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sabato 10 Febbraio 2007, 16:22

Sicurezza

Vi devo ancora raccontare quel che ci vuole per arrivare negli Stati Uniti, in termini di controlli.

A Parigi, i voli per gli Stati Uniti partono in un terminal apposito, costruito in fretta e furia fuori dai sei principali, in un angolo del piazzale; nominalmente è un pezzo del terminal 2E, ma in realtà è isolato dal resto dell’aeroporto e ci si arriva solo con una navetta. L’autobus ti scarica davanti a un ingresso, dove, per prima cosa, ti controllano biglietto e passaporto; quindi ti fanno uno screening di sicurezza, in cui, oltre a toglierti giacca e giaccone, cintura, orologio, e ad estrarre portatile e macchina fotografica dalle borse, ti fanno togliere anche le scarpe.

Si attraversa poi il terminal e si arriva al gate, dove, all’imbarco, c’è un ulteriore controllo di biglietto e passaporto; a quel punto, io sono stato “casualmente” selezionato per un ulteriore controllo, in cui mi hanno perquisito e scansionato con un metal detector a mano, mi hanno fatto riaprire minuziosamente tutte le borse, togliendo l’intero contenuto, e mi hanno fatto accendere la macchina fotografica per controllare che fosse vera.

In volo, ti vengono consegnati due moduli da riempire minuziosamente: uno, quello verde, è per il visto (o meglio, l’esenzione dal visto) ed è quello che contiene le famose domande come “sei mai stato nazista?” o “vieni negli USA per spacciare droga?”. Ti avvertono anche che, se barrerai anche solo un sì, potrebbe venirti negato l’ingresso nel paese. L’altro, quello azzurrino, è per la dogana, dove si devono dichiarare eventuali beni per importazione o grandi quantità di valuta.

Atterrati a Filadelfia, poi, per prima cosa si incontra un nuovo controllo passaporti, dove va consegnato il modulo verde; l’impiegato ti chiede perchè vuoi entrare negli USA (a quel punto, devo dire, cominci a chiedertelo anche tu), quanto resterai, dove starai e così via, oltre a richiederti di vedere il biglietto di ritorno (la stampa della ricevuta se elettronico: è bene non dimenticarsene una). Non capire le domande fa pessima impressione; comunque, non è previsto l’uso di altre lingue oltre all’inglese.

Dopodichè, anche nel caso in cui, come me, abbiate un volo in coincidenza e la valigia sia già registrata fino alla destinazione finale, dovete lo stesso recarvi al ricevimento bagagli e prelevarla; difatti, dovete passare con essa la dogana. Lì incontrate prima uno sbarramento iniziale in cui vi chiedono da dove venite; apprendendo che siete italiano, l’ufficiale comincia a dirvi: “Pruvulù? Muusarell?” Dopodichè, stupendovi che non capiate, comincerà a dubitare che siate italiani sul serio. Se riuscite a passare, dovrete fare una coda fino al punto in cui un dipendente delle dogane annoiato vi prenderà di mano l’altro modulo, vi chiederà se siete proprio sicuri di non avere in valigia delle mozzarelle non autorizzate (il contrabbando internazionale di latticini è un reato terribile) e vi lascerà andare.

A questo punto, trovate un banco del check-in, dove vi chiederanno nuovamente biglietto e passaporto, e poi vi ritireranno la valigia per la destinazione finale, facendovi il check-in per il prossimo volo interno (dall’Europa, non sapendo se la dogana vi lascerà davvero passare, non ve lo fanno).

Dovendo poi prendere un altro volo, dovete poi passare un ulteriore controllo di sicurezza: persone di ogni colore – è la fila riservata all’arrivo degli internazionali e per i cittadini non americani – in una fila infinita e pigiata tra barriere metalliche, in cui un paio di omoni bianchi con il manganello in mano si mettono a urlare alla folla a intervalli regolari, sempre solo in inglese: “State in fila! Non spingete! Tirate fuori gli oggetti metallici! Non usate il telefonino! Non fate fotografie! Estraete i computer dalla borsa! Preparatevi a togliervi le scarpe!”. Dopo venti minuti di coda in un clima da lager, potete finalmente togliervi di nuovo cintura, orologio e scarpe, nonchè giacca e giaccone, e infilare tutto nella macchina a raggi X.

Insomma, passa veramente la voglia di andare in un posto dove chiaramente hanno proprio voglia di accoglierti. Ma per completare il quadretto vi devo ancora raccontare il mio controllo di sicurezza all’aeroporto di New Haven, quello grande come una fermata dell’autobus.

Il mio passaporto, come tutti quelli italiani, ha una data di scadenza nel 2005, ma è stato prorogato al 2010 mediante una scritta in terza pagina (l’Italia voleva risparmiare sui nuovi passaporti). Pretendere che una signora americana – di quelle signore americane di provincia, paciose e sopra i 150 chili – lo capisca è eccessivo; ma lei (la signora del banco check-in numero 1, cioè l’unico) almeno l’ha chiesto, e io gliel’ho fatto vedere.

Dopodichè, passo al controllo di sicurezza (due metri più in là), porgo il passaporto, e la signora – stavolta magra e in tiro – si irrigidisce. Non mi dice niente, ma fa la cosa peggiore possibile: prende il nastro mobile, di quelli che si tirano da una palina all’altra per delimitare le corsie, e me lo passa davanti per bloccarmi il passaggio. Poi se ne va più dentro, per parlottare con un collega. Ok, io ho capito di cosa parlano; per cui, quando torna e finalmente mi dice “devo controllare una cosa con la compagnia aerea” (cioè la signora grassa due metri dietro di me), io rispondo “ma guardi che è stato prorog…”. Lei, senza fermarsi a sentire tutta la risposta, mi fulmina con gli occhi, come a dire “CHI TI HA AUTORIZZATO A PARLARE?”.

Insomma, fa i due metri, la signora grassa e gentile le fa vedere col ditone dov’è che è segnata la proroga, lei torna e mi fa passare (al metal detector, dove tolgo cintura, orologio e scarpe ecc.). Mentre passo, il collega con cui aveva parlottato, come se io non ci fossi, le fa il seguente discorso, testuale: “Certo che non ci fanno abbastanza formazione: perchè noi come facciamo a sapere se uno è un terrorista? Voglio dire, se uno arriva da quei posti tipo Siria, Libano, allora capiamo subito che probabilmente è un terrorista; ma ci dovrebbero dire quali sono gli altri paesi da cui vengono i terroristi, perchè se vedo questi passaporti stranieri, tipo Italia o Germania, io come faccio a sapere se sono paesi di terroristi o no?”.

Rabbrividiamo.

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8 commenti a “Sicurezza”

  1. Mir:

    Mi chiedo come faccia l’americano medio a essere cosi’ imbecille. Mi chiedo come faccia a andare a crepare in Iraq pensando che “sia la cosa giusta e che lo vuole Dio e che serve ad arginare I CATTIVI”; li arpionano nei ghetti, gli arruolatori, come le puttane che adescano i clienti.
    Anche cosi’ si risolve il problema dell’emarginazione, delle sacche di poverta’ e della delinquenza, e poi in fondo gli danno un “lavoro” dove possono far fruttare al massimo tutta la loro violenza repressa, ammazzando “per errore” gli sfigati come loro, pero’ irakeni.
    Ogni volta che sento certe cose sono colto da stupore. Ma poi, guardando il livello degli stimoli allo sviluppo intellettuale dei nostri giovani italiani mi rassicuro e mi ripeto che tempo 10 o 15 anni saremo anche noi perfettamente allineati.
    (As fat as) Pigs in a cage of antibiothics..
    Devo star calmo

  2. Nya:

    Credo che farò il primo viaggio negli USA dopo che mi avranno sostituito al valvola mitrale con una protesi metallica.
    Sarà lollissimo avere il certificato per dimostrare di avere parti metalliche impiantate ( e quindi suonare sottto il metal detector)

    Mi farò aiutare dai parenti americani per ste pratiche!

  3. bubu:

    beh consolati col dessert…alla fine il governo americano ti ha schedato, ma non sai come :)

  4. vb:

    Mi sono dimenticato di dire che già a Torino, facendo il check-in alla macchinetta automatica, mi hanno chiesto tutti i miei dati personali, nonchè il mio indirizzo in America; l’Europa ha calato le brache e ha firmato accordi per cui tutti questi dati vengono passati al governo americano, senza alcuna garanzia di privacy e prima ancora che tu parta, in modo che possano decidere in anticipo quanto trattenerti e come trattarti quando ti presenti al confine… (Il governo americano disse: o fate così, o vietiamo alle linee aeree europee di atterrare in America!)

  5. Mousse:

    E poi mi si chiede perchè ce l’ho con gli americani…

    Più che altro mi chiedo se gli scemi sono loro o noi del resto del mondo, dato che gli USA sono l’unica superpotenza occidentale rimasta….

    E’ paradossale l’idea che i terroristi vengono SOLO da alcuni paesi e NON da altri… Ed è altrettanto paradossale che guardino con sospetto uno che malauguratametne ha il passaporto scaduto: come se un terrorista che viene da chissà dove per fare un attentato fosse così scemo da farsi beccare coi documenti irregolari all’aeroporto!

  6. BlindWolf:

    Ringrazia che non ti hanno fatto un’analisi forense sul portatile:
    http://punto-informatico.it/p.aspx?id=1719766

  7. D.:

    Non vorrei dire stupidaggini, ma credo che il terminale 2E sia separato semplicemente perche’….l’originale e’ crollato…
    D.

  8. vb:

    Sì, l’originale è crollato, ma la separazione è per motivi di sicurezza (tutti gli altri internazionali a grande distanza partono di norma dal 2C, se non ricordo male).

 
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