Ladri di bambini
Ha suscitato molto clamore nei giorni scorsi la vicenda della ragazzina rom che, a Napoli, avrebbe tentato di rapire un neonato; molto clamore e anche le solite reazioni standardizzate, da quella della sinistra radicale secondo cui il problema non esiste ed è tutto razzismo, a quella della gente comune che va a tirare le molotov sui campi nomadi.
E’ vero che l’idea che i rom rapiscano i neonati italiani per rivenderli o per crescerli come propri (come se non ne facessero abbastanza loro) è al momento priva di prove, insomma una leggenda metropolitana. Non è una leggenda, invece, una situazione di cui i giornali invece non parlano quasi mai: quella dei bimbi rapiti dallo Stato.
Già , perché ogni giorno succede che qualche assistente sociale si presenti senza preavviso davanti a una scuola o a una porta di casa, accompagnata dai carabinieri, e “per il loro bene” si porti via uno o più bambini. Se avviene a scuola, i genitori vengono informati solo quando i bambini sono già via; se avviene a casa, hanno venti minuti per preparargli una borsa e salutarli. Spesso, i genitori non riavranno mai più i loro figli; al massimo otterranno un incontro settimanale, presso la comunità dove sono ospitati.
Certo, direte voi, queste cose sono dolorose ma inevitabili, perché ci sono tanti genitori incapaci di crescere dei figli, drogati, pazzi, immaturi, incapaci di mantenerli. Eppure, quelle poche volte in cui queste storie assurgono all’onore delle cronache, ci si accorge che ci sono tante, troppe cose che lasciano perplessi. Per esempio, potete leggere la storia di Basiglio, dove è stato sufficiente un disegno fatto da non si sa chi ma quasi certamente falso, insieme alle maldicenze della gente, per far rapire i figli alla famiglia. Oppure quella di Ivrea, dove è stato sufficiente un asciugamano sporco per condannare una bambina di una famiglia perfettamente normale a un anno e mezzo senza padre e chiusa con la madre in una comunità di donne tossicodipendenti.
Anche per testimonianze dirette, le visite delle assistenti sociali e delle psicologhe dei servizi sociali – quasi sempre donne, anche senza figli propri, e quindi con (teorica) preparazione sui libri ma non sul campo – sono descritte come delle specie di inquisizioni che, se non avessero conseguenze così drammatiche, ricorderebbero Homer Simpson che va a fare l’esame della patente dalle cognate: c’è una macchia di sugo sulla tovaglia? Meno un punto. La casa è poco luminosa? Meno due punti. Il padre torna a casa, incespica in uno spigolo e bestemmia? Meno cinque punti. Insomma, un sistema in cui il requisito è la perfezione, e qualsiasi cosa è presa come giustificazione per punire.
Eppure, chiunque può dirvi che, fino a che i genitori non diventano molto violenti o totalmente incapaci, qualsiasi genitore è meglio di nessun genitore o della comunità , che sono traumi spaventosi e comunque insanabili; e anche – per bambini già grandi – dell’affido o dell’adozione, che comunque non saranno mai come una famiglia naturale. E invece, ogni volta che se ne parla saltano fuori storie disperate, certo raccontate dal punto di vista distorto dei genitori, ma comunque agghiaccianti.
L’ultima è questa: due genitori chiaramente sempliciotti, chiaramente immaturi, a cominciare dall’idea di fare cinque figli senza poterli mantenere perché “così vuole Iddio”, per proseguire con la malsana pensata di farsi sfrattare apposta per avere più punti per la casa popolare, rimanendo poi in mezzo a una strada. Ne penso tutto il male possibile, non gli darei mai una casa, ma leggendo i commenti si scoprono tante cose preoccupanti, a partire da quanto questi genitori comunque si sbattessero per i loro figli.
Sembra insomma che ci sia una pratica diffusa di portare via i bambini alle famiglie non appena ce ne sia la scusa, per sbatterli in qualche comunità . Perché? Ecco, io non vorrei pensare male, ma ognuna di queste comunità – molte cattoliche, molte private – riceve cinquemila euro al mese per bambino per il disturbo, dandogli poi da mangiare, come risulta dai racconti, merendine scadute e fondi di magazzino, tenendoli al freddo e risparmiando su tutto.
Esattamente come gli anziani e come i disabili, anche i bambini “assistiti” sono un enorme business; ancora più semplice, perché non li devi legare al letto e non devi rispondere del loro trattamento a nessuno, dopo che i genitori sono stati squalificati per legge. E c’è qualcuno di voi disposto a pensare che non ci siano casi di comunità che passano mazzette per avere più bambini, di assistenti sociali che ricevono percentuali, di giudici burocrati e scazzati che timbrano affidi senza neanche guardarli, e infine di un grande giro di soldi pubblici che ricade su tutti gli amici degli amici?
E’ certamente difficile valutare cosa sia meglio per un bambino, ed è difficile scoprire la verità di una vita dai racconti dei giornali, specie in un contesto dove si parla di affetti e psicologia, quindi dove la verità oggettiva non esiste. Proprio per questo, il mondo dei furti statali di bambini dovrebbe ricevere molta più attenzione. Ma fa molto più notizia la leggenda dei rom.
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