze di essere venduti a breve.

Il Comune potrebbe gestire domanda e disponibilità, arrivare a un accordo con i proprietari, coprire le spese (costa molto meno che pagare gli affitti), pagare una assicurazione che protegga i proprietari dai danni degli inquilini, che potrebbero magari impegnarsi a fare in proprio lavori di risistemazione e manutenzione, se non possono pagare un affitto. Potrebbe farlo in accordo, ma anche, dove necessario, d’autorità, come la legge consente e come già è stato fatto a Roma.

Infatti, non è accettabile la requisizione forzata che di fatto è realizzata dal blocco degli sfratti, che scarica il costo di dare una casa a una famiglia indigente solo sulle spalle dello sfortunato proprietario di casa, che non sempre è un ricco strozzino e che talvolta, dal mancato pagamento dell’affitto a fronte delle spese e delle tasse che restano, viene portato in rovina anch’egli.

E’ invece accettabile la requisizione del patrimonio immobiliare inutilizzato e per cui non sono previsti utilizzi a breve, perché, come dice la Costituzione all’articolo 42, la proprietà privata è garantita ma con “limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”, e se tu lasci un palazzo in abbandono per vent’anni o ne tieni uno vuoto per far salire i prezzi, tra l’altro creando problemi di degrado al quartiere, allora è giusto prenderlo e usarlo per l’emergenza, garantendotene la custodia e la possibilità di riaverlo nel momento in cui tu ti presentassi con un piano concreto per usarlo.

Questa posizione ha suscitato alzate di sopracciglia e risatine, e alla fine la nostra mozione è stata bocciata quasi all’unanimità, mentre lo spot del fondo salva sfratti è passato (ovviamente abbiamo votato a favore anche noi, ci mancherebbe, e se salteranno fuori i fondi sarà comunque una cosa positiva). Ma una città che non si spende fino in fondo per garantire un tetto a tutti, chiedendo in cambio un contributo proporzionato alle reali possibilità, non è una città civile.

[tags]casa, sfratti, povertà, atc, torino, urbanistica[/tags]

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