Un paese ridicolo
Si può non parlare oggi del Papa alla Sapienza? Forse ne avrei fatto a meno, ma più ci penso e più concludo che siamo un paese ridicolo.
Forse il meno ridicolo di tutti è proprio il rettore della Sapienza. Non sapremo mai se nell’invito al Papa ci fosse un qualche desiderio di visibilità o di acquisizione di meriti presso la Santa Sede, però resta il fatto che, da che mondo è mondo, all’inaugurazione degli anni accademici presenziano tutte le autorità locali, comprese quelle religiose. Sicuramente l’idea di invitare il vescovo può sollevare qualche dubbio, sicuramente essa è complicata dal fatto che tale vescovo è anche il Papa e che viviamo in un’era retrograda, con una espansione strisciante del clericalismo che fa davvero paura. Ma alla fin fine Ratzinger non sarebbe stato necessariamente fuori posto.
In quest’ottica, ci sta ovviamente anche che i docenti possano sollevare obiezioni, chiedendo che a parlare siano altre figure. E’ però francamente ridicolo ritirare in ballo Giordano Bruno, Galileo e dichiarazioni di vent’anni fa: il pastore tedesco lo conosciamo, ma anche esser bigotti è democraticamente permesso, e non si può addossare a questo poveruomo pure la responsabilità di duemila anni di intolleranza cattolica. Inoltre, è legittimo ma sgradevole chiederne l’allontanamento, perché comunque le idee vanno ascoltate, e soltanto dopo contestate. Sarebbe stato di gran lunga meglio far parlare il Papa, e poi riempirlo di critiche, magari anche di fischi, per le sue affermazioni.
Gli studenti okkupanti sono ridicoli di per sé; pensassero mai a studiare, o perlomeno a protestare per ragioni più concrete… Oggi su Radio Popolare intervistavano uno dei capi, che ha rilasciato la seguente dichiarazione: “L’annullamento della presenza del Papa è una grande vittoria, ma continuerà la lotta, perché è tuttora prevista la partecipazione di Veltroni e di Mussi, che meritano altrettanta contestazione.” Con uno che chiama alle armi contro quel noto fascio di Fabio Mussi, che discorso politico vuoi fare?
Ridicolo è ovviamente il Papa, e non soltanto per le sue dichiarazioni sui peni della persona e per la sua visione del mondo che fa sembrare il mio trisnonno un rivoluzionario. E’ ridicolo perché invece di andare a prendersi i meritati fischi si chiama fuori e fa la vittima, atteggiandosi a soggetto di censura quando il pensiero papista è tutti i giorni su tutte le televisioni e tutti i giornali; e questo è un comportamento furbo ed ipocrita che ci si aspetterebbe da un Mastella, non certo dal Papa. Così, certo, ottiene la solidarietà generale e non dovrà rendere conto di quel che dice in un ambiente non sdraiato verso di lui, ma allo stesso modo si sottrae al confronto delle idee. Pare che persino al Vaticano scuotano la testa e constatino ancora una volta come, a differenza del precedente, questo Papa magari passerà alla storia come un buon politico di affari italiani, ma certo non come un leader spirituale su scala planetaria.
Il più ridicolo di tutti, comunque, è – con tutto il rispetto – il Presidente della Repubblica Napolitano, seguito peraltro da tutti i politici grandi e piccini del centrosinistra (e del centrodestra, ma quelli nemmeno li contiamo). Invece di ribadire che l’Italia è un paese laico – una affermazione di cui ci sarebbe moltissimo bisogno – e che la scelta di chi invitare a una propria cerimonia può essere al massimo un affare privato della Sapienza, Napolitano fa dichiarazioni di prostrazione totale verso il Vaticano. Invece di ripetere il fatto che comunque il Papa avrebbe potuto tranquillamente parlare, salvo poi – come s’usa in democrazia – sottoporsi al rischio che altri non fossero d’accordo, blatera di “manifestazioni di intolleranza”, come se gli studenti e i docenti di una Università non avessero diritto di esprimere una opinione sull’opportunità di invitare qualcuno a casa loro.
Triste, molto triste; ma del resto, da una parte politica che esprime totale solidarietà al ministro della Giustizia a cui hanno “solo” indagato la moglie per concussione – invece di cacciarlo a pedate – che ci vogliamo aspettare?
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