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lunedì 31 Maggio 2010, 23:01

Lo sviluppo di Torino

Oggi, dopo qualche settimana, sono ripassato da via Cigna, nel tratto subito dopo corso Vigevano – il primo pezzo della cosiddetta Spina 4. Conosco la zona da tempo perché Vitaminic, dieci anni fa, si era installata proprio lì, in via Cervino angolo via Gressoney; all’epoca era un quartiere di relitti industriali (in buona parte ex Fiat, manco a dirlo), qualcuno più o meno occupato da attività ricreative installate alla bell’e meglio (i Docks Dora), il resto in abbandono.

C’ero tornato alcuni anni fa, a trovare un amico che aveva appena preso casa in uno dei nuovi palazzoni, esattamente di fronte a dove lavoravo, in un pezzetto di via Cervino che prima, nella storia, non era mai esistito (via Cervino è sempre stata spezzata in due, un tratto tra la ferrovia e via Gressoney e un tratto tra via Cigna e corso Vercelli, in mezzo una fabbrica). Erano i classici palazzoni nel nulla che caratterizzano la Torino dell’epoca Chiamparino; le vecchie zone industriali vengono ricoperte di cubi di mattoni tutti uguali, tutti anonimi, tutti vagamente pretenziosi, quasi tutti costruiti col cartone e/o su aree tossiche le cui bonifiche sono tutte da verificare (vedi Spina 3). Non si è ben capito chi ci dovesse andare ad abitare, e infatti molti di questi nuovi quartieri sono tuttora vuoti o quasi, caratterizzati da decine di alloggi con le persiane abbassate e mai alzate.

Oggi ci sono ripassato e ho scoperto che finalmente anche lì hanno fatto “i servizi”. Con tanto spazio a disposizione – le aree sono davvero immense – avranno sicuramente pensato ad allargare un po’ la strada, visto che via Cigna è storicamente uno stretto e trafficato asse di “circonvallazione” della Barriera di Milano verso nord, e poi a fare dei giardini, delle scuole, una pista ciclabile, qualche edificio pubblico… E invece no: la strada è rimasta stretta come prima, perché tutto lo spazio disponibile è stato occupato da… immaginate già, vero?

E certo: un fantastico centro commerciale, con il nuovo controviale che finisce direttamente dentro la discesa del parcheggio sotterraneo. Ospita un Brico e un Gigante, e poi immagino che ci sarà la solita infilata di negozietti in franchising, dagli affitti da strozzino, che tireranno a campare o chiuderanno presto. Ah, e pare che prima o poi apparirà anche un discount sull’angolo di via Valprato.

Ma se ne sentiva la mancanza: in fondo, a un chilometro di distanza ci sono solo il centro commerciale Snos (ex Vitali) di corso Mortara, con un altro Gigante; il Bennet di via Orvieto; e l’Ipercoop di via Livorno. Certo, avendo abbattuto la sopraelevata ora ci va un quarto d’ora ad arrivarci invece dei tre minuti di una volta…

La cosa più agghiacciante è il modello sociale che il piano di “sviluppo” torinese di questi anni ha messo in atto: la “crescita economica” realizzata mediante la costruzione di case-alveare, quasi tutte di scarsa qualità costruttiva (pura speculazione) e ancor più scarsa qualità estetica, completate da centri commerciali sparsi qua e là, tanto per ammazzare i negozi nel raggio di chilometri. Girando per Milano sono rimasto sorpreso dalla quantità di piccoli negozi, anche di alimentari, che ancora riempiono le vie; Torino, in compenso, sembra una città americana da quanti mall ormai ci sono. E poi ci si lamenta se intere aree sono abbandonate al degrado e alla desertificazione notturna, al massimo compensata dai negozi borderline degli immigrati.

E così, arriva il nuovo centro commerciale; era talmente urgente aprirlo che la strada non è ancora finita, e in zona si sono subito create code leggendarie, aiutate da qualche dosso alto come una muraglia e da inspiegabili fasce rosa in mezzo alla strada. Basta che i registratori di cassa comincino a girare; anche se il problema fondamentale di Torino – con quali attività lavorative dovremmo guadagnare i soldi da spendere in questi nuovi luccicanti negozi – continua a rimanere irrisolto. Però, dopo cent’anni di attesa, via Cervino è finalmente riunificata!

[tags]torino, urbanistica, centro commerciale, spina 4, barriera di milano, via cigna, traffico, negozi, economia[/tags]

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4 commenti a “Lo sviluppo di Torino”

  1. D# AKA BlindWolf:

    @vb: hai visto la zona dove abito (Barca), vero? Secondo quanto riferitomi dal mio autoctonissimo barbiere (stanno aprendo dei cantieri quindi è credibile) il quartiere sarà espanso verso l’Iveco con migliaia di nuovi alloggi ed un centro commerciale (se ne sentiva la mancanza, vero? Ci sono già Auchan e Panorama a due passi ed i negozietti sono già praticamente estinti).
    In compenso l’ufficio postale di tutto il quartiere (più Bertolla) è lo stesso degli anni ’50, quando la popolazione era moooolto inferiore a quella attuale e regolarmente la gente in attesa non ci sta tutta dentro. E una sola farmacia: se è chiusa per riposo settimanale occorre andare fin quasi a San Mauro.

  2. Lorenzo:

    Concordo solo parzialmene con il post: dopo tutto l’edificio che ospita il Brico ed il Gigante denota un minimo (minimo) di cura, con l’utilizzo di arcate a legno lamellare. Insomma, non proprio il solito cubo di cemento.
    Inoltre, lavorando in zona, devo riconoscere che di un supermercato se ne sentiva la mancanza: supermercato ho detto, non ipermercato. Il Gigante non credo avrà le dimensioni dell’ipercoop o del carrefour. Forse questo denota una lieve inversione di tendenza. Spero abbiano capito che la gente è stufa di andare a Rivalta per perdersi in un mega ipermercato ma preferisce una via di mezzo ubicata in quartiere.

  3. Andrea:

    Fra le tante stranezze e ridicolaggini della zona di via Cigna/Spina 4, oltre a quelle giustamente elencate nel post, va ricordato lo scandaloso ritardo nella sistemazione dell’asfalto, avvenuta molto di recente (dopo mesi nei quali, complici le rotonde, i dossi artificiali e le misteriose travi rosa altissime, le sospensioni di migliaia di automobilisti non la finivano di invocare pietà).
    Completa il quadro un surreale distributore di carburante dal look più autostradale che cittadino, di cui non è ben chiaro chi sentisse il bisogno (a parte chi lo gestisce, of course).
    C’è poi da chiedersi quale mai possa essere la logica o la strategia della catena Il Gigante, che apre nel giro di un paio d’anni i suoi primi due punti vendita torinesi distanti non più di 500 metri uno dall’altro. Sembra che da qualche anno ci sia una smania di apertura di nuovi centri commerciali tutti nella zona nord di Torino (cintura compresa, vedasi Caselle e Settimo), che non è certo la più popolosa ed è invece ironicamente la più povera (e tale resterà, ahimè, temo a lungo), mentre le periferie ovest e sud, i cui abitanti sono di estrazione sociale mediamente un po’ più alta, hanno una densità di ipermercati/grande distribuzione di molto inferiore (almeno entro i confini comunali).

  4. Sandra:

    Concordo pienamente e x quanto riguarda il riferimento alla solita infilata di negozietti, dagli affitti da strozzino, che tireranno a campare…………..direi che e’ stato colto nel segno: provate ad andare allo snos………meta’ dei negozi sono chiusi , e’ una desolazione e tutti gli operatori che sono ancora rimasti si sono rovinati

 
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