Viaggio al centro della Terra
Non so quanto spesso capiti da queste parti una giornata piena di sole, quasi senza una nuvola nel cielo azzurro da ogni parte; visto che è stata l’unica in una settimana, non credo molto spesso. E’ capitata proprio l’ultimo giorno, quello in cui il programma prevedeva di partire dalla città e completare il lungo giro delle terre occidentali dello Snaefellsnes, cinque ore di macchina in tutto.
Naturalmente, in Islanda non esistono autostrade; il massimo del lusso è qualche tratto di statale a doppia carreggiata verso l’aeroporto o uscendo dalla città . Il limite di velocità è di novanta all’ora in tutto il Paese, e le zone popolate sono costellate di autovelox – anche se, per un tacito patto, quando si arriva nelle parti più remote gli autovelox spariscono e tutti corrono un po’ di più, qualcuno sfiora anche i centodieci. Fuori città , l’ottanta per cento del traffico è costituito da fuoristrada, superfuoristrada, megajeep, pick-up americani stile Hammer con sopra caricati due quad, e cose così; e devo dire che questa è una delle poche parti del mondo dove ciò può essere giustificato. Infatti, solo le strade principali sono asfaltate; le altre sono in ghiaia, terra, fango, erba, roccia o quel che capita; e non vi sono gallerie nè viadotti, semplicemente quando si trova un rilievo la strada lo prende dritto di punta o quasi, con pendenze da rampa di garage.
Nonostante questo, lontano dalla zona sudoccidentale si può viaggiare per un’ora incrociando una decina di macchine in tutto, e il viaggio dunque scorre fin troppo bene; il problema maggiore diventa stare attenti alla benzina. Questo è il primo Paese che visito dove l’atlante riporta, in tavola separata, una mappa contenente tutti i distributori di benzina del Paese; e, fuori dalla città , saranno una trentina in tutto. Il distributore di benzina, con annesso grill che vende hamburger e fish & chips, è l’unica forma di vita che abbiamo trovato, in questo viaggio fuori stagione; senza i benzinai ci saremmo persi nella landa desolata e non avremmo avuto niente da mangiare. Considerate dunque che chi vive nelle sparse fattorie deve, salvo proprie scorte, fare anche cinquanta chilometri solo per fare benzina o per trovare un locale pubblico aperto…
C’è poi da aggiungere un piccolo particolare: tutti i distributori di benzina che abbiamo visto sono self-service; non sono presidiati, e alle volte sono costituiti semplicemente da una pompa piazzata in mezzo a uno spiazzo a bordo strada, tra un prato e l’altro; e soprattutto funzionano soltanto a carta di credito (chiedendo il PIN); niente banconote. Non pensate di venire in Islanda e di affittare una macchina senza avere una carta di credito o senza saperne il PIN: non andreste da nessuna parte.
Non so se sono riuscito a trasmettere il concetto: qui, nemmeno muoversi è una cosa scontata. I benzinai hanno sostituito le stazioni di posta, le strade hanno dei ponticelli a senso unico alternato al posto dei guadi di un tempo, ed entro pochi anni avranno finito di asfaltare tutta la statale 1, quella che fa tutto il giro dell’Islanda ad anello, fatto salvo il fatto che ogni dieci anni un’eruzione, una piena, un ghiacciaio se ne porta via qualche chilometro; ma ogni viaggio è un’avventura contro il vuoto e la perdizione.
Quando stasera, dopo una giornata meravigliosa, in mezzo a un tramonto incredibile, siamo arrivati a Borgarnes – nel piazzale dove si concentrano tre benzinai, due grill, la fermata delle corriere, un supermercato e una banca, ovvero un concentrato di servizi che poi per centinaia di chilometri non si vede più – abbiamo parcheggiato la macchina, siamo entrati a mangiarci zuppa e pollo fritto in mezzo ai villici (quello c’è, ovunque andiate a mangiare fuori Reykjavik, per tutto l’inverno: zuppa, hamburger, pollo fritto, pizza e porcate confezionate), e ci è sembrato di essere arrivati al centro della Terra.
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