Sport per disabili
Mettere in dubbio le certezze del politicamente corretto fa parte della missione dei blog: e quindi, vi devo confessare i dubbi che mi pervadono ogni volta che si parla di competizioni per atleti disabili, a partire dal caso Pistorius, un capolavoro del peggiore buonismo. Ci sono in verità anche storie meravigliose come quella di Alex Zanardi, una persona eccezionale non tanto per quello che ha fatto, ma per quello che gli sentite dire quando lo intervistano; si tratta di persone che raggiungono un rapporto sereno con la propria disabilità e riescono ad integrarla a livello sportivo, ma in una attività sportiva insieme ai normodotati.
Così non è, purtroppo, per le Paralimpiadi e per eventi consimili, dove pare che si piazzino persone disabili a fare alla bell’e meglio uno sport qualsiasi, tanto per dargli un contentino; io non riesco a non vederle come una forma di pietismo che serve essenzialmente ai normodotati per sentirsi più buoni. Poi, se per i disabili che vi partecipano rappresentano un momento di svago e di gioia, allora è giusto farle; però allora eviterei di trasformarle in una brutta imitazione delle Olimpiadi, ed eliminerei decisamente l’aspetto mediatico e professionalmente competitivo.
Scrivo tutto questo perché ieri sera al TGR Piemonte, al termine di un servizio su un meeting internazionale di nuoto tenutosi nella ridente cittadina di Mondovì, il giornalista ha aggiunto: “E da domani, si terranno nella stessa piscina i campionati paralimpici di nuoto.” Io mi sono fermato un attimo a pensare, e mi son chiesto come possa funzionare una gara di nuoto per paraplegici. L’ipotesi che ho fatto è troppo scorretta per scriverla; al massimo ve la dico in chat. Se però qualcuno ha delle idee, può comunque esporle nei commenti.
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