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martedì 10 Giugno 2008, 15:43

Dove finisce la verità

Si discute giustamente, nei commenti al post dell’altro giorno, di come la stampa distorca spietatamente la realtà; i giornalisti non solo sono esseri umani, non solo sono sempre più spremuti e pagati per la quantità invece che per la qualità, ma per definizione devono parlare di cose che non conoscono; è ovvio che il risultato lasci spesso a desiderare.

Eppure, che dire di un altro fattore, ossia di come la realtà stessa sia difficile da definire? Oggi nella cronaca di Torino si trova un esempio perfetto: la stessa storia vista da tre punti diversi. Leggete prima il racconto principale, quello di un ragazzo di 19 anni che perde un occhio in un diverbio con un vecchietto, che, con precisione da ninja, gli pianta l’ombrello nell’occhio attraverso uno spiraglio nel finestrino dell’auto; quindi, a causa della sopravvenuta disabilità, il ragazzo viene prontamente licenziato. Poi leggete il racconto del datore di lavoro, che spiega come le cose stiano diversamente, e che un ragazzo cieco da un occhio, a guidare muletti in una officina meccanica, non possa far altro che danni a sé e agli altri operai. Infine potete leggere il racconto del vecchietto, un ottantenne che nemmeno ha ancora ben capito cosa sia successo, o come il classico rancore verso i giovinastri alla guida abbia potuto trasformarlo in un pregiudicato.

Quale di questi racconti è vero? Lo sono tutti e tre; montati insieme, costituiscono indubbiamente la verità, ma non aiutano affatto a chiarirla. Nessuno dei tre vorrebbe aver fatto quello che ha fatto, eppure nessuno dei tre ha veramente voluto fare del male, e nessuno dei tre può dirsi il vero responsabile dell’accaduto. Potremmo quindi concludere che si tratta in fin dei conti di una manifestazione del caos; o, se preferite, di una combinazione diabolica.

[tags]giornalismo, cronaca, torino, incidente, combinazioni, verità[/tags]

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7 commenti a “Dove finisce la verità”

  1. mfp:

    Siamo figli del determinismo – legge inclusa – in una realtà probabilistica. C’e’ poco da fare: ragioniamo male…

    Però questa e’ un’altra cosa rispetto a quello di cui si discuteva nell’altro thread. Un conto e’ intervistare una parte piuttosto che l’altra e quindi cambiare “il punto di vista” dell’articolo; un conto e’ inventare di sana pianta dettagli e sfumature che non esistono e non sono mai esistite!

    In questo caso ci marciano un po’ tutti: il ragazzo e’ tornato indietro a prendere a parolacce il pedone… il datore di lavoro poteva metterlo a mansioni per svolgere le quali l’assenza di vista stereoscopica non mette a rischio gli altri lavoratori (una scrivania invece di un muletto!)… il vecchietto non voleva si, però ha cagionato un danno (quanto vale un occhio di un ragazzo di soli 19 anni? Quante ragazze di 19 anni sanno guardare al di là della menomazione fisica? Quanti posti di lavoro per handicappati ci sono? Il danno, pur non volendo, e’ GROSSO; non si può negare)… e invece alla data dell’articolo continua a dire “non l’ho fatto apposta e il giudice non mi ha creduto”… ma il non esserci intenzione non scagiona il danno… non ha capito o non vuole capire perchè gli fa male aver danneggiato il ragazzo? Boh… tu dici che così – con i tre punti di vista – si sa la verità… secondo me rimane un problema di fondo indeterminazione. Caos se vuoi… ma Caos e’ una parola che spaventa senza motivo… parlerei di probabilità e indeterminazione…

  2. Piero:

    Già commentai in questa pagina, tempo fa:
    http://bertola.eu/toblog/?p=85&_1=1&_l=pm “la sorte del più debole”. Mi cito: “L’ uomo decide le sue azioni quotidiane, ma Dio decide il suo destino”. Ora alla parola “Dio” possiamo anche sostituire la parola “caos” o la parola “verità”, cambia poco. La verità non si può nascondere, perché prima o poi viene sempre a galla, non ha un inizio e una fine, ma è (voce del verbo essere). In questa storia manca la misericordia da parte di tutti i soggetti coinvolti. La misericordia è quel sentimento di pietà che induce a soccorrere chi soffre e a non condannarlo, ma a perdonarlo, anche se ti sembra abbia voluto farti del male, volontariamente o involontariamente.

  3. simonecaldana:

    @mfp: pare (dico pare perche’ non ne ho verifica) che nella piccola azienda dove lavorava non ci fosse un ruolo che potesse svolgere.
    Concordo sul commento sull’anziano: la mancanza di volontà non sana il danno, al massimo riduce la pena (gia’ determinata, peraltro).

    Devo dire però che indipendentemente dalla quantità e qualità di insulti rivolti dal ragazzo al vecchio questo non giustifica la reazione fisica: la cosiddetta civilizzazione si basa proprio sull’astenersi dalla reazione fisica in seguito all’azione verbale. Solo in questo modo infatti ci si può avulgere dalla legge del piu’ forte (fisicamente).

    Questo esempio, in ogni caso, non mi sembra significativo del caso “i giornalisti mentono”: mi sembra semplicemente una storia narrata da diversi punti di vista.

    Ci tengo a precisare che la fonte di questa entry è vb stesso, non noi, i suoi ghost writer :-)

  4. freak:

    vb, ma che razza di notizie leggi? :)

  5. Attila:

    Beh… uno dei più bei film di Kurosawa è Rashomon… ed in fondo questa è la versione sotto alla Mole…

  6. dariofox:

    Dalle mie personali impressioni mi sembra un caso di mancanza di senso di responsabilità e di buon senso:
    – il ragazzo deve prendersi la sua parte di responsabilità nel gestire la propria menomazione nel lavoro senza strumentalizzazioni
    – il pensionato nell’accettare la propria responsabilità colposa senza mezze scuse
    – i giornalisti che non mi pare comprendano un problema prima di tutto di sicurezza sul lavoro e solo successivamente di opportunità di lavoro per persone che siano diversamente abili (quanta ipocrisia in questa definizione) e che mi pare strumentalizzino solo le notizie infarcendole di buonismo e banalità…

    l’unica persona ragionevole mi pare proprio il datore di lavoro

    La triste verità da dire è che i posti di lavoro nel privato non si inventano, magari nello stato si.

  7. cerchiobottista:

    è un po’ colpa di tutti, non è colpa di nessuno, un colpo al cerchio e uno alla botte, siamo proprio in italia

 
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