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lunedì 18 Ottobre 2010, 11:44

La vera finzione

Ho scoperto per la prima volta il lavoro degli Yes Men molti anni fa, ai tempi della loro burla ai danni della Dow Chemical. Per chi non lo sapesse, la Dow è uno dei grandi colossi multinazionali della chimica, ed è anche la proprietaria della Union Carbide, l’azienda il cui stabilimento di Bhopal, in India, provocò nel 1984 uno dei maggiori disastri artificiali della storia.

Migliaia di persone – le stime variano da 2.000 a 25.000 – morirono per una nube tossica sprigionata dallo stabilimento che, essendo in definitiva chiusura, era privo di molte misure di sicurezza (mi ricorda qualcosa). Altre decine di migliaia di persone furono rese invalide, nacquero deformi e così via. Su pressione del governo americano, i successivi processi furono depotenziati e la Union Carbide si limitò a pagare 470 milioni di dollari al governo indiano, una cifra decisamente ridotta per un disastro del genere, mentre le vittime ricevettero, quando andò bene, un sacchetto di perline (molti non ricevettero nulla). La Dow e la Union Carbide hanno sempre rifiutato qualsiasi ulteriore risarcimento, ma in maniera non esplicita: dilazionando, nascondendosi dietro gli avvocati, rifiutando i processi in India e così via.

Nel 2004, gli Yes Men – un duo di attivisti americani che nel tempo si è costruito un seguito di centinaia di aiutanti – decisero di riaccendere l’attenzione sul caso, con una burla mediatica provocatoria ma anche molto interessante per capire il nostro mondo. Prima, su un finto sito web in tutto simile a quello vero, la Dow annunciò ufficialmente di non avere alcuna intenzione di farsi carico dei danni; e non successe niente. Nessuno protestò, nessun giornalista fece articoli, nulla. Poi, con un colpo di fortuna, la BBC cercò di contattare la Dow per invitare un rappresentante a parlare di Bhopal in occasione del ventesimo anniversario – e scrisse al sito sbagliato.

Uno dei due, dunque, si travestì da portavoce della Dow, e si presentò negli studi per una intervista alla BBC. All’inizio pensavano di andare lì e dire la verità, cioè che alla Dow non frega nulla di risarcire adeguatamente i danni che ha causato, ma ormai avevano capito che la verità non interessava a nessuno: dunque dissero una bugia. In diretta su BBC World, il finto portavoce della Dow annunciò che l’azienda aveva finalmente deciso di stanziare i 12 miliardi di dollari necessari per un risarcimento decente.

Questa sì che era una notizia; tutte le agenzie la batterono, e dovettero poi dunque anche pubblicare, un paio d’ore dopo, la smentita della Dow (quella vera), che ammetteva di non avere nessuna intenzione di risarcire le vittime; e il mondo si ricordò di Bhopal.

La questione arrivò alle mie orecchie perché una delle linee di attacco della Dow fu quella che queste persone non avevano il diritto di registrare dowethics.com, visto che “dow” era un marchio registrato. La Dow è molto potente – riuscì persino a far censurare un articolo scientifico da uno dei maggiori editori scientifici del pianeta – ma l’America su queste cose è un grande Paese, per cui il sito, a norma di primo emendamento, è ancora lì (in Italia non credo che sarebbe potuto succedere).

Da allora seguo gli Yes Men, ed è per questo che stamattina, quando mi è arrivata una mail firmata dall’ufficio stampa della Chevron in cui il gigante petrolifero annuncia la campagna pubblicitaria “We Agree” e si prende l’impegno di farsi carico dei danni che causa al pianeta, ho sorriso amaramente. La burla è molto ben fatta: questo è il finto sito delle relazioni pubbliche della Chevron – notate come tutti i link rimandino al sito vero, rendendo la burla invisibile a chi non è allenato – e questo è il finto sito della campagna pubblicitaria. Vediamo se qualcuno ci casca ancora, o se anche la Chevron sarà costretta a smentire pubblicamente di volersi assumere le proprie responsabilità…

[tags]yes men, burle, multinazionali, protesta, responsabilità sociale, dow, union carbide, bbc, bhopal, chevron[/tags]

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