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lunedì 23 Novembre 2009, 14:19

Questione di articoli

E di articoli su Brenda ne sono stati scritti parecchi, in questi giorni; di belli e di brutti. Ma quasi tutti con l’articolo sbagliato: perché per la maggior parte dei nostri giornalisti, nonché degli italiani, Brenda è “un transessuale”. Eppure non dovrebbero esserci dubbi: una persona che si veste da donna, si comporta da donna e soprattutto si sente donna, che abbia subito interventi chirurgici o meno, che abbia cambiato sesso all’anagrafe o meno, ha una identità di genere femminile e come tale dovrebbe venire chiamata.

Per il Corriere della Sera, tuttavia, Brenda è “il transessuale”; lo è anche per La Stampa e molti altri giornali. Il Tempo si produce in un fantastico articolo in cui “le amiche” del titolo diventano “i transessuali amici” nel testo. Repubblica invece parte bene, ma poi si incaglia: se negli articoli Brenda è consistentemente “la transessuale”, la sua “amica China” diventa poi “il compagno della transex”. Probabilmente l’idea che due transessuali da maschio a femmina possano poi fare sesso tra loro fonde il cervello dell’italiano medio.

La Stampa, in uno stridio di arrampicata sugli specchi, sostiene che si può dire quel che si vuole, in quanto sul dizionario “transessuale risulta essere sia maschile che femminile”. Beh, certo, anche “cantante” sul dizionario può essere maschile o femminile, ma nessuno scriverebbe “il cantante Gianna Nannini” o “la cantante Vasco Rossi”.

Probabilmente, visto come viene trattata la transessualità in Italia, questo è davvero l’ultimo dei problemi; spesso sono le stesse persone in questione, comprendendo la difficoltà altrui, ad accettare senza problemi l’uso di entrambi i generi; e io non sono nemmeno particolarmente appassionato al tema della correttezza politica delle parole, dato che spesso aggiustare le parole mi sembra un pretesto per non voler affrontare la sostanza dei problemi e delle discriminazioni.

Credo però che, da parte di chi scrive per mestiere e parla agli italiani, ci vorrebbe più attenzione verso una persona che, comunque la si consideri, è stata di questo caso la vera vittima. Non oso pretendere che si arrivi, come all’estero, a parlare di queste persone per il loro lavoro o per le loro capacità, invece di anteporre sempre la loro condizione di genere a qualsiasi altra cosa; ma già cominciare a rispettare il loro animo sarebbe un bel passo avanti. Forse la morte di Brenda potrebbe servire a qualcosa, se in mezzo a tutto questo squallore spuntasse almeno un po’ più di coscienza, e un po’ più di rispetto, per la situazione socialmente complicata dei suoi pari.

[tags]lingua, genere, transessualità, brenda, giornalismo, stampa, discriminazione[/tags]

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sabato 21 Novembre 2009, 17:06

Giornalismo, retorica, corruzione e Africa

Louis Farrakhan è un personaggio, per usare un eufemismo, molto controverso: è uno dei leader storici della Nation of Islam, il movimento religioso più estremista dei neri d’America, che predica idee come la separazione dei neri dai bianchi in uno stato indipendente, e che racconta che il suo profeta fondatore, incarnazione di Allah, nel 1934 è assurto su un UFO che da allora gira invisibilmente attorno alla Terra. E’ anche considerato il mandante morale dell’omicidio di Malcolm X, considerato troppo moderato.

Tuttavia, anche se un po’ datata, la sua risposta all’intervistatore di 60 Minutes che gli chiede della corruzione in Nigeria e nei paesi africani è uno dei momenti tipicamente alti del giornalismo americano: da una parte un giornalista che non si fa problemi a fare domande dirette e imbarazzanti e ad insistere senza farsi impressionare dalla retorica, e dall’altra una risposta carismatica che, pur arrivando pericolosamente vicina alla legge di Godwin, grida “pwned” da tutte le parti.

Naturalmente, su Facebook il video è pieno di commenti esultanti ed orgogliosi da parte di nigeriani…

Wallace: You go to Nigeria, which is, if not the most corrupt nation in Africa, and it is, it could be the most corrupt nation in the world, Minister Farrakhan…

Farrakhan: Oh, now, Mister Wallace!

Wallace: …it is the most corrupt nation that I have ever covered, I’ve been there 25 years ago and I’ve been there as recently as last year.

Farrakhan: Fine! So what? 35 years old! That’s what that nation is. Now here’s America, 226 years old, you love democracy, but there in Africa, you’re trying to force these people into a system of government that you just have accepted – 30 years ago, black folk got the right to vote. You’re not in any moral position to tell anybody how corrupt they are. You should be quiet, and let those of us who know our people go there and help them to get out of that condition, but America should keep her mouth shut wherever there is a corrupt regime, as much hell as America has raised on the Earth. No, I will not allow America, or you Mr. Wallace, to condemn them as the most corrupt nation on Earth, when you have spilled the blood of human beings. Has Nigeria dropped an atomic bomb, and killed people in Hiroshima and Nagasaki? Have they killed off millions of native Americans? How dare you put yourself in that position as a moral judge? I think you should keep quiet, because with that much blood on America’s hands you have no right to speak. I will speak, because I don’t have that blood on my hands. Yes there is corruption there, yes there is mismanagement of resources, yes there is abuse, there’s abuse in every nation on Earth including this one! So let’s not play holy or moralize on them, let’s help them.

Wallace: I’m not moralizing, I’m asking a question, and I’ve got an answer.

Farrakhan: Why would you put it as the most corrupt regime in the world? That doesn’t make sense.

Wallace: Can you think of one more corrupt?

Farrakhan: Yeah, I’m living in one. I’m living in one, yes! You’ve done a hell of a thing on this Earth, so you should not be the one to talk. You should be quiet, when it comes to moral condemnation.

[tags]intervista, giornalismo, farrakhan, wallace, 60 minutes, america, neri, razzismo, islam, corruzione, africa, nigeria[/tags]

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venerdì 20 Novembre 2009, 08:47

Mi sono rotto i coglioni di Berlusconi

Anch’io, come già trecentomila italiani, mi sono rotto i coglioni di Berlusconi e voglio gridarlo forte.

Mi sono rotto i coglioni di essere preso per il culo tutte le volte che metto il naso all’estero, da qualche tedesco o francese che ricorda l’ultima buffonata o l’ultima sparata del nostro Presidente “più alto che educato”.

Mi sono rotto i coglioni di un Paese che va alla deriva perché tutta l’energia del nostro governo è concentrata sul fermare in qualsiasi modo i processi del suo premier, a costo di lasciare in libertà anche tutti gli altri criminali.

Mi sono rotto i coglioni di un sistema politico funzionale a una sola persona, in cui la maggioranza prende ordini da lui e l’opposizione lo usa come sponda nei propri giochi di potere interni, guardandosi bene dall’attaccarlo seriamente.

Mi sono rotto i coglioni dell’Italia degli ultimi vent’anni e credo che dirlo una volta di più non sia mai troppo.

Per tutte queste ragioni, vi invito a partecipare al No Berlusconi Day, il 5 dicembre: una manifestazione completamente apartitica, nata dalla rete e da Facebook. Chi può, salti su uno dei pullman e vada a Roma. Per chi non può, stiamo organizzando un raduno alternativo in piazza Castello in contemporanea con la manifestazione principale, con proiezioni di video, musica dal vivo, le immagini da Roma e tanti saluti a Silvio.

Per chi viene dal Piemonte, questo è il gruppo Facebook con tutte le informazioni; questa è la fan page nazionale a cui iscrivervi per segnalare il vostro supporto morale, e questo è l’evento torinese se pensate di venire in piazza Castello. Troverete gazebo informativi nel fine settimana sia in piazza Castello che in piazza San Carlo (io non sarò ai gazebo questo weekend, ci sarò il prossimo).

Concludo dicendo che l’altra sera sono andato per la prima volta alla riunione del gruppo organizzativo torinese, a titolo completamente personale in quanto la manifestazione è apartitica e stiamo tutti cercando di evitare che venga strumentalizzata in qualsaisi maniera (anche se sono piuttosto certo che il 5 dicembre, dopo che queste persone non avranno mai mosso un dito, spunteranno in piazza abbondanti bandiere dell’IDV e dei partiti di sinistra… vedremo come fare). Tranne un paio di noi grillini e un ragazzo di Sinistra e Libertà, tutti gli altri erano cittadini che non avevano mai fatto politica – esattamente come eravamo noi un paio di anni fa quando abbiamo cominciato a lavorare all’idea delle liste a cinque stelle. E’ stato davvero bello vedere che ci sono ancora tanti italiani che non mollano, e che sfruttano le potenzialità della rete per cercare di salvare il nostro Paese… e dunque vi lascio con la foto dell’altra sera.

nobday-pnuovo.jpg

P.S. Ovviamente il PDmenoL non aderisce, preferendo un “approccio costruttivo” basato su “azioni concrete” (tipo D’Alema tentato ministro in Europa con il supporto di Silvio). E un bell’“esticazzi” non ce lo vogliamo mettere? Una risata li seppellirà.

[tags]berlusconi, no berlusconi day, facebook, politica, cittadini, italia, protesta, manifestazione, torino[/tags]

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giovedì 19 Novembre 2009, 14:54

Topo Gigio raddoppia

Poco fa, sulla Rai, ho visto passare una nuova pubblicità di Topo Gigio, di quelle pagate coi nostri soldi che parlano dell’influenza suina.

Nonostante tutti i tentativi dei media di montare un’ondata di panico, gli italiani non si sono lasciati infinocchiare più di tanto: hanno capito che la grande campagna di vaccinazione serviva più agli interessi delle case farmaceutiche che a quelli della salute pubblica. E’ giusto prendere le nuove pandemie con cautela e proteggere le fasce più a rischio della popolazione, ma qui stiamo parlando di una influenza che, almeno nei paesi sviluppati, ha un tasso di mortalità inferiore a quello della normale influenza invernale, e per combattere la quale si sta cercando di imporre a milioni di persone vaccini sperimentali, perdipiù in un momento in cui il picco dell’infezione pare già passato (anche se è difficile trovare fonti credibili in materia).

Comunque, attualmente noi cittadini stiamo continuando ad acquistare milioni di dosi di vaccino che, data la debole risposta alle numerose campagne di vaccinazione, rimarranno a giacere negli scatoloni – ma intanto le abbiamo pagate. E naturalmente non contribuisce alla fiducia pubblica nell’operazione il fatto che il ministro della Salute Sacconi sia il marito della signora Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria ossia l’associazione delle industrie farmaceutiche: un lievissimo conflitto d’interesse.

Dunque, qual è la reazione del governo al flop dei primi giorni di vaccinazione e del primo spot di Topo Gigio? Beh, il secondo spot di Topo Gigio, che dice che sì, l’influenza suina sta passando, ma già che ci siete vaccinatevi due volte, anche contro l’influenza stagionale! Per fortuna che la popolarità e la credibilità del Topo Gigio di pezza sono più o meno simili a quelle del Topo Gigio umano, Walter Veltroni: dunque anche questo spot sarà accolto con una risata.

[tags]influenza, topo gigio, pubblicità, vaccino, farmaci, sacconi, industria farmaceutica[/tags]

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giovedì 19 Novembre 2009, 11:36

Shock

Stamattina, tornando dall’aeroporto di Caselle (tra l’altro sia la superstrada che la strada di Borgaro sono interessate da lavori in direzione Torino: aspettatevi code epiche su entrambe), sono andato a fare la spesa al solito Lidl di corso Potenza. La scena che mi si è presentata è stata raccapricciante.

Per tutto il supermercato, anziani, immigrati, coppiette e massaie si aggiravano smarriti, non sapendo più cosa fare, dove andare, come comportarsi. Ogni tanto lo smarrimento lasciava il posto all’ira, e uno dei clienti si avventava su un malcapitato commesso gridando “i pelati!! dove avete messo i pelati!!!”, mentre il commesso atterrito si aggrappava alle pareti cercando invano di resistere. Altri clienti, persa ogni speranza, scoppiavano improvvisamente in lacrime, cercando inutilmente di consolarsi a vicenda.

Non si trattava del normale caos da discount, con casse di prodotti abbandonate in giro e prezzi ballerini attaccati con lo scotch. No, il dramma è molto più radicale: per qualche imperscrutabile motivo, almeno in quel punto vendita, Lidl ha completamente rivoluzionato la disposizione dei prodotti.

All’inizio, dove c’erano crackers e patatine, ora ci sono i dolci e il cioccolato, che da sempre stava in fondo alla terza corsia. Al posto del cioccolato (e del tonno e scatolame, che stava sul retro dello stesso scaffale) ora c’è una serie di bassi espositori per vestiario. Là dove c’è sempre stata la verdura, ora c’è il frigo con gli hamburger, inopinatamente messo a inizio giro in modo che la carne vada a male prima. I pelati sono finiti al posto della schiuma da barba… insomma, un disastro, una blasfemìa, un’empia violazione di tutte le regole non scritte del mio shopping.

Non so se il cambiamento sia definitivo – imposto da qualche markettaro che ha concluso che si vende più cioccolato mettendolo all’inizio – oppure temporaneo, per via di qualche lavoro (stavano armeggiando coi frigo). So che nel negozio c’erano sconti mai visti persino su prodotti di punta (i Fior di Cioccolato a 1,39 euro!), il che mi fa pensare che lo sconvolgimento sia stato davvero profondo. Ma nessuno sconto di quaranta centesimi può valere il senso di vuoto e di perdita che ci ha colpiti tutti stamattina.

[tags]lidl, spesa, supermercato, marketing[/tags]

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mercoledì 18 Novembre 2009, 17:17

Le scale fisse

Io, di mestiere, non fabbrico scale mobili. Eppure non riesco a capacitarmi di una cosa: come è possibile che le scale mobili siano così spesso rotte?

In particolare mi riferisco a quelle della metropolitana torinese, che sembrano rompersi con una frequenza preoccupante. Forse le cose sono leggermente migliorate da qualche settimana, ma c’è stato un periodo in cui alla stazione Rivoli, dove io scendo, sia la scala mobile che porta dalla piattaforma all’atrio che quella che porta dall’atrio alla strada erano regolarmente rotte. Ma la stessa cosa mi è successa alla fermata della metro di Porta Nuova qualche settimana fa, a quella Re Umberto ieri, alla nuova Porta Susa sotterranea la settimana scorsa.

Eppure si tratta di impianti nuovissimi o comunque con due-tre anni di vita al massimo, eppure le scale mobili sono una tecnologia consolidata e vecchia di cent’anni… come è possibile? O chi gestisce i nostri soldi per queste grandi opere compra apparecchi di scarsa qualità, o forse risparmia sulla manutenzione, finendo poi per spendere il triplo in riparazioni; o magari vuole proprio spendere il triplo in riparazioni, chissà. Oppure, più facilmente, chi è responsabile della cura di questi impianti se ne frega, tanto lo stipendio a fine mese arriva comunque.

Io credo però che siano proprio queste piccole cose che danno più fastidio, e che lasciano nel cittadino il segnale più amaro: quello che ormai il bene pubblico, anche quando appena costruito con gran profluvio di denaro, sia abbandonato all’incuria nell’indifferenza generale.

[tags]torino, metro, ferrovia, porta susa, scale mobili, manutenzione, appalti, grandi opere, cura del bene pubblico[/tags]

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martedì 17 Novembre 2009, 11:32

Perché in Italia non si fa la rivoluzione

Il filosofo Umberto Garimberti e padre Alex Zanotelli spiegano qual è il vero potere che controlla la società. Al di là delle conclusioni personali inserite nella seconda parte del video da chi lo ha fatto, quelle dei due intervenuti mi sembrano osservazioni interessanti e molto centrate.

Per chi volesse saperne di più, mercoledì 2 dicembre (ore 21 al Teatro Araldo di via Chiomonte 3/a) Torino a 5 Stelle presenta il telepredicatore finanziario Eugenio Benetazzo, che nel suo spettacolo spiega a suo modo le dinamiche dell’economia mondiale. Non ho mai visto lo spettacolo e non so se sarò d’accordo con tutte le sue conclusioni (del resto, non ho nemmeno comprato la biowashball) ma ne ho sentito parlare bene da chi l’ha già visto. Il biglietto costa 7 euro, una parte va a lui (che di questo ci vive) e una parte va a pagare le spese del teatro e, se ci avanza qualcosa, a finanziare l’associazione. Ecco una piccola anteprima:

[tags]economia, rivoluzione, italia, wto, banca mondiale, garimberti, zanotelli, benetazzo[/tags]

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lunedì 16 Novembre 2009, 16:27

Treni vuoti, però velocissimi

Dal 13 dicembre, con l’orario invernale, entra in funzione per intero la nuova linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Milano.

Essa sarà percorsa da ben sette treni al giorno, che collegheranno le due città in un’ora e permetteranno di andare da Torino a Roma in 4 ore e 10 minuti, ritardi permettendo. I treni non sono nemmeno cadenzati; da Milano i ritorni partono due ai :00 da Centrale, quattro ai :58 da Porta Garibaldi, uno dai :15 da Centrale – portatevi dietro gli orari.

Il tutto, per il modico e accessibile prezzo di 31 euro (per Milano) o 93 euro (per Roma), sola andata di seconda classe: andarci da soli con una berlina costa la metà.

Ah già, e però, per velocizzare l’attraversamento di Milano, nella maggior parte dei casi questi treni non andranno a Milano Centrale, ma a Milano Porta Garibaldi (l’unica stazione principale di Milano senza una metro che porti in Duomo) e poi a Milano Rogoredo. Se volevate scendere a Milano Centrale per prendere un treno per, che so, Venezia, Lugano, Pavia, Parma… o i bus per gli aeroporti milanesi, dovrete metterci in mezzo un tratto in metropolitana.

Infine, per risparmiare ben tre minuti sulle quattro ore e dieci tra Torino e Roma, dal 13 dicembre i treni alta velocità NON fermeranno più a Torino Porta Susa. Il fatto che ci abbiano smarronato per trent’anni con Porta Susa sotterranea nuova stazione principale progettata per l’alta velocità è, evidentemente, irrilevante. Il fatto che a Porta Susa salga normalmente l’80% dei passeggeri diretto a Milano evidentemente lo è altrettanto. Anche il fatto che per ogni passeggero che va in treno da Torino a Roma ce ne siano dieci che vanno da Torino a Milano non è degno di considerazione. L’importante è “competere con l’aereo”, mica offrire un servizio utile a prezzi decenti: quando si dice “orientarsi al cliente”.

Del resto, la linea alta velocità Torino-Milano è costata agli italiani circa 11 miliardi di euro: per fare un paragone, l’intera linea 1 di metropolitana torinese con i suoi prolungamenti a Rivoli e a piazza Bengasi costa circa 1,5 miliardi di euro, mentre raggiungere il 90% delle case italiane con una dorsale in fibra ottica – una infrastruttura che davvero cambierebbe il futuro del Paese – costa 18 miliardi di euro. Gli investimenti (pur molto minori) previsti per la fibra sono stati recentemente cancellati, però abbiamo una linea ad alta velocità talmente utile che ci viaggeranno solo sette coppie di treni al giorno. Anche supponendo di ammortizzarla in trent’anni, fa circa 70.000 euro a treno al giorno.

Intendiamoci, ho il sospetto che con un servizio che fermi nelle stazioni utili e sia disponibile una volta all’ora (ogni mezz’ora nelle fasce di punta) sarebbe possibile far viaggiare questi treni sempre pieni anche vendendo i biglietti a prezzi umani, rendendo l’infrastruttura davvero utile. Ma tanto l’obiettivo del progetto alta velocità era sfilarci gli 11 miliardi di euro, con un costo per chilometro circa quattro volte superiore al resto d’Europa; dopodiché farci girare qualche treno, così per bellezza, è solo un fastidio necessario.

[tags]torino, milano, treni, trenitalia, alta velocità, tav, sprechi[/tags]

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sabato 14 Novembre 2009, 20:29

Novecento (3)

Per caso, in queste ultime settimane, mi sono capitati sottomano contemporaneamente due romanzi che, in questo contesto di ventennale, si sposano in maniera piuttosto interessante.

Il primo è il romanzo d’esordio di Mauro Pagani, Foto di gruppo con chitarrista, uscito ormai da qualche mese. Suppongo che sappiate tutti chi è Pagani: uno dei musicisti che hanno fatto la storia della musica moderna italiana, partendo dall’epopea della Premiata Forneria Marconi – l’unico gruppo italiano che abbia mai sfondato le classifiche internazionali non alla voce “pacchianate” ma alla voce “rock” – per passare per il periodo anni ’80 di De André, ossia Creuza de ma, e poi tanti altri esperimenti musicali di ogni genere. Certo, il curriculum di Pagani si è macchiato con la recente Domaaaaaaaaaniiiiiiiiiii per l’Abruzzo, ma insomma, dagli eventoni musicali benefici non si può pretendere troppo in termini di originalità (forse che era bella We Are The World?).

Tempo fa ebbi anche occasione di finirci a pranzo, grazie a Fiorello Cortiana che abita nel suo stesso palazzo, e l’impressione fu ugualmente buona. Il romanzo, tuttavia, letterariamente non è granché; e l’immutata stima per il Pagani musicista non può nascondere il fatto che esso sia pieno di dialoghi in cui le persone parlano come in un libro stampato (alzi la mano chi di voi ha mai usato l’espressione “sciogliersi come neve al sole” parlando con un amico) e di donne immancabilmente gnocche e disponibili, e che alla fine esso si riveli come un sottile “veicolo” per permettere a Pagani di sfoggiare dubbia modestia sulle proprie abilità musicali e di ripetere l’annosa lagna sulla PFM che avrebbe conquistato il mondo del rock globale per sempre, se solo non fosse stato per un complotto pluto-giudaico-massonico e per l’inspiegabile cattiva reazione degli americani all’idea di mettere la loro bandiera accartocciata in copertina. Chicca finale, la citazione di De André in quarta di copertina: furbata dell’editore, in quanto questo romanzo parla di De André più o meno quanto una confezione di cioccolato Kinder parla dei bambini tedeschi.

Nonostante questo, è un romanzo piuttosto interessante da leggere: un romanzo di fantascienza ambientato a Milano tra il 1969 e il 1979, che racconta da vicino i cambiamenti sociali di quegli anni. Immagino che per chi in quegli anni c’era possa essere una interessante riflessione su ciò che è successo, sull’evoluzione dal movimentismo all’impegno politico e poi al terrorismo oppure allo sculettìo in discoteca come John Travolta. Per noi attuali trentenni, vale per estensione la chiosa di Leonardo“il ’68 ci ha strasfracellato i coglioni” – e però c’è un certo fascino perverso nel leggere queste storie improbabili di giovani che pur in età universitaria non facevano un cazzo nella vita se non menarsi, scopare e drogarsi, e infatti sono diventati la classe dirigente che ha mandato l’Italia a puttane (ormai nel senso letterale del termine).

Noi trentenni, invece, rispondiamo con l’altro libro che mi è capitato per le mani: Studio illegale di Duchesne, pseudonimo sotto cui si è nascosto un praticante legale (aka precario della giurisprudenza) di un grande studio di Milano. Il libro è divertente e racconta con precisione l’ambiente affaristico di Milano di questi anni, tutto basato su paroloni inglesi usati a sproposito, mestieri la cui utilità nessuno riesce veramente a spiegare, ansie carrieristiche e necessità di apparire, e su una dose da cavallo di squallore e volgarità gratuite che solo la disponibilità di soldi e potere di chi la esibisce riesce a rendere accettabile per necessità. E’ un libro che riassume bene i motivi per cui nel 2002 scelsi di fare altre cose invece che trasferirmi a Milano a fare il manager: del resto, a un certo punto i protagonisti si trovano a fare una veloce “colazione di lavoro” davanti a un panino bresaola e caprino – e lì ho esultato come davanti a una tripletta di Rolando Bianchi.

Ai cinquantenni che ci strasfracellano i coglioni con gli anni ’70, io risponderei con la preghiera di leggere quest’ultimo libro: giusto così, per capire che bella società hanno messo in piedi per noi.

[tags]libri, letteratura, romanzo, mauro pagani, pfm, musica, anni ’70, de andré, studio illegale, duchesne, volgarità, una milano da inculare[/tags]

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venerdì 13 Novembre 2009, 12:48

Uniti nelle differenze, naturalmente ideologiche (2)

Scusate, non per essere monotono, ma non vorrei che vi foste persi le ultime puntate della telenovela Bresso-Chiamparino per la nomination a candidato presidente della Regione Piemonte per il centrosinistra; telenovela che sta mettendo a dura prova i nervi del PDmenoL torinese, al punto che Chiamparino l’altra sera, assediato dagli abitanti di Basse di Stura stufi delle proroghe sulla discarica, si è fatto scappare in pubblico un bestemmione – un “porca M…” che ha fatto cadere tutti i crocifissi delle aule scolastiche nel raggio di cinquecento metri.

In breve, ieri la Bresso – probabilmente preoccupata di risultare inferiore a Chiamparino per arroganza – ha rilasciato una bella dichiarazione spavalda al Corriere della Sera, chiudendo la sua intervista con una frase che taccia apertamente l’UDC di essere il partito della mafia. Vero o falso che sia – va bene Cuffaro, ma dubito molto che la vecchietta che vota Vietti a Viù lo faccia per foraggiare il traffico internazionale di droga – non è certo una cosa gentile da dire, ma è soprattutto una bella cannonata contro l’accordo tra centrosinistra e UDC, che l’avrebbe costretta al sacrificio della poltrona: la candidata deve essere lei, a costo di andare alle elezioni da sola e con la quasi certezza di perderle. Infatti, Casini ha subito risposto con una nota di agenzia che vi prego di trattare con precauzione, in quanto è talmente gelida che potrebbe congelarvi il computer.

In realtà, il senso di quella nota è anche quella di dire al PD “non faremo noi il lavoro sporco in casa vostra: riportate voi sotto controllo questa pazza e poi eventualmente ne riparliamo”. Tutto il PD si è subito cagato addosso: senza UDC si perde, e se si perde niente ciccia. Da Saitta in giù, tutti furibondi con la Bresso, non solo per l’uscita, ma perché essa sottintende la scelta “meglio perdere le elezioni che cedere il passo a Chiamparino”.

E infatti Chiamparino ha subito raccolto l’assist, e ha proposto di discutere della questione a Roma, tra le segreterie, nell’ambiente dove è più facile che la Bresso possa venire sacrificata; al che i bressiani hanno risposto che no, la discussione va fatta a Torino. Nel frattempo, dopo la contestazione sulla discarica, un altro pezzo del partito contesta Chiamparino, per la sua affermazione – probabilmente fatta per ribadire che no, il più arrogante è sempre lui – che “gli amministratori PD sono inadeguati“, naturalmente ad eccezione di lui medesimo.

Che dite, non sono carini? Non fosse che hanno in mano il destino della nostra città…

[tags]torino, elezioni, politica, pd, bresso, chiamparino, udc, correnti di partito[/tags]

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