Alieni a due ruote
Oggi, nonostante la pioggia, ci siamo proprio divertiti: abbiamo attraversato la città in sella alle bici per girare un video e insieme per rivendicare un po’ di spazio su strada anche per i ciclisti. Il mio percorso è stato circa questo (salvo che siamo passati lungo il Po nel parco Colletta, ma Google non lo ritiene possibile), per circa 25 chilometri di pedalata; partendo da casa, sono andato al punto di raduno della Falchera – ci tenevamo a partire da una delle periferie più lontane – e di lì, in una decina, siamo arrivati in piazza Borromini; dopo pranzo si è unito il grosso del gruppo e siamo andati alla Gran Madre e poi all’arrivo in piazza Castello, tagliando corto per via della pioggia; e poi sono ancora tornato a casa in bici sotto l’acqua.
Io consiglio sempre a tutti di girare per la città in bici; con un po’ di accortezza non è così pericoloso come sembra, e soprattutto permette di scoprire angoli nuovi e percorsi poco battuti. Il senso di libertà , che ebbi quando per la prima volta da bambino mi diedero una bici e mi permisero di scoprire da solo il quartiere, continua ancora oggi; nella bella stagione succede che ogni tanto prenda la bici e giri per Torino senza una meta.
Nonostante questo, come ciclista, non mi sono mai sentito tanto vessato come oggi. Già normalmente sappiamo di essere a Torino utenti della strada di serie C, venendo non solo dopo le auto ma anche dopo i pullman, le moto e i pedoni. Tutta la città , dai viali ai parcheggi alle deviazioni e ai cantieri, è ottimizzata per le auto; poi ci si preoccupa di far passare i pedoni; le bici è come non esistessero. Negli ultimi anni hanno cominciato a fare più piste ciclabili, ma la sensazione è che non le facciano per agevolarti, ma per toglierti di mezzo; per poterti mettere in un ghetto che spesso è un cordolo pieno di buche, un marciapiede condiviso con cani e passeggini, una gimkana in cui a ogni semaforo ti viene chiesto di scendere dalla bici o di impiegare tre o quattro cicli di verde per passare l’incrocio seguendo un percorso assurdo. Tutto va bene, basta che ti possano dire che non devi stare in strada, là dove disturbi lo sfrecciare delle auto.
Oggi alla Gran Madre si è toccato il fondo: eravamo una trentina di ciclisti, nemmeno tanti causa pioggia. Eravamo fermi sul sagrato della chiesa quando due vigilesse che passavano di lì (in auto) si sono fermate e ci hanno chiesto se avessimo “intenzioni bellicose” e comunque dove volessimo andare. Noi abbiamo risposto che volevamo semplicemente percorrere in bici via Po, operazione assolutamente legittima dato che le bici sono veicoli come gli altri e che non c’era nessun divieto particolare.
Noi ci siamo messi in strada, fermi al semaforo dietro la riga di arresto, e abbiamo atteso il verde. Quando stava per venire verde, la vigilessa si è messa davanti a noi e ci ha intimato di stare fermi. Sono stato tentato di partire lo stesso per vedere se venivo multato per essere passato col verde, ma alla fine ovviamente le ho dato retta; bene, in pratica la vigilessa ci ha tenuti fermi in mezzo alla strada per tre o quattro cicli del semaforo, creando ovviamente un grosso ingorgo alle nostre spalle, che poi ha cercato di far defluire invitando le auto a passare dalla corsia preferenziale del 13. Alla fine è arrivata un’auto dei vigili che ci ha scortati sul ponte e poi per via Po, dove peraltro abbiamo avuto le nostre difficoltà perché il selciato è talmente sconnesso che bisognerebbe avere i cingoli.
Capisco le buone intenzioni (anche se ho il sospetto che quando i vigili si mettono a gestire il traffico spesso peggiorino le cose) ma continuo a chiedermi: perché se ci sono trenta auto in coda per la via nessuno va a chiedere loro cosa fanno e dove vanno, e se ci sono trenta biciclette, che peraltro occupano molto meno spazio e creano molto meno ingorgo, si apre una questione di sicurezza nazionale? Non siamo forse utenti della strada come tutti gli altri?
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