Da tempo racconto con preoccupazione il clima di tensione e di rabbia che cresce nel Paese. La scorsa settimana, tuttavia, è avvenuto un salto di qualità in questo clima; lo percepisco ogni giorno per strada e su Internet.
In molti, a quanto pare, hanno perso la calma e si sono avviati a una specie di guerra civile a parole. Persone che conosco da anni, ex colleghi, amici, improvvisamente mi tolgono il saluto e cominciano a postare a ripetizione su Facebook link che denunciano il pericolo posto dal M5S alla democrazia, come se il M5S fosse la radice di tutti i loro problemi. Una signora con cui discutevo di tutt’altro argomento a un certo punto mi fa “e allora pensi che solo perché sono una donna sono una pom… come dite voi?”; un amico di vecchia data che non sentivo da un po’, invece di salutarmi e chiedermi come stavo, mi ha approcciato con “Vergognati, voi grillini fascisti siete la rovina dell’Italia!”. Tale è l’effetto della propaganda di massa, al punto da trasformare la tua persona anche agli occhi di chi ti dovrebbe conoscere bene.
Tutto questo, naturalmente, accade anche in senso opposto; Facebook è pieno di miei contatti che promettono battaglia senza quartiere a chiunque sostenga i partiti, e non abbiamo mai avuto tante richieste di partecipazione al Movimento 5 Stelle come in questi ultimi giorni. Molti hanno apprezzato la nostra lotta senza compromessi, senza farci annacquare dal sistema e allettare dalle poltrone, e questo è ottimo. Tuttavia, è come se fosse in corso una specie di arruolamento, una divisione profonda dell’Italia in eserciti contrapposti, una scelta obbligata, o da una parte o dall’altra; e questo mette paura.
Per questo ci sono alcune cose che vorrei dire. La prima è che si può, anzi si deve, fare opposizione dura e inflessibile, anche manifestando in modo clamoroso come nei giorni scorsi, senza per questo insultare gli altri. La maleducazione, il sessismo, la violenza verbale squalificano chi li usa; se gli altri lo fanno, lasciamoglielo fare; saranno loro a doversene vergognare. Capisco benissimo che assistere in prima persona allo schifo e alla farraginosità della politica nazionale faccia perdere la pazienza, e umanamente succede (è successo anche a me) di sbottare o perdere la calma o rispondere pubblicamente in modo inopportuno, ma questo va evitato il più possibile perché permette agli altri di attaccarci strumentalmente, sfruttando i media al loro servizio.
La seconda è che io voglio cacciare i politici incapaci e corrotti che ci hanno governato; li voglio processare per i reati che possono avere commesso e, se giudicati colpevoli, punire come previsto dalla legge; gli voglio chiedere indietro i soldi che hanno sprecato o rubato. Non voglio mescolarmi a loro, ma non li voglio insultare, non li voglio picchiare, non li voglio uccidere; non mi piacciono gli eserciti e non voglio nessuna guerra né reale né metaforica.
La terza è che lo Stato non è un campo di battaglia che il proprio esercito deve conquistare annientando quello degli altri. Quello succedeva nell’epoca tribale o in quella feudale, non in democrazia. Lo Stato democratico siamo tutti, siamo i nove milioni che sostengono il M5S come i nove milioni che sostengono il PD, come quelli che hanno votato altri partiti e come la fetta maggiore, i tredici milioni di elettori che non hanno votato per nessuno. Lo Stato ideale abbraccia tutti i cittadini e considera con uguale attenzione le esigenze di ciascuno di loro, cercando di mediarle.
La stessa parola “Parlamento” nasce da un verbo preciso: parlare. Sorial e Boldrini, Dambruoso e Lupo, Moretti e De Rosa non sono pagati da tutti noi per andare lì a litigare, e nemmeno per portare avanti una battaglia tra di loro per chi ha più ragione; sono scelti e pagati per discutere e per prendere tutti insieme la scelta migliore nell’interesse complessivo degli italiani. Se chi governa attualmente agisce in maniera scorretta e per interessi privati, se non è disponibile ad accogliere le proposte che facciamo nell’interesse comune, noi dobbiamo continuare a denunciarlo e smascherarlo; ma dobbiamo sempre tenere presente che siamo lì per risolvere i problemi facendo il bene di tutti, rispettando anche i cittadini che la pensano diversamente da noi, e se mai cercando di convincerli con le idee e con i fatti.
Questo, in una democrazia, è il principio della politica; perché per affrontare i problemi solo con la rabbia, pur comprensibile e giustificata, non servirebbe un Parlamento.