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sabato 3 Gennaio 2009, 12:12

Potere e grandi opere

Tra la pila non molto spessa di libri che mi porto dietro per i periodi di vacanza, da qualche tempo c’era Sulla pelle viva, il libro di Tina Merlin che racconta la storia della tragedia del Vajont in modo giornalistico, dettagliando puntualmente, quasi giorno per giorno, la sequenza dei fatti che portarono al disastro.

L’ho letto ieri ed è molto interessante, non solo per il valore storico di testimonianza, per provare che tutti sapevano ma tacevano, che non si è trattato affatto di un disastro naturale ma del risultato dell’avidità e dell’incoscienza di industriali, tecnici e politici, perfettamente prevedibile ed evitabile. E’ interessante la lezione generale che se ne trae, sul rapporto tra potere e persone, tra centri e periferie, tra (presunta) modernità e tradizione, tra sviluppo e ambiente.

La cosa che più mi ha colpito leggendo quelle cronache è infatti stata la similitudine con tante altre cronache anche ben più recenti. I racconti sui carabinieri mandati dalla pianura a sorvegliare le preoccupate riunioni dei comitati valligiani o a espropriare con la forza i pascoli e i boschi necessari alla grande opera, o le testimonianze sui giornali democristiani o confindustriali che omettevano qualsiasi accenno ai pericoli del progetto ma pubblicavano continuamente paginoni per lodare l’ambizioso progetto fonte di sviluppo e di gloria nazionale, sono precisi identici ai racconti che trovate sui siti No Tav, che potete ascoltare da Venaus o dai presidi contro gli inceneritori, contro le discariche, contro la base americana, contro questa o quella infrastruttura decisa altrove per gli interessi di qualcun altro, e calata sulla testa di un territorio remoto dando per scontato che, in quanto remoto, esso abbia meno diritti di sopravvivere rispetto alla pianura, alla città, all’industria.

Naturalmente questo non vuol dire che tutte le grandi opere finiscano in tragedia o anche solo che siano tutte inutili e tutte esclusivamente finalizzate ad interessi economici privati; dimostra però come i meccanismi del potere siano sempre gli stessi, cioè una decisione presa in un palazzo da poche persone, sostenuta manipolando l’informazione, comprando a colpi di consulenze i dipendenti pubblici che dovrebbero vigilare e i tecnici universitari che dovrebbero valutare, e motivata pubblicamente con obiettivi di sviluppo, posti di lavoro e ricchezza, ma in realtà gestita badando soprattutto a massimizzare il profitto di chi la realizza, prima ancora delle ricadute positive per la collettività (qualora esistano).

Per questo mi ha fatto ancora più effetto vedere proprio in questi giorni su La Stampa – dopo la spaccatura del tavolo di discussione tra sindaci e governo – una serie di paginoni ancora sulla Tav, pieni di interviste al tecnico pro-Tav Virano (e se è tecnico vuol dire che è imparziale e degno di fiducia, no?), di sdegno di Chiamparino e Bresso, di illazioni sui fini elettorali della protesta, persino di aperte minacce del tipo “il PD non supporterà più le candidature dei sindaci No Tav” (nota: la SADE riuscì a superare l’opposizione locale alla costruzione della diga del Vajont quando acquistò a peso d’oro i terreni del sindaco di Erto, fino ad allora leader della protesta, dimostrando a chi resisteva che tutti erano in vendita).

In tutti questi paginoni, chili e chili di carta, La Stampa si è dimenticata di raccontare alcuni dettagli, per esempio che i rappresentanti dei sindaci della valle hanno lasciato il tavolo perchè Virano è andato a presentare all’Unione Europea un documento a nome anche loro che approvava il nuovo progetto della Tav, ma si era “dimenticato” di discuterlo con loro e di dirgli che semplicemente leggendolo lo stavano approvando. O che non sono i sindaci che hanno lasciato l’Osservatorio sulla Tav in un impeto di distruttività, ma lo stesso Virano che ha deciso di chiuderlo dimettendosi perché tanto i valligiani sono stati gabbati e il tavolo non serve più, badando bene però a rovesciare la frittata. Ma cosa volete che sia…

Per questo fa un po’ ridere vedere sullo stesso giornale un dibattito tra Meo e Mantellini (addirittura) sul tema “Internet, facendo circolare le informazioni, avrebbe potuto fermare Hitler?”. Sarà… vediamo se perlomeno Internet riuscirà a far circolare qualche informazione un po’ meno manipolata su ciò che succede nel giardino di casa nostra!

[tags]vajont, merlin, tav, no tav, la stampa, informazione, potere, grandi opere[/tags]

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7 commenti a “Potere e grandi opere”

  1. Otto:

    Quando vidi lo spettacolo di Paolini sul Vajont mi indignai furiosamente, cercai il libro che venne poi pubblicato (“Il libro del Vajont”) e lo lessi. Le mie reazioni furono simili a quelle che descrivi. Sull’onda dell’emozione comprai il libro di Tina Merlini e sebbene il libro di Paolini ne fosse una copia piu’ o meno conforme (del resto lo spettacolo e’ stato ispirato da questo libro) mi infuriai ancora di piu’.
    Sennonche’, anni dopi mi capito’ di notare un libro che parlava del Vajont in maniera diversa. Si tratta di “La storia del Vaiont raccontata dal geologo che ha scoperto la frana”. La lettura di quest’ultimo volume mi fece assai riflettere sulla vicenda e sulla qualita’ della sua esposizione mediatica in questi ultimi anni. Lo consiglio anche a te ed a quanti siano stati colpiti dal tuo (come spesso accade) interessante commento.

    Saluti.
    Otto

  2. D# AKA BlindWolf:

    @Otto: il bello del poter discutere è che si possono avere più punti di vista che si completano a vicenda su di un determinato argomento.

    Qui c’è una pacata critica al libro (il cui autore è il figlio di uno dei responsabili della diga) che citi: http://marcoconte.splinder.com/post/11234243/VAJONT+E+IDEOLOGIA

    Il problema, più che al drammatico caso specifico, è quello che vb ha fatto notare nel post: le dinamiche dell’imposizione sono sempre le stesse. Anzi, oggi sono ancora peggiori perchè in Parlamento siedono solo pochi gruppi e praticamente tutti schierati a favore di certe opere osteggiate dalla popolazione. Si potrà dire: “Beh, basta votare altri partiti, no?” Il problema è il “ricatto del voto utile”.

  3. vb:

    Che Semenza figlio (che peraltro, stando alla Merlin, fu uno dei periti che smentirono il padre e gli dissero che la situazione era pericolosa) voglia difendere la memoria del padre è soltanto normale; certo il fatto che le denunce della Merlin sulla probabile frana, pubblicate su l’Unità anni prima del disastro, si siano puntualmente avverate rende difficile ai geologi sostenere la tesi del “è tutto un complotto”. Nonostante questo, ci provano ancora.

    Ma forse – anche leggendo un po’ in rete in questi giorni – il problema che emerge è una generale, forte incomunicabilità: i geologi continuano a trattare la storia essenzialmente in termini tecnici, “c’era una frana, era fatta così o cosà? forse abbiamo sbagliato qui o là, però i protocolli usati all’epoca erano quelli, li abbiamo applicati, dunque eravamo a posto”. Ma tutto questo appare come senza cuore, freddo, insensibile, dunque ostile, a chi invece ha in mente le scene terribili dei disastrati. E’ vero che quel che la Merlin ripete continuamente come accusa, “ai geologi interessava solo dello stato della diga e del bacino”, i geologi lo rivendicano orgogliosamente: ai geologi interessa solo dello stato della diga e del bacino, il resto è competenza di altri dunque non interessa. Sono proprio due mondi, gli specialisti e le persone comuni, che su queste cose non si capiscono.

    P.S. Sulla Tav, invece, qualche giorno fa La Stampa è riuscita a pubblicare un fantastico articolo in cui un fantomatico giornalista inglese dal sospetto cognome “Elkan” (magari esistente, eh, certo che la coincidenza incuriosisce) sosteneva che da Londra dovrebbero tutti andare a sciare a Sauze d’Oulx perché è la località più facilmente raggiungibile in treno, meglio ancora che prendere l’aereo… naturalmente grazie al treno che attraversa le Alpi da Lione a Torino. E’ proprio questo tipo di “propaganda sottile”, basata su aneddoti e su fatti non visibilmente ricondotti alla discussione in corso, che sui media falsa i dibattiti sull’utilità delle grandi opere.

  4. FRANK:

    In queste vacanze mi sono dedicato alla lettura di Shock Economy di Namomi Klein (qui una recensione: http://www.anobii.com/books/01e95d6087a9f488e1/). IMHO vale la pena di leggerlo, anche in funzione superMegaGrandiMastodontiche Opere ifrastrutturali.
    FRANK

  5. Silvia:

    Virano, il tecnico pro-tav (che non è tanto tecnico quanto pro) finalmente ha tolto la maschera e mostra la sua vera faccia. Meglio che non prosegua questo commento.

  6. Tiziano Dal Farra, Udine:

    Ciao!!
    Vi piace leggere??
    Storie forti??

    Prego:

    (copia/incolla per i links, se non va altrimenti)

    http://punto-informatico.it/2088913/PI/News/denunciato-vajontorg-si-auto-oscura.aspx

    Cercalo in libreria, è l’unico su questo TEMA (la + grande STRAGE di MAFIA italiana):
    http://deastore.com/libro/vajont-l-onda-lunga-quarantacinque-anni-lucia-vastano-ponte-alle-grazie/9788879289702.html#top

    IL LIBRO

    Dell’onda alta duecento metri che la sera del 9 ottobre 1963 si abbatté su Longarone, Erto e Casso, Castellavazzo e altri comuni fra Veneto e Friuli, sappiamo quasi tutto [ma in realtà, del “dopo”, gli italiani non ne sanno proprio nulla…].
    Lucia Vastano prende le mosse da quella notte e in questo libro racconta cosa ne è stato delle tante persone che l’onda non uccise ma sconvolse per sempre, decimandone le famiglie, distruggendone le ragioni di vita, le tradizioni, i pochi beni.
    – Racconta della loro rabbia e del loro dolore, della loro speranza di giustizia continuamente delusa;
    – racconta le indecenti trame che grandi potentati industriali come piccole cricche del malaffare hanno ordito alle loro spalle, gestendo i colossali finanziamenti per la ricostruzione; racconta le complicità della politica locale e nazionale;
    – racconta le truffe ai danni della povera gente, indotta con le minacce o l’inganno a firmare tregue con l’enel in cambio di pochi spiccioli;
    – racconta degli attentati continui alla sensibilità dei sopravvissuti e alla corretta memoria storica della tragedia.
    Una tragedia che non è mai finita, una tragedia che è l’emblema di tutte le tragedie ecologiche e industriali, causate dall’avidità e dalla cecità dell’uomo. E di qualche approfittatore (M. Corona)

    Un GIUDIZIO:

    “Questo libro-inchiesta restituisce la parola alle vittime: i morti e i sopravvissuti; l’umanità ferita, traumatizzata, umiliata. Lucia Vastano racconta una storia di vinti, da mettere vicino a quelle scritte da Nuto Revelli. E, come quelle, a permanente monito contro i soprusi, l’arroganza, la violenza del potere.”
    (dalla prefazione di Paolo Cacciari)

    Petizione Vajont online: http://www.petitiononline.com/vajont05/

    Segnalo questo video all’indirizzo Le IENE/GOLIA: Vajont2007
    http://www.iene.mediaset.it/video/video_3818.shtml?flv

    Buon divertimento.

    Tiziano Dal Farra, UD.

  7. vb:

    Ho letto il libro della Vastano nei giorni successivi a questo post e in effetti merita anche quello: così come il “prima”, anche il “dopo” della tragedia è una perfetta summa di come funziona l’Italia.

 
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