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domenica 20 Aprile 2008, 19:26

Sport per disabili

Mettere in dubbio le certezze del politicamente corretto fa parte della missione dei blog: e quindi, vi devo confessare i dubbi che mi pervadono ogni volta che si parla di competizioni per atleti disabili, a partire dal caso Pistorius, un capolavoro del peggiore buonismo. Ci sono in verità anche storie meravigliose come quella di Alex Zanardi, una persona eccezionale non tanto per quello che ha fatto, ma per quello che gli sentite dire quando lo intervistano; si tratta di persone che raggiungono un rapporto sereno con la propria disabilità e riescono ad integrarla a livello sportivo, ma in una attività sportiva insieme ai normodotati.

Così non è, purtroppo, per le Paralimpiadi e per eventi consimili, dove pare che si piazzino persone disabili a fare alla bell’e meglio uno sport qualsiasi, tanto per dargli un contentino; io non riesco a non vederle come una forma di pietismo che serve essenzialmente ai normodotati per sentirsi più buoni. Poi, se per i disabili che vi partecipano rappresentano un momento di svago e di gioia, allora è giusto farle; però allora eviterei di trasformarle in una brutta imitazione delle Olimpiadi, ed eliminerei decisamente l’aspetto mediatico e professionalmente competitivo.

Scrivo tutto questo perché ieri sera al TGR Piemonte, al termine di un servizio su un meeting internazionale di nuoto tenutosi nella ridente cittadina di Mondovì, il giornalista ha aggiunto: “E da domani, si terranno nella stessa piscina i campionati paralimpici di nuoto.” Io mi sono fermato un attimo a pensare, e mi son chiesto come possa funzionare una gara di nuoto per paraplegici. L’ipotesi che ho fatto è troppo scorretta per scriverla; al massimo ve la dico in chat. Se però qualcuno ha delle idee, può comunque esporle nei commenti.
[tags]sport, paralimpiadi, disabili[/tags]

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10 commenti a “Sport per disabili”

  1. D# AKA BlindWolf:

    Il caso Pastorius è senza dubbio controverso: delle protesi high-tech possono benissimo essere più efficaci di ossa e legamenti, ma in mancanza di dati precisi non prendo una posizione pro o contro l’atleta sudafricano.

    Quello che mi preme farti notare è che la definizione vera di sport forse si avvicina di più alla pratica agonistica dei disabili che a quella dei normodotati, ormai ridotti sempre di più allo show-business che al vero spirito sportivo.
    Sulla competizione non vedo cosa ci sia di male.
    Sull’aspetto mediatico, dipende. I media possono fare informazione come possono fare sensazionalismo: il primo caso va bene, il secondo no.

    Inoltre esistono sport appositamente creati per i disabili (per esempio il torball; un altro sport per non vedenti è in fase di studio qui a Torino).

  2. MCP:

    Ehm, Pistorius. Pastorius era un famoso bassista :P

  3. .mau.:

    mica sono solo i tetraplegici ad essere handicappati (odio la formula “diversamente abili”)! Di per sé, se ad esempio hai le gambe paralizzate forse hai bisogno di un galleggiante, sicuramente di braccia farai una fatica boia, ma puoi nuotare per 50 metri.

  4. D# AKA BlindWolf:

    *argh* Pistorius, hai ragione.

    Comunque ci sono gare di nuoto anche per persone con tutti i 4 arti amputati.

  5. Alberto:

    Mi sono sempre domandato perché noi ominicchi normodotati ci copriamo di ridicolo cercando di sguazzare goffamente e pietosamente in una piscina, per poi magari esultare per essere riusciti a percorrere 100 metri in 47 secondi, cosa che il più scarso dei delfini riuscirebbe a fare portando un bicchiere di cocktail sulla schiena senza versare nemmeno una goccia. E per queste pietose esibizioni attribuiamo anche medaglie e riconoscimenti… Che pena…

  6. Lollo:

    Io sono sinceramente d’accordo con chi pensa che il vero significato di “sport”, almeno a livello agonistico (anzi, “paragonistico”), sia quello che fanno i disabili. Non credo che ci siano dietro grandi interessi economici, nè nuvole di ambizione personale, e mi sento di poter affermare, pur essendo totalmente estraneo a quel mondo, che è pure esente da doping!

    Lo fanno per reagire, per vivere, per non restare a fare le ragnatele ed ingrassare su quattro ruote (nemmeno motrici, tra l’altro), ed è l’unica reazione possibile. Per questo mi piace tanto l’idea che esistano così tanti sport per disabili, e vedere che sia i praticanti che le attività moltiplicarsi e acquisire visibilità è una cosa che dovrebbe dare speranza, invece che storcere il naso.

    Tra l’altro penso che l’organizzare gare a livello agonistico di sempre più ampio respiro, sia semplicemente un mezzo per dare sempre uno stimolo in più, per continuare a muoversi e migliorare. Penso che sia fondamentale, visto che il rischio di lasciarsi andare e rinunciare sia molto più alto.

    Per quanto riguarda il nuoto: chiunque può provare a nuotare a rana, ad esempio, tenendo ferme le gambe usando solo le braccia, o viceversa.

  7. vb:

    Ops :-x E’ che il Linus che leggevo nella mia infanzia faceva pagine e pagine di articoli su tali Jaco Pastorius, Thelonious Monk e altri nomi così: non ho mai sentito una nota di questa gente, ma i nomi mi sono rimasti impresi indelebilmente.

    Comunque ripeto: se sono attività sportive pensate per i disabili e che a loro fanno piacere, ben vengano. Però sull’aspetto competitivo spinto resto perplesso, nel senso che l’idea di una “nazionale italiana di nuoto per disabili” mi sembra accentuare la loro condizione di diversi: mica c’è la “nazionale italiana di nuoto per operai” e la “nazionale italiana di nuoto per grassi”, e allora farla per i disabili mi sembra un modo per evidenziare la loro diversità.

  8. Lollo:

    Beh, certo che sono diversi. Non nascondiamoci noi, visto che non si nascondono loro: si sta parlando di sport, cioè di attività fisica, e quindi in questo campo SONO DIVERSI a tutti gli effetti da chi invece può utilizzare tutti e quattro gli arti al 100% delle loro potenzialità.

    Per questo non ha senso fare le gare SPORTIVE separate per operai, perchè la professione non influisce sulla capacità fisica. Per quanto riguarda i grassi, per esempio il pugilato prevede un gran numero di classificazioni a seconda dei pesi, proprio per sopperire alle differenze fisiche (che in uno sport di lotta influiscono parecchio) e dar modo ai praticanti di scontrarsi con avversari “omologhi”.
    E tutte le categorie giovanili di tutti gli sport, si basano sullo stesso principio.

  9. D# AKA BlindWolf:

    (Non dirmi che non hai mai sentito “Blue Monk”?)

    Citando Gramellini (a proposito delle polemiche sul raccattapalle Down della Lazio): la vera discriminazione è il voler mettere per forza l’handicappato dove non ne ha le capacità. In quel caso da un lato si vedrebbe il gap che lo separa dal normodotato, dall’altro avremmo tolto un posto ad un normodotato che ne avrebbe avuto le capacità.

    La “nazionale per disabili” non discrimina perchè difficilmente un disabile può competere con un normodotato. Il grasso può dimagrire, l’operaio può diventare un atleta professionista, il disabile praticamente non può ritornare alla normalità.

    Altre osservazioni:
    * è libertà del disabile fare sport a livello amatoriale o agonistico (o addirittura professionistico). Non oso immaginare la risposta di un atleta professionista disabile se tu gli dicessi: “Non devi fare le gare perchè aumenta la tua discriminazione”.
    * in qualche raro caso una disabilità non inficia la prestazione spostiva (se ricordo bene una donna arciere italiana paraplegica è riuscita a partecipare alle Olimpiadi)
    * non esisteranno le nazionali per obesi ed operai, ma per universitari ed under XX / over YY sì
    * esistono anche le Olimpiadi dei gay, ma questo è un altro discorso (Greg Louganis vinceva a mani basse anche quelle ordinarie)

    Se ami i manga la lettura suggerita è Real sul basket in carrozzina di Takehiko Inoue (sì: lo stesso autore del celeberrimo Slam Dunk).

  10. Roberto "Fox" Mancin:

    D# AKA BlindWolf il 21 Aprile 2008, 18:01 ha scritto:

    >il disabile praticamente non può ritornare alla normalità.

    Scusa se mi intrometto ma in quanto atleta invalido civile mi sento chiamato in causa.

    Quando un atleta puo’ essere definito normale? Quando non e’ diversamente abile, potrebbe essere una risposta. A me invece pare che ogni atleta sia diversamente abile: alcuni sono piu’ veloci e forti, altri piu’ lenti e deboli ma ‘medioman’ non l’ho mai incontrato in una gara.

    Riguardo al testo e’ raro leggere un commento ‘non buonista’ sui ‘poveri atleti disabili” scritto da una persona temporanente abile. Complimenti per il coraggio.

    Molto bella la frase “Alex Zanardi, una persona eccezionale non tanto per quello che ha fatto, ma per quello che gli sentite dire quando lo intervistano; si tratta di persone che raggiungono un rapporto sereno con la propria disabilità e riescono ad integrarla a livello sportivo, ma in una attività sportiva insieme ai normodotati.

    Lo sport che pratico e’ l’apnea agonistica.

    Nelle gare di apnea dinamica l’atleta deve nuotare sul fondo della vasca usando una monopinna, per cui atleti con una gamba non subiscono alcun handicap, in quelle di statica dovendo l’atleta minimizzamdo il metabolismo massimizzare la durata dell’apnea e gambe, braccia, vista e l’udito non servono.

    N.B. Nelle gare di apnea non c’e’ dopping e l’importante e’ ancor partecipare

    Per maggiori info su Apnea Agonistica e disabilita’:
    http://it.youtube.com/watch?v=8XQZxpfCCok

 
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