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Archivio per il giorno 10 Agosto 2006


giovedì 10 Agosto 2006, 22:36

Chi ci terrorizza

Intendiamoci, sono assolutamente sicuro che questi tentati attentati con l’idraulico liquido esplosivo esistano veramente. Però c’è qualcosa che proprio non quadra.

Mettetevi nei panni del capo di un governo o di un servizio segreto: avete appena sventato degli attentati, state rastrellando i presunti terroristi nelle loro case, e insomma stavolta è finita bene. Dovete decidere cosa dire al pubblico; e non sarebbe naturale minimizzare, tenere le cose sotto silenzio, evitare una ondata di panico?

Certo che lo è, tanto è vero che, a bassa voce, si dice apertamente che di episodi simili ce ne sono stati oltre una decina, quasi sempre passati sotto silenzio. A meno che l’ondata di panico, abilmente rilanciata da tutti i mass-media, non sia un effetto collaterale ampiamente desiderato, forse lo scopo dell’intera operazione mediatica.

Del resto, eravamo nel mezzo di una crisi internazionale difficile. In cui Israele dopo vent’anni aveva invaso il Libano, bombardando bambini e funerali, e (giusto o sbagliato che sia) il suo governo era considerato dalla maggior parte dell’opinione pubblica, almeno in Europa, più o meno alla stregua di Bin Laden. In cui la popolarità di Bush era la più bassa di un Presidente americano da sempre. In cui l’unico serio alleato degli angloamericani, l’Italia, aveva cambiato governo e fatto enorme fatica a decidere di prolungare di sei mesi la missione in Afghanistan, figurarsi quella in Iraq. In cui alle Nazioni Unite si stava riproponendo la spaccatura tra USA/UK da una parte e Francia dall’altra, rendendo impossibile approvare risoluzioni favorevoli al “blocco del bene”. In cui diventava sempre più difficile, insomma, continuare in quel clima di guerra espansionistica premeditata all’estero, e di restrizione delle libertà civili in casa, che ha caratterizzato il mondo occidentale dopo l’11 settembre, a tutto vantaggio di chi vi detiene il potere.

E allora, guarda caso, salta fuori proprio l’unica notizia che può ribaltare la situazione: un altro mega-attentato. Sventato, eh: perchè siamo stati tanto bravi che nessuno ha visto niente, se non le immagini in TV di bivacchi all’aeroporto e pakistani arrestati. Ma un mega-attentato terribile, zilioni e zilioni di cattivissimi islamici carichi di esplosivo invisibile, alla faccia di tutte le misure di sicurezza, tutti attorno a noi pronti ad ucciderci perchè ci odiano. E’ proprio quel che serve per zittire il dissenso, distrarre l’audience e riportare l’ordine.

Quindi, manda il Libano in sesta pagina, e vai con la lotta al terrorismo; perchè se le nostre severissime, costosissime, durissime misure di sicurezza e guerre preventive si dimostrano platealmente incapaci sia di fiaccare la voglia degli estremisti di farci saltare in aria, sia di impedirglielo a forza, la soluzione è farne ancora di più. Elementare, Watson.

Ma io, alla lotta al terrorismo, non credo più. Non perchè non creda all’esistenza o alla pericolosità del terrorismo, ma perchè se il prezzo da pagare è farci dominare dalla paura, smettere di vivere, legittimare i nostri stessi atti di guerra, e cedere tutti i poteri a chi ci governa, penso che sia un prezzo troppo, troppo alto. E quindi, non credendo alla lotta al terrorismo, perdonatemi se divento anche sospettoso, quasi paranoico, di fronte ai suoi presunti “episodi”, e soprattutto a come vengono presentati dai media.

Del resto, la fine della civiltà occidentale (e sottolineo il termine civiltà), chiusa a morsa tra il panico verso nemici invisibili e la sorveglianza globale, è l’obiettivo dei terroristi, termine che indica coloro che volontariamente ci terrorizzano. Certo che, guardando solo ai fatti e a quel che ci propinano oggi i telegiornali, viene da chiedersi chi siano.

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giovedì 10 Agosto 2006, 19:02

Il futuro di Internet

Ormai la notizia è uscita in giro e l’hanno riportata financo i blog degli amici, quindi per una volta mi tocca fare un post serio (non so nemmeno in che categoria metterlo).

Qualche settimana fa, mentre ero in ufficio, ho ricevuto una telefonata in diretta dal Senato dalla Repubblica: era il sottosegretario Beatrice Magnolfi che mi annunciava la nomina in un nuovo comitato, istituito dal ministro Nicolais, per discutere della posizione italiana al prossimo Internet Governance Forum delle Nazioni Unite, a fine ottobre ad Atene. Ovviamente la cosa mi ha fatto molto piacere; giusto per mettere le cose in chiaro, non si tratta di una posizione retribuita (anzi, mi pago io ogni volta l’assenza dal lavoro e il viaggio a Roma), ma si tratta comunque di un segno di grande stima e fiducia, derivante direi dai miei ruoli in ICANN e nei forum delle Nazioni Unite che parlano di Internet.

Il comitato è composto da persone che si sono occupate di questi temi, da Stefano Trumpy, che rappresenta il governo italiano in ICANN, a Matilde Ferraro, che ha rappresentato le ONG italiane al WSIS – solo per nominarne un paio. Include Fiorello Cortiana, che si è occupato di questi temi nello scorso Parlamento, ma anche Joy Marino, uno dei fondatori dell’industria Internet italiana. E’ presieduto da una persona eccezionale come Stefano Rodotà, colui che ha introdotto in Italia il tema dei diritti personali nella società dell’informazione, e che da tempo battaglia per la “Costituzione di Internet”; poterlo conoscere di persona è stato un gran piacere.

Ci siamo riuniti per la prima volta giovedì scorso, il che mi ha permesso di entrare per la prima volta nello studio di un ministro, in un bel palazzo rinascimentale in corso Vittorio Emanuele: e vai di salone chilometrico, legno pregiato, dipinti a tema epico e commessi alla porta. Il Ministro Nicolais, comunque, è stato molto gentile; ci ha accolti personalmente e ha partecipato alla prima parte della riunione, prima di fuggire per andare a pranzo a batter cassa da Padoa Schioppa; ha poi lasciato la riunione a Magnolfi.

L’argomento della riunione è stato come organizzare un processo per definire una posizione del governo italiano sui temi che saranno discussi ad Atene. I temi dell’IGF (definiti a Ginevra tramite un do ut des diplomatico teso a lasciar fuori qualsiasi questione veramente pericolosa, dal controllo americano su ICANN alla proprietà intellettuale) saranno quattro: libertà e apertura della rete, sicurezza e stabilità della rete, diversità e internazionalizzazione dei contenuti, e costi di accesso.

Per ciascuno di questi, sono state definite persone di riferimento (io, con Fiorello, mi occuperò del primo, che include anche la libertà di espressione, l’accessibilità del sapere e i diritti in genere) e ci siamo ripromessi di preparare una bozza per metà settembre; vogliamo inoltre organizzare, per metà ottobre, una consultazione pubblica, online ed offline, per permettere a chiunque di esprimere il proprio parere. A quest’ultima cosa io tengo molto: credo che potrebbe essere un’occasione per mettere il governo di fronte alle istanze che vengono dalla rete, su tutti i temi relativi a Internet, e quindi incoraggio tutti a prepararsi per tempo.

A fine riunione, io ho proposto che il Governo sponsorizzasse anche due workshop che vorrei organizzare ad Atene, anche se il tempo stringe (le proposte vanno inviate entro il 24 agosto); il primo sulla Costituzione di Internet, e il secondo sul trusted computing, una tecnologia che, dipendentemente dalla sua implementazione, vedo potenzialmente molto lesiva dei diritti delle persone e della natura stessa di Internet. Alla fine si è scelto di concentrarsi sul primo, per non disperdere le forze (devo dire che anche a livello internazionale l’interesse sul trusted computing è risultato scarso: probabilmente è un tema troppo tecnico per essere accolto dai diplomatici e dalle ONG, tipicamente di stampo sociale e cooperativo, che partecipano ai processi ONU).

Tornando a noi: per quanto mi riguarda, questa è soprattutto una occasione per portare all’attenzione del nostro governo un po’ dei problemi reali che leggiamo tutti i giorni sulle liste e sulle riviste della rete, e che mi preoccupano alquanto. In queste cose sono totalmente piemontese: non sono in grado di sfoggiare i salamelecchi e le adulazioni (ma nemmeno lo sgomitìo per farsi vedere) che usano in queste occasioni, e quindi nemmeno di “ammanicarmi” oltre quel che deriva naturalmente dalle cose che faccio. Se però il Governo ci darà modo di influenzare un po’ la sua politica in materia, allora ne sarà valsa la pena.

Io però li attendo al varco: in particolare, va bene Atene, ma ho tutte le intenzioni di cominciare a parlare appena possibile di revisione della legge Urbani, di privacy, diritto d’autore, trusted computing, di diritti dei consumatori dei pessimi servizi ICT nostrani, del digital divide interno, e così via. Questo è un esperimento che potrebbe finire a ottobre, o potrebbe essere la base per un processo più ampio e più stabile, veramente innovativo per l’Italia, di concertazione multi-stakeholder delle politiche sull’ICT, che porterebbe anche esiti migliori per le istanze del “popolo della rete”. Credo quindi che sia il caso di provare tutti assieme a farlo funzionare.

Nel frattempo, compatibilmente con la scarsa connettività che tutti noi abbiamo ad agosto, la mia email (vb [a] bertola.eu.org) è a disposizione per chiunque voglia presentare suggerimenti o pareri.

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giovedì 10 Agosto 2006, 18:52

Oltre un terzo

Ieri sera il TG5 ha mandato in onda un servizio allarmato sulle truffe nell’uso di carte di pagamento, originato dall’uscita di una statistica secondo cui gli italiani farebbero un uso smodato di questi sistemi durante le vacanze, sia all’estero che in Italia.

La statistica riportata nel servizio era testualmente la seguente: “Secondo le statistiche dell’ABI, oltre un terzo dei pagamenti con Bancomat e carta di credito viene effettuato nei mesi da giugno a settembre.”

Peccato che i mesi da giugno a settembre siano quattro, che diviso dodici fa precisamente un terzo: se i pagamenti in questi mesi fossero il quaranta o cinquanta per cento del totale potrei prenderlo come un segnale, ma un po’ più di un terzo (“oltre un terzo” giornalisticamente vuol dire il 35-36 per cento al massimo, poi diventa “quasi due su cinque”) non mi sembra troppo diverso dal normale. Forse il TG5 sta cercando di insidiare il noto primato di Repubblica in termini di letture fantasiose dei numeri?

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