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mercoledì 31 Agosto 2011, 18:37

La verità sulla situazione economica dell’Italia

Non volendo piangere, è inevitabile mettersi a ridere per le continue giravolte del governo Berlusconi in materia di manovra finanziaria. Prima volevano tassare i ricchi e tagliare i fondi ai Comuni, poi i ricchi si sono incazzati e i sindaci sono scesi in piazza e allora hanno deciso di eliminare invece il riconoscimento degli studi ai fini pensionistici, ma in due giorni si è creata una tale ondata di lamentele che si sono rimangiati pure quello. E’ chiaro che non sanno dove sbattere la testa per trovare 40 miliardi di euro, non volendo mettere mano seriamente all’unico capitolo dove ci sarebbe ancora qualcosa da tagliare – i costi della politica e delle sue clientele, sia in termini di regalie che in termini di posti di lavoro.

A ben vedere, però, è proprio il caso di mettersi a piangere; è giusto criticare il governo, ma onestamente quali alternative ci sono sul piatto? La contromanovra del PD è evanescente, ed è stata già distrutta persino sul giornale di famiglia, Repubblica, dal buon Tito Boeri; se va bene il PD recupererebbe 4 miliardi, non 40, e perdipiù a forza di nuove tasse.

Il primo passo è ovviamente quello di cacciare tutti questi cialtroni e tagliare il costo della politica; dimezzare i parlamentari, eliminare le province… fanno alcuni miliardi di euro, non di più. Rinegoziare le privatizzazioni, i sussidi e le concessioni pubbliche date a condizioni di favore, cacciare i dirigenti incompetenti e mettercene di capaci, e poi tassare i capitali evasi rimasti all’estero e lanciare una campagna contro l’evasione fiscale, fermare le grandi opere inutili, far pagare le tasse alla Chiesa, e tutte le altre cose elencate nel (più che condivisibile) post di Grillo… ok, dai, così 40 miliardi li troviamo… magari ne troviamo anche 100.

Peccato che il nostro debito pubblico sia di circa 2000 miliardi di euro; peccato che solo l’aumento degli interessi che dovremo pagare sui nostri titoli di Stato, nelle ultime aste, si sia già mangiato in pochi giorni i 40 miliardi che stiamo ammazzandoci per recuperare. Mi spiace dovervi dare una cattiva notizia, ma qui siamo messi straordinariamente male.

Io sono preoccupato non solo per la situazione, ma perché si sta diffondendo per la rete e per le strade una furiosa euforia irreale, un piano d’azione che dice “attiviamoci, occupiamo le piazze a oltranza, cacciamo tutti i politici con i forconi, poi andiamo al potere, togliamo i soldi ai ricchi che li hanno rubati, cambiamo le regole dell’economia e potremo tutti tornare allo stile di vita di vent’anni fa”. Scusatemi per la lunghezza, ma voglio proprio fare una analisi approfondita di questo piano d’azione.

Innanzi tutto, in Italia non si sono mai viste rivoluzioni di piazza che abbiano avuto successo. Al contrario, nelle situazioni di disordine c’è sempre stata una reazione dell’italiano medio che ha portato al potere regimi autoritari e corrotti; agli scioperi dei primi anni Venti è seguito il fascismo, agli anni ’70 Craxi e agli anni ’90 Berlusconi. Tutto fa pensare che quel che sta succedendo ora sia solo un altro cambio della guardia, programmato colà dove si puote e legato non solo alla nostra spesa pubblica fuori controllo, ma al tentativo di Berlusconi di smarcarsi dal guinzaglio euroatlantico e di coltivare amicizie pericolose tra Mosca e Tripoli. Ve lo dico, così state accuorti.

Comunque, supponiamo invece che l’indomito popolo italiano prenda le piazze e riesca a mandare al potere un nuovo gruppo dirigente (nuovo davvero, non il figlioccio e sodale dei maggiori esponenti italiani del club Bilderberg). Ok, adesso abbiamo 2000 miliardi di euro da pagare e che non ci fanno più credito se non ne restituiamo almeno una bella fetta, che facciamo? Niente paura, il piano dice “togliamo i soldi ai ricchi che li hanno rubati”.

RICCHI_544px.jpg

La prima opzione è fare un bel collettone – ma chi ha soldi da tirar fuori? Tassiamo i patrimoni immobiliari? In teoria gli italiani possiedono 6000 miliardi di euro in case: facciamo che ognuno di noi paga allo Stato una cifra pari al 20% del valore delle proprie case? Ok, tu che possiedi un appartamentino in città (che comunque vale, a seconda della città, dai 100 ai 300 mila euro), ereditato dai tuoi o magari comprato con un mutuo che ti stai strozzando per pagare, domani mattina mi devi versare sull’unghia 20-60 mila euro, ok? Tanto li hai lì, no? No?

Ok, la facciamo pagare solo ai ricchi, però – in un paese in cui quasi tutti possiedono almeno una casa se non due – a questo punto l’aliquota sui ricchi deve salire al… 90%? Facciamo che requisire le ville ai ricchi? E anche se lo facessimo, poi dobbiamo trasformarle in soldi… chi le compra, e quanto riusciremmo veramente a realizzare, in un mercato immobiliare già saturo e improvvisamente inondato di case?

Va bene, realisticamente dalle case non si può tirar fuori che qualche decina di miliardi una tantum; allora tassiamo i conti in banca… ops, il totale dei depositi bancari in Italia è solo di 750 miliardi di euro, nemmeno azzerandoli tutti ripagheremmo il debito; e poi, per via del meccanismo della riserva frazionaria, le banche mica hanno lì 750 miliardi pronti da dare allo Stato.

Gli italiani dispongono se mai di un significativo patrimonio mobiliare in titoli, ma è investito soprattutto in… ops, titoli di Stato? Magari titoli di Stato di paesi messi poco meglio di noi o magari anche peggio? E anche qui, per poter chiedere agli italiani una fetta di questi soldi bisogna che prima gli italiani li vendano, e quanto riuscirebbero a incassare in una situazione del genere, costretti a svenderli di corsa ad investitori stranieri?

Incidentalmente, in tutto questo c’è comunque un assunto che disturba, cioè che non ci debbano essere remore nel tassare pesantemente i grandi patrimoni perché tanto “li hanno sicuramente rubati”. E’ ovvio che in una situazione di crisi la tassazione debba essere progressiva, colpendo di più chi non ha problemi ad arrivare a fine mese, ma l’Italia è piena di persone che si sono arricchite onestamente col proprio lavoro, spesso dando anche lavoro agli altri. Uno di questi peraltro è Beppe Grillo, dunque se pensate che tutti i ricchi siano ladri forse avete sbagliato movimento.

A questo punto è chiaro che non è realisticamente possibile per noi ripagare il nostro debito. Veniamo dunque alle maniere forti, ovvero “cambiamo le regole dell’economia”: una combinazione di 1) non ripagare i debiti e 2) ripudiare in tutto o in parte le regole dell’economia occidentale.

Un buon modo per non ripagare i debiti è farli pagare agli altri, ad esempio facendoci sovvenzionare da tedeschi e francesi (o dal Fondo Monetario Internazionale) o trasformando il nostro debito in Eurobond garantiti da loro, contando sul ricatto di “se no falliamo e vi va ancora peggio”, o rinegoziando il credito verso di loro, stile Argentina. Può darsi che funzioni, ma scordatevi che Merkel e soci lo facciano col sorriso sulle labbra e senza chiedere niente in cambio. Chiederanno appunto tutte quelle misure per cui critichiamo Berlusconi: licenziamento di dipendenti pubblici, taglio alle pensioni passate e future, chiusura di servizi pubblici. D’altra parte, se a voi chiedessero di tirar fuori 500 euro per permettere a greci o portoghesi di continuare a vivere a debito, cosa rispondereste?

Un altro modo per non ripagare i debiti è fallire e basta, dire ai creditori “sai che c’è? non ti pago” – magari pure in modo selettivo, cioè prima ripago i cittadini italiani che avevano in mano i miei BOT, e poi se avanza qualcosa per banche e governi stranieri vediamo. In questo si inserisce il filone “nazionalizziamo le banche e non paghiamo i debiti esteri come ha fatto l’Islanda”, che francamente continuo a non capire.

L’Islanda non ha certo nazionalizzato le banche perché vuole passare ad una economia socialista in stile Venezuela, ma perché l’alternativa era che fallissero portandosi con se i risparmi di tutta la nazione. Non c’è niente di sovversivo in questo: l’ha fatto pure, anche se parzialmente, Obama con Bank of America (la più grande banca americana). Anche la maggior parte delle banche italiane sono in rosso: nazionalizzare queste banche vorrebbe dire accollarsi altri debiti, non certo arricchirsi.

L’altro punto, però, è che l’Islanda non ha pagato i debiti esteri DELLE BANCHE, non i propri. E a buon diritto: ha detto ai creditori stranieri “voi avete investito in una azienda privata che è andata gambe all’aria e come è normale avete perso il vostro investimento, ci spiace ma il rischio d’impresa era vostro”. L’Islanda oltretutto non è né dentro l’Euro né dentro l’Unione Europea, quindi non è nemmeno soggetta alle garanzie del mercato unico intra-europeo; infine, l’Islanda è duecento volte più piccola dell’Italia e dunque le cifre in gioco erano relativamente irrisorie (4 miliardi di euro in tutto). Per questo motivo alla fine l’Islanda ne è uscita relativamente bene… ma il debito pubblico dello Stato italiano è cosa molto diversa.

Io penso che in una situazione del genere ci troveremmo gli aerei della NATO in casa, ma se anche così non fosse, il minimo è un embargo commerciale, che per un paese che vorrebbe vivere di turismo ed esportazioni è il bacio della morte; e poi, ovviamente, saremmo buttati fuori dall’Unione Europea e dall’Euro. Questo, per alcuni, fa parte del piano: ci liberiamo dell’Euro, così riconquistiamo la nostra “sovranità monetaria” e possiamo fare come abbiamo sempre fatto fino a vent’anni fa, cioè stampare moneta per continuare a pagare stipendi e pensioni, e svalutare la nostra valuta per migliorare la nostra competitività. Sai che boom nelle esportazioni, finalmente avremmo la ripresa!

Permettetemi di avere qualche dubbio anche su questo: una ipotetica “pizza de fango de Roma”, come sarebbe la nostra nuova valuta, varrebbe poco e continuerebbe a valere ancora meno man mano che il governo la svaluta o ne stampa per far fronte ai propri impegni, con il serio rischio di una iperinflazione stile Zimbabwe o Germania di Weimar. Tutti quelli che vivono dei risparmi o delle pensioni del nonno sarebbero velocemente in mezzo a una strada.

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Inoltre, l’Italia è tanto un bel Paese ma è praticamente privo di risorse naturali. Il gas che ci serve per scaldarci, il petrolio che ci serve per produrre la nostra elettricità, per spostarci e per non trovare gli scaffali dei supermercati vuoti, devono essere comprati all’estero – in dollari o in euro. Più la pizza de fango si svaluta, più i prezzi di tutto aumenteranno, a maggior ragione se ci siamo fatti troppi nemici in giro per il pianeta. Perché vedete, Chavez può fare il cacchio che gli pare perché ha il petrolio pure nella tazza del cesso… noi no.

A questo punto, comunque, potremmo riuscire a sopravvivere, come sopravvisse l’Italia del periodo autarchico fascista. Per esempio, potremmo completare l’opera e nazionalizzare le aziende straniere; saremo poveri ma saremo liberi e giusti, bloccando le delocalizzazioni e gestendo quel po’ che c’è nell’interesse di tutti e senza più essere costretti a tagliare i servizi sociali o ad allungare l’età pensionabile solo per ripagare i banchieri della City… no?

Ecco, tutto quello che avete letto finora in realtà dimenticatelo, sono problemi minori. Perché anche se potessimo ricominciare domani mattina da capo, senza debiti e senza sfruttatori, resterebbe una piccola questione da risolvere – quella che ci ha portato fin qui. Basta andare sul sito Istat, sezione “Lavoro”, per scoprire che in Italia ci sono circa 60 milioni di residenti, in parte stranieri, ma solo 23 milioni di occupati, di cui 18 milioni di lavoratori privati, in buona parte ormai precari e sfruttati. Questi 18 milioni producono la ricchezza che mantiene non solo gli odiati padroni, ma anche tutti gli altri, e cioé: 5 milioni di dipendenti pubblici, che svolgono lavori spesso fondamentali (talvolta no) ma istituzionalmente in perdita; 7 milioni tra bambini, ragazzi e studenti universitari; 2 milioni di disoccupati “ufficiali”; 12 milioni di inattivi per altro motivo, ovvero disoccupati “non ufficiali” e casalinghe; e 17 milioni di pensionati, di cui 5 con meno di 65 anni di età. Il nostro tasso di occupazione è insomma il più basso dell’UE a parte Malta e Ungheria, e si aggiunge a uno Stato sprecone e spendaccione come nessuno.

Per questo, quando io sento che la luminosa via della rivoluzione di piazza prossima ventura permetterà non solo di mantenere tutte le attuali prerogative, ma anche di aggiungerne di nuove – ad esempio il tanto evocato “reddito di cittadinanza”, perché è giusto che chi non lavora abbia comunque dei soldi dalla collettività per mantenersi – ecco, mi vengono i brividi. Chi ve lo dice, o è ingenuo e non ha fatto i conti (se ha dei conti è pregato di tirarli fuori, magari mi convince), o vi sta prendendo per il culo, magari perché agitare la folla fa sempre bene alla propria immagine pubblica.

Una economia che parte su queste basi, evasione o no, corruzione o no, non può che generare istituzionalmente debito, e non reggersi in piedi (se non in particolari periodi . E dunque non se ne esce, prima o poi il problema di tagliare le pensioni, il pubblico impiego e in generale la spesa pubblica va affrontato, senza diritti acquisiti per nessuno, così come quello di far sì che gli italiani lavorino tutti e di più; per questo ho molto apprezzato che Grillo, anche se molti hanno fatto finta di non sentire, l’abbia detto chiaramente.

Questo vuol dire che l’economia internazionale va bene così, e che dobbiamo cavarci il sangue e buttarci tra le braccia del Fondo Monetario Internazionale? Assolutamente no, anzi più riusciamo a tener lontana quella gente meglio è. Vuol dire però che dobbiamo essere realistici, e che nessuno potrà chiamarsi fuori dai sacrifici che andranno fatti; potremo pretendere equità e solidarietà – e per averle è necessario cacciare l’attuale classe politica – ma non potremo dire “noi la crisi non la paghiamo”… anche perché abbiamo goduto tutti di trent’anni di società drogata dal debito, e se abbiamo permesso, col voto e con l’acquiescenza, che alcune parti della società ne godessero molto più di altre, è anche colpa nostra.

Cosa succederà veramente non lo sa nessuno; magari una crisi globale ci grazierà, assorbendo anche la nostra; magari l’Italia si spaccherà, il Nord nell’Euro e il resto nel fango; magari, dopotutto, la via dell’autarchia sarà l’unica possibile; sono convinto che ci sarà da soffrire ma che sarà anche una chance storica per costruire un’Italia stabilmente migliore. Per il momento, io vorrei soltanto pregarvi di non ridere troppo di Berlusconi, perché comunque neanche Superman saprebbe come ripagare il debito pubblico italiano; e perché presto, a sbattere la testa al posto di Berlusconi, ci saremo tutti noi.

[tags]manovra, economia, debito, berlusconi, grillo, finanza, bilderberg, signoraggio, moneta, euro, tasse[/tags]

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16 commenti a “La verità sulla situazione economica dell’Italia”

  1. Davide:

    Sono d’accordo con l’analisi: abbiamo passato decenni di economia florida sostenuta un irrisorio costo dell’energia. Ora il pasto gratis è finito, si torna a competere duramente come nei secoli passati..

  2. ArgiaSbolenfi:

    Beh il segnale che siamo davvero alla frutta è sentire i portavoce del PDF dichiarare che ora inizia una dura lotta all’evasione fiscale.

  3. ArgiaSbolenfia:

    Era PDL naturalmente :)

  4. rccs:

    E’ quindi confermato che Beppe Grillo detta la politica economico/sociale di M5S oppure continuate a far finta che sia solo un “testimonial eccellente” senza voce in capitolo? Nel senso, se io alle nazionali votassi un M5S sarei almeno sicuro che proverebbe ad attuare il programma di Grillo, oppure rischierei di trovarmi un Bono che, in nome dell’indipendenza dell’eletto, si appiattisce sulla politica della Lega? No, tanto per farci capire, noi babbei che continuiamo a votare.

    Comunque, posto che la proposta del PD sia insoddisfacente, non direi che è stata distrutta da Repubblica (che non è Dio, visto che quando critica gli M5S gli sputate sopra!), ma criticata. E’ comunque una base su cui l’editorialista sente di poterci lavorare su. A differenza della ridicola proposta di grillo, demagocica, a tratti incostituzionale (retroattività varie e violazione dell’uguaglianza e di dubbia efficacia economica, sopratutto nell’immediato). L’analisi, un po’ superficiale e banale, c’è. La sintesi delle proposte, come detto, è o inesistente come in queto post o va bene solo ad acchiappar voti e sedersi su una poltroncina come nel post di Grillo.
    Il secondo post non di Grillo che hai linkato non ho capito se ha qualche contenuto o è solo uno spottone al libro di Nunzia Penelope.

  5. ff:

    Uhm se non ci fossero un paio di osanna al messia Grillo potrei dire che l’analisi è in gran parte condivisibile specie nel punto in cui sottolinei che il vero problema è che ci sono troppe persone che campano sulle spalle degli altri ed è una analisi che non capisco come possa piacere a gran parte degli elettori del movimento cinque stelle, perché decisamente poco qualunquista e molto realistica.

  6. vb:

    @ff: Infatti mi sono sentito in dovere di farla proprio a fronte di una deriva semplicistica da parte di un pezzo di Movimento, dopodiché mica tutti da noi sono qualunquisti :)

  7. Paolo:

    Diciamo che dopo alcuni anni cominciate tutti ad arrivare a capire che la questione del debito pubblico è quella centrale (voglio fare il giusto presuntuoso: lo scrivo da alcuni anni sul mio blog).

    Ti dico però come va a finire: il debito viene consolidato, sia quello italiano sia quello degli altri paesi, come è _sempre_ stato fatto nella storia dell’umanità.

    E’ dal dopoguerra che si è diffusa la strana idea che il debito pubblico vada _comunque_ pagato, quando invece l’economia di uno stato non subisce e non deve subire le stesse regole dell’economia di un privato, perché la priorità dello Stato è fare i vaccini ai bambini, non restituire il debito (per un euro di debito, con gli interessi ne restituiamo circa 11 prima di ripagarlo: diciamo che se non pagassimo l’euro di debito non se ne accorgerebbe nessuno).

    Questa operazione di consolidamento del debito riguarderà tutti i paesi occidentali, e il problema attuale è che non viene fatta solo perché i poteri economici sono molto più forti dei poteri politici.

    Ma, la storia insegna, l’opinione pubblica e la società occidentale non accetterà l’idea di pagare arbitrariamente dei debiti per alimentare un circolo vizioso e dei succhiasangue, tanto più se occorrerranno circa 1000 miliardi per salvare le banche europee dalla crisi dei debiti sovrani, come sembra si stia delineando.

  8. mfp:

    Mah… chiamarlo “reddito di cittadinanza” mi pare scorretto da parte tua. Alle fasce deboli devi per forza dare.

    Se hai 18 milioni di lavoratori produttivi, e 17 milioni di pensionati… beh… come dici piu’ avanti… toccare le pensioni e’ inevitabile. Anche solo perche’ non puoi ne’ “demoralizzare” i 7 milioni di giovani dicendo loro che non c’e’ piu’ scuola e universita’, ne’ gli interventi sul resto sono risolutori (cambiare il numero di dipendenti pubblici e disoccupati implica ulteriore spesa per ottenere solo ottimizzazioni, quindi risultati utili ma marginali). E poi mi sembra corretto dato che i loro conti pensionistici sono stati fatti in funzione di una crescita infinita che abbiamo tristemente scoperto poi non essere reale: i conti fatti all’interno di un quadro immaginario sono conti he vanno ri-fatti. Pertanto piu’ che dividere territorialmente nord-sud in euro-fango, chiederei allo stato di emettere “pataccones argentini” per erogare “reddito di cittadinanza” tramite una rete di esercizi convenzionati, con cui pensionati, dipendenti pubblici, disoccupati e inattivi, tirano a campare potendoci comprare solo le merci prodotte localmente che sono strettamente necessarie ad una sopravvivenza dignitosa. In questo modo i 18 milioni di lavoratori dovrebbero pagare ai restanti 42 milioni solo lo stretto indispensabile che non e’ prodotto in loco (es: acciaio per la ferrovia, antibiotico esotico, etc) e che viene distribuito dagli enti pubblici (ospedale, scuola, ferrovia, etc).

    Quelli che si saranno rotti le palle di vivere a regime di commissariamento potranno mettersi a lavorare in una attivita’ produttiva pagata in euro e cosi’ “uscire dal commissariamento” (ie: regalare una bottiglia esotica al babbo pensionato per il suo compleanno, fare un viaggio fuori dai confini patri grazie alla disponibilita’ di un gruzzoletto in euro). E il tutto andrebbe avanti fino a che la societa’ non avra’ accettato di calmierare l’immigrazione, ma soprattutto di filiare a debito, e quindi si sara’ ridotta nel numero. Se non segmenti, tutta la rete economica e’ esposta a deflazione perenne. Triste quanto ti pare ma e’ quello che e’ avvenuto in Cina fino a che non si sono abituati a pianificare le nascite; come si faceva anche da noi.

    In questo contesto cose come la flessibilita’ (ie: contratti di lavoro a 3-6-12 mesi) e le case popolari sarebbero utili. La prima perche’ eliminando i contratti a tempo indeterminato e ponendo vincoli sulla reiterazione dei contratti allo stesso dipendente, aumenterebbe il ricambio e quindi tutti prima o poi riescono a raggranellare un po’ di euro qui e li’ per farsi la vacanza fuori europa, o per sposarsi. La seconda non tanto perche’ garantisce un tetto sopra la testa a tutti, ma perche’ avendo un pool ampio di abitazioni, consente a tutti di cambiare casa in funzione di dove trovano lavoro (ie: risparmiare tempo e carburante).

    Certo … il PDL dovrebbe cambiare nome … ma quello mi sembra il minimo.

  9. vb:

    @Paolo: Infatti ho scritto che non mi pare realistica la prospettiva di ripagare il debito per intero, penso anch’io che tutti gli Stati lo rinegozieranno e ci sarà una ridefinizione del sistema stesso del debito pubblico, tuttavia non sono così convinto che sarà una rivincita della società sulla finanza o che lo si potrà fare, come sbandierano i vari Giulietto Chiesa & c., fregandosene completamente e dicendo “non ti pago vaffanculo da oggi non devo più niente a nessuno”, senza che questo abbia conseguenze drammatiche sulla vita quotidiana degli italiani…

    @mfp: In realtà, fino a poco più di un secolo fa, l’idea che lo Stato dovesse per principio qualcosa alle fasce deboli era assurda… il welfare è una conquista recente e vi è un concreto rischio che venga persa, se non per scelta per necessità.
    D’altra parte il problema è proprio di risorse, se stiamo parlando di un sostegno automatico temporaneo alla disoccupazione sullo stile danese (se perdi il lavoro lo Stato ti garantisce due anni di sussidio decrescente mentre cerchi un altro lavoro) allora sono molto d’accordo, se invece (come nelle interpretazioni massimaliste del concetto) vuoi dire che io posso sedermi lì e ricevere a vita mille euro al mese senza fare niente… mi spiace ma non è sostenibile né economicamente né socialmente.
    Invece, sono molto d’accordo sull’idea della moneta complementare come strumento per favorire una economia locale basata sullo scambio e non soggetta alla finanza globale e alle delocalizzazioni… basta non pensare che tutto possa passare di lì.

  10. mfp:

    vb, non ho mai pensato ad uno strumento universale di scambio; c’e’ gia’ l’euro. Parlo della social card che voleva fare Berlusconi; pero’ invece di metterci euro dentro (sempre che ci arrivino e non si perdano nel tragitto per “problemi di traffico”, cfr. Jonny Stecchino) affinche’ il possessore possa spenderli come piu’ lo aggrada, si usa la tessera sanitaria (o qualunque altro documento nominale gia’ esistente) per firmare lo scontrino del supermercato che poi chiedera’ il conto a Lo Stato (con prezzi ovviamente all’ingrosso e non sia mai che Carrefour non intenda partecipare; se vuole vendere a chi ha euro, deve accettare questo impegno sociale con tutta la cittadinanza, e’ questione di sicurezza pubblica).

    Avendo in mano i conti pubblici potrei azzardare qualche dettaglio in piu’ (es: paniere limitato di beni acquistabili; limitazioni nel tempo, in modo che non prelevino piu’ del necessario; limitazioni territoriali per incentivare l’abbandono delle citta’; etc), ma non mi fido dei dati pubblicamente accessibili.

  11. rccs:

    Quindi il superamento della crisi passa per le “tessere annonarie”? Sticazzi, che originalità!

  12. Paolo:

    Sai cosa successe quando un bel giorno Carlo V disse alle banche: io non vi ripago più?

    Successe che il giorno dopo le banche tornarono da Carlo V a prestargli soldi. Perché è il loro mestiere e la loro natura.

    Se vedi quando l’Italia ha dichiarato default nella sua storia, vedi che dopo ognuna di queste occasioni l’economia reale è cresciuta in modo significativo.

    Ciò detto, ovviamente il consolidamento deve essere fatto con estrema arguzia, per evitare di andare a colpire le famiglie che hanno comprato un po’ di bot, mentre appunto delle banche e dei conglomerati finanziari possiamo fregarcene, essendo una attività tossica (che non è una cosa che dice Giulietto Chiesa, del cui pensiero non sono particolarmente colpito, ma Krugman sul NYT).

    Tu pensa, se gli USA consolidano il debito, la Cina prende un calcio sui denti che la rimanda indietro di 40 anni: pensa che dispiacere per gli USA. Vedi frotte di repubblicani in lacrime :D

    Poi il discorso si potrebbe fare quasi infinito, tra avanzo primario, debito estero e compagnia cantando, ma il consolidamento del debito è l’unica opzione in mano agli Stati; all’epoca del primo prologo della crisi economica (inizio 2009) il terrore della grande finanza era quello, e ora hanno esattamente lo stesso terrore, tanto che ogni volta che la UE propone delle misure, anche minime, di contenimento di questi strapoteri, le borse precipitano, perché è in corso uno scontro feroce tra questi due poteri, che aumenterà sempre più.

    Comunque, tutto questo detto, la crisi economica non è ancora cominciata, stiamo al secondo prologo: la crisi sarà quando le aziende decotte andranno nazionalizzate forzosamente dagli Stati che non avranno i soldi per farlo, ma dovranno pur farlo.

  13. Claudio:

    Bravo Vittorio. Apprezzo molto l’analisi e biasimo quanti “sedicenti esperti” non abbiano mai parlato chiaramente della situazione italiana (io nel ’92 mi occupavo ancora poco di economia, ma è almeno dal 2001-crack della new-economy- che predico nel mio piccolo onestà intellettuale a riguardo). Ma le leggi della fisica pare che valgano anche in economia e quindi mi chiedo:
    visto che l’inerzia (riluttanza al cambiamento di velocità e/o direzione) di uno Stato enorme (paragonato agli scandinavi) come l’Italia è immensa, e dato che nessuno ha fatto nulla per andare nelle direzioni indicate (creazione di lavoro stabile) nei 10 anni precedenti, non credi che l’unica via d’uscita sia l’azzeramento dello status-quo per poterlo poi rifondare su fondamenta più solide?
    Se non sara’ prima (rivoluzione di piazza), lo sara’ poco dopo (insostenibilità economica, forse crack di un bel pezzo di occidente); per scelta (dichiarazione di default) o per imposizione (tempeste speculative su borse e titoli di Stato da parte di potenze finanziarie ostili …).
    Io mi sento di dover agire per ABBREVIARE IL PIU’ POSSIBILE L’AGONIA. Mi dirai che dopo l’agonia viene la morte, sì, ma è anche vero che dopo la morte c’è la resurrezione (o reincarnazione, per altri!)
    Nel frattempo, visto che ho figli e non sono ancora così vecchio, inizio a lavorare al dopo: fra 3-5 anni il nostro mondo sarà molto diverso, sarà organizzato in comunità locali più piccole ma più coese e solidali. I beni primari saranno prevalentemente prodotti localmente e gli scambi saranno per lo più in uscita (una parte del mondo vivrà come abbiamo fatto noi dal dopoguerra, e compreranno da noi cibi, artigianato e turismo). La tecnologia si ridurrà di importanza e verrà utilizzata solo per le applicazioni realmente utili (mentre ora il 90% dell’uso della tecnologia è per scopi non essenziali, ma indotti). Le tempeste solari dei prossimi tempi, spazzando via i satelliti e GPS ci aiuteranno in questo ridimensionamento.
    Pertanto mi organizzo in Gruppi di Acquisto che possano garantire gli associati con provviste per almeno un paio di mesi, che costituiscano nuclei di protezione civile (vera) e di mutuo sostegno, riscopro l’autoproduzione (almeno qualche verdura in un orto, meglio se collettivo) e l’autoguarigione; pratico ove possibile il baratto, evito gli spostamenti lunghi ed uso il più possibile piedi e bicicletta, inizio un progetto di trasporto animale con asini e muli, ovviamente ho eliminato da tempo il televisore e leggo, scrivo e condivido.
    Sembra di parlare di un altro mondo, ma è quello che ha fatto l’unità d’Italia 150 anni fa, e … senza i progressi tecnologici che abbiamo conosciuto noi. … se solo fossimo in grado di usare le cose che servono e lasciare nei magazzini di chi non opera per un reale progresso tutto il superfluo …

  14. vb:

    Sono assolutamente d’accordo con te, l’unica cosa che ci tengo a dire è che la nostra società comunque dipende (e dipenderà ancora, anche se magari di meno, dopo la profonda crisi) da alcune cose che non si possono ottenere per autoproduzione e baratto, come appunto i computer… Dunque servirà ancora anche una economia “globale e finanziaria”, il problema è come renderla equa e diminuirne l’importanza facendo appunto crescere quella “locale e non monetaria”.

  15. club Bilderberg:

    La questione è semplice, dipende da cosa ognuno di noi vuol fare della propria vita.
    Se Volete vivere schiavi del debito pubblico e assoggettarvi al sistema, allora pagate tasse all’infinito e non lamentatevi se non avete da mangiare.
    Se invece volete riprendere la vostra dignità, ribellaevi al sistema in maniera intelligente e pacifica.
    Il modello dell’ Islanda è l’unica soluzione possibile.
    Al diavolo le conseguenze, meglio la libertà e la sovranità popolare che il riccatto attuato ai nostri danni e alle generazioni future. Dobbiamo Creare una nuova società dove ogni cittadino è libero di creare e vendere a chi vuole energia rinnovabile. Dobbiamo riapriopriarci della moneta, eliminare la borsa, riapriopriarci di tutte le risorse umane, e diffenderle da chi oggi ne ha il controllo. No globalizzazione, no NWO.
    No multinazionali.

  16. Ciro Renghini:

    Un saluto a tutti
    Gia’ anni addietro si commentava questo, debito pubblico, cara politica, clientalismo etc oggi diciamo che siamo con le pezze al culo………..
    Tagliamo le pensioni ok ma solo quelle che superano la soglia di poverta’, perche una pensione di 600 Euro al mese e da fame,
    invece la pensione che percepiscono le centinaia di migliaia di dipendenti tipo Italsider,Banche, funzionari pubblici, ex parlamentari etc, li si che sarebbe opportuno un taglio anche del 50% e’ sarebbero ancora tanti i soldi che prendono di pensione.

    Poi basta scorta ai parlamentari, auto di lusso, tutto gratis, fare politica e’ un mestiere e’ come tale dovrebbe essere regolato, non con tutte quelle agevolazioni e stipendi che percepiscono.

    Poi non dimentichiamoci dei disoccupati, grazie alla delinquenza organizzata questo problema e inferiore di quello che potrebbe essere, infine perche’ non controlliamo (come si sta facendo in Ecuador) chi fa il doippio lavoro, chi fa troppe assenzem chi marca il cartellino e va a pesca, chi si fa timbrare il cartyellino perche’ sta a sciare.
    Basta licenziamo tutti, con una bella lettera di rinuncia obbligatoria (e se i sindacati parlano li licenziamo tutti anche a l’oro, tanto sono stati in questi ultimi 20 anni una palla al piede.come appunto sta facendo l’Ecuador

    Un saluto a tutti

 
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