M & F
Questa – quella di questi giorni a Bricherasio, in provincia di Pinerolo – è una storia triste e ancora parzialmente avvolta dal mistero, anche se ormai, salvo ulteriori colpi di scena, le cose sembrano chiare. Nonostante lo scalpore, però, è una storia archetipale e per questo merita una descrizione archetipale, senza nomi – anche per rispetto alle persone coinvolte – e soltanto come simbolo.
La storia si svolge in un paese di provincia medio, tra persone medie: né belle né brutte, né geniali né stupide, né ricche né povere. Anche la loro età è media, tra i trenta e i trentacinque anni, proprio a metà del cammin di nostra vita: il momento in cui tutti i nodi del nostro essere vengono al pettine.
M1 e F1 sono sposati; lei è molto innamorata, tanto che per sposarlo, tanti anni fa, ha persino interrotto gli studi e si è messa a fare la colf. Lui, pare, lo è di meno: tanto è vero che la maltratta regolarmente, almeno a parole. Un anno e mezzo fa, quando il loro bambino ha circa sei anni, i due si separano; stando ai racconti, come spesso accade, è la persona più coinvolta a dire basta, stanca di dare senza ricevere, ma allo stesso tempo è anche la più distrutta. Lui si fa la sua vita di operaio, lei continua a vivere nella villetta di famiglia, con il bambino, ma è devastata: antidepressivi, psichiatri e così via.
Il tutto viene aggravato dagli inevitabili strascichi della separazione: la villetta bifamiliare in cui vivevano era stata comprata dai genitori di lui, un appartamento per M1 e un altro per suo fratello, ma il giudice l’aveva lasciata a lei; il fatto che la ex moglie resista nella villetta provoca screzi tra le famiglie, tanto che il fratello di M1 lucchetta l’appartamento e va a vivere da un’altra parte e che M1 fa storie per pagare gli alimenti, definendo esagerate le pretese della ex. Fossimo in Africa, ci sarebbe già pronto un consiglio degli anziani per dirimere la questione e consolare gli afflitti; da noi c’è solo qualche chilo di carte in un tribunale di periferia.
Dopo un anno e mezzo, F1 è ancora innamorata dell’ex marito, anzi, stando ai racconti delle amiche, spera ancora che lui ritorni da lei, naturalmente però cambiato, più buono e più affettuoso. Comunque, comincia a frequentare M2, non si sa con quanta convinzione, visto che non lo presenta a nessuno; probabilmente la situazione è rovesciata, M2 è innamorato ma per F1 è solo un inutile tentativo di riempire un buco. Il buco è tanto doloroso che in questi mesi F1 continua a frequentare M3 e F3, sposati, con quattro figli; lui è un grande amico dell’ex marito, e forse lei spera che possa intercedere per farlo ritornare da lei. Domenica primo febbraio, tutta la famigliola va a pranzo da F1, nella villetta.
Il martedì pomeriggio, F1 sparisce, in mezz’oretta di buco nero tra l’acquisto in panetteria di un cannolo per il bambino e l’orario di uscita da scuola, dove stava andando a prenderlo. Il sabato viene trovata morta, uccisa, nel bosco dietro il paese. La sua macchina è più giù, probabilmente è stata uccisa durante una passeggiata o un incontro riservato al limitar del bosco, e magari caricata su un’auto per portare il cadavere più lontano.
Cominciano quindi le ipotesi: si pensa a una vendetta dell’ex marito, ai litigi tra le famiglie, a possibile gelosia tra M2 e M1. Anche queste sarebbero situazioni archetipali, ma troppo semplici. La svolta avviene molto in fretta, quando gli inquirenti si accorgono che, nelle stesse ore dell’omicidio, M3 ha denunciato l’incendio della sua auto, con un racconto però incompatibile con i fatti e con i vigili del fuoco. Ma non fanno in tempo: M3 si uccide lasciando un biglietto che dice “non sono stato io”.
M3 è il classico padre di famiglia, marito modello, dedito ai figli, gran lavoratore e così via. A differenza di quella di F1, la sua sarebbe una vita perfetta e infatti tutti sono stupiti, sconvolti, del suo suicidio. Ma l’ipotesi – che, va detto, è per ora solo una ipotesi, e potrebbe ancora rovesciarsi – è che, mentre F1 frequentava M3 per chiedergli di intercedere con l’ex marito, M3 frequentasse F1 perché ne era segretamente innamorato, o perlomeno attratto. Sono due esigenze inconciliabili; forse F1 era troppo presa dal suo ex marito per accorgersi che l’aiuto di M3 non era disinteressato. O forse F1 aveva ascoltato troppe canzoni, e pensava che davvero M3 fosse talmente succube di lei che, per amore, avrebbe convinto il suo ragazzo a ritornare da lei. E’ caratteristica dell’attrazione ossessiva, che solo per errore chiamiamo amore, di restarsene a covare per anni, nascosta sotto la cenere; poi, quando l’occasione attesa finalmente si presenta e però la speranza viene frustrata, esplode di colpo con lucida follia, lasciando sul tappeto due morti e cinque orfani.
Messa nelle mani di uno sceneggiatore di San Paolo del Brasile, sarebbe una perfetta telenovela brasiliana. In Italia, le femministe diranno che gli uomini dovrebbero tagliarsi l’uccello, e i maschilisti diranno che le donne si innamorano solo degli stronzi e portano alla pazzia gli uomini gentili. Queste sono verità , ma sono parziali; perché se due torti non fanno una ragione, esistono anche situazioni come questa, dove due ragioni fanno un torto.
La natura è interessata solo a riprodursi; per questo, cinicamente, ci ha dotato di un sistema biologico a orologeria, che parte con un istinto incontenibile di concedersi a un semisconosciuto; l’istinto è necessariamente fortissimo, perché deve vincere il pudore, la paura e l’enorme rischio di presentarsi nudi di fronte a qualcuno che in realtà non si conosce. L’istinto dura quel tanto necessario per accoppiarsi, mettere al mondo il bambino e svezzarlo; dopodiché, trascorsi un paio d’anni, naturalmente finisce, perché è interesse della natura che le due persone si lascino e si accoppino con altri esseri umani, in modo da moltiplicare la diversità genetica e con essa l’evoluzione.
Da un diecimila anni a questa parte, l’umanità ha però creato una società basata su criteri diversi; una società talmente complessa per cui è utile, quasi necessario che i bambini vengano accuditi da entrambi i genitori ben oltre lo svezzamento, e che le due persone restino insieme molto più a lungo, anche perché la vita da soli è praticamente, economicamente e affettivamente molto più difficile che per i nostri antenati delle caverne. Tutto questo, però, è profondamente innaturale, e porta alla repressione del nostro naturale istinto all’accoppiamento distribuito e al cambio ciclico del partner.
Aggiungiamoci la difficoltà di diventare adulti in un ambiente artificialmente protetto, e un pizzico di alienazioni, frustrazioni, insicurezze indotte: ecco che i rapporti tra M e F diventano facilmente miscele amare e potenzialmente esplosive.
A meno che non si prenda atto che, in queste faccende, l’istinto è tanto fondamentale quanto devastante; e che è obbligatorio che siamo noi a capire quando lo si deve lasciare libero, e quando invece bisogna relegarlo.
Peccato che, quando l’istinto è troppo forte, relegarlo diventi impossibile.
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