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mercoledì 20 Ottobre 2010, 18:06

I cantieri del quartiere Parella (4)

Pensavate che fosse finita? Ma no, certamente… rispetto all’ultimo post, ne hanno combinate ancora!

Dovete sapere che attorno a casa mia è diventato molto difficile parcheggiare, da quando hanno aperto il cantiere del parcheggio di piazza Chironi eliminando un centinaio di posti auto. Se prima parcheggiavo tranquillamente sotto casa fino alle 18, adesso non c’è mai un posto e bisogna andare verso corso Lecce.

Bene, a inizio della scorsa settimana apprendiamo una ferale notizia: troviamo tutto il tratto di via Zumaglia sotto casa punteggiato di segnali di divieto di sosta e fermata, per un paio di centinaia di metri. I lavori del teleriscaldamento sono arrivati anche da noi, e non per breve tempo: su ogni cartello è appiccicato un foglio di carta su cui è scritto che il divieto durerà dal 14 ottobre al 22 novembre, più di cinque settimane per duecento metri di lavori.

Il 14 ottobre, giovedì scorso, la via è perfettamente sgombra: tutto pronto per iniziare i lavori. Se non che, purtroppo, non si vede nessuno: in tutta la giornata non arriva nemmeno mezzo operaio. Venerdì 15 la via è ancora sgombra, ma nemmeno allora si presenta qualcuno. A quel punto molti, stufi di girare inutilmente cercando parcheggio, sfidano il divieto e ricomincia l’occupazione della via. Nel weekend molti sono fuori Torino, ma lunedì la via è di nuovo piena di auto in sosta, infilate alla bell’e meglio tra un cartello e l’altro (visto che sono stati messi sulla carreggiata). Nemmeno lunedì mattina appaiono le ruspe.

Oggi, in compenso, guardo i cartelli e scopro che qualcuno è passato… a cambiare i fogli: ora dicono che i lavori saranno dal 21 ottobre al 30 novembre. Di fatto, per una settimana il parcheggio è stato vietato inutilmente: disagi inutili, inquinamento inutile, rumore inutile, solo perché non sono nemmeno capaci a programmarsi il lavoro. Vedremo se domani mattina si presenteranno davvero le ruspe!

Speriamo almeno che dopo questi lavori sistemino per bene l’asfalto, perché non solo la gobba di cui ho parlato nell’ultimo post è ancora lì, ma ieri mattina su di essa c’è stato un altro bell’incidente…

[tags]torino, parella, cantieri, lavori, traffico, appalti[/tags]

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martedì 19 Ottobre 2010, 17:40

Aggiornamenti sulle comunali a 5 stelle

Alcuni di voi, dopo i post passati, mi hanno chiesto aggiornamenti su come procedano le vicende della lista civica torinese del Movimento 5 Stelle. Il tema è delicato, ma mi sembra comunque giusto fare un piccolo e asettico rapportino.

In queste due settimane si sono tenute due riunioni serali. Nella prima si sono confrontate le due visioni a riguardo della composizione della lista, quella (da me sostenuta) che spingeva per una lista interamente fatta dai cittadini attraverso le primarie, e quella che spingeva per una lista fatta all’interno del gruppo di una ventina di persone che si è riunito regolarmente in questi mesi. Alla fine, in una riunione abbastanza partecipata, si è optato per una soluzione di compromesso che accontentasse o scontentasse ugualmente tutti: dunque si è scelto di affidare la scelta del candidato sindaco (si suppone che per i consiglieri ci saranno meno aspiranti che posti, come è sempre stato) a un doppio voto parallelo – uno tra gli “attivisti” e uno tra tutti i cittadini. Ciascuno dei risultati dei due voti peserà per il 50%.

Chiaramente, un sistema di questo tipo non rispetta in senso stretto il principio “ognuno vale uno”, perché se supponiamo che nel primo voto votino 50 attivisti e nel secondo 500 cittadini risulterà che il voto di un attivista vale come quello di 10 cittadini. D’altra parte lo stesso principio è stato molto dibattuto; varie persone lo interpretano come “ognuno vale uno se è attivo nel Movimento”, conservando la distinzione tra attivista e simpatizzante-cittadino generico; queste persone hanno paura di ogni genere di cattivo fenomeno associato ai voti di massa, cioè di voti non informati, dati con superficialità, manipolati tramite il “rastrellamento” di amici e parenti e così via. Alla fine, la via di mezzo è stata ritenuta l’unica percorribile per non spaccare il gruppo; io sono comunque contento di avere ottenuto che le primarie pubbliche vengano fatte.

Si è anche deciso che soltanto tre candidati saranno ammessi alle primarie, affidando al gruppo degli “attivisti” una scrematura iniziale tra tutte le candidature presentate; si è inoltre deciso che solo chi è attivo nel Movimento da almeno sei mesi possa candidarsi a sindaco, mentre la candidatura a consigliere è più libera, fatti salvi i requisiti di Grillo e un controllo da parte del gruppo per evitare persone poco raccomandabili.

La riunione successiva è stata molto partecipata; si sono presentate una settantina di persone, di cui una ventina mai viste prima, grazie anche all’attività di promozione su Facebook svolta da uno dei partecipanti. Questa attività di promozione ha suscitato notevoli polemiche, in quanto una parte del gruppo ha accusato il suo autore di voler portare in riunione “truppe cammellate” per influenzare il risultato delle votazioni. La polemica è stata acuita anche dal risultato un po’ a sorpresa delle votazioni della serata: si è deciso che anche gli ultimi arrivati, se lavoreranno alacremente nel prossimo mese, potranno essere considerati “attivisti” e votare nella prima parte delle primarie; e si è deciso che per potersi candidare, sia a sindaco che a consigliere, è necessario non aver mai avuto una tessera di partito in vita propria.

Su questo punto, nei giorni dopo la riunione, si ̬ aperto un ulteriore fronte di polemica: un gruppo di persone entrate da poco nel gruppo Рtra cui alcune persone che avevano la tessera del PD fino a pochi mesi fa e un ex consigliere comunale della Margherita Рhanno iniziato a contestare pesantemente la scelta di vietare le candidature agli ex tesserati, chiedendo che venisse ridiscussa, e anche a mettere in discussione la scelta di non allearsi con alcun partito.

La prossima riunione si terrà domani sera; sarà aperta al pubblico, ma, per evitare le polemiche della scorsa volta, sulle metodiche del voto tra gli attivisti saranno ammessi a votare solo gli attivisti stessi (una lista di 55 persone). Nel frattempo le discussioni continuano sul forum, che è aperto a tutti, in maniera anche parecchio accesa (io stesso ho dovuto smettere di scrivere per alcuni giorni dopo essermi trovato nel mezzo di una classica flame war).

Per quanto mi riguarda, sono in una fase di riflessione: il clima acceso e le parziali differenze di vedute sul rapporto tra Movimento e cittadini non incoraggiano la mia partecipazione, ma per portare avanti un progetto politico bisogna agire in gruppo e per far sopravvivere il gruppo ogni individuo deve accettare qualche compromesso e fare qualche passo indietro. Io ho le idee molto chiare su come vorrei cambiare Torino; non vedo l’ora che si possa finalmente parlare di questo.

[tags]movimento 5 stelle, torino, elezioni comunali, beppe grillo[/tags]

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lunedì 18 Ottobre 2010, 11:44

La vera finzione

Ho scoperto per la prima volta il lavoro degli Yes Men molti anni fa, ai tempi della loro burla ai danni della Dow Chemical. Per chi non lo sapesse, la Dow è uno dei grandi colossi multinazionali della chimica, ed è anche la proprietaria della Union Carbide, l’azienda il cui stabilimento di Bhopal, in India, provocò nel 1984 uno dei maggiori disastri artificiali della storia.

Migliaia di persone – le stime variano da 2.000 a 25.000 – morirono per una nube tossica sprigionata dallo stabilimento che, essendo in definitiva chiusura, era privo di molte misure di sicurezza (mi ricorda qualcosa). Altre decine di migliaia di persone furono rese invalide, nacquero deformi e così via. Su pressione del governo americano, i successivi processi furono depotenziati e la Union Carbide si limitò a pagare 470 milioni di dollari al governo indiano, una cifra decisamente ridotta per un disastro del genere, mentre le vittime ricevettero, quando andò bene, un sacchetto di perline (molti non ricevettero nulla). La Dow e la Union Carbide hanno sempre rifiutato qualsiasi ulteriore risarcimento, ma in maniera non esplicita: dilazionando, nascondendosi dietro gli avvocati, rifiutando i processi in India e così via.

Nel 2004, gli Yes Men – un duo di attivisti americani che nel tempo si è costruito un seguito di centinaia di aiutanti – decisero di riaccendere l’attenzione sul caso, con una burla mediatica provocatoria ma anche molto interessante per capire il nostro mondo. Prima, su un finto sito web in tutto simile a quello vero, la Dow annunciò ufficialmente di non avere alcuna intenzione di farsi carico dei danni; e non successe niente. Nessuno protestò, nessun giornalista fece articoli, nulla. Poi, con un colpo di fortuna, la BBC cercò di contattare la Dow per invitare un rappresentante a parlare di Bhopal in occasione del ventesimo anniversario – e scrisse al sito sbagliato.

Uno dei due, dunque, si travestì da portavoce della Dow, e si presentò negli studi per una intervista alla BBC. All’inizio pensavano di andare lì e dire la verità, cioè che alla Dow non frega nulla di risarcire adeguatamente i danni che ha causato, ma ormai avevano capito che la verità non interessava a nessuno: dunque dissero una bugia. In diretta su BBC World, il finto portavoce della Dow annunciò che l’azienda aveva finalmente deciso di stanziare i 12 miliardi di dollari necessari per un risarcimento decente.

Questa sì che era una notizia; tutte le agenzie la batterono, e dovettero poi dunque anche pubblicare, un paio d’ore dopo, la smentita della Dow (quella vera), che ammetteva di non avere nessuna intenzione di risarcire le vittime; e il mondo si ricordò di Bhopal.

La questione arrivò alle mie orecchie perché una delle linee di attacco della Dow fu quella che queste persone non avevano il diritto di registrare dowethics.com, visto che “dow” era un marchio registrato. La Dow è molto potente – riuscì persino a far censurare un articolo scientifico da uno dei maggiori editori scientifici del pianeta – ma l’America su queste cose è un grande Paese, per cui il sito, a norma di primo emendamento, è ancora lì (in Italia non credo che sarebbe potuto succedere).

Da allora seguo gli Yes Men, ed è per questo che stamattina, quando mi è arrivata una mail firmata dall’ufficio stampa della Chevron in cui il gigante petrolifero annuncia la campagna pubblicitaria “We Agree” e si prende l’impegno di farsi carico dei danni che causa al pianeta, ho sorriso amaramente. La burla è molto ben fatta: questo è il finto sito delle relazioni pubbliche della Chevron – notate come tutti i link rimandino al sito vero, rendendo la burla invisibile a chi non è allenato – e questo è il finto sito della campagna pubblicitaria. Vediamo se qualcuno ci casca ancora, o se anche la Chevron sarà costretta a smentire pubblicamente di volersi assumere le proprie responsabilità…

[tags]yes men, burle, multinazionali, protesta, responsabilità sociale, dow, union carbide, bbc, bhopal, chevron[/tags]

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domenica 17 Ottobre 2010, 22:49

Una domenica con Ernesto

Questo, una volta tanto, è un post tecnico dedicato a chi si diletta di amministrazione di sistemi Unix: gli altri probabilmente non ci capiranno un’acca e possono anche non leggere.

Oggi, dopo mesi di attesa, era il gran giorno previsto per l’aggiornamento di Ernesto, il mio server di casa. Ernesto è un tipo simpatico ma tosto come il tizio a cui è intitolato, uno dei più famosi forumisti del popolo granata, che in realtà si chiama Fabio ma trae il suo nickname da quell’Ernesto là, a cui dunque il server è intitolato a due gradi di distanza. Ernesto ha tre anni e mezzo di vita, avendo sostituito nel febbraio 2007 il precedente Lazzaro, che aveva svolto il compito, in varie versioni, sin dal 2001. Ernesto è nato con 320 gigabyte di disco, che all’epoca erano una buona misura, ma che ormai da mesi sono pieni, costringendomi a inenarrabili peripezie per spostare file di qua e di là. La soluzione definitiva, dunque, prevedeva la sostituzione dei vecchi dischi di Ernesto con nuovi dischi da un terabyte.

I dischi del server sono due, uguali, configurati in quello che si chiama un RAID mirror: i dati vengono scritti contemporaneamente su entrambi i dischi, in modo che se uno dei due si rompe i file possano ancora essere recuperati dall’altro. Con Linux è possibile realizzare questa configurazione in modo piuttosto semplice, di modo che poi sul computer i due dischi appaiano come un disco solo. Il cambiamento dei dischi avrebbe dovuto essere una operazione abbastanza indolore: il piano era quello di togliere quelli vecchi, mettere quelli nuovi, far partire il computer in modalità di emergenza tramite un CD con una distribuzione Linux “live”, riattaccare uno dei dischi vecchi come disco esterno infilato in un’apposita scatoletta USB, e copiare tutti i file – sia il sistema operativo che i dati – dai vecchi dischi a quelli nuovi, facendo attenzione a preservare proprietà e privilegi (cp -a).

La parte fisica del lavoro è filata via liscia; infilare e sfilare i dischi richiede qualche bestemmia, perchè lo spazio di manovra è ridotto dalla memoria che sporge e dai cavi semirigidi attaccati alla scheda madre, ma si fa senza grandi problemi. Già che aprivo, ho fatto un po’ di pulizia; erano due anni che non aprivo il case, e le ventole erano coperte di parecchia polvere, trasformata in quel tessutino grigio piuttosto fitto che si forma in questi casi; soffiando col phon e grattando i punti più complicati delle griglie e delle ventole con una bacchetta di legno (non con un oggetto metallico e comunque non sull’elettronica, e sempre a spina staccata e dopo essersi messi a terra toccando il metallo di un elettrodomestico…), ne è venuto via parecchio.

Richiuso il case, faccio partire il CD “live” con gli strumenti d’emergenza – un System Rescue CD del 2009, non sono stato nemmeno a masterizzarne uno nuovo – e il sistema parte che è un piacere. Con fdisk partiziono i nuovi dischi in maniera simile a quelli vecchi, lasciando lo spazio in più nella partizione dei dati, e marcando le partizioni di tipo “Linux RAID autodetect” (FD); con mdadm –create inizializzo i volumi virtuali RAID, associando a due a due le partizioni corrispondenti su ciascuno dei due dischi. Poi i volumi virtuali vanno formattati con mkfs; io uso da due lustri il file system Reiser, ma dato che il suo autore è attualmente sotto processo per uxoricidio ho il sospetto che possa non essere più una buona scelta. Decido dunque di provare il nuovo file system Ext4.

Formattati i volumi, uno a uno li monto e comincio a copiare i file dal disco vecchio a quello nuovo… e incontro la prima cosa strana; il volume che doveva essere grande dieci gigabyte è grande venti. Cosa sarà successo? Mi assale un orribile dubbio, ebbene sì: ho sbagliato a digitare il comando e ho creato un volume virtuale di livello 0 (RAID striping) invece che 1 (RAID mirroring). Il RAID 0 è un meccanismo completamente diverso, in cui i due dischi si sommano e non si accoppiano…

Ricomincio: fermo i volumi virtuali, li ricreo giusti, li riformatto, riparto con la copia. A questo punto, il mio volume da 10 gigabyte, che sui vecchi dischi era pieno al 60%, risulta pieno per oltre il 70%… con gli stessi file. Una veloce lista delle directory rivela l’orrido: anche i file più piccoli occupano quattro kilobyte minimo, un blocco. Chiamo anche l’esperto e mi conferma la cosa: nel 2010, il file system Extended ancora non fa quello che Reiser fa da dieci anni, ovvero impaccare i file in modo che un file di 80 byte ne usi 80 e non ne usi 4096. E allora crepa: non voglio perdere il 10% del mio spazio così, e decido di ripartire un’altra volta riformattando i volumi col file system Reiser versione 3, che ha sempre funzionato bene.

Usciamo a fare una passeggiata, spengo, quando torno faccio ripartire tutto e riformatto i volumi virtuali con Reiser. Poi cerco di montare anche le partizioni del disco esterno, per copiare i file, e ricevo uno strano messaggio d’errore: “la partizione è già occupata”. Eppure non risulta montata da alcuna parte. Cerco di capire cosa succede, ma ci vuole un po’; alla fine controllo i volumi RAID, e scopro una cosa incredibile.

Per semplificare la vita a chi usa il RAID, Linux dispone di una capacità di “autoindividuazione” dei volumi virtuali: all’avvio, legge delle informazioni dai dischi stessi e li accoppia automaticamente. Ora, non chiedetemi cosa sia andato storto, ma, facendo partire il computer con il disco vecchio già acceso e collegato esternamente via USB, il sistema ha creato i volumi virtuali non accoppiando le partizioni dei due dischi nuovi, ma accoppiando le partizioni di uno dei nuovi dischi con quelle di quello vecchio! E non è finita qui, perché quando ho riformattato con Reiser i volumi virtuali, in realtà Linux ha formattato le partizioni del disco vecchio, cancellando irrimediabilmente tutti i miei 320 gigabyte di dati…

Comunque, niente panico: anche il computer vecchio usava il RAID mirroring, per cui, per fortuna, avevo ancora lì sulla scrivania l’altro disco vecchio con tutti i dati sopra. Ho dovuto staccare tutto, aprire la scatoletta e cambiare il disco vecchio ormai svuotato con l’altro ancora pieno di dati; poi ho fatto ripartire il sistema e riformattato i volumi virtuali ancora una volta – stavolta, per sicurezza, il disco esterno era spento e staccato… Stavolta è andato tutto bene; dopo aver copiato il sistema, ho generato il nuovo file mdadm.conf come descritto qui e reinstallato il boot loader GRUB su ciascuno dei due nuovi dischi come descritto qui.

Poi ho tolto dal lettore il CD del System Rescue, ho provato l’avvio e… tutto ok! Ernesto è rinato con la massima tranquillità. Mancava solo la copia della partizione contenente i dati; ho dovuto aspettare quasi due ore che (visto il pasticcio precedente) i due dischi nuovi finissero di sincronizzare il mirror, e poi ho dato il via alla copia. Al ritmo a cui sta andando, ci vorranno circa trenta ore per copiare i trecento gigabyte di dati dal disco esterno ai nuovi dischi interni. Tanto, ora è grande e può andare avanti da solo.

[tags]server, linux, raid, installazione, hard disk[/tags]

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sabato 16 Ottobre 2010, 11:57

L’apolizia

Per prima cosa, vi faccio leggere le due lettere che Specchio dei Tempi riporta stamattina:

Una lettrice scrive:
«Domenica 10 ottobre decido di prendere il treno per Torino. Alle 17,15 mi reco alla stazione di Settimo Torinese in tempo per acquistare il biglietto allo sportello automatico, ma ahimè, la macchinetta è rotta. Mi guardo intorno e vedo la biglietteria chiusa, il giornalaio chiuso e la macchinetta stampabiglietti fuori servizio. Aspetto quindi il treno, Gtt, al binario numero 3 con altre 3 persone sprovviste come me del biglietto. Facciamo presente al capotreno la situazione venendo rassicurati. Il biglietto si può fare tranquillamente sul treno, ci dice lui, e noi restiamo ad aspettare mentre compila le ricevute. Ad ognuno di noi viene quindi consegnata una ricevuta recante il prezzo del biglietto più una sovrattassa! La sovrattassa!? Perché mai, mi chiedo, dovrei pagare una sovrattassa? «Il costo del biglietto lo pago volentieri, dico al capotreno, ma la sovrattassa (il “Diritto fisso esazione in treno”) proprio no! Il capotreno risponde che devo pagare. In alternativa posso fornire il documento e successivamente farmi fare una bella multa. «Decido di non presentare il documento e chiedo di pagare per l’ennesima volta solo il costo del biglietto. Il capotreno non ci sta e contatta l’ufficio della polizia ferroviaria di Porta Susa. La polizia!? Ma stiamo scherzando!? La polizia per una sovrattassa!? «Accorrono subito due poliziotti in divisa e mi chiedono cosa stia succedendo. Io spiego, un po’ intimorita dall’accerchiamento. Credo che non mi abbiano ascoltato perché un attimo dopo mi intimano (con una “toccatina” al braccio) di presentare al capotreno il documento per l’identificazione e la contravvenzione e mi ricordano (il tono utilizzato purtroppo non può essere reso a parole…) che “sul treno si sale con il biglietto”! «Mani in alto per me. Mi arrendo!».
C.F.

Un lettore scrive:
«Vi racconto un episodio avvenuto giovedì 14 sul treno in arrivo a Torino alle 19 proveniente da Savona. All’altezza di Carmagnola una coppia di ventenni in stato visibilmente alterato inizia a prendere a calci le porte che separano le carrozze, mandando in frantumi i vetri. Passeggeri paralizzati, attoniti. Mia moglie decide di andare in cerca del capotreno, che constata i danni e chiede i documenti ai giovani. I due dichiarano di non averli, e nel frattempo lanciavano banconote da 50 euro al capotreno minacciando mia moglie per aver “fatto la spia”. «Arrivati a Porta Nuova i due ragazzi scendono senza problemi, nessuno li blocca e nessuna pattuglia li attendeva al binario, mentre mia moglie deve chiedere al personale ferroviario di essere scortata sino alla fermata del tram per paura di ritorsioni…».
CRISTIAN ATZORI

Poi, vi rimando al filmato (peraltro non molto movimentato) che mostra i militanti del Popolo Viola fermati e identificati dalla Digos dopo essersi allontanati dal corteo studentesco dell’altro giorno.

E poi vi chiedo se non pensate che se gli italiani hanno sempre meno fiducia nelle istituzioni (anche se le forze dell’ordine sono sempre tra le più gettonate) non sia solo per il nazionale benaltrismo per cui il cattivo è chi fa la multa e non chi passa col rosso, ma perché effettivamente le logiche di azione della polizia non sono più comprensibili; ammesso che ci sia ancora una logica, e non piuttosto una serie di coraggiose e scoordinate azioni dei singoli agenti, resistendo ai tagli degli stipendi e delle risorse, insieme a un sacco di altri agenti che si fanno i fatti propri o peggio rispondono a logiche deviate di varie genere, dal manganellare per il gusto di farlo fino all’obbedienza politica.

[tags]polizia, forze dell’ordine, specchio dei tempi, ferrovia, digos, istituzioni[/tags]

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giovedì 14 Ottobre 2010, 16:43

Problemi di Internet

La battaglia per il futuro di Internet in Italia e nel mondo è sempre accesa. E no, non mi riferisco al triste appello dell’Espresso per la liberalizzazione del wi-fi; la credibilità di una iniziativa lanciata dalle stesse forze politiche che hanno prima approvato (centrodestra) e poi prorogato (centrosinistra) il decreto Pisanu è sottozero; la chicca è che l’appello parte da Barbareschi, quello che rubava le battute a Spinoza dimostrando di non capire la differenza tra pubblico dominio e licenze libere, e che due anni fa proponeva addirittura l’identificazione forzata di chiunque acceda a Internet con qualsiasi mezzo; ed è promosso dallo stesso gruppo editoriale il cui presidente De Benedetti, mentre incassa miliardi di sovvenzioni pubbliche, continua a dire che Google è un parassita e gli deve dei soldi. Comunque, a meno che non siano schizofrenici, il problema non si pone: dato che tutte le forze politiche sono d’accordo, facciano decadere la norma e via, senza fare tanta scena; se no, il dubbio che gli interessi solo la scena è più che scontato.

Io volevo parlare di cose un po’ più serie, a cominciare da questa segnalazione di Stefano Quintarelli, che è sempre esotericamente addentro alle questioni che contano davvero. I dettagli li espone lui, ma, per parlare chiaro, il punto è che la nostra Agenzia Garante per le Comunicazioni – la stessa che, come dicevamo, permette tranquillamente che gli italiani vengano spennati sugli SMS – ha preso una decisione che va contro ogni logica ma che permette a Telecom Italia di mantenere una posizione dominante sul mercato delle ADSL, costringendo i concorrenti o ad aumentare i prezzi (e quindi, alla fine, noi pagheremo) o a rimanere su una infrastruttura vecchia, senza poter offrire i servizi più innovativi.

Questo genere di decisioni “tecniche” vengono prese nel silenzio più assoluto; noi non ne sappiamo nulla finché, a un certo punto molti mesi più tardi, il nostro operatore ci comunica che purtroppo la nostra tariffa aumenterà di qualche euro al mese; o ce lo fa digerire con un “cambio piano” promosso con una di quelle belle pubblicità ingannevoli di cui l’Italia è piena, e che vengono sanzionate per finta da un’altra autorità garante con multe irrisorie e effetti sostanzialmente nulli. Come al solito, chi dovrebbe difendere il cittadino finisce per fare poco o persino per essere un discreto complice…

Chiudo segnalando, per chi fosse interessato alle questioni più tecniche, la posizione che Quintarelli, io e alcuni altri esperti abbiamo scritto e inviato un paio di settimane fa a nome di NNSquad Italia, il nostro gruppo nazionale per difendere la neutralità della rete, nell’ambito di una consultazione pubblica della Commissione Europea. Già, perché all’estero, prima di fare le leggi, fanno davvero le consultazioni pubbliche… So che è un documento piuttosto tecnico, ma credo che sia comunque comprensibile a chiunque si sia un po’ interessato alla questione: giusto per capire quali sono i problemi.

[tags]internet, internet governance, wi-fi, pisanu, espresso, de benedetti, barbareschi, agcom, adsl, quintarelli, concorrenza, pubblicità, neutralità della rete, nnsquad[/tags]

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mercoledì 13 Ottobre 2010, 11:14

C’è amore in Europa

Penso che ormai sia chiaro che gli incidenti di ieri sera allo stadio di Genova (qui le immagini delle cariche nel piazzale di Marassi) hanno poco a che fare col calcio, e molto a che fare con la politica interna della Serbia, dove i nazionalisti all’opposizione cercano di far cadere il governo, favorevole all’integrazione nell’Unione Europea, destabilizzando lo Stato e rinfocolando l’odio etnico. Si potrebbe parlare quasi di “marcia su Genova”, come seguito degli scontri violentissimi con cui queste stesse persone tre giorni fa hanno cercato di impedire il gay pride di Belgrado. Ovviamente quanto successo ieri era ampiamente prevedibile e c’è da chiedersi come mai non sia stato prevenuto; la cosa più interessante per me però è stata leggere i commenti “dal basso” a questo video su Youtube, il primo pubblicato ieri sera.

Il sentimento di base è, ovviamente, quello di amore e amicizia per il popolo serbo:

SERBI DEL CAZZO AL ROGO!!!!!!!!!! FANCULO A TUTTA LA SERBIA E A TUTTI GLI EXTRACEE ROMPI CAZZO COME VOI!!!!!!!!!!!

Nessun Italiano si è cagato sotto porci comunisti schifosi!!!!! Dateci modo di scannare questi bastardi e vi assicuro che li affoghiamo nel loro sangue. P.s. Non hanno nessun diritto di essere di destra l’unica destra al mondo è quella italiana fascista!!!

hahahahhahaa a poveri pezzenti senza coglioni meno male che vi dobbiamo dimostrare un cazzo visto che ogni tanto qualche essere proveniente dal vostro Est Europa del cazzo lo togliamo di mezzo definitivamente, ladri magnaccia voi e succhiacazzi le vostre donne ma che campate a fare aveva ragione quel signore con i baffetti a bruciarvi…. A ZINGARI CORNUTI DATEVI IN CULO. Poi piangete sui TG io no cativo…io lavora io fame ma morite a merde.

Che razza da eliminare, questi nascono proprio cani…. L’est europa andrebbe cancellato, tanto so tutti uguali se ne salva 1 su 10 schifosi.

torna a casa tua stronzo , in italia non c’è posto per voi, il mio sentimento per la serbia è come il sentimento che aveva hitler per gli ebrei , serbi tutti nei forni

Riaprite auschwitz per sti cazzo di zingari serbi, voterò anche il berlusca se serve

CACCIA AL BERSAGLIO CON LO ZINGARO BASTARDO! (due “mi piace”)

QUEL COGLIONE CHE POI FACEVA IL SALUTO ROMANO!!!!!!!!!!!!!!! SE SI RIVOLTAVA ADOLF DALLA TOMBA LO BRUCIAVA VIVO!!!!!!!!!!!!!!!!! CHISSA I MEDIA DELLA TV TEDESCA QUANDO VEDEVANO QUEL VIDEO COME SE LA RIDEVANO QUANDO VEDEVANO QUELL’HANDICAPATO FACENDO IL SALUTO ROMANO POI FAI IL SALUTO ROMANO CONTRO GLI ITALIANI?????? CHE POPOLAZIONE COMICA IL SERBO SONO IO SERBO RAZZA INFERIORE CHE SONO RAZZISTA CON TE NON TU CON ME!!!!!!!!!!!!!!!!!

la razza serba una razza di bastardi tutti figli della stessa puttana

Alcuni si spingono poi ad approfondire il vero problema della giornata: dove sono gli ultrà genovesi? Nelle logiche ultrà, ieri i supporter di Genoa e Sampdoria hanno fatto una figura di merda gigantesca: non esiste che una tifoseria ospite di qualsiasi genere venga a “spadroneggiare” nel tuo stadio e nella tua città. Infatti, durante la serata, un centinaio di ultrà delle due squadre, messe da parte le rivalità, si sono radunati davanti allo stadio in attesa dei serbi, finché la Digos non li ha fatti andar via. Dunque ci sono decine di commenti come questi:

bastardi rom del cazzo!se questa partita si fosse giocata al massimino di catania li avremmo massacrati a sti 4 pagliacci.

al nord italia questi fanno il cazzo che vogliono…sarebbero scesi da roma in giù non dico che le prendevano ma almeno gli si teneva testa

VERGOGNA! LO STADIO MARASSI LASCIATO IN MANO AGLI ZINGARI SLAVI….VERGOGNA! DOVE CAZZO STANNO GLI ULTRAS GENOVESI…DOVE CAZZO STANNO…

STE MERDE… SOLO LE LAME SOLO LE LAME SOLO LE LAME I SERBI SOLO CON LE LAME A ROMA NON FACEVANO TANTO I CAZZONI STE MERDE!!!

A NAPOLI SI DIREBBE..I SERBI HANNO FATTO I GALLI N’COPP A MUNNNEZZA! CIOE’ HANNO FATTO CASINO IN UN POSTO TUTTO SOMMATO TRANQUILLO DOVE C’ERANO PERSONE PERBENE E CIVILI……..MA UNA COSA LA DEVO DIRE SE QUELLI LI ERANO A NAPOLI ERANO PROPRIO A CONTATTO CON LA CURVA A, CHE SIGNIFICA CAMORRA E DELINQUENZA E LI CI SCAPPAVANO TANTI MORTI SAREBBERO CORSI A PIEDI IN SERBIA….ANZI A NUOTO!

Questi commenti sono insomma sulla falsariga di “genovesi codardi che non avete difeso il suolo patrio, a Roma / Napoli / Bari / Catania noi li avremmo menati e accoltellati senza tante storie”.

Seguono poi, in misura minore, i commenti di esaltazione per lo spirito libero dei tifosi serbi:

Grande lezione serba di come vanno affrontati i poliziotti,perchè quando un’italiano di 55 anni che paga le tasse protesta con un manifesto in mano,e un fischietto in bocca,la pula il fischietto glielo fa ingoiare e il manifesto glielo ficca in quel posto a suon di manganellate.I serbi hanno ottenuto la loro tanto biasimata sospensione della partita in 2 ore,mentre noi in mesi e mesi di proteste,abbiamo preso solo mazzate.

Onore alla serbia,almeno hanno le palle;qua siamo invasi da parassiti che portano al degrado e nessuno si ribella,la violenza fa pure bene al calcio!

A questo punto appare un serbo (per correttezza, ce ne sono anche altri che si sono scusati e vergognati) e reagisce così:

ITALIA DI MERDAAA!!!!!!!SIETE TUTTI FIGLI DI PUTTANA,CAGASOTTO,DITE TANTO CHE SIAMO ZINGARI E BISOGNEREBBE AMMAZZARLI,…DAI VEDIAMO SE AVETE I COGLIONI,SAPETE SOLTANTO PARLA FOTTUTI ROTTI IN CULO,SCHIAVI DI BERLUSCONI E DI QUESTO STATO DI MERDA,L’UNICA COSA CHE SAPETE FARE è MANGIARE LA PASTA E LA PIZZA,SIETE UN POPOLO DI SCHIAVI E DI CAGASOTTO,DI FRONTE HA UNA CAZZATA DEL GENERE TUTTI A DIRE DI STERMINARE DI AMMAZZARE,E QUANDO C’E QUALCOSA DI SERIO TUTTI INDIFFERENTI…. NEANCHE 200 ULTRAS SERBI,IL POPOLO ITALIANO SI è CAGATO NEI PANTALONI!!!MERDACCIE ANDATE A MANGIARE LA PASTA!!!SRBIJA ZAUVEK….JEBEM VAS VASU SMRDIVU MAJKU ITALIJANSKU!!!SVI ITALIANI STE PEDERI….SIETE TUTTI ITALIANI FINOCCHI DI MERDA!!!KOSOVO JE SRBIJA!!!cccc

Ma non è da solo, perché nel frattempo sono arrivati anche gli albanesi d’Italia a mettere in chiaro alcune cosette:

tu leone di tastiera all andata dai con tutta napoli a belgrado ke vi rispediscono a carne mascinata in nelalvostra discarica….il vero bastone per loro sono solo i albanesi perche non li metono mai nell grupo insieme questa di stasera era una risposta ai tifosi albanesi che hanno manifestato allo stadio di tirana albania etnica che cancella dalla fachia della terra la serbia.li bruchia perche la albania si sta fachendo grande..fuck gypsys serbs IL LOVE ALBANIANS

sollo noi albanesi conosciamo le bugie di questi zingari sollo noi riusciamo a farli abbassare la testa . ci hanno fregatto una volta , mai piu!

si certo i serbi sonno forti ,pericolosi,non conoscono la paura, non sapette cosa hanno fatto in guerra, io lo so cosa hanno fatto ,hanno ucciso donne, bambini ,vecchi a migliaia e gente che non si aspettava pugnalate alle spalle, ma quando si scontravano con l’UCK i serbi avevan i pantaloni bagnati perche sappevano che li avremo squartati da vivi come poi hanno fatto .

Per concludere, a un certo punto – dopo che è stato spiegato che il gesto delle tre dita fatto dai serbi si riferisce alla trinità e a “Dio, patria e zar, e non vuol certo dire “perdiamo tre a zero a tavolino” come hanno sostenuto i preparatissimi commentatori della Rai; e dato che nessuno ha capito che “zar” è il titolo onorifico dei re slavi di qualsiasi nazionalità e non vuol dire che i serbi amerebbero stare sotto i russi – arriva anche un povero russo e si dissocia:

Russia no centra con Serbia ignorante!fili bastardi sono tuoi no fili di mia Santa Madre Russia no permetere piu di parlare di Russia con Serbi per noi Russi Serbia puo brucciare domani noi siamo stanco soportare problemi di vostri Paesi.no potete parlare male di Russia anche in cosa che no centra Russi.basta

Che dire: l’integrazione europea ha un grande futuro.

P.S. Nel frattempo, fatemi esprimere la mia solidarietà al povero ciclista protagonista di una delle scene più buffe degli ultimi anni. Lui, però, non si sarà divertito.

[tags]calcio, ultras, nazionale, italia, serbia, marassi, genova, albania, russia, razzismo, fascismo, integrazione[/tags]

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martedì 12 Ottobre 2010, 16:43

Un progetto ben fatto

Dopo aver parlato di tante grandi cose, oggi ve ne mostro una piccola.

panchina-rhofiera.jpg

Questa foto è stata scattata la settimana scorsa, durante un temporale, nella nuova stazione ferroviaria di Rho Fiera Milano, aperta da poco più di un anno; una stazione importante, dato che dovrebbe costituire l’interscambio con la metropolitana e i treni suburbani per chi arriva a Milano da ovest, anche con l’alta velocità, nonché la stazione per la fiera e per i visitatori dell’Expo 2015.

Era buio e si vede male, ma adesso vi spiego: siamo al primo binario, e in alto a destra intravedete l’ampia, moderna e costosa tettoia che lo protegge dalle intemperie. Sulla sinistra tuttavia, la striscia più scura per terra vicino al muretto non è un’ombra, ma una fascia allagata ed esposta alla pioggia, perché evidentemente la tettoia non arriva a coprirla. Esattamente al centro di questa fascia, poco visibile perché di ferro nero, c’è la panchina che dovrebbe servire a chi aspetta il treno.

In altre parole, nonostante la stazione progettata ex novo, sono riusciti a mettere le panchine nell’unico punto non riparato dalla pioggia, o, se preferite, a fare la tettoia troppo piccola rispetto alle dimensioni del marciapiede.

Questo non è l’unico problema della stazione: gli spazi commerciali sono deserti, e non vi è nemmeno una biglietteria, se si eccettua una macchinetta che vende solo biglietti regionali. Le scale mobili sono spesso rotte, così come i tappeti mobili che portano alla metropolitana, e non è raro vedere l’acqua che scende dentro il sottopassaggio. Come ascensore c’è un costoso modello con le porte su entrambi i lati, caratteristica di cui non c’era assolutamente bisogno – ma, per un errore di progetto, a livello del binario la cima della scala mobile finiva troppo vicino all’ascensore, per cui si è dovuto far aprire le porte sul retro dello stesso.

Questa non è nemmeno una vera stazione; tecnicamente lo è solo perché è seguita dal bivio con cui l’alta velocità si stacca dalla linea storica, ma di fatto sono tre linee a doppio binario parallele accanto a cui si sono limitati a mettere marciapiedi e tettoie per permettere la fermata dei treni, scendendo poi nell’ampio sottopassaggio che porta verso la fiera e la metropolitana. Non vi è alcun edificio, se non gli spazi ricavati nel sotterraneo. Eppure, l’intera opera è costata 80 (ottanta) milioni di euro, e funziona così.

[tags]ferrovie, trenitalia, milano, rho, fiera milano, stazione, appalti pubblici[/tags]

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lunedì 11 Ottobre 2010, 17:49

Le bombe su Pechino

È stato interessante leggere in questi giorni le reazioni all’attribuzione del Nobel per la Pace al dissidente cinese Liu Xiaobo (buona parte delle quali non sono nemmeno riuscite a scrivere il suo nome correttamente, per non parlare della pronuncia… quella corretta è qualcosa tipo liou sciaobuo). Sono state, quasi totalmente, reazioni di solidarietà al detenuto e di critica al governo cinese. Detto dunque che la detenzione di una persona per le sue idee è inaccettabile e che la Cina nel campo dei diritti umani ha ancora molto da fare, vorrei però permettermi di andare un pochino più a fondo su cosa significhi veramente questo premio.

Perché, infatti, dare il premio proprio a un dissidente cinese? Nel mondo esistono centinaia di nazioni che incarcerano o uccidono i dissidenti politici e i giornalisti scomodi. La Cina, per esempio, è il Paese al mondo che ha incarcerato più giornalisti (attualmente ce ne sono 24), ma, stando ai dati del Committee to Protect Journalists (una specie di Amnesty International per i giornalisti, forse la fonte più autorevole in materia al mondo), solo due giornalisti sono stati uccisi in Cina negli ultimi vent’anni, contro i più di cento ammazzati in Russia, spesso dai servizi segreti o dalla polizia.

Dunque la scelta di “mirare” alla Cina, da parte dei norvegesi, è stata ben precisa; lo ammettono loro stessi nelle motivazioni, dicendo che “Il nuovo status della Cina nel mondo impone l’assunzione di accresciute responsabilità”. E’ dunque ben chiaro che il Premio Nobel per la Pace non viene assegnato su criteri oggettivi, ma per motivi politici: è uno strumento per esercitare pressione su questo o quel Paese a fin di bene, minacciando in caso contrario di danneggiarne l’immagine.

Il problema, come sempre, è la definizione di “a fin di bene”. Già, perché nella diplomazia internazionale, piaccia o no, il “bene” non esiste; esistono solo gli interessi delle singole nazioni, e non succede mai che una nazione agisca altro che per essi (al massimo, può fare un beau geste per motivi di immagine e di prestigio, vedi le cancellazioni dei debiti del Terzo Mondo). Il Nobel per la Pace va dunque letto su due piani separati: l’uno, quello del riconoscimento alla persona e al suo caso, è incontestabile, ma l’altro, quello della diplomazia, è ben altra cosa.

Non può certo essere preso sul serio, in termini di diplomazia internazionale, un premio che pretenderebbe di essere super partes, ma che solo l’anno scorso è stato bellamente assegnato al Presidente della nazione più bellicosa del pianeta, un Presidente tuttora impegnato nell’invasione militare di due nazioni sovrane (con noi italiani nel codazzo). Sfugge un po’ la logica per cui il governo cinese che incarcera qualche decina di dissidenti è male, mentre il governo americano che invade Iraq e Afghanistan facendo centinaia di migliaia di vittime è bene, anzi va premiato perché porta la pace.

Veniamo ora ad alcune altre scomode verità. La prima riguarda l’effetto del premio Nobel: la logica nel darlo, si dice, è esercitare pressione sul governo cinese perché liberi Liu e aumenti la libertà di espressione. Ora, soltanto un ignorante potrebbe pensare una cosa del genere; è noto che la prima regola nel trattare con gli orientali è non far loro mai, mai, mai perdere la faccia in pubblico. Di fronte a uno schiaffo simile, il governo cinese non potrà mostrarsi debole e chinare la testa: perderebbe la faccia. Farà il minimo che sarà costretto a fare e poi, appena possibile, restituirà il favore con un altro schiaffo (per esempio rifiutandosi di rivalutare lo yuan rispetto al dollaro e inguaiando ancora di più l’economia statunitense). Le relazioni tra Occidente e Cina non miglioreranno, ma peggioreranno, e con esse la situazione dei dissidenti interni. Se veramente si fosse voluto aiutare Liu, sarebbe stato molto più utile negoziare la sua liberazione diplomaticamente e in privato.

La seconda riguarda la democrazia in Cina. Noi, essendoci spesi a “esportare la democrazia”, siamo abituati a considerarla come un valore assoluto, dimenticando che essa in Occidente è il risultato di un processo di progressiva responsabilizzazione dei singoli che è iniziato nel Medioevo e che è durato parecchi secoli; un processo che la Cina, come la Russia e altre parti del mondo, non hanno mai attraversato fino ad ora. In più, la Cina è un paese immenso, popolato da 56 etnie (alcune zone ricordano la ex Jugoslavia); un paese in cui la densità di popolazione in alcune zone rende le folle totalmente ingestibili; un paese dalle disuguaglianze sociali mostruose, in cui convivono fianco a fianco l’imprenditore miliardario su Ferrari e il contadino che lavora la terra con le mani; un paese in cui nessuno è mai stato abituato a fare altro che obbedire. La verità, dunque, è che l’unico esito di una introduzione troppo rapida della democrazia in Cina sarebbe il caos – esattamente come è avvenuto in Russia dopo il 1989 (per restaurare l’ordine c’è voluta la quasi-dittatura di Putin).

Queste due verità sono perfettamente note a tutti i professionisti delle relazioni internazionali, a cui è chiaro che questo premio è dato non per il popolo cinese ma sulla sua pelle, con lo scopo di mettere in difficoltà il loro governo, usando cinicamente l’argomento dei diritti umani. Sul piano della comunicazione di massa, poi, questo premio ha un ulteriore vantaggio: la Cina è, non da ora, il comodo capro espiatorio di tutti i problemi economici dell’Occidente. Vivi da schiavo, sei sempre più povero, hai sempre meno diritti? La colpa non è di noi governanti occidentali che stiamo eliminando alla base il welfare, depredando la cosa pubblica e spendendo i soldi di tutti per i nostri comodi, la colpa è dei cattivi cinesi.

Credo che vi sia ormai chiaro come venga usato in questi anni il Premio Nobel per la Pace: come oggetto contundente in una guerra globale. Gli americani non possono mandare i bombardieri su Pechino come hanno fatto con Baghdad e Kabul, perché la Cina è troppo grossa e potente e anche troppo furba per offrire un pretesto; e allora provano a fermare la sua ascesa cercando di provocare disordine al suo interno e di mettere in difficoltà i suoi alleati in giro per il mondo, soffiando su un sentimento anti-cinese costruito ad arte dai media della macchina di propaganda dei poteri forti occidentali… gli stessi media che, per esempio, insistono tanto sul debito pubblico dei “PIGS” in modo da nascondere il fatto che, se invece andiamo a guardare il debito complessivo nazionale verso l’estero – pubblico e privato – le nazioni in testa sono, guarda che coincidenza, ben altre.

Però stammi bene, Liu, che ad Oslo sono tutti preoccupati per te!

[tags]cina, stati uniti, liu xiaobo, premio nobel, ordine mondiale, guerra, economia, libertà[/tags]

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sabato 9 Ottobre 2010, 19:49

La bomba nell’altra

Ai militari morti in guerra in Afghanistan dentro il classico blindato italiano di cartone, oltre che il dovuto rispetto, è dovuta anche la verità. La canzone dei Negrita che gira da mesi nel circuito underground, ovviamente senza godere di visibilità sui media (pur avendo già sostituito nel ritornello “la Bibbia” con “il libro” per urtare di meno), potrebbe essere un buon inizio di un ricordo meno ipocrita; e non per mancare di rispetto all’insegnamento cristiano, ma anzi per provare a rispettarlo davvero.

[tags]afghanistan, militari, attentato, negrita, religione, papa ratzinger, berlusconi, bush, petrolio, bibbia, bomba[/tags]

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