Due estati fa
Come avrete sentito dai telegiornali, ieri era il secondo anniversario degli attentati di Londra del 7 luglio 2005, che causarono oltre cinquanta morti e settecento feriti.
Sono attentati che hanno lasciato un segno sugli inglesi. Per esempio, nel settembre successivo, io partecipavo come membro della delegazione italiana a una seduta negoziale durante l’ultimo incontro preparatorio per il WSIS di Tunisi; l’Europa era rappresentata dalla presidenza di turno, ossia dagli inglesi, per cui tutti gli altri europei, me compreso, potevano soltanto osservare. L‘Inghilterra aveva mandato un ragazzo più o meno della mia età , di origine francese, ma elegante e flemmatico proprio come ci si aspetterebbe da un diplomatico inglese. A un certo punto, durante la discussione di un paragrafo sulle esigenze di sicurezza su Internet, una signora di un paese centramericano – mi pare il Guatemala – si alzò e chiese che venisse introdotta una ulteriore menzione dell’importanza di rispettare i diritti umani, anche quando questi limitassero la protezione della sicurezza. L’inglese rispose gentilmente che il testo che veniva presentato rappresentava già un ottimo compromesso in materia. La signora insistette, e disse che secondo lei il testo era troppo sbilanciato a favore delle attività di polizia. Sempre con calma, l’inglese le spiegò che la posizione dell’Unione Europea era quella inserita nel testo. La signora si accalorò un po’ di più, e cominciò a dire che per il suo Paese i diritti umani erano fondamentali, e che i paesi sviluppati avevano un approccio troppo autoritario a queste materie, specie nei confronti degli stranieri. Lì, l’inglese d’improvviso perse la calma, e cominciò quasi a gridare: che il suo governo aveva bisogno di riportare la sicurezza a Londra, che il mondo è pieno di malintenzionati, e che lui, personalmente, passava tutti i giorni in metropolitana per due delle stazioni che erano state fatte esplodere.
Due estati fa, una settimana dopo, io ero a Lussemburgo, nel bel mezzo di un meeting di ICANN (ho già parlato di questo episodio, ma mai nel dettaglio). Il meeting era cominciato un paio di giorni dopo gli attentati, ed era stata dura convincere gli americani a non cancellare tutto: molti di loro avevano paura di mettere un piede fuori dal loro paese. Il 14 luglio, si teneva il classico forum pubblico, dove tutti i partecipanti si radunano. All’inizio della mattinata, Vint annunciò che anche ICANN si sarebbe adeguato ai due minuti di silenzio proclamati in tutta Europa per mezzogiorno. Dopo un attimo di confusione, gli fecero notare che l’ora era mezzogiorno di Londra, ossia l’una in Lussemburgo. Lui allora rispose che siccome il meeting sarebbe finito attorno a mezzogiorno e mezza, all’una non ci sarebbe stato nessuno; per cui avevano deciso di fare due minuti di silenzio a mezzogiorno.
E così, a mezzogiorno, la discussione fu interrotta di colpo e facemmo i nostri due minuti di silenzio. Poi si riprese a parlare, e, come spesso accade, il meeting si prolungò; e così, all’una eravamo ancora lì. A quel punto, Vint interruppe la discussione, e chiese di fare altri due minuti di silenzio.
Facemmo anche quelli, ma ammetto che furono due minuti lunghi e pieni di pensieri; non certo perchè non volessi onorare le vittime di quegli attentati, ma perché era evidente come la formalità del gesto, che non era accaduto in altri casi, volesse sottintendere un trattamento speciale. Avrei voluto andare al microfono e spiegare che proprio in quel giorno cadevano i dieci anni dalla strage di Srebrenica, in cui settemila, forse ottomila musulmani bosniaci furono massacrati dai cristiani serbi, e che sarebbe stato il caso di ricordare anche loro.
Dopodiché, capii che non sarebbe servito a molto; che sarebbe stata presa come una provocazione, forse anche come un tradimento. Eppure, usciti dalla sala, prendemmo l’autobus per tornare al nostro albergo; e mi trovai di fronte a Khaled, un elegantissimo signore siriano, cresciuto in Libano, poi vissuto in America, ora devoto alla causa dei nomi di dominio in arabo. Era nervoso e un po’ arrabbiato, e non ci fu bisogno di parlare per capire che stavamo pensando la stessa cosa.
Ci sono due modi di affrontare le morti, quando accadono per motivazioni politiche, religiose o sociali: con umana pietà , o con cieca vendetta. Io credo nella prima; i morti non si possono classificare né ordinare per importanza, e nemmeno distinguere in buoni o cattivi. Non si possono dividere in nostri e loro, e nemmeno bilanciare a peso, come in una legge del taglione; quando derivano da un conflitto prolungato, è futile cercare di individuare chi ha cominciato, o di chi sia la responsabilità . L’unica cosa che si può fare è onorarli tutti, come stiamo facendo qui, ed evitare che ce ne siano altri.
Eppure, a me spaventa vedere così tante persone, anche di alto livello culturale e di buona posizione sociale, dividere il mondo in un qui e un altrove; non solo confondendo la Galizia con la Galazia, come al forum di ICANN l’altra settimana, ma non avendo il minimo interesse a sapere dove siano. Perchè là , fuori dal territorio conosciuto, ci sono i leoni; non una civiltà , ma un gruppo animale da cui difendersi.