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sabato 19 Dicembre 2020, 08:46

In memoria di San Giuseppi

Quest’uomo, Giuseppi Conte, l’abbiamo fatto impazzire. L’hanno fatto impazzire i partiti della sua maggioranza, ognuno dei quali aveva da piantare una piccola bandiera per un proprio gruppo elettorale, ottenendo una deroga per i barbieri pugliesi sotto i 45 anni o per gli abitanti dei paesi di mezza montagna in condizione disagiata. E l’hanno fatto impazzire gli italiani, all’inizio ligi e solidali, poi, a ogni nuovo giro di norme sempre più irrazionali e incomprensibili, dediti – in maniera più che giustificata dal crescente, tragico ridicolo della situazione – alla grande arte italiana di trovare il modo di arrangiarsi lo stesso; e se gli italiani vogliono arrangiarsi, il modo lo trovano.

Così, da giurista, Conte ha partorito nei mesi un capolavoro di azzeccagarbuglismo che sarà studiato per anni nelle facoltà di diritto, con strati di DPCM e di decreti legge impilati a lasagna con in mezzo besciamelle di FAQ e di interpretazioni in conferenza stampa. Conte ha fatto quel che sa fare meglio: non lo statista, ma l’avvocato cavillista.

L’effetto, alla fine, è cosa nota: troppe regole vogliono dire nessuna regola, e di fatto bisognerà affidarsi al buon senso, sia della gente che delle forze dell’ordine chiamate a scoglionarsi in un gelido Natale di posti di blocco, a cui gli italiani sono già pronti a rispondere mandando il nonno in avanscoperta per individuare i militi e poi segnalare via SMS, su un telefono dai tasti belli grossi, il momento in cui la strada è libera.

Ma se tanto bisognava affidarsi al buon senso, sarebbe stato molto meglio avere al governo uno statista, invece che un avvocato cavillista; qualcuno che potesse guidare gli italiani con l’esempio e con la credibilità, con regole di tre righe dette guardando la gente negli occhi. Non è, purtroppo, la classe politica che abbiamo (opposizione compresa).

E quindi, la fine di Conte è segnata: con la popolarità a picco (calata dal 70% di aprile al 26% di oggi, e vedrete la settimana prossima) è diventato una macchietta per meme divertenti, come quello qui sotto, o per prime pagine sardoniche come quella di Repubblica (“Aggiungi due amici a tavola”: non si è mai vista Repubblica perculare così, a nove colonne, il capo di un governo del PD). Il meme sembra esagerato, ma poi provate voi a riassumere il decreto legge 18 dicembre 2020 numero 172; anche in una versione semplificata, suona così:

“Lo spostamento massimo in due, più eventuali figli sotto i 14 anni e disabili non autosufficienti, in una abitazione nella stessa regione è consentito in tutti i giorni dal 24 al 6 (rossi e arancioni), per una sola abitazione al giorno. Lo spostamento dai comuni piccoli (sotto i 5000 abitanti) per 30 km, anche fuori regione, ma non verso un capoluogo di provincia, è consentito solo nei giorni arancioni.”

Spiace, eh (ammiro molto, seriamente, il senatore Gabriele Lanzi che ieri sera era in giro sui social a rispondere a tutti), ma il governo giallorosso è socialmente alla frutta: e forse, una amara risata collettiva l’ha già seppellito.

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giovedì 26 Novembre 2020, 18:38

Un discorso razionale contro le restrizioni inutili

La discussione sullo sci e sulle vacanze natalizie, solo temporaneamente nascosta da Maradona, non è ancora arrivata alla fine; adesso, secondo i giornali, il governo pensa di nuovo di bloccare gli spostamenti e di vietare di andare in montagna persino da soli. Lo sci, in particolare, è l’ennesimo capro espiatorio trovato dalla politica per nascondere le proprie responsabilità, la propria incapacità di definire e far rispettare regole logiche e efficaci; eppure, sembra essere di moda criticare anche solo l’idea che ci si possa divertire in questo periodo.

A me questo approccio sembra assurdo, e se lo sembra anche a voi, ecco una comoda guida a come rispondere ad affermazioni che nell’ultima settimana sono state ripetute all’infinito.

“Lo sci è pericoloso, poi con gli infortuni si intaserebbero gli ospedali!”
A parte che l’attività di gran lunga più pericolosa per gli infortuni è stare in casa a cucinare o fare lavoretti, le regole però permettono di andare per divertimento in bicicletta o a fare una corsetta. In zona rossa è permesso persino il free climbing, se stai in un Comune che ha una palestra di roccia all’aperto. Sono tutti sport che, dicono le statistiche, hanno tassi di rischio comparabili o superiori a quelli dello sci. Che cavolo ha fatto lo sci di male per essere trattato diversamente da tutti gli altri sport individuali?

“Eh ma lo sci è una roba da gente della Torino e Milano bene! Allora non è vero che c’è crisi se la gente ha i soldi per sciare!”
Ok, ho capito cosa ha fatto lo sci di male: costa ed è considerato una roba da ricchi, quindi per principio immorale. Ma lo sci non è solo questo, è anche la vita di molte zone di montagna che hanno solo quello per sopravvivere e non spopolarsi; e in montagna c’è molto altro da fare oltre allo sci, quindi non è nemmeno accettabile bloccare del tutto gli spostamenti verso le montagne perché se no la gente va a sciare. Quanto alla crisi, per fortuna che non ha portato in miseria tutto il Paese e che c’è ancora gente che può spendere qualcosa, se no avremmo problemi ancora più gravi di quelli che abbiamo.

“Ma non è credibile che gente che l’anno scorso dichiarava di guadagnare mille euro al mese oggi dichiari di perderne ventimila!”
Non è credibile nemmeno che una persona adulta non sappia distinguere tra utile, fatturato e spese di una attività economica, eppure nel tuo caso evidentemente è così.

“Ma ti pare che in piena pandemia si debba pensare alle vacanze? Infatti le altre attività di divertimento, come i cinema e le discoteche, sono state fermate!”
Le altre attività di divertimento sono ferme perché si svolgono in luoghi chiusi con molte persone insieme, non perché sono di divertimento. L’idea che non ci si debba divertire fin che c’è la pandemia è piuttosto allucinante.

“Invece no, bisogna smettere di pensare al divertimento! Parlate di sci mentre oggi sono morte centinaia di persone, vi vadano di traverso i bastoncini, infami!”
Mi sfugge davvero il legame logico: le centinaia di persone mica sono morte perché sono andate a sciare, sono morte per via dei comportamenti di un mese fa. La questione è se lo sci o la vacanza tra un mese possano aumentare significativamente il numero dei contagi oppure no. Per il resto, seriamente: la gente muore sempre, dappertutto. Ogni giorno nel mondo muoiono circa 150.000 persone, e quest’anno grazie al covid se ne sono aggiunte circa altre 4.000. I lutti fanno parte della vita, toccano a tutti, ma questo non vuol dire che tutto il mondo debba passare tutta la vita in lutto.

“Ok, ma oggi in Italia sono morte 750 persone! E’ come se fossero caduti due jumbo jet!”
Ok, ma ogni giorno in Italia nascono anche mediamente 1200 bambini! E’ come se fossero nati tre jumbo jet! (Scusate la risposta altrettanto insensata.)

“Teniamo le scuole e i ristoranti chiusi e invece permettiamo attività inutili e di puro divertimento!”
Certo, le permettiamo perché hanno un profilo di rischio più basso delle scuole e dei ristoranti. Non si capisce perché o a che titolo dovremmo vietarle. Una delle peggiori stupidaggini della gestione dell’epidemia di questo governo è quello di introdurre spesso divieti senza alcun tipo di correlazione logica con il rischio di trasmissione del virus che le attività vietate comportano effettivamente, a partire dal divieto di uscire dal proprio Comune. In un paese civile, si può vietare solo ciò che presenta una ragione chiara che giustifichi il divieto, non quello che non piace al governo del momento.

“Non possiamo permettere attività che rischiano di creare anche solo un contagio e un morto in più!”
Veramente permettiamo quotidianamente e da sempre di andare in macchina, di bere alcool, di fumare, di fare lavori usuranti in ambienti malsani o pericolosi, di correre sui veicoli in un circuito e di lanciarsi col paracadute dai grattacieli, anche se queste attività provocano ogni anno numeri di morti significativi, in certi casi ben superori a quelli del covid. Ovviamente bisogna prendere tutte le precauzioni possibili per limitare i rischi, ma le attività a rischio zero sostanzialmente non esistono e l’umanità non si è mai fermata per questo.

“Ma allora liberi tutti e facciamo finta di niente?”
No, nessuno ha detto che il covid-19 non esiste, che non si debbano limitare le attività e prendere precauzioni, o che si possa passare il Natale in discoteca. Semplicemente si può fare come altri paesi europei, cioé trovare regole che limitino il rischio ed evitino gli assembramenti. Per esempio, per lo sci si può ridurre la capienza, eliminare le code in biglietteria, garantire le distanze e chiudere i punti di ritrovo al chiuso dove si genererebbero affollamenti. Questi sono i provvedimenti già presi in Svizzera e in Austria, dove le piste stanno riaprendo senza tanti drammi. Basta poi sbattersi a farli rispettare.

“Ma non si può andare a sciare senza assembrarsi! La cabinovia è al chiuso! E poi uno va in montagna ma poi deve andare in albergo, a mangiare al ristorante, a fare l’aperitivo…”
Ci sono stazioni sciistiche che non hanno neanche una cabinovia, solo seggiovie e skilift; e comunque, il tempo di permanenza in una funivia è limitato, certamente più quello che in un negozio o in una metropolitana, la capienza può esserlo altrettanto, e l’aria può essere cambiata semplicemente tenendo i finestrini aperti. Quanto alle attività dopo lo sci, in realtà parecchia gente va a sciare in giornata dalle città. Molta altra gente va in montagna in una seconda casa, sua o affittata; mangia a casa, sta per conto suo e poi va a sciare. Dal punto di vista economico ovviamente sarebbe meglio per le comunità locali se fossero aperti anche gli alberghi e i ristoranti, ma questo dipende dalle normali regole in vigore in tutta Italia.

“Ma non ha senso riaprire i ristoranti a Courmayeur e non a Milano!”
Infatti tutta la discussione nasce dal presupposto che l’Italia stia per ritornare uniformemente zona gialla, quindi con ristoranti aperti normalmente a pranzo e per l’asporto a cena, sia a Courmayeur che a Milano. Ovviamente i ristoranti devono essere trattati tutti allo stesso modo, anche se, come detto, c’è un sacco di gente che va a sciare senza aver bisogno dei ristoranti aperti. D’altra parte, non si capirebbe nemmeno perché concedere di andare al ristorante a Milano e non a Courmayeur, a meno che Courmayeur non vi stia sulle scatole più di Milano.

“Allora va bene però facciamo che se uno si fa male sciando poi non lo soccorriamo!”
Allora non soccorriamo nemmeno chi si è preso il cancro fumando o chi si schianta in macchina, ok? Anzi, a me non piacciono i pitbull, quindi facciamo che se uno viene morso da un pitbull impazzito lo lasciamo lì sanguinante, mi raccomando! Aveva solo da non prendersi un pitbull!

“Comunque non mi hai convinto! Ti aspetto a febbraio, quando ci sarà la terza ondata e sarà tutta colpa della gente come te che ha spinto per andare a sciare!”
Intanto, io non scio da vent’anni e non ci andrò nemmeno stavolta (spero semplicemente di poter passare il periodo natalizio in casa in montagna invece che a Torino), però frequento la montagna e mi dà fastidio vederla maltrattare come una appendice inutile del resto d’Italia, specie confrontando con il trattamento di favore ricevuto dalle spiagge del centro-sud in estate, con tanto di vacanze a spese dello Stato. Dopodiché, quasi certamente a febbraio ci sarà una terza ondata, ma prima di dire che è lo sci a causarla ci andrei piano; mi sembra più probabile che la possa causare l’assembramento nei negozi o un eventuale giro di cenoni al chiuso con venti persone per volta.

“Non è vero, le spiagge estive aperte hanno causato la seconda ondata!”
Mi sembra una teoria un po’ strana, hai dei dati a supporto? No, perché la crescita esponenziale e ubiqua della seconda ondata è iniziata due settimane dopo che sono state riaperte le scuole, non due settimane dopo le feste di Ferragosto. Sono tutte ipotesi abbastanza campate in aria, ma se proprio dovessi ipotizzare una causa specifica…

“Appunto, sarebbe meglio tenere tutto chiuso fino ad aprile, altro che cenoni e shopping natalizio!”
Per quanto mi riguarda potrei anche essere d’accordo, però capisco che sarebbe un disastro epocale per categorie già alla canna del gas: è facile dirlo quando sei un dipendente pubblico e la tua maggior preoccupazione è organizzare uno sciopero il 9 dicembre perché il 4% di aumento non ti basta, è meno facile quando sei un operaio in cassa integrazione dalla primavera e aspetti ancora che l’INPS ti paghi quella di luglio, o quando senza riaprire il negozio non sai più come pagare le bollette di casa e il governo ti promette “ristori” che arrivano poco e tardi o non arrivano proprio, e in più ti prende anche per il culo regalando 500 euro a testa anche a gente senza problemi economici perché si compri la bici da corsa nuova. Detto questo, il punto è un altro: se si decide di riaprire i negozi, i ristoranti e pure le chiese per le messe collettive, non si capisce perché gli unici sfigati debbano essere quelli che vivono di sport invernali all’aperto in montagna. Cosa hanno fatto di male?

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mercoledì 25 Novembre 2020, 23:24

Pensavo fosse ovvio (una esegesi di Maradona)

Pensavo fosse ovvio, ma visto che c’è gente che si lamenta degli omaggi a Maradona dicendo che era un cocainomane evasore fiscale che picchiava la fidanzata, mi tocca precisare quanto segue.

Maradona è una leggenda, è al di sopra del bene e del male e delle leggi del mondo e della fisica, e lo è proprio perché è stato insieme esagerato nel bene e esagerato nel male. Ma lo è anche perché non era malvagio lui, ma piuttosto il male ce l’aveva dentro come ostacolo, era geneticamente stampato nel suo essere piccolo, brutto e figlio delle favelas, con una montagna da scalare solo per avere le stesse opportunità dei nati meglio. Era il male di tutte le periferie del mondo, di tutti gli sconfitti in partenza che una volta su un milione per miracolo, con talento e con furbizia, arrivano in cima; e per questo tutti gli sconfitti del mondo si riconoscevano in lui, e lui in loro.

Inoltre, Maradona – a differenza di altri che sono grandi calciatori e niente di più, da Pelé a Platini, alla cui morte non piangeranno i popoli – è riuscito ad arrivare in cima senza leccare culi, senza accomodarsi col e al potere, senza comportarsi da bravo bambino e sorridere alle telecamere, ma piuttosto abbracciando Fidel e Hugo Chavez e mandando affanculo i giornalisti, ben sapendo che questo lo avrebbe tagliato fuori da tante cose e fregandosene lo stesso.

Io sulla tomba di Maradona metterei una foto come quella qui sotto, quella in cui al mondiale del 2018 fa un doppio dito medio alle telecamere, dopo che l’Argentina a quattro minuti dalla fine ha segnato il gol qualificazione a una di quelle classiche nazionali africane che a ogni mondiale vengono strapompate dai media in nome del politicamente corretto, salvo poi fare regolarmente cagare a spruzzo. Maradona col politicamente corretto ci si puliva il culo, e se questo non vi piace, potete andarvene affanculo anche voi.

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lunedì 23 Novembre 2020, 09:12

Il deposito pieno di tasse

Ho letto sui giornali della petizione di un gruppo di professori universitari torinesi a favore di una tassa patrimoniale sui “paperoni”, anche se poi nel testo si parla anche di una patrimoniale per tutti, ricchi o meno.

Ora, ho grande stima per il professor Terna (meno per alcuni altri firmatari), ma la premessa della petizione non si può proprio leggere.

Innanzi tutto, non si può leggere perché è evidente (a maggior ragione in epoca di Recovery Fund) che quel che manca allo Stato adesso non sono i soldi, ma la capacità di spenderli in maniera utile ed efficiente. L’ultima cosa che ci serve è un’altra tassa per pagare altri bonus bici, altri banchi a rotelle, altre Alitalia e altri redditi di cittadinanza a gente che spaccia o che lavora in nero: prima lo Stato impari a spendere, e poi può venire a chiedere altri soldi.

Poi, mi piacerebbe sapere come potrebbe funzionare in pratica una tassazione della ricchezza finanziaria, e chi colpirebbe davvero. Di sicuro non colpirebbe i “paperoni”, che i soldi li hanno all’estero e/o li hanno sotto forma di quote societarie spesso nemmeno commerciabili (a meno che non pensiamo all’esproprio proletario, ossia ogni anno il 5 per mille della Ferrero diventa “nostro” fin che non l’abbiamo espropriata tutta).

Colpirebbe invece chi ha messo dei risparmi da parte, come se risparmiare invece di buttar soldi in puttanate fosse una colpa da punire. La proposta è lo 0,8% per il 10% più ricco delle famiglie: peccato che siamo un Paese in cui risulti in quella fascia se guadagni quello che in Europa è lo stipendio di un neolaureato (non so a che titolo i proponenti li chiamino “paperoni”). Chissà dove sono tutti gli altri soldi; di sicuro non in mano a chi paga le tasse e tiene i suoi risparmi ben in vista in banca, cioé al target di questa misura.

Ad ogni modo, con una aliquota del genere – non una tantum, ma annuale! – ogni vent’anni se ne andrebbe via un sesto dei risparmi solo in tasse: a parte qualsiasi considerazione etica su un esproprio di tale portata, credo che il giorno dopo vedremmo in televisione la pubblicità delle fiduciarie in Lussemburgo, o degli immobili da reddito in Portogallo o in Croazia.

Ma poi, l’odiosità sociale della proposta è ben riassunta dall’ultima frase della premessa: “chi ha “solo” 20.000 euro in banca dovrebbe pagare 100 euro l’anno”. Questa frase dà davvero la sensazione che per quelli che fanno questa proposta, tutti professori universitari che guadagnano migliaia di euro al mese da stipendi pubblici ipergarantiti, 20.000 euro di risparmi e 100 euro di tasse siano una mancetta trascurabile: “dottò, che te stai a lamenta’ pe’ 100 euro?”. Chi magari si è dovuto sudare quei 20.000 euro in anni di sacrifici da precario o da imprenditore di se stesso, invece… paga cento euro l’anno, che servono anche a coprire quegli stipendi, e sta zitto.

In questo Paese c’è una dicotomia da affrontare urgentemente, sì. E’ quella tra chi si deve guadagnare da vivere con le proprie forze sapendo che al primo rovescio saranno tutti cavoli suoi, e chi ha già un mondo di garanzie, finanziate dai soldi degli altri, e passa il tempo a pensare a come farsene pagare di nuove. Sarà mica che i veri “paperoni” sono loro?

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venerdì 30 Ottobre 2020, 08:56

Ho provato a comprare la fibra di Sky e Openfiber – ed è stato un disastro

EDIT: Dopo aver pubblicato questo post il venerdì mattina, grazie anche all’interessamento di alcuni che l’hanno letto, in poche ore sono stato ricontattato da Sky e il lunedì pomeriggio avevo la mia fibra installata e funzionante – e adesso sono più che soddisfatto del servizio. Grazie a tutti :)

Non mi piace parlare troppo di problemi personali, ma quella che mi sta capitando è una vicenda emblematica di come l’Italia, alla fine, sia un Paese la cui digitalizzazione è senza speranza. Mi scuso se il racconto sarà lungo e dettagliato, ma non temete: è talmente assurdo che diventa tristemente divertente.

Tutto comincia tre settimane fa, quando decido di pensionare il mio vecchio ADSL di casa (nonché di lavoro, vista la situazione generale) e sostituirlo con la fibra FTTH di Openfiber, dal cui sito risulto coperto. L’occasione è il lancio di Sky Wifi, la nuova martellante e fantasmagorica offerta fibra di Sky; essendo da oltre un decennio cliente del satellite, mi offrono sei mesi gratis senza impegno. Perché no, mi dico. Quel che segue è un girone infernale di cui, dopo tre settimane, non si vede la fine – e nel frattempo presto resterò senza Internet.

Mer 7/10, ore 10:45
Ho deciso, compro la fibra! Vado sul sito Sky, leggo l’offerta, clicco “chiamami”.

Mer 7/10, ore 10:50
Prontamente ricevo una telefonata. E’ una gentile signorina che, con apprezzabile trasparenza, per 25 minuti mi legge tutte le clausole del contratto e registra il mio assenso. Alla fine bisogna fissare l’appuntamento per l’installazione della fibra, e chiedo se posso scegliere il giorno; lei mi dice che non si può, però posso indicare i giorni in cui non sono disponibile; escludo venerdì, lunedì e mercoledì. Chiedo anche se la disdetta del vecchio contratto è automatica; lei mi risponde che dovrebbe essere così, ma mi dice anche di mandare “per sicurezza” una mail al vecchio provider, perché molti ci provano e continuano a fatturare.

Mer 7/10, ore 15:40
Arriva una mail da Sky: siamo pronti a installarti la fibra, saremo da te sabato mattina! Io trasecolo: nessuno mi aveva parlato di sabato, quel giorno sarò fuori Torino.

Mer 7/10, ore 15:50
Chiamo il 170 (servizio clienti Sky). Chiedo di spostare l’appuntamento, la signorina mi propone martedì alle 8:30. Io dico: sì, potrebbe andare, nel frattempo apro il calendario, verifico, in realtà ho un problema, quindi rispondo: anzi no, facciamo giovedì. Nel frattempo però la signorina ha già cliccato e confermato martedì alle 8:30, allora deve rifare tutto un’altra volta, ma poi ce la facciamo: fissiamo giovedì 15/10 alle 8:30.

Mer 7/10, ore 16:40
Visto che l’appuntamento è fissato e confermato, come da istruzioni, mando la mail al vecchio provider (Isiline) annunciando il passaggio ad altro operatore. Mi rispondono che no, vogliono una raccomandata o una PEC. Mando anche la PEC.

Mer 7/10, ore 19:30
Trovo una chiamata persa dallo 02 4954 5385 (ero sotto la doccia). Chissà cos’è. Richiamando non succede niente.

Gio 8/10, ore 8:30
Arriva una nuova, entusiastica mail di Sky: ti confermiamo il tuo appuntamento per sabato mattina, mancano solo due giorni! Bestemmio.

Gio 8/10, ore 10:00
Richiamo il 170. Mi accoglie una voce registrata: “benvenuto Vittorio Bertola, ti ricordiamo il tuo appuntamento fissato per martedì mattina alle 8:30!” Rido nervosamente. Alla fine parlo con un operatore, che controlla e mi dice: no è tutto a posto, le confermo giovedì prossimo alle 8:30, ignori qualsiasi messaggio che dica altrimenti.

Gio 8/10, ore 15:00
Squilla il telefono, è una nuova chiamata da 02 4954 5385, ma non faccio in tempo a rispondere: ha squillato in tutto 11 secondi.

Ven 9/10, ore 8:30
Arriva la terza entusiastica mail di Sky: “Vittorio festeggia, il tuo Sky Wifi arriva domani mattina!!”. Bestemmio di nuovo, ma, come da istruzioni, ignoro.

Ven 9/10, ore 12:00
Terza chiamata da 02 4954 5385. Non so chi siano, ma sono in una videoconferenza di lavoro, non posso proprio rispondere.

Sab 10/10, ore 9:30
Quarta chiamata da 02 4954 5385, e finalmente riesco a rispondere. Mi dice che è per la fibra, e io già temo: sarà l’installatore lì davanti alla mia porta che non trova nessuno. Ma no, sono malfido: mi conferma l’appuntamento di giovedì, ma mi chiede di ripetere di nuovo tutti i miei dati: nome, cognome, indirizzo…  tutti dati che ho già fornito ampiamente. Se non fosse che conosceva l’ora precisa dell’appuntamento, avrei pensato a un attacco di social engineering per ottenere i miei dati personali, o a uno di quelli che cercano di venderti un contratto luce a tradimento.

Gio 15/10, ore 8:20
E’ il grande momento! Finalmente avrò la fibra in casa. Aspetto. E aspetto… e aspetto… e aspetto…

Gio 15/10, ore 10:10
Sono passate quasi due ore: chiamo il 170. La signorina Sky di questa volta (ogni volta parli con una persona diversa) mi dice: mah, a noi risulta tutto a posto, magari è solo in ritardo, provi ad aspettare ancora un po’. Non sanno chi debba venire e non hanno modo di contattarlo: ottima organizzazione.

Gio 15/10, ore 12:10
Quarta chiamata al 170. L’operatore Sky mi mette in attesa, fa lunghi silenzi: mi dice “oggi abbiamo il sistema lento”. Mi dice che per loro è tutto a posto, anzi, a loro non risulta che il tecnico non si sia presentato. Poi aggiunge: però vedo qui che non è la prima volta che non si presenta! Gli devo spiegare io che gli appuntamenti precedenti (sabato e martedì) non sono mai esistiti. Mi dice che lui per ora non può fare niente, che “apre una segnalazione al reparto tecnico” e che richiameranno loro, ma “per sicurezza” richiami anche lei domani mattina.

Ven 16/10, ore 8:15
Nessuno mi ha richiamato: quinta chiamata al 170. Questo operatore Sky controlla e mi dice: Openfiber (prima volta che viene menzionata apertamente, solo quando le cose cominciano ad andare male) ci ha mandato esito “ko” ma non ci ha spiegato perché; quindi “apro una segnalazione al reparto tecnico” (un’altra?). Mi dice di aspettare che mi richiamino loro, ma “per sicurezza” riprovi anche lei la prossima settimana. Chiedo quanto tempo ci vuole, visto che prima o poi resterò senza il vecchio ADSL, e mi dice: ma non doveva mandare la disdetta! Faccio notare che mi hanno detto loro di farla, mi suggerisce di cancellarla.

Ven 16/10, ore 20:00
Scrivo a Isiline chiedendo se si può posticipare la cessazione del contratto. Risposta: noi il 6/11 stacchiamo tutto, cordiali saluti.

Mar 20/10, ore 18:10
Nessuno si è più fatto sentire: sesta chiamata al 170. Questa signorina Sky mi spiega che la pratica è bloccata perché “devono” (non si sa chi) “ricontrollare i miei dati”. Io resto un po’ basito, lei allora, per dare un senso alle cose, mi chiede di nuovo il mio indirizzo (terza o quarta volta). Mi dice anche lei di aspettare (non si sa cosa, presumo l’apparizione di qualche santo con la fibra in mano), le spiego che mi staccheranno la linea, mi dice: va bene, “le fisso un call me back per domani alle 15-15:30”. “Call me back” dev’essere dialetto milanese per “appuntamento telefonico”.

Mer 21/10, ore 15:00
Ovviamente, per tutto il pomeriggio, non mi chiama nessuno.

Gio 22/10, ore 14:00
Settima chiamata al 170. Il tizio mi mette in attesa per un po’, poi mi dice che ha parlato con un supervisore e loro non possono fare nulla perché sono in attesa di Openfiber. Mi dice che magari potremmo cancellare questo ordine e ripartire da zero, magari con una nuova procedura sarei più fortunato! (La lotteria della fibra…) Però aggiunge che magari c’è un problema in centrale, e in realtà non è sicuro che io sia coperto, anzi magari non possono proprio darmi la fibra, o lo scopriranno dopo un mese, chissà. Mi dice anche lui che ho sbagliato a seguire la sua collega che mi aveva detto di mandare la disdetta, come se fosse colpa mia. Si scusa a profusione e mi dice di richiamare lunedì sera per valutare cosa fare.

Mar 27/10, ore 9:00
Non ho ancora richiamato, ma passo un attimo in un centro Sky vicino a casa, perché nel frattempo mi si è pure smagnetizzata la tessera del satellite (qualità totale). La signorina me la cambia, e poi mi dice: ma non le interesserebbe mica il nuovo Sky Wifi? Io sospiro, le spiego la situazione, lei fa un controllo a video e fa: mah, a me non fa fissare l’appuntamento, però mi pare tutto a posto, chiami pure il 170 per procedere.

Mar 27/10, ore 12:45
Ottava chiamata al 170. L’ennesimo operatore Sky gentilissimo ma totalmente inutile mi dice che “l’attivazione è stata sospesa da Openfiber senza indicare alcun codice di errore, non sappiamo cosa sia andato storto, non possiamo fare niente se non mandare solleciti, ne mando subito un altro” (il terzo, quarto, boh; dev’esserci qualcuno che li colleziona prima di cancellarli). Mi dice che non mi dovrebbero staccare la linea perché ho fatto la portabilità del numero, io gli chiedo quale numero (non ho il telefono fisso da decenni), e lui fa “ah allora ok, capisco”. Quindi devo aspettare, mi richiameranno loro, ma non richiami prima di novembre. “Ah a fine chiamata le faranno un questionario, se vuole mi dia un voto positivo, nove o dieci!”

Mar 27/10, ore 14:00
A questo punto sono ovviamente furioso con Openfiber, che sta bloccando la mia pratica senza spiegazioni da due settimane. Quindi vado sul loro sito, trovo una form di contatto, la riempio di insulti, poi ci penso meglio e mando una gentile richiesta: spiego la situazione e chiedo se possono dirmi qual è il problema.

Mer 28/10, ore 12:30
Colpo di scena! Openfiber risponde alla mail e mi dice: guardi che la richiesta di attivazione della sua linea è stata annullata da Sky, devono fare loro una nuova richiesta. Mi cascano i cosiddetti.

Mer 28/10, ore 14:30
Nona chiamata al 170. Spiego tutto di nuovo cercando di restare calmo, la signorina di Sky mi mette in attesa, l’attesa dura molti minuti. Però alla fine mi ridice la stessa cosa: loro sono in attesa di Openfiber, è tutta responsabilità di Openfiber, loro non possono fare niente finché non si “aggiorna il sistema” (cosa vorrà dire? boh). Le faccio notare che Openfiber, come da risposta, non farà niente fin che non fanno qualcosa loro, lei mi dice: ma questa è competenza di un altro reparto (ah beh, sai che me ne frega a me). Mi dice che manderà l’ennesimo sollecito all’altro reparto e poi devo aspettare che mi richiamino, faccio notare che in dieci giorni non mi hanno mai richiamato una volta, lei non sa più cosa dire.

Mer 28/10, ore 15:00
Riscrivo anche a Openfiber, segnalando che per Sky sono loro a doversi muovere. Mi rispondono subito: “abbiamo girato la mail al reparto competente”.

A questo punto nessuno si è più fatto sentire da due giorni, tra una settimana mi staccano Internet a casa e non si vede il modo di uscirne. E’ chiaro che il call center di Sky è popolato di ragazzi gentilissimi messi in mezzo a una procedura fuori controllo, piena di bachi e di buchi. E’ anche chiaro che chiunque abbia pensato queste procedure – nonostante l’accesso a Internet sia un servizio essenziale – non ha alcun interesse a fornire un servizio centrato sul cliente, ma solo a parcellizzare tutto in un milione di sottosistemi e subcontratti che ovviamente poi non riescono a funzionare insieme, anche perché a ognuno importa solo di fare il proprio compitino. Sospetto dunque che l’Italia debba limitarsi a comunicare coi segnali di fumo, lasciando la modernità al resto del pianeta.

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martedì 27 Ottobre 2020, 18:35

Almeno il rispetto

Una delle tante cose tristi del dibattito di queste ore sulle attività che chiudono per decreto anti-pandemia è che è legato soltanto ai soldi. Gli argomenti, dall’una e dall’altra parte, sono soltanto economici: “non si può sopravvivere se non si guadagna”, “tanto quelli son tutti evasori fiscali”, “un sacrificio nel portafoglio in questo momento tocca a tutti”, “no ad altre categorie non tocca così tanto come a noi“.

E però nel lavoro autonomo, nelle attività commerciali, nel lavoro artistico c’è tutta un’altra componente che spesso al resto della società sfugge. E’ una componente di identità, di collocazione sociale: sono professioni in cui una persona è il proprio lavoro, e tutta la sua vita si identifica innanzi tutto con esso, dal punto di vista psicologico molto prima che economico.

Questa è una perdita che nessun “ristoro” governativo può compensare. Il governo potrebbe ridarti anche il 100% dei soldi che ci perdi (in realtà te ne ridà il 20%, peraltro) ma questo non compenserebbe lo shock della serranda chiusa e del locale vuoto, il non sapere più chi sei e chi sarai, il vedere il luogo che hai costruito in anni e anni di fatica, o magari che era di tuo padre e di tuo nonno prima di te, messo a rischio o cancellato per sempre d’improvviso.

Quando si decide cosa uccidere e cosa salvare, o perlomeno mentre lo si discute, spero che si possa tenere anche conto di questo fattore e del rispetto che merita.

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domenica 25 Ottobre 2020, 14:14

Il discorso di Conte

Guardate, il discorso di Conte ve lo riassumo io:

“Abbiamo imposto alle attività private un sacco di adempimenti a spese loro come condizione per la riapertura, con tanto di multe salate per qualsiasi sgarro, mentre noi nel pubblico ce ne siamo fregati, non abbiamo rinforzato gli ospedali, non abbiamo messo in piedi un sistema di tracciamento funzionante, non abbiamo fatto niente per evitare l’affollamento nei trasporti, e abbiamo riaperto le scuole con regole velleitarie che hanno mandato tutto il sistema in tilt in poche settimane.

Quindi adesso, dovendo chiudere per evitare il disastro, scarichiamo tutto sui privati per non disturbare noi e i nostri dipendenti: chiudiamo le palestre ma teniamo aperte quelle delle scuole, chiudiamo le attività culturali private ma teniamo aperti i musei pubblici, chiudiamo i ristoranti a cena ma lasciamo aperte quasi per intero le scuole e non mettiamo in giro un autobus in più.

Naturalmente vi promettiamo anche un fantastilione di miliardi di compensazioni, che però non ci sono ancora, anzi non abbiamo nemmeno ancora pagato quelli della primavera, ma credeteci eh! Ah e a dicembre arriverà il vaccino, contateci, sì è vero che non siamo nemmeno riusciti a darvi quello contro l’influenza ma a dicembre arriverà il vaccino contro il covid, l’abbiamo scritto nero su bianco.”

Io mi chiedo davvero come mai non ci siano già milioni di lavoratori autonomi e piccoli imprenditori in piazza…

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lunedì 5 Ottobre 2020, 19:11

Odio su strada

La nuova pista ciclabile di strada antica di Collegno, realizzata dal Comune “dall’alto”, dove non c’era molto spazio e dove nel quartiere non la volevano, non smette di creare polemiche.

A me spiace che tra le associazioni dell’orgoglio ciclista (più il Comune, schierato dalla loro parte) e i residenti non si riesca ad avere un dialogo utile, ma soltanto uno scambio di invettive e (specie da parte del Comune) posizioni ideologiche che alla fine esprimono soprattutto disprezzo per i cittadini che l’amministrazione dovrebbe servire.

Se da una parte creare ciclabili e promuovere la mobilità alternativa è sacrosanto, dall’altra i problemi segnalati sono reali e creano danni reali a chi vive lì. Indubbiamente il traffico lì è molto rallentato rispetto a prima, come anche, per citare un caso che conosco bene vivendoci davanti, sul controviale di corso Lecce; restringere la corsia così tanto strozza il traffico, non solo perché le auto vanno più piano (il che è positivo su strade residenziali, meno quando si tratta di vie su cui scorre ogni giorno il traffico pendolare a media-lunga distanza) ma perché bastano uno che deve parcheggiare, un camion dell’immondizia, anche solo una portiera aperta per bloccare il traffico e creare una fila di auto sgasanti, che talvolta arriva fino a bloccare l’incrocio precedente creando intasamenti a catena, rumore e inquinamento.

Una normale mattina in corso Lecce accanto alla nuova ciclabile.

Alla fine, si tratta di scelte e nelle scelte ci sta anche quella di ridurre lo spazio per le auto per aumentare quello per le bici. Tuttavia, una buona amministrazione si adopererebbe per trovare comunque soluzioni che riducano l’impatto negativo; magari recuperando i parcheggi in qualche strada adiacente, o magari facendo due piste monodirezionali più strette su due vie parallele invece che una pista più larga su una strada sola. Qui, invece, abbiamo un Comune che gode a veder soffrire chi usa l’auto e persino chi semplicemente abita sul tracciato della nuova pista.

Le auto non spariranno perché c’è la ciclabile, perché quella del tizio che prende la macchina per fare duecento metri che potrebbe fare a piedi e poi la lascia in doppia fila è prevalentemente una caricatura: ci sono indubbiamente parecchie persone che fanno così, ma la grande maggioranza di quelli che prendono la macchina lo fanno perché ne hanno bisogno, a maggior parte in un momento storico in cui le stesse amministrazioni che si lamentano dell’uso dell’auto non hanno fatto praticamente nulla di concreto per offrire un servizio di trasporto pubblico sicuro e non affollato in tempo di pandemia, né hanno aiutato il ricambio delle vecchie auto con incentivi significativi, come hanno fatto in Lombardia.

Con l’auto di massa – magari elettrica, magari condivisa, sperabilmente più piccola, ma sempre auto – dovremo convivere ancora per un bel po’; io spero che la prossima amministrazione comunale, pur continuando a fare piste ciclabili, le farà con più buon senso, con meno cattiveria e con meno odio.

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venerdì 2 Ottobre 2020, 19:07

Criminali in monopattino alla cassa del Lidl

So che sembra assurdo, ma ieri pomeriggio ho rischiato di essere pestato a sangue da un criminale in monopattino a una cassa del Lidl.

Ero andato al gobbostadium (sì, lo confesso) per una visita medica, e ne ho approfittato per fare la spesa all’adiacente Lidl di via Sansovino. Vado in cassa con tutta la mia roba, e dietro di me arriva un tizio grosso, tutto tatuato, sulla quarantina abbondante, con la spesa in un sacchetto, sopra un monopattino.

Passa di lì il capofiliale, lo vede e gli dice “scusa, non puoi entrare dentro col monopattino”. Il tizio gli risponde male, in un profluvio di bestemmie inframmezzato al seguente concetto: “io minchia cazzo non lo posso lasciare fuori porcod*, se no ne ritrovo quattro, oggi porcam* non c’avete neanche il cazzo di guardiano” (ho eliminato un po’ delle bestemmie). L’altro gli risponde: “non è un problema nostro, la prossima volta vieni a piedi” – e poi si allontana.

A quel punto il tizio è già incazzato, e si accoda in cassa subito dietro a me. Comincia a gridare che “porcod* guarda come mi trattano di merda, solo perché cazzo ho fatto vent’anni di carcere, e adesso aprite un’altra cazzo di cassa, porcam*”. Prende il mio carrello e lo butta in avanti gridando: “vai avanti, cazzo!” Io ovviamente sono fermo dietro a una signora, che è ferma dietro a un vecchietto che ha comprato tre cose e deve assolutamente pagarle tutte in monetine da un centesimo. Allora lui comincia a dar fuori di matto e a minacciare urlando: “vai avanti o ti meno, io vi ammazzo tutti, guardate che ho fatto vent’anni di carcere!”

La cassiera coglie la situazione, mette da parte il vecchietto e dice al tizio: “venga venga, passi pure”. Stranamente, nessuno obietta. Il tizio però ormai mi ha preso di mira come responsabile della sua attesa alla cassa e dei suoi problemi nella vita, così passa, poi si gira e dice: “che cazzo guardi? Guarda che porcod* vengo lì e ti ammazzo”.

Nel frattempo sono discretamente arrivati un altro paio di dipendenti, ma nessuno sa cosa fare: se anche chiamassimo la polizia, questo fa in tempo davvero a picchiare tutti, per non parlare di possibili ritorsioni future. Incrociamo le dita per la soluzione pacifica, lui apre il sacchetto e rivela la sua spesa: un barattolo di cetriolini e tre bottiglie di sambuca di sottomarca. Le sbatte sulla cassa, ma poi si gira e dice: “no adesso ti meno!” Torna indietro fino a un centimetro da me, comincia a urlare: “adesso ti ammazzo, vi ammazzo tutti porcod*, ne ho il cazzo pieno di voi”.

Io adotto l’unica strategia che si può adottare quando uno cerca solo una scusa qualunque per fare rissa con te, cioé non rispondere, non guardare, non dire niente, fare la statua di sale. Mi dà uno spintone sul braccio, ma visto che non rispondo nemmeno a quello, che ha attorno una dozzina di testimoni e che probabilmente essendo stato vent’anni in carcere non ci vuole ritornare, per fortuna decide di andarsene. Estrae una carta di credito dorata (wtf), paga, piglia la sambuca, e parte sul monopattino verso l’uscita insultando tutti.

Siamo tutti sollevati, la cassiera mi fa: “non ci faccia caso eh, qui c’è certa gente…” Ecco, mi spiace per la gente normale che abita il circondario delle Vallette, ma tutti gli stereotipi sul quartiere si sono materializzati. Meno, invece, gli stereotipi su chi si compra un monopattino, ma chissà che nel tempo anche su questo non ci sia un’evoluzione.

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martedì 22 Settembre 2020, 19:38

Una domanda sulla condanna di Chiara Appendino

So che volete un commento sulla condanna di Chiara, ma io invece ho una domanda. Non è per lei, che di fronte alla scelta se rimanere nel M5S o rimanere sindaca ha scelto la seconda. Se mai, la domanda è per i suoi consiglieri.

Chiara Appendino non è certo il primo esponente del M5S che, di fronte a una regola del Movimento che la obbligherebbe a lasciare la poltrona, sceglie invece di andarsene per non mollarla. Tuttavia, in passato quelli che facevano questa scelta erano i più reietti, i “fuoriusciti”, accusati di poltronismo e quant’altro persino quando erano chiaramente motivati da una divergenza di idee e non da interessi personali. Era assolutamente fuori discussione che quelli rimasti nel M5S potessero ancora collaborare con loro, figurarsi sostenerli nella loro nuova posizione di parlamentare, consigliere o sindaco non più del Movimento.

Bene, io non capisco allora come facciano gli attuali consiglieri del M5S a rimanere nel Movimento e allo stesso tempo a sostenere una sindaca che ne è uscita. Non mi pare nemmeno che le regole del M5S lo consentano. Continuare a sostenere Chiara equivale a dire che la regola del M5S che dice che i condannati (oltretutto condannati per falso in atto pubblico, non per un discutibile reato d’opinione) si devono dimettere è sbagliata, o perlomeno che ammette eccezioni – e come diceva Gianroberto Casaleggio, ogni volta che deroghi a una regola praticamente la cancelli.

Mi stupisce che i consiglieri, specie quelli che hanno sempre rivendicato il loro attaccamento ai principi delle origini, cedano proprio sul punto dei condannati, uno dei pochissimi rimasti ancora in piedi. Chissà se qualcuno di loro vorrà spiegare.

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