Ho letto questa bella recensione di Gomorra (il film) sul blog di Leonardo, una scoperta recente che merita. L’ho letta e ho pensato: ma se nonostante tutto il bailamme giornalistico uno a Gomorra non riesce proprio a interessarsi, deve sentirsi in colpa?
Faccio i miei complimenti a chi ha il coraggio di portare avanti battaglie di quel genere e con quel livello di rischio, ma non sono le mie e non riesco a riconoscermici; saranno forse questi i problemi dei trentenni campani, ma per i trentenni sabaudi professionisti dell’ICT un racconto ambientato nella Silicon Valley risulterebbe più attuale e interessante, persino più vicino alla realtà delle cose. Insomma, io vedrei volentieri un film sulla fuga dei cervelli, un documentario-denuncia sull’inefficienza della pubblica amministrazione, un reportage sul riscaldamento globale e sull’inquinamento del nostro territorio, o magari un bel film sulla cupola affaristica che non sarà camorra e non si sparerà per la strada, ma che comunque controlla molto del Nord Italia. Però, un film sulla camorra napoletana – oltre a riproporre gli stereotipi dell’italiano mafia, pizza e mandolino che poi ci perseguitano non appena mettiamo piede all’estero – proprio non solletica il mio interesse.
Fa molta tristezza che una parte del Paese si trovi ancora in mezzo al brigantaggio ottocentesco o a scontri tra squadroni della morte come nemmeno nelle peggiori favelas di Rio; ma – a parte la zavorra che tutto ciò costituisce per l’Italia, finché esiste – siamo sicuri che debba essere un problema mio? Non è piuttosto un problema di chi là ci vive, e che, a parte qualche raro Saviano, finisce per adeguarsi tranquillamente, anzi ti dice sottovoce “non ripeterlo in giro, ma per fortuna che c’è la camorra che almeno dà lavoro e mantiene l’ordine”?
Dato che la mentalità è questa, a me viene il dubbio che ogni tanto si riparli di camorra proprio per giustificare lo stato di inciviltà permanente in cui si crogiola un terzo dell’Italia; “si è vero, ci rotoliamo nella monnezza, ma sapete, noi c’abbiamo la camorra”. Le nobili intenzioni del progetto diventano insomma per un’altra parte del Sud, compresa la sua classe dirigente, un alibi per continuare a deresponsabilizzarsi, e a vedere come unica soluzione a tutti i problemi il lamentarsi fino a che non arrivano dei soldi da Roma.
Viene infine l’ulteriore dubbio che i nostri media ci parlino ampiamente di mafia, di camorra e di Andreotti – i cattivi da film – per evitare di parlarci di quelli veri: del cartello dei petrolieri, della mafia della catena alimentare e degli abbracci di Veltrusconi con se stesso. Penso troppo male?
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