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giovedì 3 Febbraio 2011, 17:02

Ricordando il Cairo

Chi segue questo blog da lungo tempo ricorderà che sono stato due volte al Cairo, nel 2008; la seconda per uno dei ciclici meeting di ICANN, mentre la prima, più avventurosa, come unico italiano del gruppo e poi da solo, invitato dalla signora Mubarak a parlare di Internet e bambini. Ho girato mezzo mondo, ma di nessun altro posto ho portato via con me una così grande sensazione di inconoscibilità; una sensazione contemporanea di attrazione e di respingimento, di grande ricchezza e di totale barbarie, di civiltà raffinata e di caos cattivo.

Nel giro di due giorni ero passato da un modernissimo villaggio tecnologico pieno di palazzi di vetro, aiuole, palme e connessioni in fibra (c’è ancora ma è ora presidiato dai carri armati) a una passeggiata a piedi per il centro città (comprese le parti non turistiche) che resta una delle esperienze più memorabili della mia vita, insieme spaventosa e meravigliosa. La volta dopo, mi ero goduto un tour notturno (traffico compreso), una festa con espatriati e il giro tra Museo Egizio e centro commerciale; e altre cose che non avevo raccontato, per esempio un party davanti alle piramidi in cui ci ammannirono lo “spettacolo di luci e suoni” (dei laser verdi che disegnano forme sulle pietre, accompagnati da un pessimo impianto audio sparato al massimo) e l’applauso maggiore venne quando saltò di botto la corrente e dovettero spegnerlo.

Le contraddizioni di un posto del genere sono un paio di ordini di grandezza superiori alle nostre, e per questo non mi stupisce quel che sta succedendo. Ora pare che sia in corso una controrivoluzione, che bande di soldati in borghese abbiano circondato i manifestanti in piazza Tahrir (tra l’altro “piazza” è un concetto che mal si adatta a quel posto, direi piuttosto “una spianata occupata da numerosi incroci e svincoli autostradali”) e che li stiano massacrando. Detto che le dinamiche internazionali della situazione ancora mi sfuggono, e che mi pare strano che una cosa del genere possa succedere senza un ok degli americani e degli israeliani (di cui Mubarak è un garante), il Cairo mi è sempre sembrato un posto sull’orlo dell’abisso, con una densità di persone di livello cinese ma con tutt’altra capacità di garantire l’ordine. In questi casi, Internet – che già allora tentavano invano di bloccare – non può che trasmettere la scintilla.

Spero che la situazione migliori, per loro e per gli italiani che stanno là e che avevamo conosciuto (ultimo contatto, per mail, ieri pomeriggio). Spero di poter tornare in un paese pacifico e meno inquietante e frustrante di come era prima, perché alcune delle cose che ci sono là – la moschea di Ibn-Tulun, per esempio – sono davvero speciali.

[tags]cairo, egitto, rivolta, mubarak, viaggi[/tags]

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mercoledì 2 Febbraio 2011, 18:49

La casa è un diritto (anche per chi ce l’ha)

Anche se raramente arrivano all’onore delle cronache, storie come quella di via Frejus 83 – famiglie che non possono più pagare l’affitto della casa in cui abitano, ma resistono allo sfratto non sapendo dove andare – sono sempre più frequenti nella nostra città. Sono paradossali, in una città con decine di migliaia di alloggi vuoti, spesso nuovi di zecca e mai abitati. Sono storie che da sole non si risolvono, perché caratterizzate dal conflitto tra due esigenze primarie: quella di avere un tetto sulla testa e quella di poter usufruire del proprio patrimonio legittimamente acquisito. Proprio per questo, sono storie che evidenziano soprattutto un vuoto, il vuoto della politica e dell’amministrazione pubblica, che esiste appunto per gestire collettivamente situazioni singolarmente ingestibili.

La discussione di questi casi degenera di solito in diatribe ideologiche: nella nostra società è considerato prevalente il diritto di proprietà, dunque quasi tutti sono a favore dello sfratto, mentre una rumorosa minoranza – ben rappresentata dai centri sociali, che infatti si sono buttati a pesce a strumentalizzare il caso, ma che raccoglie molti insospettabili adepti anche nei salotti buoni e tra gli intellettuali alla moda – ritiene che sia prevalente il diritto alla casa. In realtà, esiste una soluzione che riconcilia entrambe le esigenze: lo sfratto s’ha da fare, ma il Comune deve trovare una sistemazione provvisoria a queste persone; una sistemazione che, come per i sussidi di disoccupazione nei sistemi sani, fornisca un aiuto temporaneo ma non diventi a tempo indeterminato.

Infatti, la realtà spesso è molto meno chiara di come la dipinge l’ideologia. Io nella mia vita ho assistito direttamente a situazioni molto varie; ricordo il dramma, da bambino, di quando pignorarono i mobili alla nostra vicina di casa; ricordo una visita da amici alle case popolari di corso Taranto, con persone che non compravano la carne perché costava troppo ma avevano, magari di terza mano, il macchinone e la TV gigante con l’abbonamento al calcio Sky; ricordo i miei parenti che affittarono il loro alloggio a una avvocatessa in carriera, certo non a corto di denaro, che smise di pagare l’affitto dopo i primi due mesi sfidandoli a farle causa, e ci sono voluti quattro anni per buttarla fuori; ricordo la casa popolare in cui vivono alcuni amici, dove la vicina di sotto si fingeva ragazza madre disoccupata, nascondendo il compagno fisso e i redditi, per mantenere la casa e l’affitto quasi nullo, truffando lo Stato e negando la casa a qualcuno più bisognoso di lei.

Come vedete, c’è una cosa che proprio non si può fare in questi casi: giudicare per categorie precostituite. Quando io sento parlare dell’ennesima “proroga del blocco degli sfratti”, mi vengono i brividi: perché accanto a situazioni che meritano sostegno, ci sono tantissimi furbi che stanno in una casa altrui a spese altrui. E’ pratica tutta italiana quella di scaricare i problemi su chi è così sfortunato da trovarseli in casa (vedi anche, su scala gigante, la vicenda della Clinica San Paolo, dove il problema dell’accoglienza dei profughi venne scaricato su chi ci abitava vicino senza tanti complimenti). Io non sono affatto contrario a un riutilizzo anche forzoso degli spazi inutilizzati in città: se ci sono strutture inutilizzate, anche private, le si metta a buon uso. Ma non si scarichi il costo dell’assistenza sullo sfortunato proprietario di turno, talvolta senza nemmeno andare a vedere se questa assistenza è veramente meritata.
[tags]casa, sfratti, diritti, urbanistica, immobili[/tags]

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martedì 1 Febbraio 2011, 08:54

Per cominciare la giornata

Un video che ieri sera alle 22 è a 300 visualizzazioni e che stamattina è a 30.000 non può che essere un capolavoro.

A noi che abbiamo portato in giro per tre anni una versione amatoriale di Grease fa ancora più ridere; ci immaginiamo Berlusconi e Apicella che nel loro inglese perfetto si mettono a riscrivere il testo…

[tags]berlusconi, apicella, arcore, grease, musical, ruby[/tags]

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lunedì 31 Gennaio 2011, 10:43

La vera agenda digitale

Oggi è un’altra giornata dedicata ai temi digitali: sono in viaggio verso Roma per partecipare all’assemblea annuale di Società Internet, che – oltre all’ordinaria amministrazione – sarà dedicata alla riflessione su un tema urgente e spinoso: visto il modo pessimo in cui la politica italiana tratta Internet, come ci si deve rapportare con le istituzioni?

Negli anni si sono aperti canali di dialogo, ma sono stati poco fruttuosi; io stesso, per alcuni anni, mi sono pagato viaggi a Roma per partecipare come esperto a una consulta ministeriale che però, ogni volta che il governo o il Parlamento si accingevano a fare danno con l’ennesima assurdità legislativa, non veniva mai nemmeno consultata. Stanca prima e Nicolais poi avevano cominciato alcune attività anche di alto livello internazionale, come quella sulla Carta dei Diritti della Rete, che però Brunetta ha di fatto annullato.

A livello nazionale, basta pensare quanto si è dovuto sudare per eliminare la schedatura degli utenti del wi-fi, un’idea che altrove non sarebbe mai stata presa in considerazione in primo luogo; e però restiamo uno dei Paesi europei con la più bassa penetrazione della rete. Da noi Internet è vista come un pericolo: è l’unico media non controllato dal Presidente del Consiglio e in generale dai vari gruppi di potere, è il luogo dove tutte le malefatte dei nostri “politici” e “imprenditori” vengono alla luce, è lo strumento con cui si riescono ad organizzare manifestazioni dal basso, fuori dal teatrino di finta opposizione e accordo sottobanco.

Proprio oggi, dopo un po’ di marketing virale nei giorni scorsi, molti miei amici lanciano Agenda Digitale, un appello base che più base non si può, la cui unica richiesta al mondo della politica è semplicemente “parliamone”. Parliamo di come portare Internet in tutta Italia e a tutti gli italiani, di come usarla per promuovere conoscenza, creatività, idee, ricchezza, intelligenza, futuro. E’ una richiesta a cui non si può non aderire (ovviamente aderisco) e avrà dunque un grande successo, ma – anche se spero di essere smentito – non risolverà niente, perché quando si tratta di parlare, di dire a ogni comunità ciò che vuol sentirsi dire, i nostri governanti sono sempre in prima fila. E’ sulle azioni che latitano, e nell’attuale scenario politico non potranno che continuare a latitare.

Non so, nella pratica, come i promotori dell’appello intendano dar seguito alla richiesta di discussione; di spazi per presentare proposte e discuterle con i politici ce ne sono stati già molti, per esempio gli IGF Italia, dove però i politici vengono, sfilano, si danno qualche stoccata l’uno con l’altro, poi vanno via e chi s’è visto s’è visto. Io sono già oltre; stancatomi da un pezzo di questi riti, la mia agenda digitale è diversa; non uso Internet per pietire attenzione, ma per mandarli via.

[tags]politica, internet, internet governance, isoc, società internet, agenda digitale, igf italia, digital divide, sviluppo[/tags]

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domenica 30 Gennaio 2011, 23:23

Un film tristissimo

Tutti noi nati negli anni ’70 abbiamo presente il concetto di “cartone animato giapponese strappalacrime”: puntate e puntate di Dolce Remì (se maschi) e di Candy Candy (se femmine) in cui al protagonista di turno non ne andava mai bene una, tra morti improvvise, coincidenze sfortunate, matrigne cattive e così via. In genere, col senno di poi, ci si rimane anche un po’ incavolati: d’accordo che i lieto fine alla Disney hanno stufato, ma ogni tanto non potevano fargliene andare una giusta? Tutta questa sfortuna sembra sempre un po’ gratuita.

C’è, però, un cartone animato giapponese strappalacrime che, pur riprendendo lo stesso schema, non c’entra con tutto questo; se mai lo spiega. Si chiama Una tomba per le lucciole ed è considerato il capolavoro di Isao Takahata, cineasta gemello del più famoso Hayao Miyazaki e regista nientepopodimenoche di Heidi (ma anche di vari episodi di Lupin III e di un paio di puntate di Conan); racconta la storia di due bambini giapponesi rimasti soli a Kobe sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Questo è comunemente ritenuto “il film più triste della storia del cinema”, un’aura che ovviamente ne ha frenato molto la diffusione. Ho provato a vederlo per quindici anni, sin da quando riuscii ad averne una versione in giapponese su una vecchia VHS, copia di copia di copia (forse non vi ricordate più, ma prima di Internet funzionava così). Non ero mai riuscito ad andare oltre i primi cinque minuti, che sarebbero sufficienti a stendere emotivamente persino il perfido Rockerduck.

Ieri sera, però, mi è capitato di fronte per caso su Sky, forse per via della vicinanza del giorno della memoria. Sono riuscito a vederlo fino alla fine e quasi per intero, cavandomela grazie al fatto che su un altro canale davano Jay & Silent Bob, fermate Hollywood!, il che permetteva di distogliere lo sguardo e ricaricare le pile nei momenti più pesanti (cioè più o meno tutti).

Una tomba per le lucciole è, in conclusione, un film bellissimo (attualmente numero 130 nella classifica dei migliori film di tutti i tempi su IMDB) e lo raccomando a ogni adulto, anche perché vederlo rende assolutamente impossibile praticare o sostenere qualsiasi forma di violenza militare. E’ una esperienza emotivamente devastante e potrebbe non riuscirvi al primo colpo, ma merita; e spiega molto della cultura popolare giapponese del dopoguerra che noi abbiamo ereditato.

[tags]anime, cartoni animati, giappone, takahata, miyazaki, cinema, guerra[/tags]

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sabato 29 Gennaio 2011, 19:44

Una riflessione sulle domeniche a piedi

In questi giorni se n’è parlato parecchio un po’ ovunque, e allora vorrei esporre il mio pensiero sulle domeniche ecologiche come quella che si svolgerà domani (perdonate se è un po’ lungo, ma la materia non si può trattare per slogan).

Premetto che a me l’idea di girare tranquillamente per la città a piedi o in bicicletta piace molto, ma che non è questo il punto che deve determinare le decisioni di una amministrazione comunale, dato che ognuno può scegliersi le attività ricreative che preferisce. Quello che però richiede un intervento è il livello di inquinamento: la libertà di muoversi in auto finisce là dove genera danni intollerabili alla collettività, in termini di salute, di ambiente e di costi.

(Infatti, il sussidio economico collettivo all’uso dell’auto privata, in termini di spese per strade, parcheggi, sottopassi, semafori, vigili, incidenti e di spese mediche per le malattie che ne derivano, è incalcolabile; nel momento in cui una parte consistente della cittadinanza rifiuta l’auto privata, le spese che ne derivano dovrebbero essere strettamente accollate a chi invece la usa.)

Quello che però lascia perplessi, tuttavia, è proprio lo scarso collegamento tra domeniche ecologiche e calo dei livelli di inquinamento, spesso del tutto smentito dai dati. E’ vero, si può tirare in ballo un fattore educativo, ma l’idea che chi è rimasto (controvoglia) bloccato in casa la domenica poi impari a non usare l’auto il lunedì mi pare abbastanza dubbia; anzi, scommetto che gli automobilisti incalliti la useranno ancora di più per rifarsi contro i “maledetti ecologisti”.

D’altra parte, non è nemmeno accettabile l’estensione per induzione di questo ragionamento. Il fatto che una domenica di blocco del traffico non faccia particolarmente calare l’inquinamento non vuole affatto dire che il traffico non sia una sorgente importantissima di inquinamento. Se mai, vuol dire che le domeniche ecologiche sono “too little, too late”: un rimedio improvvisato e abborracciato di fronte a una situazione devastante (16 sforamenti dei limiti di legge, già piuttosto generosi, nei primi 18 giorni dell’anno) di cui però nessuno vuole farsi carico, perché all’italiano medio piace essere “benaltrista” e dire che non è la propria auto che inquina, ma il bus pubblico vecchio di vent’anni o la caldaia del palazzo di fronte (mai la propria, beninteso).

Scommetto peraltro che la logica risposta a quest’ultima argomentazione – togliere il blocco del traffico e imporre invece un “blocco delle caldaie” in pieno gennaio – non soddisferebbe comunque chi la espone; e vorrei anche far notare che un bus Euro 0 con anche solo dieci persone a bordo (ma spesso sono venti o cinquanta) inquina comunque molto meno che dieci auto Euro 5 con una persona a bordo ciascuna; peraltro buona parte del parco bus torinese è già stata rinnovata abbastanza di recente.

Dunque, investiamo pure nel rinnovo dei mezzi pubblici (magari elettrici) e in controlli accurati sulle caldaie (e su questo vi rimando alla bella analisi dell’esperto in materia della lista a cinque stelle), ma il traffico è e resta un problema; piantiamola di cercare scuse per non voler fare il sacrificio di usare un po’ meno l’auto privata. (Qualcuno mi ha pure detto che la colpa è delle Alpi che impediscono il ricambio d’aria; vero, ma allora la soluzione qual è, spostare Torino in Liguria? o morire di cancro allargando le braccia e gridando “maledette Alpi”?)

Bisogna però finirla con le improvvisazioni, che moltiplicano il disturbo e il danno ai cittadini. Per questa domenica erano programmate innumerevoli attività private, incontri sportivi, aperture straordinarie di ipermercati e persino l’inaugurazione di un mobilificio, che avrà speso una fortuna in pubblicità: un danno pesante che si poteva evitare se le “domeniche ecologiche” fossero state programmate non con tre giorni d’anticipo, ma con tre mesi.

E poi, piuttosto che bloccare il traffico di domenica bisogna farlo diminuire 365 giorni l’anno. Da una parte bisogna investire per migliorare frequenza e comodità dei mezzi pubblici, puntando su altre linee di metro (magari coi soldi risparmiati non facendo l’inutile TAV Torino-Lione) e su linee di tram e bus ad alta frequenza, aumentando le corsie preferenziali e le vie riservate al trasporto pubblico, diffondendo il bike sharing e piste ciclabili decenti e non raffazzonate come le attuali; dall’altra bisogna disincentivare economicamente le auto private, possibilmente con tariffe proporzionali al valore e al consumo dell’auto per non creare differenze sociali (i ricchi in auto e i poveri in bus).

Se tutti i torinesi che spendono tranquillamente 2000 o 3000 euro l’anno per la propria auto privata ne dessero 300 al Comune, si potrebbero avere mezzi pubblici molto migliori e si potrebbe vivere a Torino senza possedere un’auto, prendendola al car sharing solo quando strettamente necessario; e i torinesi risparmierebbero anche un mucchio di soldi.

[tags]traffico, inquinamento, auto, mezzi pubblici, divieti, domeniche ecologiche[/tags]

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venerdì 28 Gennaio 2011, 23:25

Geni al volante

Ieri all’ora di pranzo ero sul 15, in via Monginevro, poco prima dell’incrocio con corso Trapani, in direzione periferia. La via è stretta, e in larghezza ci stanno quattro macchine e tre spilli per separarle; le due file ai lati sono occupate dalle auto parcheggiate, mentre nelle due centrali passa il traffico, una corsia per senso di marcia, inframmezzato ai tram. E’ una di quelle vie da cui il traffico di scorrimento andrebbe eliminato, rigirandolo sui viali adiacenti; ad esempio si potrebbe pedonalizzare (tram escluso) un isolato ogni tanto, che diventerebbe anche un centro commerciale naturale.

Comunque, in quel punto il 15 fa una fermata; e dunque io ero lì, seduto negli ultimi posti, a tram fermo. Dietro di noi c’era una fila di tre o quattro auto ferme in attesa che il tram ripartisse, visto che non c’è assolutamente spazio per passare. A un certo punto, arriva una utilitaria grigia guidata da una donna di età sui quarant’anni; vede la coda, e come se niente fosse decide di superare in blocco l’intero gruppo. Imbocca dunque con decisione la corsia contromano, senza considerare che il blocco era lungo diverse decine di metri.

E infatti, quando non era ancora giunta nemmeno al retro del tram, dall’altra parte hanno cominciato ad arrivare delle auto, dritte dritte verso lo scontro frontale. A quel punto, che fare: fermarsi e rientrare? Ma no: sfruttando un parcheggio libero sul lato contromano, si è infilata diagonalmente di punta, mettendo una ruota sul marciapiede e rischiando così di investire un paio di pedoni.

Ovviamente, nel frattempo il tram ha finito la fermata ed è ripartito, portandosi dietro le auto diligentemente ferme in coda, mentre l’autista geniale rimaneva bloccata contromano sul marciapiede: allontanandomi col tram, l’ho vista sparire in lontananza bloccata lì, mentre cercava un improbabile momento di calma per mettere la retromarcia e riuscire a uscire. E mi son chiesto cosa possa spingere delle persone a guidare in quel modo.

P.S. Prima che partano i luoghi comuni, segnalo che ho visto abbondanti episodi del genere anche con guidatori uomini…

[tags]viabilità, traffico, auto, tram, guidatori, via monginevro[/tags]

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giovedì 27 Gennaio 2011, 08:02

Flash mob a Porta Nuova

Forse avrete sentito al telegiornale che ieri sera a Porta Nuova c’è stato un “flash mob”: un nutrito gruppo di persone vestite di nero, principalmente donne, si è radunato nell’atrio della stazione e, ad un segnale convenuto, ha cominciato a ballare. Poi è stato esposto uno striscione che diceva “L’Italia non è una repubblica basata sulla prostituzione.”: l’obiettivo era contestare la cultura apertamente sessista e squalificante verso le donne che è riemersa in questi ultimi tempi, a partire dagli scandali sessuali del Presidente del Consiglio.

Un “flash mob” è una manifestazione aperta a chiunque e organizzata in un luogo pubblico senza preavviso, semplicemente spargendo la voce, e iniziando di colpo, ad un segnale noto solo ai partecipanti, per cogliere di sorpresa tutti quelli che passano di lì; una volta sarebbe stato impossibile farlo, ma oggi c’è Facebook. Peraltro questo “flash mob” ha avuto poco di “flash”, visto che tutti erano lì già mezz’ora prima esibendo apertamente cartelli e vestiti, che la manifestazione era stata ampiamente annunciata sui media ufficiali – ne aveva parlato persino La Stampa, con tanto di link – e che c’erano più telecamere che nel caveau di una banca. Se la sorpresa è un po’ mancata, l’effetto però è stato ottimo, così come la risonanza della manifestazione stessa.

Il momento migliore, però, è arrivato inatteso: alla fine, quando la musica si è spenta e tutti erano in silenzio non sapendo bene che fare, qualcuno (non so se sincero o provocatorio) ha gridato “Forza Silvio!”. Lì la folla ha reagito fischiando, e poi con un minuto di grida, “dimissioni, dimissioni”, che ha quasi fatto venir giù i muri della stazione.

La rabbia che una parte del Paese ha verso Silvio è ampiamente giustificata, ma spesso dimentica il fatto che il problema è culturale e non politico, e che le cose non sarebbero molto diverse con altri partiti al governo (per quanto quello dell’approccio alle donne sia uno dei campi dove esiste ancora una diversità). Comunque, l’intensità del sentimento è impressionante; e per domenica 6 febbraio è prevista una grande manifestazione ad Arcore. Vedremo cosa succederà; nel frattempo, ecco qui sotto il video di ieri sera, mentre su Youtube potete trovare anche una versione integrale senza tagli.

[tags]flash mob, torino, porta nuova, berlusconi, ruby, contestazione, donne, pari opportunità[/tags]

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martedì 25 Gennaio 2011, 23:56

Torino città dell’open government

Giustamente non ne sapevo nulla, ma oggi pomeriggio tutta una serie di persone che conosco bene ha lanciato un appello ai candidati sindaco per Torino, ospitato sul blog di Fabio Malagnino. Lo scopo dell’appello è promuovere l’idea di Torino città dell’open government, garantendo la massima trasparenza ai dati e alle azioni della pubblica amministrazione e incrementando la possibilità dei cittadini di accedervi, ad esempio tramite il wi-fi libero e il free software (loro parlano di “open source” ma sono sicuro che intendevano “free software”).

Potevo rifiutare l’invito? No di certo. Come ho scritto loro, sottoscrivo in pieno e di cuore: non solo la trasparenza della politica e della pubblica amministrazione è una delle battaglie fondamentali del Movimento 5 Stelle, ma personalmente mi occupo di libera circolazione dell’informazione e della conoscenza in rete da qualcosa come quindici anni.

Non a caso, nel video che ci presenta e dove ci può essere spazio solo per pochissime delle nostre proposte, abbiamo voluto infilare un portatile in piazza Castello e un brano in Creative Commons (con annessa protesta civile sull’iperprotezione della proprietà intellettuale, come descritto nel post scorso).

Spero davvero che il pungolo di un movimento civico indipendente come il nostro possa servire a far aderire anche i candidati dei partiti: è successo con altre battaglie e magari succederà anche con questa… purché poi mantengano le promesse!

[tags]internet, trasparenza, pubblica amministrazione, open government, software libero, wi-fi, creative commons[/tags]

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lunedì 24 Gennaio 2011, 23:51

Cineasta anzichenò

Forse avrete visto che anche Beppe Grillo, trovando una foto di me in giacca e cravatta che manco io sapevo di avere, ha fatto l’annuncio della lista del Movimento 5 Stelle Torino. E insieme all’annuncio c’è un video che abbiamo girato ormai qualche settimana fa, nel gelo dei primi giorni dell’anno, coinvolgendo molti dei candidati della nostra lista, che avete così l’occasione di vedere in faccia.

Girarlo è stato impegnativo (ci abbiamo messo due giorni e mezzo per i due minuti di video nuovi, più un altro paio di giornate mie per il filmato di repertorio: quattro giorni e mezzo per quattro minuti e mezzo di filmato) ma ci siamo divertiti, spostandoci per Torino nei vari luoghi (potete divertirvi a riconoscerli tutti, comunque sono elencati in fondo). Io ho ideato lo storyboard, ma le immagini sono di Alberto Airola, che oltre ad essere uno dei nostri candidati è anche un professionista del mestiere (tipo che ha lavorato con Storaro alle riprese del Rigoletto in diretta della RAI). E infatti le immagini sono bellissime, e Youtube non rende loro giustizia.

Il video sul blog di Grillo è la versione ufficiale – con tutta la musica perfettamente legale. Ma a me questa storia che in Italia non esista il “fair use” (o meglio: esiste ma è molto limitato) non va proprio giù. Secondo me, per scopi non commerciali uno dovrebbe poter usare tutta la musica che vuole, fatto salvo il diritto dell’autore (dell’autore, non del discografico) di opporsi per motivi morali. E allora ho pubblicato anche la versione “director’s cut” con la musica che avevo originariamente scelto; la trovate qui sotto. Se vuole, la casa discografica può chiedermi i danni, ammesso che riesca a giustificare quali possano essere.

P.S. Ovviamente sul mio profilo è subito arrivato uno del PD che si è attaccato a quanto sopra per sostenere che noi grillini siamo pericolosi criminali refrattari alla legge – mica come il PD, che ha portato dei pregiudicati in Parlamento e alla presidenza della Campania, e a cui evidentemente la libera circolazione della conoscenza non interessa granché. Poi, alla seconda critica, ha negato di essere del PD, nonostante il suo profilo Facebook al momento si presenti così:

profilo-magazzu.png

Inoltre, mi pare che questa sia la stessa persona che presiede l’associazione Fly Torino, che dovrebbe combattere i guasti devastanti che l’amministrazione comunale del PD, l’amministrazione provinciale del PD e l’amministrazione regionale del PD hanno portato all’aeroporto di Caselle: uno strano conflitto di interessi. Ah, e se non era lui era un suo sosia, che circa un anno e mezzo fa mi offrì un aperitivo in piazza Sabotino e poi mi chiese se ci si poteva candidare alle regionali nel Movimento 5 Stelle

Capisco che noi poveri dilettanti della politica non possiamo competere col fascino tutto speciale del PD, però mi chiedo quanta paura di noi devono avere questi, per attaccarsi a tutto quel che trovano!

[tags]movimento 5 stelle, torino, video, riprese, copyright, fair use, pd, fly torino, caselle[/tags]

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