Veltrusconi
Se a Berlusconi ormai siamo abituati, in questa crisi c’è un uomo nuovo: Veltroni. Oddio, nuovo fino a un certo punto, visto che – per esempio – Blob ha malignamente passato in questi giorni un estratto di video degli anni ’80, in cui, intervistando a una tribuna elettorale uno dei notabili del PCI di quel tempo, il giornalista Rai si sente in dovere di interrompere la presentazione e far staccare una camera sul volto di un Veltroni appena ventenne, presente in qualità di “capo ufficio stampa” o qualcosa del genere, introducendolo al pubblico in pompa magna come “il figlio di” e partendo in una leccata di culo impressionante.
Io, comunque, su Veltroni sono curioso: fosse che finalmente arriva qualche idea nuova? Per questo sono rimasto pesantemente deluso dalla posizione sparsa ai quattro venti dal nuovo leader del Partito Democratico durante questa crisi.
Infatti, Veltroni dice che per non votare ora (caso che, come tutti sappiamo, vedrebbe il centrosinistra straperdente) serve un governo traghettatore per fare tre cose importantissime ed estremamente urgenti. La prima è la legge elettorale, e qui siamo tutti d’accordo, anche se noi cittadini la vogliamo cambiare per avere più governabilità e la possibilità di dare un calcio in culo ai politici peggiori tramite i collegi o le preferenze, lui la vuol cambiare per prendere più seggi per il suo partito. Le altre due, però, mi hanno fatto rizzare i capelli.
Infatti, la seconda è, papale papale, “l’aumento dei salari dei lavoratori dipendenti”. Lasciando stare per un attimo la diatriba su chi vive meglio tra dipendenti ed autonomi, siamo tutti d’accordo che il potere d’acquisto della classe media italiana non è granchè, anche se il dato che dice che gli stipendi dei dipendenti sono aumentati in termini reali dello 0,3% rispetto al 2000 vuol dire appunto che il livello di vita dei lavoratori dipendenti, rispetto al 2000, non è affatto diminuito.
Il problema però è che ci si aspetterebbe che un aspirante Presidente del Consiglio abbia capito che, nel ventunesimo secolo, i salari non si aumentano per decreto; che una riduzione fiscale significativa e insieme a pioggia, sulla massa degli italiani, è impossibile, perché non si può finanziare con altro debito e tutto ciò che si poteva tassare è già tassato al massimo; che la via per arricchire gli italiani è rendere la nostra economia di nuovo competitiva, quindi paradossalmente tagliare le tasse alle aziende e non alle famiglie, costringendo però le imprese a redistribuire gli utili anche verso i dipendenti, e allo stesso tempo tagliare le spese pubbliche inutili, quindi ridurre la presenza dello Stato con tutti gli sprechi e le clientele che comporta. Solo che sono manovre di medio-lungo periodo, non certo da governo di emergenza.
La terza, poi, è il taglio dei costi della politica. E anche questo è benvenuto, ma da qui a definirlo “urgente” ce ne passa, visto che è una questione di principio che in termini pratici non sposta niente, dato anche che gli sprechi quantitativamente significativi sono dati dai cugini cretini a cui i politici creano la municipalizzata di famiglia, e non certo dal gettone di presenza in consiglio provinciale. Però fa scena.
Insomma, stringi stringi, Veltroni debutta sul palcoscenico e che fa? Invece di fare un discorso credibile e moralmente elevato, se ne esce con due sparate demagogiche per tenere buona la folla. E siccome non è un cretino, suppongo che lo faccia coscientemente. In altre parole, si comporta esattamente come Berlusconi con quindici anni di ritardo: evviva la modernità del Partito Democratico.
Quasi quasi comincio a capire Berlusconi, che in tutta risposta fa fare (ieri) dal TG5 della sera un servizio sparato sin nei titoli sugli “incredibili sprechi” del nuovo (da cinque anni) sistema di tornelli e biglietti della metro di Roma. Sin troppo facile.
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