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martedì 15 Dicembre 2009, 19:49

Nuovi business in rete

No, non sono stato rapito dai servizi segreti: ho fatto un giro andata/ritorno a Milano per la conferenza di presentazione di una mia nuova attività professionale, The Innovation Group – una piccola società di consulenza di alto livello per aziende pensanti che vogliono usufruire di alte densità di ingegno. Ho sentito cose molto interessanti e in futuro ve ne parlerò con maggiore dettaglio; il mio breve intervento – l’ultimo prima di pranzo, dunque doverosamente abbreviato allo scopo – ha riguardato come i nuovi paradigmi della rete, prima ancora che le nuove tecnologie, cambino non solo la comunicazione delle aziende verso i clienti, ma la stessa maniera di organizzarsi e di concepire i rapporti con fornitori, consumatori e persino concorrenti.

Capita a fagiolo dunque la nuova tecnica di marketing inventata dai fan di Berlusconi: far comparire dal nulla gruppi Facebook con centinaia di migliaia di persone apparentemente solidali al premier, semplicemente prendendo gruppi di grandi dimensioni già esistenti, con persone associatesi per altri scopi – dalle informazioni sulle aste online alla solidarietà ai terremotati d’Abruzzo – e cambiandogli il nome.

Può darsi che ciò sia accaduto semplicemente per l’entusiasmo berlusconiano dei fondatori e gestori di questi gruppi, gli unici che tecnicamente possono cambiare nome e argomento ai gruppi Facebook. Nessuno però può dire se invece non vi siano stati dei veri e propri acquisti: per chi concepisce la comunicazione come un flusso unidirezionale “un tanto al chilo”, non pare vero poter comprare la possibilità di scrivere a 400.000 persone in un botto solo, o di strumentalizzarle per una causa qualsiasi, pagando chi può prontamente fornirla. Conoscendo il modo di fare del marketing politico (berlusconiano e non solo, gli altri si sono sempre prontamente adeguati), ritengo anzi probabile che le offerte di denaro siano state immediate e consistenti.

Del resto, è un po’ di tempo che spopolano improbabili gruppi “iscriviti per avere l’account vip oro” o “no a facebook a pagamento” o “prova la nuova versione di facebook esclusiva solo per te” o questo o quello che chiaramente non servono a niente, se non a collezionare iscritti per poi venderli o comunque sfruttarli in qualche maniera.

Oggi Facebook ha sbaraccato tutti i gruppi pro e contro l’aggressione a Berlusconi; e chissà che qualcuno degli amministratori dei gruppi di grandi dimensioni così prontamente dissolti non vada a lamentarsi chiedendo i danni, “possedevo 380.000 iscritti messi insieme in mesi di paziente lavoro e stavo giusto per venderli a qualcuno, quando voi avete cancellato la mia ricchezza con un clic”. E’ il rischio dell’economia dell’immaginario, baby!

Comunque, se fossi Facebook, eliminerei prontamente la possibilità di cambiare il nome di un gruppo: mi sa che ci staranno pensando, colti anche loro di sorpresa dai nuovi modelli di business che solo noi italiani ci sappiamo inventare.

[tags]the innovation group, facebook, marketing, economia dell’immaginario, net economy, internet, berlusconi[/tags]

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domenica 13 Dicembre 2009, 20:13

Da piazza Fontana a piazza Duomo

Da piazza Fontana a piazza Duomo sono quarant’anni, ma solo pochi metri e quasi nessun cambiamento.

Quarant’anni fa, una strage di cui non si seppero mai i colpevoli – ma solo perché le indagini, giunte a ipotizzare un coinvolgimento dei nostri servizi segreti, furono fermate dall’alto dallo stesso Stato italiano – segnò l’inizio della strategia della tensione, e portò l’Italia negli anni di piombo, secondo un piano di poteri misteriosi che è stato solo parzialmente svelato, e che però ha portato l’Italia dritta nelle mani di Craxi prima e Berlusconi poi.

L’episodio di stasera – uno sconosciuto che tira un souvenir di ferro in faccia a Berlusconi, mandando in giro per il mondo le immagini del nostro premier con la faccia coperta di sangue – può essere tutto. Può essere uno squilibrato influenzato dalla tensione montante, oppure può essere un esaltato tra i tanti scontenti e contestatori, oppure può essere un provocatore mandato dal nostro stesso governo o da chissà quale terza parte; nella storia d’Italia si sono già verificati tutti questi casi.

Il dato di fatto è che questo episodio copre la verità politica, ben raccontata nel suo blog da Beppe Caravita (che lì c’era), cioè che in piazza ad applaudire Silvio non c’erano più le folle oceanica dei tempi migliori, ma solo un paio di migliaia di quadri di partito e fedelissimi pensionati, accompagnati da un gruppetto di contestatori. Senza questo caso, la scena sarebbe stata la solita: i telegiornali servi avrebbero parlato di grandi folle e pochi contestatori violenti a parole, ma molti avrebbero capito che la presa mediatica di Silvio è sempre più debole, che gli italiani non sono scemi, e che la crisi economica che da sempre rovescia i governi finirà per rovesciare anche questo.

La rabbia, infatti, monta: ed è lo stesso Berlusconi a farla salire, a forza di manganellate, di repressione, di controllo mediatico, di azioni tipiche di una dittatura crescente che provocano nelle persone la sensazione che la manifestazione di piazza, se non addirittura la violenza, sia l’unica risposta possibile; perché le istituzioni democratiche non funzionano più, non rispondono più ai cittadini, non sono più una via praticabile per difendere i propri diritti e cambiare le cose.

Io nella democrazia ci credo ancora e sto provando da anni a farla funzionare; so che, senza dubbio alcuno, la violenza è sbagliata sempre; eppure non riesco a scandalizzarmi per il volto di Silvio coperto di sangue, dopo aver visto per mesi e per anni i video di persone inermi di ogni genere manganellate selvaggiamente dalla sua polizia. Berlusconi raccoglie solo la violenza, verbale e fisica, che sta seminando da parecchio tempo; e chi vuole essere sempre al centro dell’attenzione, celebrato e adorato nei momenti positivi, finisce invariabilmente per venire usato come capro espiatorio e massacrato dalla folla quando la ruota gira. Berlusconi lo sa, e aspettiamoci sempre più polizia, sempre più repressione, perché sa che a forza di tirare la corda potrebbe veramente finire esiliato o bersagliato di monetine.

C’è, però, una domanda inquietante che è necessario porsi, ritornando al punto di partenza del ragionamento. La contestazione dal basso a Berlusconi – il popolo viola – è sincera, è davvero desiderosa di salvare la democrazia e la legalità che Silvio erode da anni. Ma è manovrata?

Già, perché persino io che credo nella rete e ci vivo da quindici anni, che vivo l’opposizione in piazza e dall’interno, ho i miei dubbi su quello che sta succedendo. Tutto, nella nostra società, è manovrabile e manovrato mediaticamente – anche l’opposizione alle manovre mediatiche. E in maniera sotterranea, anche se visibile a chi sappia cercare, si giocano in questi anni battaglie importanti.

Di rivoluzioni colorate in questi anni – alcune riuscite, altre fallite – se ne sono viste parecchie: in Ucraina, in Georgia, in Iran… Tutte, invariabilmente, mirate ad abbattere governi antiamericani e sostituirli con governi filoamericani. Non c’è dubbio che Silvio abbia rotto gli equilibri, che abbia portato l’Italia ad essere il più fedele alleato europeo della Russia, che vada in giro a farsi vedere con Gheddafi e Lukaschenko non perché è un pazzo, ma per sbattere in faccia a tutti che lui sta da quelle parti lì, da quelle che possono riversare nelle tasche sue e (in misura minore) dell’Italia un sacco di soldi, ma che all’Occidente non piacciono. Non che Lukaschenko sia una frequentazione di cui vantarsi, ma si sa che i regimi autoritari sono dittatoriali e antidemocratici se non sono economicamente alleati dell’Occidente, mentre sono semplicemente forti e capaci se fanno gli interessi dell’Occidente.

E’ chiaro a chi segua un po’ gli scacchieri sotterranei che Berlusconi è stato scaricato: è impresentabile persino per i poteri forti che l’hanno messo lì vent’anni fa, e comunque ha iniziato a fare di testa sua, ha pensato, nel puro stile del megalomane quale è, di potersi sganciare dai suoi manovratori, di poter fare sgarbi a chi non è affatto disposto ad accettarli. I regimi che piacciono a chi conta sono quelli che non sono sempre sulla bocca di tutti, sono i club quieti che si incontrano a porte chiuse e decidono a cena i prossimi governanti europei e le parti meno democratiche del Trattato di Lisbona. Berlusconi non va proprio più bene; come (per altri motivi) saltò Moro, deve saltare anche Berlusconi.

E quale modo migliore per farlo che aizzargli contro le sue stesse folle? In fondo c’è una crisi economica che capita a fagiolo; e per quanto io ami la rete, so che essa è un grande strumento di democrazia, ma anche un grande strumento di manovra, dove è facilissimo che le cose non siano come sembrano e dove chiunque può essere strumentalizzato o può non essere chi dice di essere, persino un santo precario del Leonka di Milano o un blogger che nessuno ha mai sentito nominare.

E allora, con tecnica sopraffina, monteranno le folle colorate, sfruttando la sacrosanta rabbia della gente, e poi ottenuto lo scopo non ci sarà alcun mondo nuovo, ma soltanto un regime meno sfacciato e uno o più leader conservatori più affidabili e amici di chi li ha mandati – un Fini, un Di Pietro, un Casini o chissà. E se la rabbia non sarà sufficiente, basteranno un paio di duomidimilano di ferro lanciati ad arte per farla montare… o i black bloc di turno, o una qualsiasi delle abbondanti tecniche di provocazione che già abbiamo visto all’opera.

Cosa sia l’incidente di questa sera nessuno lo sa esattamente; forse era solo uno squilibrato, del resto è facile far saltar fuori un utile idiota a forza di soffiare sul fuoco. Lo scenario, però, è chiaro. Noi, la folla, faremo comunque ciò che dobbiamo fare, sapendo che sulle nostre teste si giocano partite che difficilmente potremo influenzare; teniamoci almeno la consolazione di provare a comprenderle.

[tags]berlusconi, italia, piazza duomo, piazza fontana, terrorismo, tensione, incidente, rivoluzione, politica, trattato di lisbona, colpo di stato, strategia della tensione[/tags]

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domenica 13 Dicembre 2009, 16:02

Ottimista

Non so perché, ma è da ieri notte che non riesco a togliermi dalla testa questa vecchia canzone dei Radiohead intitolata Optimistic (qui in un video indipendente):

Come tutte le canzoni dei Radiohead di questo decennio, è piuttosto ermetica: potete scegliere voi se si tratta di un commovente invito ad essere ottimisti anche in tempi difficili, oppure di una critica sarcastica dell’ottimismo propagato dai media in un momento storico dove non ci sono molte ragioni per averne.

Ma siccome il testo cita La fattoria degli animali e Orwell è uno dei principali ispiratori della band, mi sembra il caso di aggiungere anche il video di 2+2=5, la storia della società moderna raccontata a fumetti: se non l’avete mai visto, vi fornirà una spiegazione piuttosto chiara.

P.S. Il punto fondamentale di queste canzoni è che lo strumento che emette i suoni acuti, vibrati e misteriosi durante il primo brano è un onde Martenot – sostanzialmente un theremin con la tastiera. Non dimenticatelo.

[tags]musica, radiohead, video, optimistic, 2+2=5, orwell, la fattoria degli animali, strumenti musicali elettronici, theremin, onde martenot, tecnologia[/tags]

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venerdì 11 Dicembre 2009, 19:52

Un classico del venerdì pomeriggio

Per arrivarci è necessario un giro di chilometri, perché in Italia prima si fanno i cubi di cemento privato, poi li si collega alle strade che ci sono, poi si realizza che i cubi di cemento portano traffico e si comincia a progettare una strada più larga, poi il progetto si ferma per qualche anno tra uffici pubblici poco celeri e contestazioni di vario tipo, e infine, se va bene, dieci anni dopo arriva la strada, proprio quando il cubo di cemento ormai è vecchio e per qualche motivo non attrae nemmeno più tanto traffico.

Vedasi Malpensa, ma io sto parlando dell’Ikea di Collegno; che se per caso uno arriva da Collegno deve infilarsi giù per le rampe del vecchio ponte, e poi risalire in fila indiana verso la tangenziale, e poi immettersi in una nuova bellissima rotonda dove il traffico è strozzato perché cento metri dopo è rimasto il vecchio semaforo; e poi lo vede lì, il cubo di cemento, ma non può svoltare a sinistra perché l’immissione della nuova strada cozza con il vecchio svincolo e comunque ci vorrebbe una nuova rotonda che però manca, e allora deve andare avanti per tre minuti, poi svoltare a sinistra alla terza rotonda, e poi ancora immettersi in una quarta rotonda dove le uscite non sono segnalate e se sbagli ti ritrovi irrimediabilmente immesso sull’autostrada in direzione Milano, e poi scendere in un sottopasso sotto il passaggio delle mucche della vecchia cascina – come se in mezzo a tutti questi cubi di cemento ci fossero ancora mucche desiderose di vivere lì – e poi risalire, e prendere la quinta rotonda, aggirare il parcheggio, e poi infilarti nella coda, passando per tantissime piccole file di pochi posti disposte in maniera irregolare e imprevedibile.

E poi, se finalmente parcheggi e non è detto che ciò sempre avvenga, sei a chilometri dall’ingresso, e allora cammini, e cammini, e arrivi finalmente alle porte, e sali una prima scala (a piedi perché la scala mobile è già rotta) e poi una seconda scala ed eccoti lì, all’inizio dell’esposizione dei mobili; e se prima, a Grugliasco, la situazione era un po’ claustrofobica ma giravi tutto il negozio in tre minuti, ora il negozio è immenso, infinito, perso in un dedalo di passaggi disposti come il labirinto della Settimana Enigmistica, messi in direzioni contrastanti per costringerti a calpestare ogni singola mattonella, una per una, a non mancare nemmeno una occasione di comprare una presina Skøtta o sperimentare le infinite combinazioni dei salotti componibili SkÃ¥strÃ¥, talmente infinite che un giorno un commesso è riuscito a comporre un anello di Möbius e a ritrovarsi alternativamente dentro e fuori dall’armadio senza mai aprirne l’anta.

E così percorri tutto il piano, sfidando passeggini e bambini urlanti e signore indecise e coppiette sudamericane che, chissà perché, insistono nel fare il percorso al contrario (sarà che vengono dall’altro emisfero). E finire il piano non basta, devi scendere e percorrerne tutto un altro, perché è vero che ogni tanto ci sono delle scorciatoie ma sono scorciatoie misteriose, non si sa dove vanno e cosa ti perderai e se proprio lì, proprio nella sezione che hai tagliato, stava il tuo mobile tanto desiderato.

E infine arrivi, quando già disperi, proprio in fondo e lo trovi lì, all’inizio della zona self service, l’angolo del mobile Gorm, lo scaffale da cantina che devi comprare da due anni, dicesi due anni, e dopo mesi di triangolazioni e studi e modelli tridimensionali e lavori preparatori con tanto di smaltimento macerie ora sei pronto, giunto sull’altare del tuo matrimonio svedese, tu e il tuo mobile da cantina, un insieme di assi di pino che potrai montare in sole sei ore per risparmiare cinque euro di manovalanza.

E allora guidi il tuo inguidabile carrello, dopo ore di percorsi di avvicinamento, e lo accosti nel posto giusto, fila tre posto sei, e ti prepari a caricare, e scopri che oggi, proprio oggi e non ieri, proprio oggi e non domani, hanno terminato i ripiani angolari 77 x 50, senza cui il tuo mobile non può nemmeno stare in piedi.

Ma vaaaaaaaaaaffanculo va, Ikea!

[tags]ikea, shopping, mobili, urbanistica, vita, traffico, parcheggi[/tags]

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giovedì 10 Dicembre 2009, 10:53

Il teatro degli orrori

La seconda notizia di oggi è direttamente consequenziale alla prima ed è che stasera a Hiroshima Mon Amour suona Il teatro degli orrori, la versione veneta dei Rage Against The Machine. Il singolo del nuovo disco, A sangue freddo, è dedicato all’Africa e a Ken Saro-Wiwa, poeta e attivista nigeriano impiccato dalla “giustizia” del governo del suo paese, si dice per conto della Shell e dei suoi interessi petroliferi nell’area.

Musica violenta? Beh, un altro dei pezzi forti del nuovo disco si intitola Il terzo mondo, ovviamente parla dell’Italia e si conclude con questo avviso: “Via di corsa! che il ghetto fa paura / e non ti biasimo / avrei paura anch’io al posto tuo / prima o poi ci incontreremo / dovrai starmi distante almeno qualche metro / ne ho abbastanza dei cretini che camminano / senza i soliti guardiaspalle / io ti faccio una faccia così / e ti mando a calci nel sedere / dritto in ospedale / non al pronto soccorso, in rianimazione! / E che sia chiaro / che te lo meriti!”.

Dev’essere che noi non ci siamo ancora abituati al ritorno imminente del conflitto sociale, ma in un’epoca di Laure Pausini e Tiziani Ferro queste parole in musica – “pagherete tutto e pagherete caro” – fanno ancora impressione.

[tags]musica, il teatro degli orrori, hiroshima mon amour, africa, violenza, conflitto[/tags]

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giovedì 10 Dicembre 2009, 10:36

Mettete via le vostre cassettine di Bob Marley

Già, perché la voce che circolava da settimane pare ormai del tutto confermata: dopo sedici anni di onorato servizio, il Rototom Sunsplash Festival di Osoppo non si farà più in Italia, ma emigrerà in Spagna. E anche a noi che non ascoltiamo quel genere di musica, la perdita del maggior festival reggae d’Europa – una settimana di musica campeggio e fratellanza che richiamava quasi 200.000 giovani da tutto il continente, in una zona d’Italia precedentemente sconosciuta al turismo di massa, con una ricaduta di oltre due milioni di euro l’anno – brucia soprattutto per il motivo per cui è avvenuta.

Già, perché non si tratta di una questione di soldi e nemmeno di vicini rumorosi o ripicche di paese; semplicemente, la magistratura ha indagato il promoter per favoreggiamento all’uso di droga, in quanto “si sa” che chi ascolta reggae fuma marijuana, dunque organizzare un festival reggae è un po’ come spacciare.

Non scherzo, perché la linea accusatoria è davvero questa: negli ultimi dieci anni su quasi due milioni di partecipanti ne sono stati arrestati 340 perché in possesso di droga, potrà mica essere un caso no? E’ evidentemente tutto un piano per corrompere i giovani virgulti, o almeno così pensa la procura di Tolmezzo (UD). E dato che la legge Fini-Giovanardi del 2006 dice che “Chiunque adibisce o consente che sia adibito un locale pubblico o un circolo privato di qualsiasi specie a luogo di convegno di persone che ivi si danno all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope e’ punito, per questo solo fatto, con la reclusione…” eccetera eccetera, la magistratura carnica si è prontamente mossa per assicurare alla giustizia uno dei veri criminali che trascinano l’Italia in una spirale di morte e degrado.

Ora è evidente che questo procuratore di Tolmezzo viene originariamente da poco più in là e precisamente dalla squadra segugi antinarcotico di Caorle (VE) che già quindici anni fa balzò agli onori delle cronache; ma la notizia che la musica reggae è in realtà soltanto una copertura per lo spaccio è rimbalzata persino sul principale giornale giamaicano, il Jamaica Gleaner. E così, siamo riusciti a farci ridere dietro pure laggiù; sfortunatamente loro non sono una dittatura, dunque Berlusconi non andrà a visitarli per fare pace, né a baccagliare le locali donzelle, anche perché sono grosse il doppio di lui. Nel frattempo, ricordate di nascondere per bene le vostre vecchie cassette di Bob Marley, anzi per sicurezza fate così: usatele per registrarci sopra Radio Maria.

[tags]reggae, musica, spaccio, droga, marijuana, giamaica, festival, rototom, italia, giovanardi, fini, claudio bisio ci aveva visto lungo[/tags]

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mercoledì 9 Dicembre 2009, 10:13

Supersilvio contro la mafia

Gioacchino Genchi dice quello che tutti hanno pensato: che l’arresto dei due mafiosi è stato combinato apposta dal governo come risposta al No Berlusconi Day e alle dichiarazioni di Spatuzza.

Il problema non è soltanto dato dall’esistenza di queste manovre, ma dall’abbondanza di persone che davvero pensano che, come dice il TG, Berlusconi sia il primo ministro che più ha fatto contro la mafia nella storia d’Italia, e scrivono (sul mio video dell’altro giorno) commenti come questo:

“PENSO CHE UNA PERSONA INTELLIGENTE A CONOSCENZA DI QUESTI DATI PUBBLICATI DA FONTI NON DI PARTE SI POSSA SOLO VERGOGNARE DI CIò CHE DICE. Dall’aprile 2008, sono state 377 le operazioni con 3.630 arresti. 282 i latitanti arrestati +87 %, 37 tra i 100 più pericolosi +131%. Sequestrati beni per 5,6 miliardi di euro. Ogni giorno sono stati arrestati mediamente otto mafiosi. Non ci sono precedenti di un governo che nei primi 16 mesi di attività abbia adottato così tante misure contro la mafia.”

Sarebbe bello, e forse nemmeno troppo fuori luogo, pensare che siano personaggi pagati e mandati apposta a disturbare la discussione o a difendere il governo: è quel che accade regolarmente in Cina, per esempio. Temo però che ci siano ancora milioni di italiani che, in perfetta buona fede, la pensano davvero così.

[tags]berlusconi, mafia, spatuzza, no berlusconi day, genchi, arresti, magistratura, cina[/tags]

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lunedì 7 Dicembre 2009, 08:59

Tutto il peggio di una manifestazione

Col senno di poi, sono anche un po’ arrabbiato! Avete visto nel post dell’altra notte le mie immagini della contestazione a Berlusconi alla stazione di Porta Nuova a Torino. Bene, la cosa è stata regolarmente riportata dalla redazione locale di Repubblica, che dedica alla notizia un articolo che è stato linkato per un po’ anche nella home page nazionale. La Stampa ne ha parlato in un riquadro nella cronaca locale che non è nemmeno finito sul sito, ma ha invece scritto, nell’articolo di punta che è stato messo ben in vista sul nazionale e in cima alla pagina della cronaca di Torino, la frase seguente:

“Tra la gente oltre le transenne, sia alla partenza che all’arrivo – indifferente alla camminata del Presidente e al teatrino delle interviste non indiscrete – c’era la curiosità vera. Soprattutto all’arrivo, dove anziché indicare l’uno all’altro La Russa o Formigoni allegri e scherzosi, chiedevano ai giornalisti: «Veramente avrà questi tempi? Davvero si viaggia comodi?» Parlavano di una prospettiva.”

Bene, avete visto le immagini; per quanto riguarda “la partenza”, mi sfugge davvero come il giornalista possa dire che “la gente oltre le transenne” si disinteressasse di Berlusconi per dibattere incuriosita su quanti minuti ci metta ad andare fino a Milano un treno che quasi tutti loro non prenderanno mai. Qui non siamo nemmeno alla censura, ma alla falsità bella e buona; mi sembra che La Stampa volesse soprattutto fare uno spot al “supertreno”, di questi tempi in cui la Fiat e i suoi compari vogliono costruirne un altro verso Lione, quando allo stesso tempo sempre più persone realizzano che la TAV “all’italiana” porta scarsissimi benefici ai cittadini, se non li danneggia, a fronte di costi mostruosi. Ogni tanto anche per i “poteri forti” sarebbe bene fare i conti con la realtà, che tanto prima o poi viene al pettine.

Poi ho scoperto un’altra cosa; mentre io lasciavo piazza Castello e andavo a Porta Nuova a riprendere e contestare, il palco della piazza è stato aperto a interventi vari, tra i quali, nonostante la manifestazione fosse apartitica, si è tranquillamente infilata una persona dell’IDV a fare propaganda al suo partito. Non che mi aspettassi qualcosa di diverso; anzi, io sono pure rimasto un po’ male nel vedere anche persone del nostro movimento girare con simboli e spillette bene in vista. Penso che non fosse quello il momento, e, forse ingenuamente, speravo veramente in una manifestazione senza simboli di partito, perché i partiti sono importanti e – se si vuole andare oltre la testimonianza del poco per cento – necessari interlocutori di qualsiasi battaglia, ma questa era davvero un’occasione per lasciare da parte i marchietti.

In questo anno e mezzo di esperienza politica, mi è già capitato più volte di vedere persone che la pensavano allo stesso modo accapigliarsi per fare a gara a chi ce l’ha più grosso (il marchietto). E’ una sindrome tipica della sinistra (anche perché a destra si limitano quasi tutti a prendere ordini e stare in coda aspettando il loro turno) ed è anche umana, inevitabile e comprensibile, però è triste lo stesso. Grillo, poi, ha un nome che divide; i suoi toni accesi e la sua visibilità non piacciono a tanti.

D’altra parte, se il No Berlusconi Day ha dimostrato una cosa, è che il ruolo di intermediario degli stessi partiti non è più strettamente necessario. Ancora per molto sarà dura farne completamente a meno, ma la strada sarà quella: aggregazioni “di scopo” tra cittadini prima ancora che strutture organizzative con un brand da promuovere.

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domenica 6 Dicembre 2009, 01:05

No Berlusconi Day: Berlusconi contestato duramente a Torino

La giornata è stata intensa, molto faticosa e molto interessante. Il corteo di Roma è stato un grande successo, a Torino sono passate molte persone, ma l’evento più importante per quanto mi riguarda è stata la puntata alla stazione di Porta Nuova, dove Berlusconi era atteso per l’inaugurazione dell’alta velocità.

Il centro era presidiato sin dalla mattinata da alcune centinaia di No Tav, che dopo le 14 si sono spostati verso la stazione. Hanno chiesto di poter arrivare fino all’ingresso lato via Sacchi, da cui era previsto entrassero le autorità, per poter manifestare davanti a Berlusconi; il permesso è stato negato dalla Digos, al che la decisione immediata è stata “stoma sì ch’a l’è bel”. “Sì” era l’esatto centro dell’incrocio tra via Sacchi e corso Vittorio, dove il corteo è stato presto accerchiato da forze dell’ordine su ogni lato (qui il video), bloccando nel contempo il traffico. Chiunque avesse una bandiera o una spilla No Tav è stato costretto a rimanere lì dentro – le forze dell’ordine bloccavano chiunque volesse allontanarsi.

Io, però, ero in incognito e dunque ho potuto tranquillamente entrare in stazione e arrivare a distanza di ripresa dallo struscio delle autorità, per le quali era stato predisposto a nostre spese un ovvio tappeto rosso. Sempre a nostre spese, le autorità hanno goduto di un bel buffet per ingannare l’attesa; e così abbiamo visto arrivare, chiacchierare, scherzare, darsi di gomito come vecchi amici coppie teoricamente improbabili come il presidente della Provincia Saitta e il viceministro PDL Crosetto, o il sindaco Chiamparino insieme al cardinale Poletto.

A difesa di Berlusconi c’erano centinaia di poliziotti e carabinieri, e comunque Silvio non è entrato dal tappeto rosso ma direttamente da un passaggio laterale. Dentro la stazione non c’era alcuna manifestazione organizzata – anzi, chiunque avesse tirato fuori fotocamere in maniera vistosa nei minuti precedenti era stato invitato ad allontanarsi dalla Digos – eppure quel centinaio abbondante di cittadini, all’apparire di Silvio, è scoppiato di botto e all’improvviso.

Questi qui sotto sono, senza filtri, i primi dieci minuti di una contestazione dura, evidente e senza appello che è durata poi fino alla partenza del treno (su Youtube ho messo anche altri video). La contestazione ha stupito anche me; perché dietro le transenne a urlare non c’erano solo ragazzi magari più politici della media, ma anche anziani suoi ex elettori e immigrate di colore. Sarà pur vero che esistono ancora milioni di persone che lo sostengono, ma la rabbia degli italiani – quelli medi, non i No Tav o i militanti dell’opposizione – sta crescendo in misura netta e palpabile; e se non ci credete vi basterà guardare le immagini, che ovviamente non vedrete mai in onda su nessuna televisione.

[tags]berlusconi, politica, contestazione, manifestazione, torino, porta nuova, tav, no tav, treni[/tags]

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sabato 5 Dicembre 2009, 11:04

No Berlusconi, no cellulari, no Torino

Questa mattina sto bestemmiando: infatti due giorni fa è morto il mio cellulare, un HTC P3600 non scelto da me ma dalla mia ex azienda, la quale oggettivamente mi voleva tantissimo male tanto che mi ha messo in mano una roba del genere. Con i bachi e gli errori di progetto di quell’oggetto potrei riempire un libro e prima o poi forse lo farò, ma nel frattempo sto passando la mattinata a migrare su un vecchio cellulare di emergenza, anche se l’unico backup della mia rubrica, sito sulla carta di memoria dell’HTC, può essere letto solo con un vecchio lettorino USB cinese che il Macbook non vede. Ciò mi ha spinto a riaccendere il vecchio Windows XP, constatando ancora una volta quanto sia terribile usare Windows: anche non avendo virus e simili, all’avvio si aprono almeno cinque o sei finestre di programmi che cercano di venderti qualcosa o di attirare la tua attenzione per farsi aggiornare o utilizzare. Tra aggiornamenti Flash, aggiornamenti antivirus, aggiornamenti Windows, televisioni digitali e simili, sembra più una televendita che un computer.

Io ho bisogno della rubrica perché tra poco si esce e si va a organizzare il No Berlusconi Day Torino, che poi consisterà in un paio di gazebo in piazza Castello nei quali dalle 14 si esibiranno artisti e saranno mostrati i video di Tony Troja, su un maxischermo costituito dal televisore di casa dell’organizer di Qui Torino Libera; poi dalle 17 sarà proiettata su un telo la diretta della manifestazione romana. Nel frattempo, alle 16:20 dovrebbe partire da Porta Nuova il treno con Berlusconi sopra, per inaugurare la linea alta velocità, per cui sin dall’ora di pranzo la stazione sarà presidiata da No Tav e pendolari – anche se all’interno dei pendolari c’è già stata una spaccatura con quelli che si sono subito arresi in cambio di quindici minuti di celebrità e un incontro-contentino con Moretti.

Venire in piazza oggi è una testimonianza, non aspettatevi altro che molta gente che passa e solidarizza. Comunque, pensate che se non venite potreste darla vinta all’altra Italia: quella che magari non vota nemmeno Berlusconi ma sguazza nel berlusconismo con piacere. Come ad esempio questi quattro ragazzi chiamati Mon-key’s (ma chiamatevi Pippo, dai) che il TGR presenta al mondo dicendo che “il loro video spopola su Youtube” (a oggi ha circa ventimila visualizzazioni; uno dei miei video di Livorno-Toro ne ha oltre quarantamila…). Il loro video è… è… tamarro, ecco. Ma tamarro parecchio; anche se il genere musicale è diverso, il video è concettualmente una versione sfigata dei Club Dogo senza la grafica elaborata, con vestiti firmati un po’ meno firmati e con fighe un po’ meno fighe, ma con più zoom sul culo. E solo un trust di cervelli poteva partorire lo slogan “a Torino si salta sulla Mole”, se non altro perché la Mole è molto appuntita e la cosa potrebbe finire davvero male.

Non vorrei essere troppo severo parlando di persone che non conosco, ma ecco, a me questo video ha dato molto fastidio: io sono ancora abituato all’idea romantica di una città austera e intellettuale, e probabilmente questo prova che essa non esiste più.

[tags]cellulari, computer, windows, berlusconi, no berlusconi day, torino, video, mon-key’s, musica, tamarri, no tav, treni, ferrovie, manifestazioni[/tags]

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