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venerdì 29 Giugno 2012, 10:40

Come il Comune spende i nostri soldi

Ieri il Comune ha approvato il bilancio; ora, finalmente, è pubblico. Non è questione da poco, perché, fosse per me, avrei già pubblicato da settimane la bozza di bilancio con tanto di relazione, e avrei chiesto a tutti dei commenti. Non si può, mi hanno detto i legali. Come non si può, ho risposto io: non possiamo dire ai cittadini come il sindaco pensa di spendere i loro soldi? No, non possiamo finché non è approvato. Pazzesco.

Per prima cosa vorrei riassumere alcuni punti salienti sui bilanci dei settori che seguo io. Il bilancio della viabilità è piuttosto magro, e si sono trovati 7.800.000 euro, qualcosa in più dell’anno scorso, per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade e dei marciapiedi, rinunciando invece alla riqualificazione urbana; può sembrare molto ma quattro anni fa il budget era quasi il quadruplo, dunque la situazione non migliorerà di molto. In compenso partiranno i lavori dell’argine del Po al Fioccardo, dove le case in passato sono finite sott’acqua. Quello del verde non è tanto meglio; il budget per la manutenzione dei parchi è di 3.100.000 euro, -54% rispetto al 2009. Peggio ancora sarà col verde “spicciolo” gestito dalle circoscrizioni: aspettatevi sempre più savane.

Il vero massacro, però, è sul welfare: credo che questa tabellina dica tutto.


2011 2012 Variazione % sul tot.
Stranieri e nomadi 4.229.312 4.291.577 1,5% 5,1%
Anziani e famiglie 37.689.973 29.581.872 -21,5% 34,9%
Adulti in difficoltà 6.864.354 6.925.343 0,9% 8,2%
Minori 22.607.373 18.737.517 -17,1% 22,1%
Disabili 27.186.539 25.243.076 -7,1% 29,8%
Altro 498.994 25.500    
TOTALE 99.076.545 84.804.885 -14,4%
di cui



Fondi comunali 41.172.897 40.176.639 -2,4%  
Fondi esterni
57.903.648 44.628.246 -22,9%  

Oltre il 20% in meno sugli anziani, quasi il 20% in meno sui minori, il 7% in meno sui disabili: e poi Fassino ha la faccia di dire che “non è stato tagliato nulla”. In verità nelle scorse settimane sono stati approvati una serie di provvedimenti che penalizzano fortemente chi ha bisogno di assistenza, con aumenti di tariffe, restrizioni dei requisiti per avere assistenza, tagli dei servizi e delle sovvenzioni. E sul fatto che l’unico capitolo in crescita sia “stranieri e nomadi” molti avranno da obiettare…

Vorrei anche poter pubblicare le quattro pagine fittissime di enti e associazioni (per una buona metà parrocchie ed enti religiosi) che ricevono contributi comunali per gestire progetti di assistenza, per un totale nel 2011 di 4.195.000 euro; in mezzo ci sono molti progetti che conosco e che sono ottimi, ma in tanti altri casi non ho veramente idea di cosa venga fatto con i nostri soldi, magari la rete ce lo saprebbe dire.

A questo punto però vorrei condividere un’altra cosa che colpisce: a fronte di questa situazione drammatica, la presenza nella spesa comunale di moltissime voci di entità che a una persona normale sembra abnorme, per progetti tutto sommato non particolarmente fondamentali (quasi tutti peraltro legati al cemento). Qualche settimana fa ci fu una polemica per il milione di euro destinato al Filadelfia, ma scorrendo il programma delle opere pubbliche e le relazioni al bilancio, anche solo nei miei settori, si scoprono spese come queste:

260.000 euro ad agenzie interinali per attività di ricollocazione dei lavoratori
19.000.000 di euro per la realizzazione di un Energy Center nell’area ex Westinghouse (via Borsellino)
2.915.000 euro per lavori di messa in sicurezza delle OGR
4.971.000 euro per la ristrutturazione del castello di Santena
1.084.000 euro per risistemare il piazzale della basilica di Superga
3.000.000 di euro per “attività di riqualificazione dell’area dello scalo Vanchiglia non meglio precisate
500.000 euro per la manutenzione dei segnali stradali
514.000 euro per la sistemazione dell’area verde di via Assisi
1.347.000 euro per la risistemazione dell’area di via Sesia / via Montanaro
1.084.000 euro per la sistemazione viabile e pedonale di via Ghedini
600.000 euro per un sottopasso pedonale che colleghi piazza Valdo Fusi al museo delle Scienze
660.000 euro per la navigabilità del Po
749.000 euro per 950 metri di pista ciclabile su via Anselmetti (stradone largo e dritto in mezzo alle fabbriche)
200.000 euro per il ripristino di scorci panoramici sulla strada dei colli (panoramica di Superga)
2.226.000 euro per nuove passerelle al Parco Dora
1.220.000 euro per il Parco Stura a Lungo Stura Lazio (una bella passeggiata tra le baracche?)
172.000 euro per le spese di funzionamento dell’ATO Rifiuti (fondamentale organo burocratico di cui tutti apprezzano l’esistenza)
6.500.000 euro per il restauro del mastio della Cittadella
1.000.000 euro (nel 2013) per la manutenzione straordinaria della chiesa di Santa Croce
2.300.000 euro per la manutenzione straordinaria della palestra e del cortile della cascina Marchesa
500.000 euro per la manutenzione straordinaria e bonifica edifici via Revello 3 e 5 (ma lo sanno cosa c’è a quell’indirizzo?)

Sono sicuro che ognuno di questi progetti ha un motivo e una logica che magari dal titolo non emergono, ma questi soldi non potrebbero essere meglio spesi? La verità purtroppo è che il bilancio di un Comune non funziona come il nostro portafoglio, e non si può pensare così facilmente di prendere soldi da una parte per metterli da un’altra; in particolare, prendere i soldi destinati a un investimento, o derivanti da entrate straordinarie e non ripetibili come la vendita di un immobile, e destinarli alla spesa corrente (welfare, stipendi… quel che volete), è una pessima pratica amministrativa, perché l’anno prossimo poi questi soldi non ci saranno più, mentre la spesa sarà di nuovo da pagare. In passato lo si è fatto, ma ormai la Corte dei Conti è prontissima a sanzionare questo comportamento.

Un’altra osservazione è che tutte le spese meno prioritarie derivano tipicamente da finanziamenti esterni e vincolati; se l’Europa ti dà dei soldi per il Parco Dora, tu non puoi prenderli e spenderli per altro. E’ però vero che anche i soldi europei, nazionali e regionali sono alla fine soldi nostri, quindi bisognerebbe se mai chiedersi come spendono i soldi questi enti più grossi; la sensazione è che più si va in alto e più i soldi, disponibili in quantità sempre maggiori, vengano buttati con generosità. Idem per le fondazioni bancarie: è vero che l’Energy Center lo pagano (oltre all’Europa) San Paolo e CRT, ma non nascondiamoci dietro a un dito, le fondazioni sono legate alla politica a doppio filo e le loro politiche di investimento sono concordate.

Comunque, la coperta è corta e che di soldi ce ne sono pochi, specialmente se non si mette in discussione la priorità (sia locale che nazionale) che dice che prima si pagano i debiti alle banche e poi, se avanza qualcosa, si fa tutto il resto. E quando si tratta di scegliere cosa fare del poco che c’è viene il difficile.

Si scontrano infatti due considerazioni opposte. Se parli con un disabile, un anziano, un malato, un genitore con bambino al nido, ti dice: cosa c’è di più prioritario di me? Piuttosto eliminate la cultura, lo sport, le opere pubbliche, non fate le piste ciclabili e non tagliate l’erba nei prati, ma mettete i soldi sui servizi che mi sono necessari per avere una vita decente. Chi potrebbe sostenere il contrario?

Dall’altra parte, però, c’è una grande quantità di cittadini che non usufruisce del welfare, e che dice: io pago le tasse, allora cosa ricevo in cambio? Se tutto viene speso per assistere la fascia più debole della società, e se nel frattempo i trasporti non funzionano, le strade sono piene di buche, i giardini diventano savane e gli impianti sportivi sono a pezzi, chi me lo fa fare di vivere e pagare le tasse a Torino? Effettivamente nessuna città può sopravvivere se la parte economicamente produttiva si ferma e sparisce, anche per mancanza di infrastrutture fisiche, organizzative, culturali; l’assistenza tramite le tasse è possibile solo se c’è qualcosa in attivo da tassare.

Compenetrare queste due visioni è molto difficile, e, secondo me, non può nemmeno essere fatto arbitrariamente da chi amministra (anche se le priorità di Fassino, alla luce di quanto sopra, mi sembrano piuttosto discutibili). Dovrebbe essere la stessa cittadinanza a scegliere dove mettere i propri soldi, almeno a grandi linee. Di qui la proposta del bilancio partecipativo e la richiesta di maggiore trasparenza, tramite una mozione che chiedeva di pubblicare da subito almeno i dati di sintesi del bilancio. Mozione bocciata, anche se l’assessore Passoni ha dato disponibilità a discutere il tema.

Ma non è nelle corde di questa politica; chi vive nel sistema rappresentativo si sente autorizzato a spendere i soldi di tutti come se fossero propri. Ed è proprio da qui che nascono i guai.

[tags]torino, bilancio, fassino, politica, spese, comune[/tags]

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lunedì 18 Giugno 2012, 11:55

La giustizia a Torino e il Palazzo del Lavoro

Per chi, come noi, sostiene da tempo la lotta dei cittadini di via Ventimiglia e del comitato SalvaItalia61 contro la trasformazione del Palazzo del Lavoro in un centro commerciale (nel video vedete una nostra piccola manifestazione dello scorso dicembre e tutte le ragioni della protesta), venerdì è stata una grande giornata: una sentenza del TAR Piemonte ha completamente annullato le delibere di consiglio comunale che approvavano la variante al piano regolatore che permetteva il progetto, riazzerando tutto.

E’ meno bello, però, scoprire esattamente perché il TAR Piemonte ha considerato illegittimo il progetto. E’ perché si tratta di un monumento nazionale, opera del grande architetto Pier Luigi Nervi costruita per celebrare il centenario dell’Unità d’Italia, e come tale meritevole di rispetto e tutela e magari di un uso pubblico, per qualcuno dei tanti servizi utili al quartiere? No, assolutamente, anzi la vendita del palazzo dal Demanio e dal Comune ai nuovi proprietari – la società Pentagramma, ovvero Gefim, uno dei maggiori immobiliaristi privati torinesi, e Fintecna, impero delle partecipazioni statali – è stata considerata legittima.

E’ perché il terreno sotto il palazzo è inquinato? No, perchè è vero che il terreno è pieno di metalli pesanti e residui industriali pericolosi per la salute – si dice che nella prima metà del Novecento fosse usato come discarica per le lavorazioni del Lingotto – ma siccome il Comune ha modificato la destinazione del terreno in commerciale, e siccome i limiti di legge per l’inquinamento delle aree commerciali sono molto più alti di quelli per le aree verdi e residenziali, il terreno del palazzo non è legalmente inquinato; anche se lo stesso identico terreno un metro più in là, oltre la recinzione, dentro il parco di Italia ’61 e nel giardinetto dell’asilo nido Il Laghetto, è invece legalmente inquinato, dato che si applicano i limiti di legge più bassi; ma quelli sono terreni comunali e dunque la bonifica è a nostro carico.

E’ perché il nuovo insediamento attrarrà ulteriore traffico in una zona già completamente intasata, con code di chilometri alla Rotonda Maroncelli e su via Ventimiglia nelle ore di punta, danneggiando ulteriormente la salute dei residenti con l’inquinamento? No, anche se non ci sono i soldi per fare sistemazioni viabili più complesse di un paio di rotonde e corsie di uscita, quello non è un problema.

E’ perché un centro commerciale in quel palazzo ucciderebbe tutti i negozi del quartiere nel raggio di diversi isolati? Un po’ sì, ma per i piccoli negozi non si sarebbe certo scomodato il TAR.

Infatti, il motivo per cui il TAR Piemonte ha bloccato tutto è il ricorso della società 8 Gallery Immobiliare, che gestisce l’omonimo centro commerciale promosso dalla Fiat e poi rigirato nel vortice delle finanziarie immobiliari; ovviamente l’8 Gallery sarebbe danneggiata dalla concorrenza di un altro centro commerciale in zona, e dunque hanno fatto ricorso e hanno vinto.

Sicuramente, se quelli di 8 Gallery hanno vinto, avevano ragione; eppure il commento di corridoio più frequente è che “solo la Fiat poteva vincere un ricorso al TAR contro il Comune”. Già, perché i ricorsi al TAR Piemonte da parte di cittadini e comitati contro la cementificazione del territorio e la svendita dei beni comuni si sprecano; e però, tutti questi ricorsi sono generalmente respinti, e vince regolarmente il Comune. L’ultima è l’ordinanza, uscita anch’essa venerdì, con cui il TAR Piemonte boccia il ricorso del comitato referendario dell’acqua pubblica contro la svendita di GTT, Amiat e TRM, con la motivazione per cui i cittadini non avrebbero il diritto di contestare per vie legali il modo in cui il Comune vende la proprietà di tutti, anche nel caso in cui tale modo fosse eventualmente illegale o irregolare.

Sicuramente, se i cittadini hanno perso, avevano torto; eppure si nota come, quando i cittadini hanno la forza di appellarsi al Consiglio di Stato, lasciando Torino e andando a Roma, le cose non di rado cambiano. Per esempio, il ricorso contro la speculazione immobiliare sull’area ex Fiat Isvor di corso Dante, anch’essa in mano a Gefim, è stato bocciato a Torino, ma a Roma il Consiglio di Stato ha invece subito concesso una sospensiva (siamo in attesa della sentenza).

Non sfuggirà ai lettori attenti che pochi mesi fa il presidente del TAR Piemonte Franco Bianchi è stato indagato perché, secondo l’accusa, si sarebbe messo d’accordo col segretario generale del Comune di Torino nella gestione Chiamparino, Adolfo Repice: Bianchi avrebbe aggiustato le sentenze del TAR in favore della segreteria comunale, e Repice in cambio avrebbe provveduto a una raccomandazione per far entrare il figlio di Bianchi in Rai come regista televisivo. L’inchiesta è in corso, vedremo come finirà; nel frattempo Bianchi è andato a casa con una lauta pensione, a nostre spese (non si sa se suo figlio sia poi entrato in Rai, a nostre spese; Saccà nega).

E dunque non si può che concludere che a Torino, oltre a fare un bel repulisti della politica, sarebbe proprio il caso di buttare un occhio anche sulla magistratura.

[tags]magistratura, tar piemonte, 8 gallery, palazzo del lavoro, torino, cittadini, politica[/tags]

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venerdì 15 Giugno 2012, 12:07

L’insostenibile pesantezza dell’IMU

Se c’è una cosa che mi sorprende sempre di moltissimi italiani, è che più vengono maltrattati e più chinano la testa. Solo così si spiega il fatto che a fronte di un governo di gente scelta non dagli elettori ma dalle banche, che guadagna decine di migliaia di euro al mese (qualcuno sette milioni di euro l’anno), e che impone a tutti una tassa mostruosa come l’IMU, peraltro pasticciandola fino a renderla ingestibile, senza aver ancora nemmeno provveduto a tagliare gli stipendi dei parlamentari e dopo avere esentato dall’IMU stessa le suddette banche, la reazione degli italiani sia quella di mettersi ordinatamente in fila allo sportello per compilare un modulo astruso e versare allo Stato una mesata di stipendio o giù di lì come tassa sulla casa.

Intanto è bene chiarire una cosa: il Comune in questa vicenda è soprattutto un esattore per conto di Monti. L’IMU sulla prima casa resta al Comune, ma lo Stato ha contemporaneamente tagliato i fondi a ciascun Comune per l’equivalente dell’IMU sulla prima casa calcolata al 4 per mille; dunque in realtà al Comune resta solo la differenza, nel caso in cui applichi un’aliquota più alta. Sulle seconde case, invece, l’introito è diviso a metà tra Comune e Stato. Nel complesso, dunque, più di metà del gettito va nelle casse nazionali.

A fronte di una situazione del genere, un sindaco coscienzioso avrebbe dovuto fare una sola cosa: disobbedienza civile. Avrebbe dovuto dire: se volete aumentare le tasse agli italiani, andate avanti voi e non mandate avanti me. Avrebbe dovuto far notare che molte famiglie non sono assolutamente in grado di pagare alcune centinaia di euro sulla casa in cui vivono, e su cui spesso, con gran fatica, stanno ancora pagando il mutuo. Avrebbe dovuto farlo in pubblico, anche con gesti clamorosi. Ma non ora: avrebbe dovuto farlo mesi fa.

E infatti, il 19 aprile noi abbiamo presentato un ordine del giorno che chiedeva più o meno questo; e la maggioranza, dopo aver sforbiciato le parti più polemiche, ha pure approvato la versione rivista. Ma per scherzo, perché poi Fassino ovviamente non ha fatto nulla di tutto ciò.

Al contrario, vista anche la situazione disperata delle casse comunali, Fassino ha alzato le aliquote il più possibile. La proposta della giunta dice 5,75 per mille per la prima casa e 10,6 per mille – il massimo – per le altre, tutte, senza nemmeno più la distinzione tra sfitte e affittate, con pochissime riduzioni. E qui, in ottica di riduzione del danno, noi abbiamo presentato da settimane le nostre richieste; abbiamo chiesto un trattamento agevolato per chi sta ancora pagando un mutuo significativo, e poi per tutta una serie di situazioni che fino all’anno scorso sono (quasi tutte) sempre state equiparate alla prima casa e che oggi, grazie a Monti, non lo sono più, a partire dalle case date in uso gratuito come prima casa ai parenti fino al secondo grado, da quelle rimaste vuote degli anziani che sono in casa di riposo, e poi quelle acquistate tramite cooperativa, quelle occupate abusivamente da terzi, quelle date in uso all’ex coniuge dopo il divorzio (abbiamo anche chiesto che il governo si occupi di ripartire equamente le detrazioni tra gli ex coniugi). Abbiamo chiesto che tutte le pertinenze della prima casa usate direttamente (cantina, box ecc.) siano tassate alle aliquote della prima casa, mentre il regolamento della giunta prevede che solo una per tipo lo sia. Abbiamo poi chiesto che vengano corrette le rendite catastali, che spesso contengono errori macroscopici, come appartamenti identici dello stesso palazzo che risultano in zone diverse della città e con rendite molto diverse.

Di tutto questo, la questione degli anziani e quella dei divorziati è stata affrontata a livello nazionale, mentre a livello locale è stata accolta la questione delle cooperative e sarà concesso uno sconto dal 10,6 al 7,6 per mille alle case date ai parenti, ma solo per i parenti di primo grado (genitori e figli) e non quelli di secondo (fratelli, zii, nonni). Ci saranno agevolazioni per le case in affitto convenzionato. Tutti gli altri, probabilmente, pagheranno il massimo; noi possiamo anche proporre degli emendamenti, ma difficilmente passeranno.

L’effetto dell’IMU sarà pesante: un normale appartamento da 70 mq in periferia, anche con le detrazioni da prima casa, paga alcune centinaia di euro; se poi per caso se ne possiede un altro, magari comprato in tempi migliori o ereditato, solo per quello si arriva tranquillamente a un migliaio di euro o più. Ma forse non ve ne rendete conto; già, perché la prima rata è calcolata sulle aliquote base, mentre la vera mazzata arriverà a dicembre – un trucchetto deciso all’ultimo per rimandare la rivolta. Ma c’è di peggio: se in autunno i conti dello Stato e/o del Comune non torneranno, entrambi gli enti potranno ancora aumentare le aliquote…

Ora, capite che leggere sui giornali cittadini di questi ultimi due giorni la gara tra PD e PDL a chi contesta di più l’IMU fa davvero girare le scatole. Già, perché questi due partiti sono proprio quelli che reggono il governo Monti che l’ha decisa, nonché quelli che hanno retto l’Italia portandola nella situazione in cui sta. I giornali, invece di partecipare a questo teatrino, dovrebbero scandalizzarsi per la lunga lista di poteri più o meno forti che non la pagheranno, grazie agli aggiustamenti approvati in Parlamento da questi partiti.

Del resto, durante la prima riunione di commissione sul tema ormai molte settimane fa, quando ancora non era stato deciso a livello nazionale, qual era la prima richiesta di agevolazione menzionata da entrambi questi partiti? I grandi costruttori edili con tante case invendute. Alla faccia dell’italiano medio.

[tags]imu, tasse, monti, fassino, torino, casa, governo[/tags]

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mercoledì 6 Giugno 2012, 16:49

Fassino e le bici

Domenica scorsa io, Chiara e moltissimi attivisti del Movimento torinese abbiamo partecipato al Bike Pride, insieme a migliaia di persone; un mare di biciclette che ha invaso la città, accolto generalmente – a parte l’inevitabile manipolo di automobilisti frustrati – con grande festa da tutti i passanti. Nessuno si aspettava davvero una partecipazione del genere; alcuni giornali hanno parlato persino di ventimila biciclette.

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E’ da quando siamo entrati in Comune, e ormai è un anno, che lavoriamo sulla mobilità ciclabile. O meglio, ci proviamo; perché è un anno che a tutte le proposte, richieste e segnalazioni viene risposto che “bisogna aspettare il bici plan”. Il bici plan sarebbe un allegato al piano della mobilità del Comune, il cosiddetto PUMS, che fu approvato nel febbraio 2011 (più di un anno fa, c’era ancora Chiamparino). L’allegato dovrebbe indicare quali sono le piste ciclabili e le altre infrastrutture per ciclisti che la Città intende realizzare nei prossimi anni.

Ora, già non si capisce, se davvero la ciclabilità è importante, perché non abbiano semplicemente inserito il piano ciclabile dentro il PUMS, insieme alle nuove strade e ai progetti per i mezzi pubblici; dubbio che si aggiunge a quello sull’ostinazione con cui le biciclette sono ancora in buona parte assegnate alla categoria “Ambiente” anziché alla categoria “Trasporti”. Comunque, questo “bici plan” è diventato un vero Santo Graal della nostra attività amministrativa; è passato un anno e ancora non ne abbiamo visto nemmeno una bozza, e nel frattempo le proposte in materia – ad esempio una nostra mozione presentata a dicembre che propone una serie di criteri di banale buon senso, come non far finire le piste nel nulla e non piazzarci in mezzo dei gradini, cose che pure a Torino accadono ordinariamente – vengono tranquillamente insabbiate.

L’amministrazione si è però svegliata dal torpore proprio giovedì scorso – combinazione, tre giorni prima del Bike Pride – quando è stata convocata una commissione in cui gli assessori Lubatti e Lavolta ci hanno presentato… il bici plan? No, quello ancora non c’è, però è stata presentata la presentazione del bici plan, così almeno sappiamo più o meno cosa ci sarà dentro. La presentazione è interessante, però alla fine non dice nulla di trascendentale: qui bisogna soprattutto decidere dove e come fare le piste, e metterci sopra dei soldi. Ma quello sta nel bici plan, che arriverà, si spera, dopo l’estate.

La mattina dopo, La Stampa ha riportato la discussione con un titolo a caratteri cubitali: “Mai più dehors sulle piste ciclabili” – virgolettato, ovvero presentato come dichiarazione degli assessori. Bello! Peccato che proprio quella mattina fossimo in commissione a discutere il nuovo regolamento per l’occupazione del suolo pubblico, e di tale previsione non ci fosse la minima traccia; anzi, ho alzato la mano, ho chiesto agli uffici dell’assessore competente (che non è né Lavolta né Lubatti, ma Curti) e si son quasi messi a ridere, ricordando che i dehors contestati (via Verdi) sono stati autorizzati prima di costruire le piste ciclabili e che comunque non c’è nessuna regola che affronti il problema.

A questo punto ovviamente ho scritto io un emendamento al regolamento in questione, che vieta esplicitamente di concedere dehors, chioschi, installazioni pubblicitarie e simili sulle piste ciclabili e sulle aree dove devono essere costruite; vedremo lunedì prossimo se verrà approvato. Nel frattempo, però, spero che sulle biciclette Fassino si possa dare una mossa; farò sinceramente i complimenti agli assessori se riusciranno a smuoverlo, visto che questa è pur sempre la città dell’auto e che secondo il giornale cittadino, rubrica Specchio dei Tempi, il vero problema di Torino sono i ciclisti.

Per ora, l’unico approccio del sindaco con le bici è quello contenuto nel video che vedete, nel quale non solo vengono commesse infrazioni varie (in bici sotto i portici?), ma si vede il panico di Fassino che interrompe a metà i discorsi per dire “piano, che c’è lo scalino” e, a ben tre isolati dalla partenza, “possiamo andare di là e rientrare in Comune”.

[tags]bici, mobilità, ciclisti, torino, bike pride[/tags]

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giovedì 31 Maggio 2012, 09:14

Lo stadio Filadelfia, gli asili e La Stampa

La prima volta che, molti anni fa, entrai in Municipio da cittadino per ascoltare una commissione consiliare, fu per la vicenda dello stadio Filadelfia, una storia che si trascina da vent’anni tra manifestazioni di decine di migliaia di persone, raccolte di firme, progetti spontanei, collette tra i tifosi, folle sotto il Comune per il minimo incontro tecnico; per non parlare di un paio di sabati (ma c’è chi lo fa ogni settimana da anni) passati a ripulire l’area dalle erbacce o a togliere con un cucchiaio dal terreno di gioco i cocci lasciati dalla festa del quattro maggio, insieme a personaggi come la leggendaria Lorena, una ragazza di Santiago del Cile che venne fino a Torino per aiutare il Fila. Insomma, una lotta autenticamente popolare contro tutti i poteri forti della città, che, se fosse per loro, avrebbero già provveduto, tra uno spintone e l’altro, a realizzare sull’area il famoso “giardinetto della memoria”, ovviamente stretto tra due palazzine dei Recchi (amici degli Agnelli) e una galleria commerciale realizzata dalla DeGa (già parenti di Castellani).

Per questo mi sono profondamente incazzato quando persone intelligenti ma disinformate si sono messe con grande superficialità a criticare lo “stanziamento” di fondi per il Filadelfia a fronte della privatizzazione degli asili, cadendo nella manipolazione de La Stampa – ribadita ieri con l’ennesima letterina pelosa pubblicata da Specchio dei Tempi, la rubrica che dà voce ai cittadini che danno voce alla Fiat, a partire da due o tre lettere a settimana contro i ciclisti, che come tutti sappiamo sono il vero problema di Torino – a cui non è parso vero di poter accostare ad arte le due notizie. Dunque mi pare opportuno raccontare alcune cose.

Intanto, parliamo di un impianto che si chiamerà “stadio” in onore alla memoria storica, ma la cui parte sportiva è costituita in realtà da un campo per gli allenamenti e per le giovanili con alcune migliaia di posti; certo non un terzo stadio in alternativa all’Olimpico e allo stadio Juventus. Ad esso si aggiungeranno però l’accoglienza per i giovani che vengono a studiare calcio in città, il museo del Toro attualmente esiliato a Grugliasco (e pure lì fa più visitatori di vari musei comunali), gli spazi sociali e i locali pubblici per i tifosi e per il quartiere.

Non si tratta dunque di un progetto commerciale come quello dello stadio Juventus (con tanto di ipermercato interno) che pure la Città ha finanziato in maniera ben più ingente tramite agevolazioni sul terreno e sulle licenze, ma di un bene pubblico, di proprietà di una fondazione di cui il Torino sarà solo un affittuario; un progetto voluto proprio dal quartiere, che ha addirittura inserito “Filadelfia” nel proprio nome ufficiale, e che ha la necessità di riqualificare un’area degradata. Non si tratta di un’opera olimpica con una vita di due settimane, che pure abbiamo finanziato con centinaia di milioni di euro, ma di un impianto capace di mantenersi economicamente da solo e di diventare un punto di riferimento per la città.

Quanto ai fondi, a fronte dei 3,5 milioni di euro che il Comune ora dovrà mettere, esso ha ricevuto negli anni quasi sette milioni di euro grazie alle speculazioni edilizie rese possibili dalle cubature generate dall’area dello stadio. E’ vero che 4,3 milioni in realtà sono stati persi; si tratta dei soldi che Cimminelli, il fornitore Fiat vecchio proprietario del Toro, aveva dato in garanzia per la ricostruzione del Filadelfia, e che il Comune avrebbe potuto incassare al suo fallimento. Purtroppo, quando il Comune ha rinegoziato gli accordi con chi ha rilevato il fallimento, ha commesso in maniera del tutto involontaria uno spiacevole errore di stesura del testo, il che ha permesso a chi ha rilevato il fallimento di andare in causa col Comune presso il Tribunale di Torino e vincerla, ottenendo di non dover più pagare questi 4,3 milioni. Ah, vi ho detto che chi ha rilevato il fallimento è la Fiat? Del resto non l’ha detto nemmeno La Stampa.

Comunque, il Comune ha potuto incassare 2,2 milioni di euro di oneri di urbanizzazione dal supermercato Bennet di via Taggia e dalle palazzine costruite grazie alle cubature dell’area, a cui vanno aggiunti 170.000 euro di fondi raccolti quasi vent’anni fa, con una colletta tra i tifosi, dal progetto diretto dall’ex sindaco Novelli (erano molti di più – si dice che solo il Comune mise 600 milioni di lire – ma a quanto pare Novelli ha investito i soldi in titoli che sono andati malissimo, per cui 170.000 euro è tutto ciò che è rimasto). Insomma, il Comune reinveste nell’opera ciò che ha incassato dai privati, che, come sempre in Italia, hanno concluso e guadagnato sulla parte privata dell’operazione da molti anni, mentre le opere pubbliche di compensazione urbanistica, in questo caso il centro sportivo, sono ancora da fare. Inoltre, il resto del costo sarà probabilmente coperto dal Credito Sportivo.

Va inoltre detto che, anche se si fosse deciso di destinare questi fondi ad altro scopo (ammesso che sia legale, dato che gli oneri di urbanizzazione sono destinati ad opere pubbliche di utilità urbana e non per altro), non li si sarebbe potuti usare per gli asili, che sono stati privatizzati non per mancanza di fondi, ma perché, dato che Fassino è uscito dal patto di stabilità, il Comune ha il divieto di assumere o comunque ingaggiare i precari che li tenevano aperti, anche avendo i soldi necessari. Inoltre, gli stipendi delle maestre sono spesa corrente e non possono essere pagati con soldi destinati agli investimenti.

Mi spiace dunque che tante persone si siano fatte prendere dalla disinformazione e dalla manipolazione mediatica riguardo a un progetto portato avanti dal basso, da tante persone, con tanti sacrifici per vent’anni. Purtroppo esiste, specie nella “sinistra bene”, un pregiudizio contro lo sport, il calcio in particolare, visto come attività riservata a maschi trogloditi dal congiuntivo debole. Basterebbe frequentare un po’ gli ambienti legati al Filadelfia per capire che non è così; e poi, va detto che in democrazia ogni cittadino ha il diritto di vedere realizzate le opere pubbliche che ritiene più opportune, e a giudicare dalla partecipazione i torinesi interessati al Filadelfia sono almeno pari, se non di più, a quelli interessati al fatto che gli asili siano gestiti da personale comunale anziché da personale delle cooperative.

Alla fin fine, sarebbe il caso di non cadere in queste guerre tra poveri, quando sarebbe possibile mandare avanti tutti i progetti in parallelo, se solo non avessimo avuto una classe politica che ha spolpato le casse pubbliche fino all’osso e che ora si diverte a giocare con l’informazione per metterci gli uni contro gli altri.

[tags]torino, toro, filadelfia, stadi, la stampa, asili, fiat[/tags]

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sabato 5 Maggio 2012, 21:53

In campagna con Beppe

La mia campagna elettorale con Beppe Grillo è iniziata un po’ per caso. Beppe ha scelto il Piemonte per concludere il giro di quest’anno, e già prima che arrivasse, insieme al gruppo regionale, ci eravamo detti che sarebbe stato bello che i consiglieri, purché liberi dagli impegni istituzionali, andassero a seguire le varie tappe e fossero pronti a dire qualcosa in caso di necessità, per dare una mano alle liste raccontando un’esperienza diretta nelle istituzioni, ed essendo pronti a riempire qualche buco o ritardo del programma.

La prima tappa del tour piemontese, La Loggia, è stata aggiunta all’ultimissimo momento; Beppe il primo maggio aveva già un programma tremendo – partenza da Caltagirone in Sicilia, due ore di auto, aereo, camper e tre comizi, a partire da Caselle – ma come sempre è stato disponibilissimo e visto che gli avanzava un’ora ha aggiunto anche la quarta. I ragazzi di La Loggia mi avevano già contattato chiedendomi di dire qualcosa, e così mi sono trovato ad intrattenere la folla mentre Beppe si preparava e scendeva dal camper. Nonostante l’acqua, l’adunata è ben riuscita e ci ha regalato anche questa foto che abbiamo tutti molto gradito.

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A quel punto, io e Davide Bono siamo stati direttamente precettati e invitati a salire sul palco di tutte le date successive, compatibilmente con i nostri impegni. E quindi mi sono ritrovato a ripetere il mio raccontino, affinato man mano, in giro per il Piemonte – e a vivere in prima persona questo scorcio di campagna elettorale.

La cosa che più si nota è che una campagna di questo tipo è faticosissima: già dal pomeriggio si passa il tempo alternando un’ora di palco con un’ora o più di guida per spostarsi, con l’incubo di come parcheggiare arrivando a pochi minuti dall’inizio in una zona già completamente bloccata da auto e persone in attesa, per finire con una cena in piena notte, andando a dormire regolarmente tra l’una e le tre, per ripartire la mattina dopo (in Municipio alle nove). Io dopo quattro giorni facevo fatica a stare in piedi – e parlavo un paio di minuti per volta – e dunque mi chiedo come possa Beppe resistere a un mese di questa vita, parlando ogni volta per quasi un’ora, e magari improvvisando anche una canzone: incredibile.

Allo stesso tempo, però, è un’esperienza bellissima: conosci e fai amicizia con tutti gli attivisti delle varie città, scopri nuove cose del tuo territorio, parli con un sacco di gente che ti dice di tutto e di più – c’è chi vuole l’autografo di Beppe, chi vuole presentargli un’invenzione o un progetto, e chi ha idee politiche un po’ strane da sostenere, come il tizio che a Caselle mi ha gridato che Beppe deve fare una marcia su Roma; quando ho risposto che noi invece vorremmo cambiare l’Italia col voto, il tizio mi ha risposto che il voto però non ce lo poteva dare, perché aveva un cugino candidato in un partito.

Il giro tra Santena, Rosta e Grugliasco è stato complicato dalla manifestazione dei mercatali, che ha bloccato la tangenziale e intasato tutte le strade attorno a Torino; infilandomi per strade secondarie sono riuscito a muovermi, ma siamo arrivati alla fine con congruo ritardo. Per fortuna a Grugliasco c’era Chiara che ha coperto il ritardo con grande successo, replicato poi con un altro intervento ad Acqui Terme.

Alla fine dei quattro giorni ci siamo ritrovati ad Alessandria; e mentre l’evento finiva – queste scelte vengono fatte all’ultimo sul palco, mentre già intervengono i candidati della lista locale, in base ai tempi e alle reazioni della piazza – Beppe ha deciso che dovevamo parlare io, Davide e Mattia Calise. La piazza era piena zeppa di migliaia di persone, e un po’ di emozione te la danno sempre, ma dopo un po’ di serate diventa più facile ripetere il proprio racconto senza impappinarsi…

Dopo una pizzeria finale per festeggiare (con Beppe c’era anche Piero Ricca) il camper è partito alla volta di Genova, e noi siamo tornati a Torino… per fortuna l’ultimo giorno non guidavo io, così sono crollato a dormire. Esperienze come queste sono un piacere e un privilegio; tutto il Movimento ci ha messo il cuore in queste settimane, e senz’altro lunedì ne vedremo i risultati.

[tags]movimento 5 stelle, beppe grillo[/tags]

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giovedì 3 Maggio 2012, 15:31

Un Primo Maggio movimentato

La primavera, si sa, rende l’aria frizzante e risveglia gli animi: così si può spiegare il movimentato Primo Maggio di Torino. Molto è stato scritto in questi giorni sulle contestazioni a Fassino e sugli scontri davanti al Municipio, che avevamo già commentato; io vorrei farvi vedere un paio di video, in modo che possiate rendervi conto direttamente delle cose; viste di persona o comunque in immagini sono tutt’altra cosa, rispetto ai racconti edulcorati e manipolati dei media.

Del primo video impressiona lo smarrimento delle autorità di ogni livello e colore, di Fassino, di Saitta, di Leo, di Chiamparino, murati tra file di poliziotti a perdita d’occhio, in strada con l’aria di non riuscire proprio a capire, a spiegarsi perché improvvisamente la gente li fischi e li attenda per strada per insultarli. Chiamparino risponde con classico disprezzo, di un contestatore dice “di sicuro ha passato tutta la vita in funivia”, senza rendersi conto che è proprio così, che ormai è la stessa buona classe media torinese che fino a ieri li adorava a contestarli, e che proprio questa è la sua condanna. Fassino sembra ancora nella fase della negazione, più tardi dirà che i contestatori sono il solito gruppetto di estremisti e di autonomi – e invece no, è la gente comune, persino quella di età non più verdissima che costituisce la base del corteo del primo maggio, ormai ridotto a rito di una società quasi estinta.

E poi, impressiona la scena del servizio d’ordine del PD, tutto tecnico e organizzato con le pettorine rosse marchiate, che si mette a spintonare una persona che riprende – in mezzo a piazza Castello in un corteo per una festa nazionale, un’occasione che più pubblica non si può – e gli mette le mani sulla telecamera, finché non arriva il consigliere Paolino (che ringrazio) a calmarli e portarli via. Loro, dicono, erano nervosi perché la gente li prendeva a male parole, qualcuno anche a sputi: ma non è un buon motivo per prendersela con chi documenta, anche perché il risultato è che sempre più gente si mette a gridare “siete peggio della polizia” e “fuori il PD dal corteo”.

Di questo secondo video impressiona l’aggressività della polizia: celerini fuori controllo che insultano e inseguono le persone che avevano provato ad avvicinarsi a Fassino. Si sentono chiaramente gli ufficiali cercare di fermarli con ogni mezzo, compresa una bestemmia. Questo è il clima nelle nostre strade, e probabilmente la polizia è rabbiosa anche per trovarcisi in mezzo, per doverne subire le conseguenze in prima persona; finché anche i poliziotti non si stuferanno e si rifiuteranno di scortare i politici.

[tags]primo maggio, politica, torino, pd, fassino, chiamparino[/tags]

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domenica 22 Aprile 2012, 10:56

Televisione e Movimento

La mia seconda apparizione televisiva nazionale in un giorno e mezzo è andata in onda ieri mattina, sempre su La7 (anche se gli inviti erano indipendenti e separati). A Omnibus, trasmissione di approfondimento del mattino condotta da Andrea Pancani, il trattamento è stato molto diverso dalla serata a Piazzapulita: invece di cinquanta secondi, ho potuto parlare per venticinque minuti, su un totale di due ore di trasmissione.

Ero l’unico “politico” partecipante (niente commistioni con i partiti) e mi sono trovato di fronte a un gruppetto di esperti e giornalisti; un paio chiaramente ostili, che hanno provato a mettermi in difficoltà accusandoci di antipolitica, inconsistenza e così via, e un paio piuttosto amichevoli, che invece hanno apprezzato e difeso le cose che dicevo.

Mi è sembrata tutto sommato una trattazione onesta, con il giusto grado di aggressività (non si può certo pretendere di sentirsi dare sempre ragione) ma anche con ampio spazio per intervenire. E credo di aver fatto fare bella figura al Movimento, a giudicare dai commenti ricevuti da voi e anche dal conduttore.

(A Piazzapulita, dopo il post di venerdì, non penso invece che avrò altre chance, anche se in proposito vorrei chiarire che non li ho tacciati né di censura né di scarsa professionalità, se mai del contrario: di avere in mente un format talmente spettacolarizzato che tutto deve essere pianificato in anticipo.)

All’ora di pranzo, poi, è uscito Beppe: da una parte ha messo in home page il mio post e il mio video di Piazzapulita, dall’altra ha fatto un post principale in cui attacca le televisioni e chi ci si va a sedere. L’analisi di Beppe è nota ed assolutamente corretta, riprende quello che io avevo già descritto nel post. Tuttavia, io non sono così radicale nella conclusione, e penso che sia sbagliato rifiutare la televisione sempre e comunque; la domanda che ci si deve porre è se la partecipazione televisiva possa avvantaggiare o danneggiare il Movimento.

Nel mio caso, da Piazzapulita saremmo usciti meglio o peggio se la trasmissione fosse stata identica ma senza i tre minuti miei e di Federica Salsi? Secondo me ne saremmo usciti peggio; e fa bene al Movimento far vedere che c’è altro insieme a Grillo, e che il voto serve a mettere nelle istituzioni persone capaci e convincenti e non dei bambini che dipendono dagli slogan del guru.

Il problema nasce tuttavia se singoli consiglieri finiscono per diventare ospiti fissi, due volte al mese in mezzo ai politici, o peggio ancora se cominciano a darsi da fare per apparire; o se in televisione ci vanno persone che magari si sentono dei grandi comunicatori, ma che poi, di fronte al marchingegno, fanno oggettivamente delle figuracce. Le eventuali apparizioni di movimentisti devono essere poche e incisive, lasciando il segno e la voglia di saperne di più, in modo da invogliare il passaggio a Internet o al contatto diretto.

Finora non c’è stata alcuna strategia mediatica “del Movimento”; sia Grillo che ogni singolo consigliere fanno le proprie uscite e pianificano le proprie apparizioni senza parlarsi. Questo è sbagliato, ed è necessario concordare un piano d’azione intelligente, che preveda da una parte un briciolo di fiducia in più nei nostri “ragazzi”, e dall’altra un freno consapevole alle vanità e alle ingenuità dei singoli. L’importante è che venga fatto in maniera coordinata e condivisa tra tutti e che non succeda, come adesso, che ognuno decida per sé se accettare e cosa dire, e che alcune persone rischino di finire troppo spesso sui video nazionali a farsi omologare.

[tags]movimento 5 stelle, beppe grillo, televisione, la7, omnibus, piazzapulita[/tags]

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venerdì 20 Aprile 2012, 14:11

La TV nazionale è finta

Molti di voi avranno avuto modo di vedere ieri sera l’apparizione mia e di Federica Salsi a Piazzapulita, la trasmissione di approfondimento politico di La7. Era la mia prima partecipazione a una trasmissione nazionale di questo tipo; di solito invitano Favia, che in TV va volentieri ed è molto bravo, ma lui non può essere ovunque e allora cominciano a invitare anche gli altri; d’improvviso si sono accorti di noi, o, se volete essere malpensanti, hanno deciso che (vedi Gandhi) né ignorarci né deriderci funziona, e dunque ora ci invitano per combatterci.

Per questo sono stato molto in dubbio se accettare, memore anche dei consigli di Beppe: attenzione alle trasmissioni televisive nazionali, sono tutte manipolate in partenza. Alla fine, parlandone con Chiara e altri colleghi, abbiamo deciso di accettare, anche per capire, per fare esperienza. Sapevamo che avrei dovuto fare un viaggio a Roma per avere al massimo un minuto scarso: nel video vedete come l’ho usato.

A giudicare dai vostri commenti, l’intervento è piaciuto ed è stato efficace, e in effetti ha cambiato per un po’ il tono della trasmissione, costringendo persino il tremendo Luttwak – uno che aveva esordito dicendo che i populisti come Grillo vanno ignorati e che l’Italia poteva rilanciarsi costruendo nuove autostrade – a dire che tutto sommato le cose che proponiamo hanno un loro senso. Ma quello che volevo raccontarvi, invece, è il dietro le quinte: è che Beppe come al solito ha ragione, e i contenuti di queste trasmissioni sono studiati e premeditati in partenza.

Infatti, quando due giorni prima mi ha chiamato una gentilissima giornalista della redazione per discutere la partecipazione, mi ha chiesto: che cosa pensi del governo Monti? Ok, ho pensato, è una prova per vedere se so parlare; e ho improvvisato un paio di minuti di discorso. Dopo un po’ mi richiama e mi fa: e di Civati, cosa pensi? Spiego che Civati potrà anche essere una brava persona ma vive da quindici anni a spese nostre (consigliere comunale, provinciale e regionale), guadagna i suoi 10.000 euro al mese ed è immerso nel sistema fino al collo; la risposta è “ok va bene, temevo che foste della stessa idea e allora era un problema”. Perché un problema? Perché se non si discute la trasmissione si ammoscia.

Alla fine mi dicono che va bene, sono piaciuto; hanno anche visionato i miei video su Youtube. Chiama un signore della produzione per organizzare il viaggio; mi pagano il treno per venire e pure la macchina con autista per portarmi agli studi, che sono in un posto impossibile in mezzo ai colli a quindici chilometri dal centro (chiunque sia stato responsabile della pianificazione urbanistica di Roma negli ultimi cinquant’anni andrebbe fustigato sulla pubblica piazza).

Negli studi ci piazzano in attesa in una inquietante sala di proiezione con Mentana sul maxischermo, poi ci portano in un camerino dove lasciamo la nostra roba. In studio ci hanno riservato i nostri posti fintamente in mezzo al pubblico, nel senso che sono attentamente scelti per via di luci, telecamere e così via. Potremmo stare ovunque, ma siamo in mezzo al pubblico, perché? Perché così veniamo messi automaticamente in posizione inferiore rispetto agli altri ospiti. Addirittura avevano chiesto la partecipazione di alcuni movimentisti romani “con le magliette di Grillo” per fare folklore… ma poi hanno scartato l’idea e li hanno fatti venire per niente.

Ci sediamo, non siamo nemmeno microfonati. In studio è il caos finché non arriva l’assistente, un tizio che ha il compito di istruire il pubblico: vietato applaudire o commentare ciò che dicono gli ospiti, togliete dalla prima fila le borsette, non masticate, spegnete i cellulari.

Da noi poi arriva la giornalista e ci rifà le domande, stavolta suggerendo anche le risposte: a Federica dice che lei dovrebbe attaccare Civati per introdurre il tema dei finanziamenti ai partiti, al che giustamente Federica risponde che ad attaccare Civati di punto in bianco faremmo soltanto la figura dei provocatori. A me ripete: cosa pensate di Monti? Io ridico qualche parola, lei mi interrompe e dice “a me era piaciuto quando al telefono mi avevi detto che Monti sa solo spremere gli italiani con le tasse… spremere gli italiani, capito?”. Ok, ho capito: sarebbe bello che dicessi “spremere gli italiani”.

Comincia la trasmissione, iniziano a parlare gli ospiti. Dicono una stupidaggine dopo l’altra, la più grossa è quella dell’on. Della Vedova (uno che non so nemmeno più di che partito sia, vista la velocità con cui li cambia) che dice che lui è da vent’anni che combatte i finanziamenti pubblici ai partiti; peccato che siano anche vent’anni che sta in partiti che li incassano allegramente. E’ talmente grossa che durante la pausa successiva arriva da noi una ragazza dal pubblico e dice “per favore, se parlate ditegli qualcosa”!

Fanno sentire frasi di Grillo in diretta da Monza e poi ripetono all’infinito l’associazione col concetto che vogliono trasmettere: “Grillo populista, Grillo populista, Grillo populista… ci dica Luttwak, cosa pensa del populismo di Grillo?”. Più tardi: “Grillo leghista, Grillo leghista, Grillo leghista… esperto di sondaggi, da chi prende i voti Grillo?” L’esperto mostra un fantastico sondaggio secondo cui tantissimi elettori di IDV e della Lega starebbero passando al M5S, ma a quasi nessun elettore piddino verrebbe mai tale infausta idea. Ma che caso!

Alla fine è il nostro momento: arriva Formigli e chiede a Federica cosa pensi di Civati, e perché Grillo non venga mai in studio a rispondere alle domande. Sono domande in cui puoi solo perdere, perché se attacchi Civati fai la figura dell’invasato (e non a caso sopra compare un titoletto “Grillo contro tutti”) e se non lo attacchi gli dai ragione. Federica comunque è brava, spiega che Beppe è solo un megafono, parla di come lavoriamo. Poi tocca a me, arriva la domanda precotta: “cosa pensi di Monti, ma voi volete il fallimento?”. E io – oltre che ovviamente un po’ teso – sono incazzato, molto incazzato per tutto questo, talmente incazzato che mi alzo, mi danno il microfono e mi tremano le mani.

E sono i miei cinquanta secondi che vedete nel video, e mi esce non solo quello che ho pensato di dire, cercando di essere efficace, ma tutta l’incazzatura, fin che ho fiato per gridare. Alla fine va benissimo: viene giù lo studio dagli applausi, nonostante il teorico divieto, perché ho detto quello che pensavano tutti e tutti volevano sentir dire da un’ora.

Il conduttore mi dice di tenere il microfono, si allontana; poco dopo, non inquadrato, mi fa segno di restare in piedi. Sembra proprio che mi voglia far parlare ancora, dice agli ospiti di farmi una domanda. Io mi preparo, spero di poter fare qualche proposta concreta per recuperare soldi, il taglio alle spese militari, il Tav, i costi della politica.

E poi, però, la trasmissione prende altre strade, e dopo qualche minuto esce da un angolo l’assistente e mi fa cenno di sedere. Fanno parlare per dieci minuti la ex fidanzata del Trota (chissà se l’hanno pagata), evidentemente è più importante che sentire cosa ha da dire il Movimento 5 Stelle, fatto salvo far ripetere a Civati più volte che ci rifiutiamo di interloquire. Il resto è onestamente noioso, non so come facciate voi a guardare questi programmi, io non li guardo più da anni. Alla fine quasi ci addormentiamo, il pubblico brontola e vuol solo andare a casa.

Finito lo spettacolo, saluto Formigli e gli dico: “questa volta bene, ma la prossima volta vogliamo uno di noi lì”, indicando le poltrone degli ospiti. Lui abbozza, non so se potrà mai accadere. Usciamo con Gomez, persona che stimo moltissimo, che non ha ben capito cosa gli ha detto Beppe su “non si capisce chi sia il direttore del Fatto” (glielo spiego: vuol dire che al Fatto ci sono persone come lui che ci difendono, ma anche persone che appena possibile ci attaccano in modo strumentale).

Partiamo all’una di notte per un triste e consunto albergone della periferia romana, salvo sosta in un pub per poter mangiare qualcosa. Dormo cinque ore, sveglia alle sette, corsa a Fiumicino nel traffico impazzito, aereo, corsa in ufficio, per poter partecipare alla prima commissione della giornata – perché va bene promuovere il Movimento, ma mi avete eletto per lavorare in Comune e non per andare in televisione.

Stasera organizziamo un incontro sulle privatizzazioni, ma domani mattina sarò ancora in TV, dalle 7:50 alle 9:45 sempre su La7 a Omnibus, dove credo che ci sarà più spazio per parlare di quello che vogliamo fare. Ma ve lo saprò dire solo dopo aver partecipato.

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venerdì 13 Aprile 2012, 11:58

Benvenuti a Torino

Sono passati quasi due mesi da quando ho avuto l’opportunità, grazie a un sopralluogo ufficiale, di visitare dall’interno la baraccopoli di Lungo Stura Lazio; una questione su cui continuamente vengono detti fiumi di parole, ma che quasi nessuno conosce veramente.

Sulle sponde della Stura, col passare del tempo, si sono accampati i più disperati della città; in parte sono rom, prevalentemente fuggiti dalla Romania ma anche nostrani, in parte sono immigrati, generalmente romeni anch’essi ma non solo. Centinaia di persone, compresi i bambini, vivono (non per scelta) in condizioni igieniche da terzo mondo che tutti fanno finta di non vedere, o di vedere soltanto per dire “non dovrebbe essere così”.

Il problema è appunto quale possa essere l’alternativa. Torino infatti è una città che da molti anni si occupa anche dei nomadi, spendendo centinaia di migliaia di euro ogni anno, dai tirocini agli abbonamenti GTT passando appunto per la pulizia dei campi. Certo, in una commissione consiliare l’unico rom partecipante, la combattiva signora Vuletic dell’associazione Idea Rom, si è lamentata molto chiaramente proprio di questo: vengono spesi moltissimi soldi per i rom, ma ben pochi arrivano ai rom. La maggior parte si ferma nelle mani di intermediari vari, soprattutto associazioni senz’altro benemerite, ma anche ben agganciate politicamente. I lavori sovvenzionati con questi fondi non vengono dunque fatti svolgere ai rom, che potrebbero così cominciare ad integrarsi e a vivere del proprio lavoro; e questo già cambierebbe un po’ le cose.

Anche in Lungo Stura Lazio è andata così: inizialmente ci si è limitati ai divieti, poi, di fronte al degrado, sono stati dati circa 100.000 euro a un’associazione per fare un po’ di pulizia, dato che Amiat si rifiuta di farla poiché nessuno la paga; non vuole nemmeno mettere un numero adeguato di cassonetti sul Lungo Stura, per cui anche quegli utenti del campo che vogliono smaltire correttamente l’immondizia non possono farlo. Il problema è che l’associazione in questione è Terra del Fuoco, creatura del capogruppo e segretario provinciale di SEL Michele Curto, per cui la spesa ha subito scatenato la polemica politica.

D’altra parte, se si lascia tutto così la città si lamenta, se si spendono soldi per fare qualcosa la città si lamenta; molti parlano di sgomberi senza rendersi conto che anche lo sgombero costa e che si limita a spostare il problema pochi metri più in là, anche perché, non trattandosi di extracomunitari, non si potrebbe comunque espellerli. Ma non si può nemmeno scaricare il problema su chi abita lì vicino e che si trova davanti a ogni genere di problema di convivenza, a partire dal fumo nero e tossico che spesso sale dai roghi accesi nel campo.

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Dunque, che fare? La verità è che non lo sa nessuno. Nel frattempo, molti ci marciano sopra, economicamente e politicamente, pro o contro cambia poco; mentre i più poveri dei poveri, come sempre è stato, si arrabattano da soli come possono dentro le loro baracche, cercando un modo – legale o illegale che sia – di potersi permettere condizioni migliori di vita.

[tags]nomadi, rom, torino, lungo stura lazio, baracche, povertà[/tags]

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