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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


sabato 27 Novembre 2010, 19:40

Nuovi fatti contro il Tav

Oggi, a Chiomonte, per la seconda volta il presidio No Tav sequestrato dalla magistratura è stato rioccupato, riaprendo il cantiere per finire i lavori. L’inverno si avvicina, e bisogna finire il tetto… In parallelo, la discussione è arrivata nelle stanze del consiglio comunale. Ma invece di concentrarmi solo sulla diatriba mediatica, io vorrei citare una serie di fatti che i media non riportano.

Per quanto riguarda il traffico, sono usciti da poco i dati Alpinfo 2009 – Alpinfo è l’osservatorio sul traffico alpino gestito dalla Svizzera – e sono clamorosi: il traffico automobilistico attraverso il Frejus è calato del 20%, da 12.2 a 10.2 milioni di tonnellate, ma il traffico ferroviario sulla stessa tratta (nella tabella è alla riga “Mont-Cenis”) si è praticamente dimezzato in un anno: da 4.6 a 2.4 milioni di tonnellate. In dieci anni si è ridotto a poco più di un quarto (nel 2000 peraltro, come ricorderete, il Monte Bianco era chiuso in seguito a un drammatico incidente).

Ricordiamo che la capacità dell’attuale linea ferroviaria attraverso il Frejus è di 20 milioni di tonnellate di merce all’anno: anche se per magia tutto il traffico automobilistico venisse spostato su ferro (per quanto i dati dimostrino che la tendenza è se mai opposta) la linea sarebbe piena per poco più di metà…

Ma ci sono altre notizie delle ultime settimane che sono passate abbastanza sotto silenzio. Per esempio, un paio di settimane fa a Bologna gli scavi della stazione sotterranea della TAV, situata in piena zona abitata al di là dell’attuale stazione ferroviaria, hanno provocato l’ennesima voragine. Il terreno è instabile; questa volta sono stati fortunati e la voragine si è aperta in un piazzale, ma venti metri più in là ci sono le fondamenta delle case, che già più volte in questi anni sono state lesionate. Ci sono persone con il salotto o la camera da letto puntellata e transennata e con la casa che rischia di crollare; ma queste cose ovviamente passano sotto silenzio.

Non sarà diversa la situazione a Firenze, in cui dovrebbe essere costruita un’altra galleria di “sottoattraversamento” della TAV in una zona dove le falde acquifere sono a pochi metri dalla superficie: e infatti già con i lavori preparatori ci sono stati danni alle case. Il rischio è che le strutture del tunnel, che scorrerà trasversalmente alle falde e al flusso del Mugnone, facciano da diga, provocando scompensi alle fondamenta di tutta la città, compreso il centro storico. Se non ci credete, basta guardare lo scandalo tutto torinese della Falchera allagata: da quando è stato costruito il ben più piccolo tunnel del tram 4, le acque nel sottosuolo non defluiscono più ed emergono allagando le case. Immaginate una cosa del genere, ma dieci volte più grossa.

Insomma, questi scavi faraonici creano danni e problemi altrettanto faraonici; uno potrebbe ancora capirli se ci fosse una effettiva e pressante necessità, se dall’altra parte ci fossero strade e ferrovie intasate, inquinamento a livelli record, e non ci fossero alternative. Ma del Frejus abbiamo già detto; per Firenze, ad esempio, esiste un progetto alternativo in superficie che costa un ottavo e risolve il problema con meno sforzi e senza rischi. Forse il problema è proprio questo.

[tags]no tav, ferrovie, appalti, sprechi, valsusa, torino-lione, frejus, firenze, bologna[/tags]

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giovedì 25 Novembre 2010, 16:44

Lo sviluppo di carta

Che uno dei problemi dell’Italia sia il suo modello di sviluppo lo diciamo da anni: con la testa l’Italia è in vari strati sociali ancora un paese fermo agli anni ’60, con l’idea della grande fabbrica o della grande azienda (magari parastatale) che ti dà il posto fisso per tutta la vita, con avanzamenti legati solo all’anzianità e quasi indipendenti dalla situazione economica generale.

L’illusione che si possa creare lavoro per decreto legge riaffiora continuamente in moltissime lotte sindacali, che, invece di guardare a uno sviluppo vero e sostenibile e di chiedere che lo Stato assista la riconversione dei lavoratori verso qualcosa di utile, si limitano spesso a chiedere l’aprioristico “mantenimento dei posti di lavoro”, anche se sono posti di lavoro dove ormai si scavano buche di giorno per riempirle di notte, magari nel contempo inquinando pure l’ambiente circostante.

E’ proprio da questa mentalità, però, che si è evoluta una moda tutta italiana: quella di creare effettivamente dei posti di lavoro per decreto legge. Come inquadrare altrimenti la vicenda del decreto legislativo approvato lunedì dal Consiglio dei Ministri, che dice che la complicata operazione di attaccare alla vostra presa del telefono la spina di una qualsiasi vostra apparecchiatura dati (ad esempio un router ADSL) deve per forza essere fatta da un operatore autorizzato iscritto all’apposito albo, pena una multa di minimo 15.000 euro?

Stefano Quintarelli spiega bene tutta la vicenda, insieme a quella altrettanto penosa del registro obbligatorio per le web TV, con relativa tassa di iscrizione, che pure appare essersi un po’ depotenziata dopo le proteste delle scorse settimane (sarà riservata solo a chi ne fa un vero business).

Quella degli attaccatori di spina del router è solo l’evoluzione della già esistente casta degli attaccatori di spina del telefono, prevista da un decreto del 1992, che però almeno conteneva una esenzione per i normali telefoni casalinghi. Viene introdotta dal governo con il pretesto di ricevere la direttiva europea 2008/63/CE, che però – basta leggere le premesse in essa elencate – aveva esattamente lo scopo opposto, cioé quello di eliminare questo genere di vincoli alla concorrenza; con un capolavoro di cavillazione, l’Italia è riuscita a usarla a rovescio.

Le conseguenze di questo approccio – naturalmente presentato come una forma di “difesa del consumatore” dai pericolosi attaccatori di spina del telefono non qualificati e abusivi – sono sempre le stesse: la nascita di una categoria di persone che talvolta non sanno nemmeno bene cosa fanno, ma che hanno “il patentino”, alle volte ottenuto tramite un corso di formazione pesantemente sovvenzionato con soldi pubblici e realizzato alla bell’e meglio da qualche cooperativa bianca o rossa, e che solo per questo ti possono chiedere 100 euro per attaccare una spina del telefono – tanto non puoi fartelo da solo, né chiamare qualcuno che non faccia parte del cartello.

Queste idee non sono nuove – ricordo molti anni fa un tentativo di imporre per decreto l’obbligo, in caso di guasto, di far aprire il cofano della macchina solo da meccanici qualificati; mentre risale all’anno scorso l’istituzione dell’albo dei buttafuori da discoteca – e spesso finiscono per essere disattese per forza di cose, salvo poi venire usate per appioppare multe quando fa comodo o quando serve far cassa.

Quello che spesso non si realizza è quanto tutto ciò costi alla collettività, in termini di spese inutili per le famiglie e per le aziende, in termini di mancate opportunità di innovazione, e in termini di mancata risoluzione dei problemi. Per fare un altro esempio, come si è affrontato in Italia il problema della sicurezza sul lavoro? Si è istituito l’obbligo di nominare un responsabile della sicurezza “col patentino”, il quale è l’unico autorizzato a firmare un tomo di cento pagine che stabilisce come ci si dovrebbe comportare in azienda per essere sicuri; in pratica, c’è gente che di mestiere fa copia e incolla di questi tomi, cerca e sostituisce il nome dell’azienda, firma e te lo dà a caro prezzo, perché da solo non potresti fartelo.

La sicurezza nei fatti non è aumentata di un millimetro, ma l’azienda ha speso qualche centinaio di euro per produrre un pezzo di carta: è l’aumento del PIL all’italiana.

[tags]italia, economia, lavoro, sicurezza, router, telefoni, albi professionali, oligopolio[/tags]

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mercoledì 24 Novembre 2010, 16:42

Prima linea

Gli studenti oggi sono quasi riusciti a sfondare e fare irruzione al Senato: si sono fermati solo sulla soglia.

[tags]studenti, protesta, senato, roma, palazzo madama, scontri[/tags]

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mercoledì 24 Novembre 2010, 10:54

Le grandi fonti de La Stampa

Per illustrare il ritrovamento di un edificio romano ad Avigliana, usa la mappa delle Gallie di Asterix.

ss-lastampa-asterix-544.png

[tags]la stampa, informazione, fonti, avigliana, asterix[/tags]

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martedì 16 Novembre 2010, 18:32

Se Youtube ci cancella

Mi ha molto colpito una notizia che ancora non è arrivata sui grandi media e sospetto che non ci arriverà mai, e che è uscita soltanto qui. In pratica, nella notte dell’11 novembre, Youtube (cioè Google) avrebbe effettuato un vero e proprio “crackdown” sui video che contenevano spezzoni di trasmissioni Mediaset, su richiesta della stessa. Non solo tutti questi video sarebbero stati rimossi, ma molti degli account ad essi associati sarebbero stati chiusi, rimuovendo tutti i loro video.

A prima vista uno potrebbe dire “chi se ne frega”: non esiste un diritto costituzionale a riprodurre spezzoni di Grande Fratello su Youtube. Leggendo in giro, però, si trovano racconti di situazioni ben diverse: l’eliminazione avrebbe riguardato anche spezzoni di telegiornali utilizzati in base al diritto di cronaca che la legge italiana comunque tutela, per informare o per commentare il taglio editoriale del telegiornale stesso. L’eliminazione avrebbe riguardato anche video che Mediaset stessa, anni fa, aveva messo liberamente a disposizione degli utenti per lo scaricamento dai suoi siti (non si sa con quale licenza).

Ma il problema più grave si verifica per chi magari aveva un solo video contenente estratti da trasmissioni Mediaset, ma si è visto chiudere l’account, eliminando decine e decine di video autoprodotti perfettamente legittimi. E’ il caso dei Powerillusi, una delle storiche band indipendenti di Torino, il cui canale è stato completamente cancellato senza preavviso. Anche disponendo di una copia di riserva del materiale, il danno è enorme: oltre alle giornate perse per caricare il materiale, i filmati spesso sono linkati ed embeddati in centinaia di siti, nei quali non risulteranno più disponibili.

Google è legalmente obbligata a rimuovere da Youtube i filmati che violano il copyright di qualcuno, se questo glielo segnala; e capisco la difficoltà di una azienda a cui Mediaset ha già chiesto 500 milioni di euro di danni. Tuttavia, non sono affatto obbligati ad andare oltre; quella di inserire nei termini del servizio una clausola che permette di chiudere l’account dopo un certo numero di segnalazioni è una loro precisa scelta politica, come lo è quella di avvalersene a tappeto come appena accaduto, senza riguardo per la libertà di comunicazione dei loro utenti, magari solo per risparmiarsi il tempo e il costo di fare un lavoro di fino. Esiste una procedura di appello; vedremo se funziona. Resta il fatto che, nel dubbio, Youtube preferisce schierarsi dalla parte dei grandi media invece che da quella dei suoi utenti, abbondando con l’eliminazione preventiva.

Vi è dunque un chiaro problema, specialmente per noi che usiamo la rete per controinformare: possiamo fidarci di Youtube? Chi ci garantisce che domani mattina tutti i video di Tony Troja non spariranno di botto, visto che sicuramente ce n’è almeno uno con dentro qualche secondo di trasmissione Mediaset? Il problema non riguarda solo Youtube; anche Facebook rimuove note e video su segnalazione, senza andare tanto per il sottile.

Gli amanti del libero mercato rispondono che sono fatti nostri; se non ci piacciono le condizioni di Youtube o di Facebook abbiamo solo da usare qualcos’altro. Eppure queste sono piattaforme che rappresentano quasi un monopolio, un elemento informativo fondamentale della rete. A me va benissimo che loro siano obbligati a rimuovere il materiale protetto da copyright, però vorrei anche che fossero obbligati a non rimuovere il materiale che non viola un bel niente. Se ci sono dubbi, che le parti vadano da un giudice che stabilirà se il contenuto è legale o meno. Ma non trovo accettabile che la censura del nostro materiale sia affidata a un operatore di call center o peggio ancora a un bot automatico. Costa? Cavoli loro, fa parte del servizio che devono offrire.

Perché se no si comportano come il direttore di un giornale che, quando un suo editorialista si becca una denuncia, non solo rettifica l’articolo, ma lo licenzia in tronco e cancella dagli archivi tutti gli articoli che ha scritto. E allora non mi vengano a dire che Google non è un editore.

[tags]google, youtube, facebook, mediaset, libertà di espressione, copyright, contenuti, censura, informazione libera, powerillusi, tony troja, internet governance[/tags]

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lunedì 15 Novembre 2010, 19:47

Meno clic e più welfare

Della vicenda di Paola Caruso, giornalista precaria del Corriere della Sera che ha iniziato lo sciopero della fame e della sete per farsi assumere, hanno parlato un po’ tutti in questi giorni. Lei stessa spiega così la sua situazione: “da 7 anni lavoro per il Corriere e dal 2007 sono una co.co.co. annuale… Aspetto da tempo un contratto migliore… La scorsa settimana si è liberato un posto… Ho pensato: “Ecco la mia occasioneâ€. Neanche per sogno. Il posto è andato a un pivello della scuola di giornalismo”. E’ la storia di tanti italiani precari tra i venti e i quarant’anni, e infatti sul momento c’è stata un’ondata di simpatia e di clic su “Mi piace”, e la sua iniziativa è stata promossa da Macchianera e rilanciata dai maggiori blog italiani, da Gilioli a Mantellini. Poi però sono cominciate le critiche – le meglio argomentate che ho trovato sono questa e questa.

Trovo ragionevole quasi tutto quel che è stato detto, da una parte e dall’altra. E’ vero che le aspettative della signora Caruso sono quantomeno irrealistiche: il Corriere della Sera, come tutti i quotidiani cartacei, è in stato di crisi e fa fatica a pagare gli stipendi, figuriamoci a regolarizzare i precari; anche a me magari piacerebbe fare l’astronauta assunto a tempo indeterminato, ma di questi tempi non conosco nessuno che assuma astronauti; e l’argomento per cui “sono in coda da sette anni dunque ora tocca a me” è una cosa che proprio non condivido, dato che molte delle disgrazie italiane derivano proprio dall’idea che non conti il merito ma lo “stare in coda”; concetti come “si è liberato un posto” (indipendentemente da requisiti, mansioni, capacità necessarie ecc.) ricordano più le corti dei feudatari, che fanno e disfanno le fortune dei sudditi, che una società moderna; il fatto di essere rimasti lì fermi per sette anni, invece che trovarsi nuove attività e condizioni migliori da soli, secondo me è un demerito e non un merito; infatti, tanta gente nella stessa situazione ha semplicemente aguzzato l’ingegno e si è sbattuta fino a venirne fuori; ed è pure vero che la gara alla protesta più clamorosa non mi piace, se no finiremo a dare il lavoro a chi grida più forte.

Però… c’è anche il però. Però non si può pensare che una persona che lavora da sette anni, anche non fosse così brillante da meritare un contratto principesco, possa restare all’infinito senza alcuna certezza. E non si può pensare che le difficoltà di un intero settore vengano scaricate soltanto su alcuni, sui più giovani e deboli, mentre magari a fianco c’è la grande firma che prende migliaia di euro al mese ma si rifiuta di adattare il suo pezzo per la versione Web o di leggere i commenti dei lettori perché “da contratto non sta tra le mie mansioni” (pensate voi all’equivalente sul vostro posto di lavoro).

Dunque è sbagliato pensare di affrontare questa questione guardando il caso singolo, ed è invece necessario guardarla a livello di sistema. Per quanto pochi soldi ci siano nella nostra economia, non è accettabile che essi siano distribuiti in maniera totalmente iniqua, garantendo a certe professioni, generazioni e classi delle garanzie che spesso sconfinano nel privilegio, e costringendo gli altri ad accettare qualsiasi trattamento pur di lavorare. Mi spiace che tante persone reagiscano con “zitta e lavora”: certo, in Italia dobbiamo lavorare meglio e di più, dobbiamo rimboccarci le maniche per ricostruire un Paese, ma prima dobbiamo essere sicuri che lo facciano tutti, con equità di trattamento.

Molte proposte secondo me intelligenti circolano da anni: quella di un unico contratto per tutti i lavori di concetto, senza fare figli e figliastri a seconda del settore; quella di abolire la selva di tipologie di contratto (indeterminato, determinato, co.pro, partite IVA che fanno fattura sempre alla stessa azienda…) e averne uno solo, in cui le garanzie sul posto di lavoro aumentano con l’esperienza e la qualifica, ma non sono legate al “salto” da precario ad assunto; quella di un sistema di assistenza a chi perde il lavoro che non dipenda dal tipo di contratto, ma che garantisca un reddito pieno per il tempo necessario a cercare un nuovo lavoro, esaurendosi poi progressivamente per evitare di creare disoccupati di professione; quella di un sistema pensionistico basato finalmente solo sui soldi versati da ognuno, con una integrazione ai minimi finanziata con la fiscalità generale e non con i contributi degli altri lavoratori, e magari anche con un contributo di solidarietà a carico delle pensioni più elevate, specialmente quando, grazie al vecchio sistema retributivo, sono superiori ai contributi effettivamente versati.

Sono idee, sono da elaborare, da verificare… ma almeno sono possibilità per un cambiamento vero. Altrimenti, se stiamo tutti a lamentarci e al contempo stiamo tutti arroccati su ogni briciola di “diritto acquisito”, non succederà mai niente, se non una disperata guerra tra poveri.

[tags]paola caruso, corriere della sera, precariato, giornalismo, economia, welfare, pensioni, contratti, contributi[/tags]

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sabato 13 Novembre 2010, 12:07

La politica secondo un sindacalista FIOM del PD

Il forum dei tifosi del Toro è omnicomprensivo: si parla di tutto e anche di politica. La sezione politica è frequentata in buona parte da militanti del PD; e così ieri mi sono trovato uno di questi, tesserato PD e sindacalista della FIOM-CGIL, che ha così raccontato le dinamiche interne al suo sindacato, con cui hanno rovesciato il dominio della corrente più agguerrita – la Rete 28 Aprile – sostituendola con una maggioranza più disposta a scendere a patti con Bonanni & C.:

Ah, si è liberato un posto nel direttivo regionale FIOM…Presto sarò all’altezza della tua compagna :mrgreen:
Sono contento, sai quando fai una battaglia politica, come una partita a scacchi, e la vinci ?
Questi hanno chiesto posti, funzionari, posti in segreteria, bisognava piazzare pure la “protetta” di Giorgio Cremaschi proveniente da Roma… Noi siamo andati dal candidato segretario, e gli abbiamo detto:”Un posto in segreteria e un funzionario e chiudiamo l’accordo” “Un posto in segreteria” “Ok”
Poi abbiamo sparso la voce dell’accordo, 28 Aprile si sono incazzati e hanno abboccato, votando contro e tagliandosi le palle. Capolavoro. E sono contento perchè ho avuto un ruolo di primo piano nell’architettura e nell’organizzazione. Sono contento.

Io non ci potevo credere: avrei capito se il sindacalista piddino avesse detto che loro non erano d’accordo con quelli là su questo e quest’altro punto, e allora sono andati dagli incerti e li hanno convinti con la forza delle loro argomentazioni a schierarsi con loro e a cambiare maggioranza… Invece ha detto che il motivo per cui la maggioranza è passata dalla loro parte, in sostanza, è che hanno chiesto solo una poltrona invece di molte! Non che la componente avversaria ragionasse diversamente, ma è stata una gara al ribasso da vero sindacalista: vince chi chiede di meno a chi ha il potere in mano.

E il bello è che tutto questo è visto come una cosa normalissima, tanto è vero che quando ho obiettato qualcosa mi hanno dato del “qualunquista” e della “sinistra che non vuole andare al governo e preferisce stare all’opposizione, perché così non si occupano le poltrone e non ci si sporca le mani”… Al contrario, io nel Movimento sono tra quelli che il problema di come andare al governo per cambiare qualcosa se lo pongono; ma se la logica è quella… no grazie!

[tags]politica, pd, cgil, fiom, sindacato, sindacalisti, correnti, poltrone[/tags]

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giovedì 11 Novembre 2010, 13:07

A cosa serve il treno

La vicenda di Arenaways, operatore ferroviario privato che si è messo in testa di competere con Trenitalia per i treni tra Torino e Milano (ma anche per le tratte Torino-Alessandria e Alessandria-Milano), è arrivata in cima alla stampa locale solo recentemente – ma per chi segue da vicino il mondo dei trasporti si trascina ormai da anni.

Riassumendo, Arenaways vorrebbe offrire un servizio che sta a metà tra i regionali e l’alta velocità: al prezzo di 17 euro sola andata (contro i 9,55 del regionale e i 32 dell’AV) si viaggia in un tempo uguale (anzi persino un po’ superiore) a quello del regionale, ma su carrozze pulite, confortevoli, accessibili, col posto garantito e una serie di servizi aggiuntivi utili a chi viaggia per lavoro (dalla panetteria al wi-fi).

Da settembre dovevano partire due corse al giorno (partenza da Torino Porta Susa alle 7:22 e ritorno da Milano Porta Garibaldi alle 19:40; partenza da Milano Porta Garibaldi alle 7:04 e ritorno da Torino Porta Susa alle 18:14), che sono poi state rinviate di settimana in settimana, tra crescenti polemiche per i continui ostacoli burocratici, fino a fissare il nuovo avvio a lunedì prossimo.

Peccato che ieri l’apposito ufficio del Ministero dei Trasporti abbia comunicato che ad Arenaways sarà vietato effettuare qualsiasi fermata intermedia tra Torino e Milano, in quanto ciò costituirebbe una forma di concorrenza con i treni regionali di Trenitalia, che sono sussidiati dalla Regione Piemonte; dunque Trenitalia andrebbe immediatamente a chiedere dei soldi alla Regione Piemonte per indennizzarla della perdita di clienti; e la Regione Piemonte non vuole pagare.

Ciò deriva dal fatto che la concorrenza è permessa sui servizi ferroviari a media-lunga percorrenza, mentre sui servizi locali vige il monopolio di ciascuna regione, che tramite un bando internazionale affida il servizio a un operatore ferroviario; casualmente vince sempre o Trenitalia, o una joint venture tra Trenitalia e la Regione in questione. Dunque Arenaways faccia pure il Torino-Milano diretto, ma non fermi a Novara, Vercelli o Santhià, perché questo costituirebbe un danno per la Regione Piemonte e il suo monopolio; e chi se ne frega se invece ne vengono danneggiati l’azienda privata e soprattutto i suoi potenziali clienti.

La motivazione è pretestuosa per molti motivi. Per prima cosa, se queste fermate intermedie sono illegali, non si capisce perché allora vengano svolte quotidianamente da un certo numero di intercity di Trenitalia, anch’essi classificati come treni in regime di concorrenza: a questo punto dovrebbero vietare anche quelli.

Ma soprattutto, il servizio regionale Torino-Milano è per Trenitalia una miniera d’oro: facendo viaggiare treni vecchi, sporchi e assolutamente insufficienti rispetto alla domanda – tanto che nelle ore di punta è normale avere l’intero treno pieno di gente in piedi per buona parte del percorso – lucra pesantemente sui pendolari piemontesi, rifiutandosi allo stesso tempo da anni di mettere più treni con scuse varie (una volta era “la linea è satura, serve l’alta velocità”, poi l’alta velocità è arrivata e il servizio regionale invece di migliorare è anche peggiorato). L’argomento per cui due treni da tre vagoni al giorno provocherebbero un danno a Trenitalia non sta in piedi; al massimo, ridurrebbero di un pochino i suoi profitti.

Ancora più agghiacciante è la posizione della Regione Piemonte, che invece di festeggiare perché finalmente i piemontesi potrebbero avere una alternativa in più (liberi poi di usufruirne o meno) a costo zero per il pubblico, e di difendere questa possibilità, fa di tutto per impedirne lo sviluppo. La stessa Regione che (con giunte di ambo i colori) non è mai stata in grado di ottenere da Trenitalia un servizio decente, né di bloccare a febbraio un insensato aumento del 20% del prezzo, ora si schiera con Trenitalia e contro gli interessi dei piemontesi.

A vedere come la politica faccia di tutto perché il servizio ferroviario tra Torino e Milano faccia schifo (mettiamoci anche i treni alta velocità rari e carissimi) davvero ci si chiede se l’obiettivo ultimo non sia favorire l’autostrada dell’amico gruppo Gavio, coi suoi bravi autogrill di Benetton… sarà mica a quello che servono i treni?

[tags]piemonte, trenitalia, arenaways, regione, treno, autostrada, ferrovia, concorrenza[/tags]

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sabato 30 Ottobre 2010, 11:14

Patria e bandiera

Già so che le celebrazioni per il centocinquantenario dell’unità d’Italia – su cui ho espresso in passato le mie perplessità – ci riempiranno di polemiche quotidiane da qui alla primavera. Quella di oggi riguarda l’idea di tappezzare il centro di Torino – non si capisce se a spese pubbliche – di bandiere tricolori, per tutta la durata delle celebrazioni; proposta dell’amministrazione osteggiata, manco a dirlo, dalla Lega.

Si sa che i veri progressisti non hanno mai amato le bandiere nazionali, dunque quest’improvviso amore per il tricolore da parte di Chiamparino e i suoi non fa altro che confermare la loro transizione salottiera e altoborghese. Ma c’è un altro motivo, oltre alle mie perplessità sopra linkate e relative all’oggetto stesso della celebrazione, per cui questa idea mi piace proprio poco.

Quello proposto mi sembra un uso della bandiera contemporaneamente avvilente e pericoloso. Avvilente, perché la bandiera non è un oggetto decorativo e colorato, da appendere perché fa allegria; usarla in tal senso, replicandola all’infinito come un logo qualsiasi, ne svilisce il valore. Pericoloso, perché è abbastanza esplicito il tentativo di usarla come simbolo di parte, appunto contro la Lega. Il rischio è di generare nella mente di molti torinesi un parallelo del genere: così come la Lega tappezza la scuola di Adro del sole delle Alpi, il centrosinistra tappezza Torino del tricolore.

Se la percezione fosse questa, sarebbe un grosso regalo proprio alla Lega: vorrebbe dire riconoscere e promuovere l’uso della bandiera a fini politici, per la propaganda di una parte contro l’altra, e negarne il valore come simbolo di tutti. Vorrebbe dire riconoscere (come già purtroppo fanno i simpatizzanti padani) che le celebrazioni del centocinquantenario sono una festa di parte e non di tutti – se così fosse, davvero è meglio non farle proprio.

Secondo me la bandiera deve stare là sui pennoni e non altrove, così come l’inno deve essere eseguito nelle occasioni ufficiali e non altrove (trovo scandaloso l’uso dell’inno nazionale come jingle pubblicitario – ultimamente lo fa pure Robe di Kappa). Questo è l’unico modo di onorare e valorizzare i nostri simboli nazionali.

[tags]bandiera, inno, unità d’italia, italia 150, celebrazioni, torino, chiamparino, lega[/tags]

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giovedì 28 Ottobre 2010, 12:56

Bunga bunga bang bang

Oggi vi lascio due link da leggere.

Difficilmente non avete ancora letto il primo: è la storia della minorenne marocchina di bella presenza che avrebbe denunciato la sua partecipazione a festini porno-pedofili nella villa di Arcore, con Silvio Berlusconi e Emilio Fede. La cosa sarebbe venuta a galla quando, fermata dalla polizia per un comunissimo furto, sarebbe stata liberata d’imperio su ordine di Palazzo Chigi e riconsegnata a Nicole Minetti, la splendida “igienista dentale” di Ber… no, dai ragazzi, vaffanculo, non ce la faccio più a scrivere queste stronzate, la verità sulle porcate sessuali di Silvio ormai è chiara a tutti, su Facebook e nei bar lo prendono per il culo all’infinito, il problema è che nel mondo prendono per il culo l’Italia. Ah, e il “bunga bunga” è uno stupro anale di gruppo.

Allora vi lascio invece con un altro link che quasi certamente non avete letto. Viene dal blog di una signora di Napoli che è in piazza a Terzigno e che racconta il vero perché di questa protesta, gli interessi che obbligano a non differenziare e non compostare ma invece ad incenerire e interrare in discarica, a favore dell’Impregilo. Ma potete anche leggere la storia (nell’ambiente nota da settimane) del sindaco Cenname, raccontata stamattina anche da Gramellini, o di come vari dignitari del PDL, con possibili ombre di camorra, guadagnino dalla gestione dei rifiuti napoletani; peraltro, lo stesso amministratore dell’azienda rifiuti Asìa denuncia che gli è stato ordinato di alimentare l’emergenza, forse perchè l’emergenza ora potrà generare appalti con molta maggiore libertà.

Mi sembra che l’Italia di oggi sia tutta qui: in questa depravata fine regime, una piccola élite si diverte col “bunga bunga” mentre se gli italiani, abbandonati a se stessi, osano protestare vengono accolti col “bang bang” di lacrimogeni tossici e scaduti sparati ad altezza uomo.

[tags]berlusconi, ruby, emilio fede, pedofilia, porno, scandali, sesso, bunga bunga, terzigno, rifiuti, emergenza, bertolaso, cenname, gramellini, asia, pdl, camorra, lacrimogeni[/tags]

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