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domenica 18 Febbraio 2007, 11:59

Fuga dall’Italia

È notizia di ieri che anche il comune di Carema, dopo le valli Orco e Soana, ha indetto il suo referendum separatista: vuole lasciare il Piemonte e aggregarsi alla Valle d’Aosta.

Forse quella di Carema è ancora la richiesta più ragionevole: è l’ultimo paese del Piemonte prima del confine. E’ anche vero che in periodo littorio, per “italianizzare” la Vallèe, le valli del Gran Paradiso e dell’Alto Canavese vennero effettivamente aggregate per qualche anno alla provincia di Aosta.

Ma il senso vero della domanda è un altro: questi comuni di montagna, spesso poveri e semiabbandonati, vedono nella Val d’Aosta la possibilità di sfuggire all’abbandono a cui lo Stato italiano condanna le periferie del territorio, prive di servizi, di fondi e di collegamenti, costrette a buttare le proprie tasse in un gigantesco calderone nazionale pieno di sprechi e di sussidi per ogni genere di corporazione e di area geografica tranne le nostre.

In confronto, la Val d’Aosta è un paradiso coperto di soldi (anche nazionali, come “compensazione” per non essersene andati con la Francia dopo la guerra) e soprattutto della possibilità di gestirseli in autonomia, trattenendo sul posto quasi tutte le tasse versate, e gestendole in modo snello. Basta guardarsi attorno per vedere la differenza tra le montagne aostane, pulite e mantenute con qualità svizzera, e le montagne piemontesi, specie quelle non sciistiche, semiabbandonate e ferme all’Ottocento.

Naturalmente, i valligiani sono ben determinati a tenersi per sè questi privilegi: hanno già annunciato ricorsi alla Corte Costituzionale contro la legge che permetterebbe ai comuni adiacenti di scegliere di aggregarsi ad essa.

Ci si chiede però perchè, tra le tante storture e iniquità dell’Italia, non si possa prima o poi sistemare anche questa: che senso abbia che esistano alcune regioni che possono scegliere che fare dei propri soldi e dei propri progetti, e anzi ne continuino a ricevere dall’esterno per motivi geopolitici di sessant’anni fa. Io, di mio, mi sono sempre chiesto perchè anche il Piemonte non possa avere l’autonomia che hanno Aosta o il Trentino.

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22 commenti a “Fuga dall’Italia”

  1. MCP:

    La presenza di regioni autonome che si gestiscono in proprio la maggior parte delle tasse mi pare un’altra cosa molto italiana… non so se all’estero abbiano situazioni analoghe – di solito o tutte le regioni/stati/lander si autogestiscono (federalismo) oppure c’e’ il centralismo per tutti. Ma magari sbaglio.

  2. .mau.:

    Spagna.

  3. mcp:

    Pero’ tutte e 17 le regioni sono autonome, a quanto leggo.

  4. simonecaldana:

    Cina

  5. LucianMollea:

    Questo è un post da reazionario.
    Dove la mettiamo la solidarietà nazionale, sancita dalla nostra Costituzione sacra, inviolabile e nata dalla Resistenza?

  6. sciasbat:

    Leghista…

  7. vb:

    Ragazzi, mettiamoci il cuore in pace: in un mondo globale e in una Unione Europea sempre più integrata, il ruolo del governo italiano e dei singoli stati nazionali diverrà sempre più irrilevante… In altre parole, la “patria” di ciascuno di noi sarà sempre di più una entità molto locale (città, regione) da una parte, e “il mondo intero” (o almeno l’Europa unita) dall’altra.

  8. sciasbat:

    Leghista!

  9. LucianoMollea:

    sciasbat ha ragione! erano esattamente le stesse parole che Bossi blaterava nei suo comizi in giro per la “padania”…

    sarà mica che aveva ragione?

  10. sciasbat:

    E dieci anni fa quando qualcuno diceva questo la critica principale che veniva da un particolare schieramento politico era: “vuole ridurre l’Italia come l’ex Jugoslavia”

  11. BlindWolf:

    Boia faos!

    vb, stai provocando la più grande flame war dal tuo mitico post sul Lidl…

    Le mia opinione è più lunga e complessa, quando avrò un po’ più tempo a mia disposizione (ho una consegna per domani, contacc!) la scriverò.

  12. Alberto:

    Beh, direi che non c’è niente di meno leghista del chiedere di accettare che i nostri confini pscicologici si allarghino. Il leghismo nasce come critica allo stato nazionale come contrapposto al localismo perché nasce come difficoltà di accettare ciò che è diverso, che nell’Italia del Nord della fine degli anni 80 era la cultura dell’Italia centro-meridionale. Nel frattempo la Lega è andata al governo, l’immigrazione è diventata un fenomeno sempre più massiccio, siamo entrati nell’Euro. La Lega quindi ha superato in parte il suo attacco allo stato nazionale per elevarla ad attacco a ciò che oggi è molto più facilmente percepito come diverso, senza per di più irritare gli alleati, ovvero da un lato gli extra-comunitari, dall’altro l’Europa. Qualunque sia il nemico, la filosofia della Lega è raccogliere l’ansia nei confronti della diversità, con la sua cultura, con le sue abitudini, con le novità che esso porta. Poco importa che la diversità stia nel colore della pelle, nella religione, nella lingua o nella moneta.
    Quello che dice vb è l’esatto opposto, ovvero che i confini nazionali stanno cadendo, e che i nostri confini psicologici si dovranno ampliare proprio per superare l’ansia che la diversità genera in noi e che alimenta fenomeni come il leghismo. Questo significherà certamente che il concetto di italiano diverrà più labile ma non perché sostituito da quello di lombardo ma da quello di europeo ed anzi la dimensione di lombardo sbiadirà per cedere il passo a quello di padano o di centroeuropeo. Significherà sì che il valdostano si sentirà più vicino al ginevrino o al savoiardo che al siciliano, ma significherà anche che mediamente i nostri confini psicologici si allargheranno ancor più di quanto si sono allargati nella nostra generazione e nella precedente.
    Ciao ciao

  13. Attila:

    Mi sa tanto che è proprio il contrario… in fondo anche il medioevo ha visto vasti imperi con un’unica religione e moneta… che però avevano al loro interno un moto di forte indipendenza da parte delle realtà locali (i cd Feudi), che poi sarebbero andati a incidere pesantemente sulle scelte a livello centrale…
    Nel momento in cui nascevano le cd identità nazionali (nell’800), meno vaste territorialmente e meno eterogenee, si andavano via via soffocando i localismi, quasi cancellati dalla guerra fredda, in cui nel Mondo si fronteggiavano 2 grandi blocchi, che non potevano tollerare delle spinte centrifughe da parte delle singole entità per la loro (presunta) stessa sopravvivenza. Il primo passo al disfacimento totale dell’Unione Sovietica è stata l’indipendenza delle Rep. Baltiche.
    Adesso si torna ad avere delle identità enormi, ma puramente astratte (l’Europa… se qualcuno sa darmi una definizione coerente e non puramente demagogica di questa, mi fa felice), come lo erano i grandi imperi medioevali, per cui tornano in auge le realtà locali, che sfidano queste identità astratte e cercano di sopravvivere all'”invasione” (non percepitelo come un termine negativo, ma neutro, solamente scolastico, x questo l’ho messo tra virgolette) di nuove culture (all’epoca la battaglia si faceva a colpi di ascia bipenne, adesso a slogan politici), la sopravvivenza o meno di queste non è di per sè positiva o negativa, la storia, si sa è neutra.
    Sono dei ricorsi storici a cui molti benpensanti non vogliono adeguarsi… come le anime belle che dicevano che dopo la “caduta del muro” non ci sarebbero state + guerre, ed ignorando quanto la guerra fredda aveva di fatto sopito tutti i conflitti locali (e questa volta si parla di guerra vera)…
    Il volere mantenere una propria identità con mezzi leciti non è, di fatto, un crimine. Soprattutto se si calcola che è una forma di opposizione ad una burocrazia che diverrà, nel momento (quale?) in cui l’Europa diverrà una entità non solo astratta, sempre + elefantiaca e sempre meno vicina ai concreti bisogni delle comunità locali, perchè mossa da logiche che tendono a guardare solo alle macro aree.

  14. vb:

    Attila: L’Europa è definita come “l’insieme delle aree geografiche collegate da Ryanair”.

  15. Attila:

    Ok, ti ringrazio!!!
    Finalmente quando sento parlare di gente che prende un sacco di soldi Strasburgo capisco a cosa servono!!!

  16. simonecaldana:

    Vuoi sapere cos’e’ l’UE? l’imbottitura che permette a vasi di coccio di resistere alle botte delle palle da demolizione. E’ una condizione necessaria alla sopravvivenza economico sociale e il fatto che il processo stia avvenendo pacificamente e non con guerre di conquista e’ l’unica grande novita’ politica dell’ultimo secolo (la precedente possiamo dire sia il comunismo). Io considero il percorso fatto dall’Unione Europea la piu’ grande vittoria della filosofia pacifista: fino a 62 anni fa qui ci si sparava addosso, in un fazzoletto di terra! Il cambiamento e’ epocale!

  17. Attila:

    Secondo me, invece, alla base c’è stata una guerra (quella fredda, da cui nasce la CEE)…
    poi adesso c’è un’altra guerra, che forse non è meno sanguinosa… solo che le “morti” si riescono a nascondere + facilmente…

  18. Alberto:

    I nostri confini psicologici non necessariamente coincidono con quelli politici. Anche sotto imperi che si estendevano su tutto il globo la maggior parte degli individui non si spostavano mai dal proprio villaggio e consideravano quelli del villaggio a fianco come dei marziani. Ancora nella generazione precedente alla nostra uscire con una persona del paese a fianco era già considerata una scelta azzardata, oggi sta diventando normale sposarsi con una persona di un’altra nazione. Questo accade perché ci muoviamo, conosciamo, apprendiamo abitudini e modi di vita di altri popoli ed un abitante delle Lituania ci pare ben più vicino a noi di quanto non fosse un toscano per i nostri nonni. Oggi ci troviamo con l’obiettiva necessità di contare di più come cittadini europei nel mondo sia in contrapposizione al potere di altre nazioni, sia a quello dei grandi aggregati economici ma con il vincolo della nostra idea di nazione (astratta esattamente quanto quella di Europa), proprio quell’idea che tanto abbiamo faticato a creare in Italia dai tempi in cui Cavour creò il nostro paese che prima era solo un’entità geografica (come la definiva Metternich) senza una storia comune (almeno negli ultimi 1400 anni). E’ quest’idea di nazione che oggi lascia a molti la percezione che condividere delle scelte con un portoghese sia impossibile, eppure, con l’eccezione della lingua (che paradossalmente è uno degli ultimi problemi che i nostri governanti si pongono) le differenze di cultura, abitudini, tratti somatici stanno diventando sempre più labili con il progressivo rimescolarsi dei popoli esattamente come oggi lo sono le differenze all’interno del nostro Paese.
    Ciò che la storia ci insegna è che i popoli che prima sanno cavalcare un cambiamento sono quelli che riescono a goderne i frutti. Se resisteremo al cambiamento verremo travolti dallo sviluppo di aree come la Cina, l’India, il Sud America (che non a caso ha avviato, a sua volta, un processo di integrazione).Prima supereremo l’idea di Italia a vantaggio di quella di Europa, prima ci troveremo in un paese che conterà di più e prima potremo influenzare istituzioni che subiranno in misura minore il peso dei grandi gruppi economici.
    Non c’è dubbio che anche in futuro il nostro bisogno di appartenenza continuerà a legarci ad aggregazioni geografiche più limitate rispetto a quelle continentali, ma col tempo queste entità avranno sempre più un carattere folkloristico e sempre meno politico-economico.
    Tornerà un’epoca nella quale non si viaggerà più, non si incontreranno più persone di altre provenienze e nella quale i nostri confini psicologici si restringeranno? E’ certamente possibile, ma francamente non credo che ciò avverrà nei prossimi due secoli.
    Ciao

  19. simonecaldana:

    Attila: ovviamente la CEE e’ stata “sospinta” a nascere dagli USA, ma questo non toglie nulla al valore del percorso intrapreso.

    Alberto: sono d’accordo con te sui futuri sviluppi geopolitici. L’aggregazione in macroblocchi e’ inevitabile.

  20. elena:

    Interessante discussione, ma forse dimentica di un punto fondamentale: “Di quale europa stiamo parlando”? Di quella autoreferenziale, sorda, estranea dei funzionari di brux, lux e strasbourg (in effetti quella che ha le leve del potere comunitario), oppure dell’europa capro espiatorio di tutti i mali, non ultimo quello della conversione monete nazionali/Euro? Una volta che ci siamo chiariti sul concetto di Europa (e ci vorranno ancora un po’ di annetti), forse potremo fare un discorso serio sul punto, ma occorrerebbe sbrigarsi, visto che “L’impero di Cindia” (Titolo dell’ultimo saggio interessante e di veloce lettura di federico rampini) ci sconvolgerà l’intero nostro orizzonte (anzi, già sta succedendo).

  21. simonecaldana:

    di quale italia siamo cittadini? quella delle opere d’arte, del buon cibo e dello stile o quella della politica corrotta e inefficace?

  22. Attila:

    Siamo cittadini dell’Italia di pizza, mandolino e fichi…
    Fu fa fifi fufafifi… La terra dei cachi…

 
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