Rom e romani
Ho scoperto oggi, leggendo i giornali dal web, che in Italia c’è un certo fermento per l’ennesimo episodio di violenza da parte di un rom su di un romano.
Vista da qui, la situazione non sembra così complicata: basterebbe evitare le generalizzazioni, punire adeguatamente chi commette crimini, sussidiare l’integrazione chi dimostra di comportarsi bene, e non tollerare situazioni di illegalità , come i campi di roulotte autoorganizzati o come quei gruppi di famiglie rom che notoriamente vivono di sfruttamento dei minori mandati ad elemosinare, quando non di furto organizzato.
Se tutto ciò diventa un problema di massa per l’abbondanza di delinquenti in un certo gruppo sociale, e se si pensa di non poter gestire una integrazione ordinata di tale massa, nulla dovrebbe vietare di chiudere le frontiere a nuove immigrazioni o di adottare provvedimenti che abbiano un effetto analogo – anche perché è noto che in Romania sono ben lieti di togliersi i rom dalle scatole, e allo stesso tempo questa situazione dà loro modo di chiedere più soldi all’Europa, con la giustificazione di dover creare condizioni sociali che riducano la tendenza ad emigrare (lo stesso trucco è stato utilizzato spesso da Gheddafi).
Questo è un tipico problema di integrazione “borderline”, cioè con una comunità che ha usi e costumi incompatibili con le nostre leggi; è lo stesso problema che si pone, anche se in modo meno marcato, con la comunità islamica. Non è mai facile tirare la riga, e definire fino a dove siamo noi che dobbiamo accettare la diversità , e dove devono essere gli altri che vengono qui ad adottare la nostra cultura; soprattutto, non è un problema che si possa risolvere in astratto, con un principio valido sempre e comunque.
Purtroppo, in Italia c’è ancora per questa questione un approccio ideologico nel senso deteriore del termine: non si riesce ad andare oltre il terzomondismo d’accatto, per cui tutto va accettato in quanto loro sono poveri (persino quando non lo sono affatto!), ed il corrispondente fascismo strisciante, per cui non siamo noi che siamo razzisti, sono loro che sono rom.
Purtroppo, pare che in Italia, invece di avere discussioni basate su dati e proposte concrete, qualsiasi problema debba dare necessariamente luogo a isteria, scaricabarili e strumentalizzazione. La rete, tra le altre cose, dovrebbe essere un luogo sufficientemente libero e pacato per cominciare a rovesciare questo approccio. Eppure, quando non più di tre settimane fa Grillo ha lanciato l’allarme, i benpensanti della blogosfera l’hanno ricoperto d’insulti. Mi sa che è proprio vero che la nostra politica e i nostri media, tanto criticati in questo periodo, si limitano a riflettere la mentalità del romano medio.
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