Un palazzo dietro l’altro
Una delle parti più interessanti dell’attività comunale è la commissione urbanistica, le cui competenze sono molto vaste: deve occuparsi non solo della pianificazione del territorio cittadino, ma nel dettaglio dell’edilizia pubblica e privata, delle grandi opere, di tutta la viabilità e dei trasporti pubblici.
Almeno, questa è la teoria; la pratica è che la commissione si riunisce praticamente solo per discutere e approvare varianti al piano regolatore, ovvero operazioni immobiliari a vantaggio di enti privati e pubblici. Voi leggete sui giornali che Porta Nuova chiuderà , o che vogliono togliere questa o quell’altra linea di pullman, o che hanno deciso di fare una nuova pista ciclabile? Di tutto questo dovrebbe occuparsi la commissione, ma (almeno finora) non ce n’è sostanzialmente stato il tempo, perché all’ordine del giorno ci sono sempre nuovi palazzi da costruire o nuovi appartamenti da ristrutturare; il trasporto pubblico verrà quando ci sarà tempo, mentre nel frattempo si accumulano le esternazioni in libertà da parte di sindaco e assessori.
Anche dibattere le varianti urbanistiche non è molto facile. Di solito funziona così: il lunedì pomeriggio, in consiglio comunale, vengono annunciate una sfilza di nuove varianti al piano regolatore, proposte dagli uffici generalmente su richiesta del proprietario delle aree su cui bisogna intervenire. Le varianti vengono assegnate alla commissione, e spesso messe all’ordine del giorno del giovedì pomeriggio. Se va bene, il mercoledì pomeriggio ci viene mandato un PDF con una decina di slide che spiegano cosa si vuole fare; se va male, lo scopriamo sul momento il giovedì, e l’unica documentazione che abbiamo è il testo della delibera, e alle volte uno stampato dei progetti (una copia ogni tre consiglieri perché sono grosse tavole a colori).
Il giovedì, la proposta viene esposta dagli architetti e discussa; dopodiché, non di rado ci viene detto che è assolutamente urgente approvarla subito, perché le ruspe son già li pronte e il tempo è denaro, e non possiamo rallentare l’edilizia cittadina solo per le “lungaggini del consiglio comunale”. Se ci impuntiamo, ci viene concessa una settimana di riflessione; se chiediamo di avere la documentazione per discuterne con i cittadini, di solito dobbiamo insistere due o tre volte prima di ricevere in ufficio un bel CD, così comodo da condividere.
Di fatto, esistono varianti che vengono annunciate il lunedì, discusse il giovedì e riportate in consiglio comunale il lunedì dopo, dove vengono approvate definitivamente, di solito senza nemmeno leggerle (non capisco i consiglieri comunali che non fanno parte della commissione come facciano a sapere cosa stanno votando). E’ successo così, ad esempio, per la conversione in appartamenti di lusso dell’Hotel Jolly di piazza Carlo Felice angolo corso Vittorio, approvata ieri; la scusa è che quando aprirà il nuovo hotel nella Casa Gramsci di piazza Carlina (per il quale peraltro non sono nemmeno indiziati veramente i lavori) esso assorbirà il business alberghiero del Jolly (entrambi sono gestiti dal gruppo spagnolo NH). E’ un peccato che quando fu autorizzato l’hotel di piazza Carlina nessuno disse che esso avrebbe comportato la chiusura di quelli già esistenti: alla faccia di Torino città turistica. Addirittura, un emendamento dell’ultimo secondo mette nero su bianco che nella piazza c’è troppo rumore e dunque bisognerà considerare l’idea di calmare il traffico per non disturbare gli inquilini dei nuovi appartamenti…
Le magie dell’edilizia torinese non si fermano qui: ogni settimana se ne scopre qualcuna. Alcune sono frattaglie burocratiche – per esempio è necessaria una delibera di consiglio comunale per autorizzare un tizio a chiudere il suo terrazzo, una speculazione immobiliare da 27 metri quadri. Altre sono più interessanti: per esempio, con la stessa trafila lampo di una settimana si è autorizzata la Compagnia di San Paolo ad aprire gli abbaini nel tetto dell’ex edificio scolastico di piazza Bernini / via Duchessa Jolanda, permettendo un ulteriore piano di uffici – o di appartamenti, se mai l’edificio dovesse essere poi venduto. Per questo genere di operazioni la Città richiede di pagare un compenso pari al 50% dell’incremento del valore di mercato dell’edificio, tolti i costi di realizzazione; in questo caso la cifra stimata era di 5.000 euro, non proprio una grande stima, e gliel’abbiamo pure abbuonata perché poi loro finanziano ogni genere di servizio sociale e culturale in città (io comunque ho preteso un emendamento perché almeno questa cosa fosse messa per iscritto).
Un’altra variante interessante, sempre approvata in una settimana, è quella che permetterà alla società Stige di espandersi su un prato originariamente destinato a parco, che diventerà un bel capannone industriale. Ok, si tratta di un triangolo tra due stradoni, e ci hanno detto che o l’azienda si espande lì o va via da Torino, un aut aut che funziona sempre. Ma pensate che, per poter permettere all’azienda di installare nel nuovo capannone una rotativa grossa e rumorosa, abbiamo anche dovuto ridurre la fascia del silenzio attorno all’adiacente cimitero dell’Abbadia di Stura!
Dopo aver contestato la variante in commissione, ho preso la parola anche in consiglio comunale – interrompendo il pigia-pigia a ritmo da catena di montaggio con cui i consiglieri della maggioranza approvano le delibere che gli vengono sottoposte – per segnalare un problema concettuale: la sostanza è che il piano regolatore è in buona misura inutile, perché tanto, ovunque ci sia un vincolo che non va bene a chi vuole costruire, viene prontamente presentata una variante che il consiglio comunale finisce sempre per approvare. A questo punto tanto varrebbe non avere il piano regolatore…
Uno dei massimi dell’ultima settimana è stata una chicca che ho scovato nel testo della variante che permette la realizzazione di appartamenti per anziani a Porta Palazzo, un progetto che risale addirittura a dieci anni fa. In pratica, un signore che abita nel palazzo adiacente ha tempo fa aperto abusivamente una finestra nel suo bagno; la finestra ora deve essere chiusa, perché dà sulla parete che confinerà col nuovo palazzo. Nel 2007, però, lo stesso Comune ha condonato la finestra, nonostante essa fosse incompatibile col progetto già allora programmato; come risultato, adesso il Comune dovrà sborsare 30.000 euro per compensare il signore per la perdita della sua (ormai perfettamente legale) finestra. Tanto paghiamo noi…
A me piacerebbe molto poter discutere nel dettaglio le varianti urbanistiche, condividere in rete la documentazione, chiedere su ognuna il parere di chi abita in zona, ricevere i commenti di tutti. Come capite, non ce ne danno il tempo. Proporremo di cambiare le tempistiche e di prevedere forme adeguate di consultazione pubblica (dovrebbero già farlo le circoscrizioni, a cui le varianti arrivano prima che a noi… vedi in Circoscrizione 5). Nel frattempo, quel che posso invitarvi a fare è seguire la mia bacheca Facebook il giovedì pomeriggio dalle 16: se ne vedono spesso delle belle.
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