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mercoledì 13 Febbraio 2008, 12:11

La capra

Sono oggi venticinque anni da un giorno che entrò nella storia collettiva di Torino molto più di tanti altri, che pure forse risalteranno più di esso sui libri del futuro.

Il 13 febbraio del 1983, infatti, in una via elegante che non è più centro ma non è ancora periferia, bruciava in quaranta secondi il cinema Statuto. Il locale era stato appena ristrutturato, ed era stato visitato poche settimane prima dalla commissione addetta, che aveva dato l’autorizzazione alla riapertura. Sul tessuto sintetico dei rivestimenti c’era scritto “Produce fumo”, ma in realtà, bruciando, produceva acido cianidrico. In più, le uscite di sicurezza della galleria erano chiuse, e così, mentre chi stava sotto si salvò, chi stava sopra non riuscì a scappare. I morti furono sessantaquattro. Le immagini sono pesanti, e non le raccomando.

Per anni, il cinema annerito rimase lì, con i manifesti della Capra – un film altrimenti dimenticabile con un giovane Depardieu – a testimoniare di quella inquietante manifestazione del diavolo, di cui la capra è da sempre uno dei simboli. Alla fine, qualcuno ebbe il cuore di demolirlo e di costruirci sopra un condominio, anche se non so quanto sia stato facile vendere quegli appartamenti.

A venticinque anni di distanza, ci siamo tutti abituati a quelle misure che all’inizio trovammo eccessive, gravose, con infinite proteste di chi vedeva locali e sale chiudere. A posteriori, sono l’unica conseguenza positiva di quella tragedia, insieme a una cultura per cui, almeno a Torino, abbiamo tutti l’occhio alle frecce verdi e alle uscite di sicurezza.

E poi, rimangono le storie spicciole. Quelle dei parenti, che restano con le domande senza risposta, e che comprensibilmente hanno bisogno di incarnare il diavolo in qualcheduno, e di trovare una capra da sacrificare. Quella del proprietario del cinema, spezzata anch’essa dal male (i burocrati invece si salvarono, così come i produttori del tessuto). Le tracce piccole ma profonde, spesso segrete, che tornano alla luce dal profondo, ma solo quando si trova il coraggio di scoperchiarlo ancora. Le storie che sconfinano in leggenda di chi ci doveva andare e all’ultimo non c’è andato, di chi c’è andato ed è uscito cinque minuti prima, per arrivare poi all’immancabile seduta spiritica.

Ma mai come in questo caso – pur con tutta l’importanza della giustizia degli uomini – si ha la sensazione di una vicenda che scorre su di un altro piano: quello negato e sepolto dell’equilibrio instabile, e mai veramente spiegato, tra le forze del bene e del male.

[tags]cinema, statuto, capra, torino, diavolo[/tags]

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6 commenti a “La capra”

  1. AlePollon:

    Mi ricordo di quella domenica. Avevo 10 anni e stavo per andarci con mia madre, poi lei ha cambiato idea e il giorno dopo io ero a scuola.

    PS: al cinema mi è sempre piaciuto stare in galleria, quando ancora esistevano.

  2. fabri:

    me lo ricordo anche io quel giorno.
    e l’angoscia che ha portato è viva oggi come allora.

  3. Tizio:

    quel giorno è indimenticabile per tutti i torinsei nati prima del 1983

  4. mena:

    quel giorno era andata allo Statuto la sorella maggiore di una mia compagna di giochi…all’epoca non capivo come si potesse morire al Cinema..64 vittime…che tragedia..

  5. Lobo:

    Ci abito a meno di un isolato, ma ero in montagna per una settimana bianca: sento mia madre al telefono e mi racconta dell’odore e del fumo che arrivava fino a casa nostra.
    Inoltre ci lavorava il padre di un mio compagno di scuola come proiezionista..

    bah.
    Fede

  6. dariofox:

    Io avevo visto in quel cinema il film in galleria … una settimana prima.

 
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