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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


martedì 26 Ottobre 2010, 18:19

Efficienza italiana

Oggi vorrei pubblicare e farvi leggere questa lettera, scritta da qualche funzionario dell’ambasciata italiana in Pakistan al tecnico locale di una nostra azienda, in risposta alla sua richiesta di visto per potersi recare presso la sede aziendale in Italia.

italian-embassy-544.jpg

In pratica, visto che nonostante il loro duro lavoro non riescono a smaltire la coda, nessuno riesce più ad andare in Italia, a meno di chiederlo con anticipi geologici.

Ovviamente in Pakistan ci stanno già ridendo dietro…

[tags]italia, ambasciate, ministero degli esteri, pakistan[/tags]

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domenica 24 Ottobre 2010, 20:22

La signora Annarella

Per chi non li avesse visti su Facebook, lascio anche qui i video del mio nuovo idolo, la signora Annarella: altro che Bersani e Di Pietro, questa sì che è opposizione.

[tags]roma, montecitorio, opposizione, annarella[/tags]

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sabato 16 Ottobre 2010, 11:57

L’apolizia

Per prima cosa, vi faccio leggere le due lettere che Specchio dei Tempi riporta stamattina:

Una lettrice scrive:
«Domenica 10 ottobre decido di prendere il treno per Torino. Alle 17,15 mi reco alla stazione di Settimo Torinese in tempo per acquistare il biglietto allo sportello automatico, ma ahimè, la macchinetta è rotta. Mi guardo intorno e vedo la biglietteria chiusa, il giornalaio chiuso e la macchinetta stampabiglietti fuori servizio. Aspetto quindi il treno, Gtt, al binario numero 3 con altre 3 persone sprovviste come me del biglietto. Facciamo presente al capotreno la situazione venendo rassicurati. Il biglietto si può fare tranquillamente sul treno, ci dice lui, e noi restiamo ad aspettare mentre compila le ricevute. Ad ognuno di noi viene quindi consegnata una ricevuta recante il prezzo del biglietto più una sovrattassa! La sovrattassa!? Perché mai, mi chiedo, dovrei pagare una sovrattassa? «Il costo del biglietto lo pago volentieri, dico al capotreno, ma la sovrattassa (il “Diritto fisso esazione in treno”) proprio no! Il capotreno risponde che devo pagare. In alternativa posso fornire il documento e successivamente farmi fare una bella multa. «Decido di non presentare il documento e chiedo di pagare per l’ennesima volta solo il costo del biglietto. Il capotreno non ci sta e contatta l’ufficio della polizia ferroviaria di Porta Susa. La polizia!? Ma stiamo scherzando!? La polizia per una sovrattassa!? «Accorrono subito due poliziotti in divisa e mi chiedono cosa stia succedendo. Io spiego, un po’ intimorita dall’accerchiamento. Credo che non mi abbiano ascoltato perché un attimo dopo mi intimano (con una “toccatina” al braccio) di presentare al capotreno il documento per l’identificazione e la contravvenzione e mi ricordano (il tono utilizzato purtroppo non può essere reso a parole…) che “sul treno si sale con il biglietto”! «Mani in alto per me. Mi arrendo!».
C.F.

Un lettore scrive:
«Vi racconto un episodio avvenuto giovedì 14 sul treno in arrivo a Torino alle 19 proveniente da Savona. All’altezza di Carmagnola una coppia di ventenni in stato visibilmente alterato inizia a prendere a calci le porte che separano le carrozze, mandando in frantumi i vetri. Passeggeri paralizzati, attoniti. Mia moglie decide di andare in cerca del capotreno, che constata i danni e chiede i documenti ai giovani. I due dichiarano di non averli, e nel frattempo lanciavano banconote da 50 euro al capotreno minacciando mia moglie per aver “fatto la spia”. «Arrivati a Porta Nuova i due ragazzi scendono senza problemi, nessuno li blocca e nessuna pattuglia li attendeva al binario, mentre mia moglie deve chiedere al personale ferroviario di essere scortata sino alla fermata del tram per paura di ritorsioni…».
CRISTIAN ATZORI

Poi, vi rimando al filmato (peraltro non molto movimentato) che mostra i militanti del Popolo Viola fermati e identificati dalla Digos dopo essersi allontanati dal corteo studentesco dell’altro giorno.

E poi vi chiedo se non pensate che se gli italiani hanno sempre meno fiducia nelle istituzioni (anche se le forze dell’ordine sono sempre tra le più gettonate) non sia solo per il nazionale benaltrismo per cui il cattivo è chi fa la multa e non chi passa col rosso, ma perché effettivamente le logiche di azione della polizia non sono più comprensibili; ammesso che ci sia ancora una logica, e non piuttosto una serie di coraggiose e scoordinate azioni dei singoli agenti, resistendo ai tagli degli stipendi e delle risorse, insieme a un sacco di altri agenti che si fanno i fatti propri o peggio rispondono a logiche deviate di varie genere, dal manganellare per il gusto di farlo fino all’obbedienza politica.

[tags]polizia, forze dell’ordine, specchio dei tempi, ferrovia, digos, istituzioni[/tags]

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giovedì 14 Ottobre 2010, 16:43

Problemi di Internet

La battaglia per il futuro di Internet in Italia e nel mondo è sempre accesa. E no, non mi riferisco al triste appello dell’Espresso per la liberalizzazione del wi-fi; la credibilità di una iniziativa lanciata dalle stesse forze politiche che hanno prima approvato (centrodestra) e poi prorogato (centrosinistra) il decreto Pisanu è sottozero; la chicca è che l’appello parte da Barbareschi, quello che rubava le battute a Spinoza dimostrando di non capire la differenza tra pubblico dominio e licenze libere, e che due anni fa proponeva addirittura l’identificazione forzata di chiunque acceda a Internet con qualsiasi mezzo; ed è promosso dallo stesso gruppo editoriale il cui presidente De Benedetti, mentre incassa miliardi di sovvenzioni pubbliche, continua a dire che Google è un parassita e gli deve dei soldi. Comunque, a meno che non siano schizofrenici, il problema non si pone: dato che tutte le forze politiche sono d’accordo, facciano decadere la norma e via, senza fare tanta scena; se no, il dubbio che gli interessi solo la scena è più che scontato.

Io volevo parlare di cose un po’ più serie, a cominciare da questa segnalazione di Stefano Quintarelli, che è sempre esotericamente addentro alle questioni che contano davvero. I dettagli li espone lui, ma, per parlare chiaro, il punto è che la nostra Agenzia Garante per le Comunicazioni – la stessa che, come dicevamo, permette tranquillamente che gli italiani vengano spennati sugli SMS – ha preso una decisione che va contro ogni logica ma che permette a Telecom Italia di mantenere una posizione dominante sul mercato delle ADSL, costringendo i concorrenti o ad aumentare i prezzi (e quindi, alla fine, noi pagheremo) o a rimanere su una infrastruttura vecchia, senza poter offrire i servizi più innovativi.

Questo genere di decisioni “tecniche” vengono prese nel silenzio più assoluto; noi non ne sappiamo nulla finché, a un certo punto molti mesi più tardi, il nostro operatore ci comunica che purtroppo la nostra tariffa aumenterà di qualche euro al mese; o ce lo fa digerire con un “cambio piano” promosso con una di quelle belle pubblicità ingannevoli di cui l’Italia è piena, e che vengono sanzionate per finta da un’altra autorità garante con multe irrisorie e effetti sostanzialmente nulli. Come al solito, chi dovrebbe difendere il cittadino finisce per fare poco o persino per essere un discreto complice…

Chiudo segnalando, per chi fosse interessato alle questioni più tecniche, la posizione che Quintarelli, io e alcuni altri esperti abbiamo scritto e inviato un paio di settimane fa a nome di NNSquad Italia, il nostro gruppo nazionale per difendere la neutralità della rete, nell’ambito di una consultazione pubblica della Commissione Europea. Già, perché all’estero, prima di fare le leggi, fanno davvero le consultazioni pubbliche… So che è un documento piuttosto tecnico, ma credo che sia comunque comprensibile a chiunque si sia un po’ interessato alla questione: giusto per capire quali sono i problemi.

[tags]internet, internet governance, wi-fi, pisanu, espresso, de benedetti, barbareschi, agcom, adsl, quintarelli, concorrenza, pubblicità, neutralità della rete, nnsquad[/tags]

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martedì 12 Ottobre 2010, 16:43

Un progetto ben fatto

Dopo aver parlato di tante grandi cose, oggi ve ne mostro una piccola.

panchina-rhofiera.jpg

Questa foto è stata scattata la settimana scorsa, durante un temporale, nella nuova stazione ferroviaria di Rho Fiera Milano, aperta da poco più di un anno; una stazione importante, dato che dovrebbe costituire l’interscambio con la metropolitana e i treni suburbani per chi arriva a Milano da ovest, anche con l’alta velocità, nonché la stazione per la fiera e per i visitatori dell’Expo 2015.

Era buio e si vede male, ma adesso vi spiego: siamo al primo binario, e in alto a destra intravedete l’ampia, moderna e costosa tettoia che lo protegge dalle intemperie. Sulla sinistra tuttavia, la striscia più scura per terra vicino al muretto non è un’ombra, ma una fascia allagata ed esposta alla pioggia, perché evidentemente la tettoia non arriva a coprirla. Esattamente al centro di questa fascia, poco visibile perché di ferro nero, c’è la panchina che dovrebbe servire a chi aspetta il treno.

In altre parole, nonostante la stazione progettata ex novo, sono riusciti a mettere le panchine nell’unico punto non riparato dalla pioggia, o, se preferite, a fare la tettoia troppo piccola rispetto alle dimensioni del marciapiede.

Questo non è l’unico problema della stazione: gli spazi commerciali sono deserti, e non vi è nemmeno una biglietteria, se si eccettua una macchinetta che vende solo biglietti regionali. Le scale mobili sono spesso rotte, così come i tappeti mobili che portano alla metropolitana, e non è raro vedere l’acqua che scende dentro il sottopassaggio. Come ascensore c’è un costoso modello con le porte su entrambi i lati, caratteristica di cui non c’era assolutamente bisogno – ma, per un errore di progetto, a livello del binario la cima della scala mobile finiva troppo vicino all’ascensore, per cui si è dovuto far aprire le porte sul retro dello stesso.

Questa non è nemmeno una vera stazione; tecnicamente lo è solo perché è seguita dal bivio con cui l’alta velocità si stacca dalla linea storica, ma di fatto sono tre linee a doppio binario parallele accanto a cui si sono limitati a mettere marciapiedi e tettoie per permettere la fermata dei treni, scendendo poi nell’ampio sottopassaggio che porta verso la fiera e la metropolitana. Non vi è alcun edificio, se non gli spazi ricavati nel sotterraneo. Eppure, l’intera opera è costata 80 (ottanta) milioni di euro, e funziona così.

[tags]ferrovie, trenitalia, milano, rho, fiera milano, stazione, appalti pubblici[/tags]

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sabato 9 Ottobre 2010, 19:49

La bomba nell’altra

Ai militari morti in guerra in Afghanistan dentro il classico blindato italiano di cartone, oltre che il dovuto rispetto, è dovuta anche la verità. La canzone dei Negrita che gira da mesi nel circuito underground, ovviamente senza godere di visibilità sui media (pur avendo già sostituito nel ritornello “la Bibbia” con “il libro” per urtare di meno), potrebbe essere un buon inizio di un ricordo meno ipocrita; e non per mancare di rispetto all’insegnamento cristiano, ma anzi per provare a rispettarlo davvero.

[tags]afghanistan, militari, attentato, negrita, religione, papa ratzinger, berlusconi, bush, petrolio, bibbia, bomba[/tags]

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venerdì 8 Ottobre 2010, 15:32

Viva la mafia

Tra ieri sera e stamattina, a Torino, si sono svolti due eventi molto interessanti: ieri sera Sonia Alfano, Salvatore Borsellino e Gioacchino Genchi hanno tenuto una conferenza su mafia e Stato, mentre stamattina è stato inaugurato presso l’ITIS Levi il nuovo Auditorium Beppe Alfano, intitolato al padre di Sonia.

Ieri sera, a sala strapiena, si sono ripetute quelle verità che per noi sono ormai scontate, ma che fuori dai nostri circoli lasciano ancora le persone con un senso di stupore e persino di incredulità. Tra le chicche, Sonia ha raccontato del suo incontro in carcere con Totò Riina, che parlando di Berlusconi le ha detto “iddu c’a futtiu” (“quello ci ha fregato”); vari mafiosi le hanno chiesto come mai loro stanno in carcere mentre “quelli di Roma” sono tutti liberi. Genchi ha ricordato che, all’epoca, i circoli di Forza Italia a Brancaccio e Misilmeri sono stati aperti prima ancora che aprisse la sede provinciale del nuovo partito, creati da tal Lalia che, come da tabulati, intratteneva conversazioni telefoniche con Spatuzza e altri mafiosi riconosciuti; e che costui cominciò a chiamare persone che poi sarebbero divenute esponenti siciliani di Forza Italia, le quali poco dopo chiamavano un numero privato della casa romana di Berlusconi. (Del resto Dell’Utri, l’uomo “senza cui Forza Italia non sarebbe esistita” come disse lo stesso Berlusconi, è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa…)

Insomma, chi voglia aprire gli occhi può sapere ormai con certezza che le stragi di Capaci e di via D’Amelio non furono stragi di mafia, ma stragi di Stato eseguite dalla mafia, nell’ambito del passaggio di mano del potere tra la prima e la seconda Repubblica. Abbiamo un Presidente del Senato che è stato socio o consulente di mafiosi acclarati e un Ministro della Giustizia che è stato fotografato al matrimonio della figlia di un boss: ma che volete ancora?

Tuttavia, per me è stato meglio l’incontro di stamattina; un incontro in cui Sonia Alfano ha parlato a lungo della storia del padre, commuovendosi a più riprese. E’ bene dire qualche cosa su questa storia poco conosciuta, perché per noi, da qui, le vittime di mafia appaiono sempre lontane; e la tragedia non è, come noi crediamo, la morte in sé, ma tutto ciò che viene prima e che viene dopo.

Beppe Alfano era un insegnante con l’hobby del giornalismo; oggi sarebbe un blogger. Cominciò a fare inchieste sugli scandali del paese in cui viveva, Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina; svelò giri di soldi che non doveva toccare. Gli offrirono 39 milioni di lire per tacere, e lui li rifiutò; allora gli dissero che sarebbe morto entro il 20 gennaio. Per un paio di mesi visse sapendo di dover morire, e ogni giorno i suoi familiari si chiedevano se sarebbe stato quello buono; alla fine fu ucciso con tre colpi di pistola l’8 gennaio 1993.

Il giorno dopo, le compagne di studi di Sonia, che frequentava l’università a Palermo, la chiamarono per dire che i loro genitori avevano loro vietato di vederla ancora. L’intero paese fece capire alla famiglia Alfano che non era più gradita, e una settimana dopo si trasferirono di corsa a Palermo, dove non conoscevano quasi nessuno. Nè lo Stato nè altri assistettero la famiglia economicamente o psicologicamente.

Il processo fu anche peggio; il loro avvocato, il famoso Galasso, smise di presentarsi in aula, e Sonia, irritualmente, si dovette fare l’arringa da sola. A un certo punto un avvocato della difesa la chiamò a testimoniare e le chiese se suo padre avesse mai abusato di lei, visto che in paese “si diceva” che fosse pedofilo (o adultero, o puttaniere: tutte voci messe in giro dalle cosche). In un altro momento della lunghissima vicenda giudiziaria (in parte ancora in corso) i giudici dissero che mancavano le prove del collegamento tra gli esecutori e i mandanti; i carabinieri del paese dissero che “non riuscivano a trovare niente”, nonostante queste persone fossero sempre in giro per le vie. Alla fine Sonia fu costretta a introdursi di sera nel cimitero, l’unico punto da cui si poteva vedere l’interno del capannone dove si riunivano i mafiosi, e a trovare lei le prove osservandoli.

La piazza dove abitava la famiglia Alfano è stata in teoria intitolata a Beppe Alfano; in teoria, perché il Comune non ha mai provveduto ad apporre le relative targhe. Qualche giorno fa, qualcuno ha scritto con la vernice sul selciato: “VIVA LA MAFIA”. I parenti di Sonia sono andati a cancellare la scritta, e sono stati insultati dagli abitanti del palazzo di fronte. Ogni anno, la famiglia cerca di organizzare una commemorazione in paese, e ogni anno i presidi si rifiutano di farvi partecipare i ragazzi delle scuole, con giustificazioni come “sono già andati al cinema la settimana scorsa, non possono fare troppe assenze”. L’ultima volta, nell’auditorium da 500 posti, c’erano 12 persone. Intervistati di nascosto, alcuni ragazzi del paese hanno risposto che non sapevano bene chi fosse Beppe Alfano: in paese si dice che “forse era un giornalista, o forse un puttaniere”.

Io so che leggendo queste cose siete inorriditi – e di storie così ce n’è ancora, e ancora, e ancora: la storia di Rita Atria, quella di Graziella Campagna, quella, particolarmente terribile, di Giuseppe Francese. Storie in cui una persona sta da sola con l’onestà, e il potere sta dall’altra parte; e di fronte hanno uno Stato che non sa mai scegliere da quale parte stare.

Solo, di una cosa vi devo pregare: non pensate, come pensano quasi tutti al Nord, che queste siano storie di terre lontane; non osservate queste persone come si fa coi leoni nelle gabbie, un brivido e via. La criminalità organizzata è tutto attorno a noi; c’è la ndrangheta a Rivoli, c’è la ndrangheta a Moncalieri, e attenzione, non sono per strada a spararsi, ma sono nelle istituzioni, esprimono politici e assessori nel centrodestra e nel centrosinistra, sono immischiati in tutti gli appalti, nella Tav, nei nuovi quartieri. Il fatto che da noi non si spari è ancora più preoccupante: vuol dire che le cosche hanno trovato un loro spazio consolidato nell’amministrazione della zona in cui viviamo. Comunque anche qui, contrariamente a quel che pensano in molti, Bruno Caccia non fu ucciso dalle BR ma dalla ndrangheta; e prontamente dimenticato.

Sarebbe bello se anche da noi, come in Sicilia, ci fossero così tante persone che lottano contro le cosche – ma quelle nostrane, non quelle lontane; avendo la consapevolezza di trovarsi contro anche ampie fette dello Stato. Nel frattempo, informare è cosa importante; perché pochi, troppo pochi, sanno cosa succede veramente.

[tags]mafia, ndrangheta, criminalità, borsellino, sonia alfano, beppe alfano[/tags]

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giovedì 7 Ottobre 2010, 18:52

Il teatro degli orrori

No, non voglio parlare del massimo gruppo noise rock italiano, che anche a Woodstock 5 Stelle ha dominato la scena. Voglio parlare, per una volta, di cronaca nera: del caso della ragazzina pugliese uccisa e stuprata.

Che poi, a ben vedere, non c’è molto da dire e anzi, a questo punto, meno se ne dice e meglio è, anche se lo stanno già dicendo tutti; Grillo ne fa (giustamente) una questione di sessismo nazionale, Jacopo Fo ci tira dentro Berlusconi. Io vorrei solo dire che questa vicenda racchiude in sé tanti e tali orrori che è bene fermarsi un attimo a riflettere.

C’è l’orrore del delitto in sè, a partire da uno zio malato (si dice sempre così per evitare di assumersi responsabilità sociali: è lui che è malato, non siamo noi che permettiamo una società piena di continui ed espliciti richiami sessuali tesi a creare frustrazione per spingere al consumo). Uno zio malato che desidera la nipote, la uccide e la stupra dopo averla uccisa e poi la butta in un pozzo, e poi, non si sa se per paura o per delirio di onnipotenza, fa pure finta di ritrovare il suo telefonino in un campo. Uno zio normalmente folle che intervistato dai telegiornali spara una bugia e guarda in camera e sorride e ne spara un’altra e risorride e poi dopo un po’ scoppia in un pianto improvviso e totalmente finto, una recitazione talmente da mago Gabriel che io l’avrei arrestato a fine intervista.

Ma c’è anche l’orrore dell’annuncio in diretta, della madre e della famiglia ospiti di Chi l’ha visto che ricevono la notizia della morte della figlia così, davanti a una telecamera, e anzi non la ricevono, perché in questo Paese l’importante è la forma e non la sostanza, e allora la conduttrice dice in diretta “che ci sono notizie ma non possiamo confermarle e speriamo che siano sbagliate”, che è come dire alla signora che sua figlia è morta senza prendersene la responsabilità, e non è che interrompe il collegamento ma al contrario ritorna lì a girare la telecamera nella piaga, a declamare le agenzie di stampa e chiedere “signora lei ha capito cosa sta succedendo?”, e poi glielo chiede a lei “ah ma se vuole interrompere interrompa lei quando vuole”, come se in quella situazione uno fosse padrone di sè e pensasse alla telecamera; e non paga la Rai te lo mette anche su Youtube, trentasei minuti di agonia figurata ad eterno uso e consumo di chi voglia guardare, e ci scrive anche sotto “GUARDA LA PUNTATA INTEGRALE SU…”, che un po’ di pubblicità non fa mai male.

L’orrore animale di casi come questo non è nuovo e non è nemmeno tanto evitabile, viene dalle viscere della storia e dell’animo umano. Ma sono le telecamere a fare dell’orrore un teatro, a dimostrare che la falsità ormai ci è entrata nel cuore, che il veleno dell’apparire ha sostituito il sangue; e che il vetro dello schermo, eliminando l’empatia, elimina anche molto della nostra umanità.

[tags]delitto, omicidio, sarah scazzi, televisione, chi l’ha visto, mediaset, grillo, jacopo fo, teatro[/tags]

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sabato 2 Ottobre 2010, 13:33

Il diritto di sparare stronzate

Giovedì sera, a Londra, salendo sull’aereo per ritornare a casa, sono ritornato a contatto delle vicende italiane: mi han dato in mano il Corriere. Apro, sfoglio, a un certo punto trovo un titolone su “il professore che vorrebbe uccidere i disabili alla nascita”. Guardo a fianco, e mi trovo una grossa foto a colori di Joanne Maria Pini con dietro una bandiera della Lega

Ho conosciuto Joanne circa un anno fa, all’IGF Italia di Pisa; all’epoca era nel direttivo del Partito Pirata italiano e abbiamo chiacchierato a lungo dei nostri temi, dai diritti digitali alla decrescita felice, trovandoci d’accordo su tutto (no, non abbiamo parlato di disabili). Ci siamo rivisti altre due o tre volte negli scorsi mesi, e fu lui ad avvertirmi quando prima delle scorse regionali Renzo Rabellino (sì, proprio il signor Lista Grilli Parlanti No Euro) contattò il Partito Pirata per aggiungere anche quel simbolino alla sua collezione di liste (ma pensate un po’…). So che è uscito dal Partito Pirata in mezzo a un flammone gigantesco; non sapevo che adesso bazzicasse la Lega, né riesco a capire bene come una persona pro diritti digitali e decrescita possa finire a farsi le foto con i padani, anche se devo ammettere che ieri sera in TV ho visto Gomorra e pure a me è venuta la voglia di correre immediatamente ad abbracciare Calderoli.

Che sia un intellettuale eccentrico è dir poco; che, come molti intellettuali, abbia il gusto per la provocazione è altrettanto vero; ciò nonostante non mi sembra in grado di far male a una mosca. Ho scoperto che la discussione è avvenuta sulla bacheca Facebook di amici e ha coinvolto vari altri amici (il più furioso con Joanne è il mio collega Roberto Dadda), il che mi ha permesso di leggerla tutta. La frase come descritta dai giornali è ovviamente una disgustosa stronzata, ma se leggete l’intera chiacchierata non trovate proprio quello; trovate le affermazioni “prima della didattica viene la genetica” e “Tornare indietro di 40 anni? Alla Rupe Tarpea bisognerebbe tornare!”, nell’ambito di una discussione piuttosto accesa.

Per quel po’ che lo conosco, non mi stupisce che Joanne possa aver tirato fuori un’iperbole del genere, insieme alla preoccupazione sul degrado genetico dovuto alla fine della selezione naturale della razza umana, con i rischi evolutivi che ciò comporta; una cosa scientificamente fondata che pensano in molti, ma che non dicono proprio per non essere subito etichettati come razzisti. Si tratta comunque di una opinione personale che si può non condividere ma che rimane legittima fin che non si trasforma in apologia di reato (diverso sarebbe se Joanne avesse aperto un gruppo “organizziamoci per uccidere i disabili alla nascita”). E’ una opinione che vale come quella di qualsiasi altro privato cittadino, dato che Joanne non ricopre alcuna carica di responsabilità pubblica, che non insegna educazione civica ma armonia al Conservatorio e che non risulta che abbia mai discriminato alcun allievo disabile. Il discorso, peraltro, verteva sulla domanda se sia meglio dare ai disabili una istruzione separata o integrarli nelle classi e francamente, pur non avendo le competenze pedagogiche per esprimermi, non credo che sia una domanda dalla risposta così chiara, né che prevedere corsi speciali per chi ha diversi ritmi di apprendimento sia per forza una discriminazione, se no sarebbero razzismo anche le scuole speciali per ciechi o i corsi di recupero per chi è stato rimandato a settembre.

Io credo che ognuno di noi sia libero di cazzeggiare e anche di provocare; abbia, insomma, il diritto di sparare stronzate, specie in un ambiente molto informale come Facebook. Mi disgustano dunque piuttosto le reazioni trombone e paracule di quelli che stanno gerarchicamente sopra a Pini, fino alla Gelmini, a cui di sicuro dei disabili non frega alcunché, visto come ha massacrato i fondi per le attività di sostegno in tutta Italia. Nessuno di questi signori si è peraltro indignato per le sparate ben più gravi di molti ministri della Repubblica, che, avendo una posizione pubblica, hanno anche responsabilità pubbliche su ciò che dicono – ma che, a differenza di Pini, hanno la possibilità di segargli la carriera.

Comunque, anche in questo post ci sono sicuramente delle frasi su cui, dopo averle estratte dal contesto, un giornalista in cerca di audience può costruire un caso. Quella su Calderoli, per esempio, è ottima per fare un bel titolo tipo “I grillini torinesi confessano: in realtà sono leghisti”, magari aggiungendoci che “Vittorio Bertola ha persino un sito in piemontese” (vero), “scoprendo” che tra i miei contatti Facebook c’è un ex consigliere comunale della Lega (vero: è il padre della persona che ha girato molti video del Movimento piemontese), e aggiungendo una mia bella foto davanti alla statua di Alberto da Giussano a Legnano (qualche mese fa son stato lì sotto per un po’ ad attendere Elena: e se per ridere ci fossimo fatti una foto sotto la statua e l’avessimo messa in rete?).

La mia frase in questione è evidentemente una iperbole per strapparvi un sorriso; avessi voluto essere serio avrei scritto “ieri sera in TV ho visto Gomorra e mi sono venuti molti dubbi sulla possibilità di integrare me e quella gente nello stesso Stato”, ma non sarebbe stato divertente. Credo che tutti voi siate abbastanza intelligenti da capire che il contesto e il tono con cui si dicono le cose è rilevante, abbastanza scafati da non fidarvi più di quel che scrive un giornale, e (anche se questo ormai in Italia è sempre più difficile) abbastanza tolleranti da rispettare l’opinione dell’altro anche quando vi disgusta. So che molti italiani non sono così, ma non mi importa: se vogliamo migliorare questo Paese, dobbiamo cominciare a trattarci da persone intelligenti.

[tags]giornali, informazione, discriminazione, disabili, corriere della sera, joanne maria pini, conservatorio, milano, calderoli, lega, retorica[/tags]

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mercoledì 29 Settembre 2010, 11:30

Noi italiani e gli altri italiani

Ieri mattina, sul mio volo Ryanair per Londra, ho incontrato il mio ex capo dei tempi di Vitaminic, Adriano Marconetto, attualmente amministratore delegato di Electro Power Systems. Sul treno da Stansted a Londra abbiamo chiacchierato – oltre che del suo mestiere, ovvero l’energia – dello stato dell’Italia e del mondo; alle volte eravamo d’accordo e altre no, ma abbiamo concluso che l’Italia ha grandi potenzialità che sono però bloccate dalla mentalità furbetta di una parte del Paese, quella che vive a sbafo grazie alla politica, ai suoi sprechi e ai posti di lavoro farlocchi che essa crea per gli amici, drenando soldi a tutti gli altri.

Alla stazione di Liverpool Street ci salutiamo, e io prendo la metro. Salgo sul treno pieno di inglesi, e dopo pochi metri dalla partenza vedo una signora sui quarant’anni, dall’aria molto latina, precipitarsi verso l’unico posto a sedere rimasto libero nel vagone. Nonostante lo scatto, davanti al sedile c’è un altro signore che si siede prima di lei. La signora sbuffa, poi nota in un angolo, sopra un altro posto a sedere occupato da un ragazzo, un adesivo che dice “Priority seat for elderly and disabled people”.

Allora si avvicina con un altro scatto, apre la borsetta, ed estrae un pezzo di cartone arancione con un grosso disegno di una sedia a rotelle. Lo agita davanti al ragazzo e lo invita ad alzarsi per farla sedere; il ragazzo, contrito, subito si alza e la signora si spaparanza sul posto. Mentre mette via nella borsetta il pezzo di cartone, riesco a vederlo meglio; c’è scritto, in italiano, “PERMESSO DI CIRCOLAZIONE”. Non era la tessera dei disabili di qualche istituzione inglese, bensì il permesso emesso da qualche città italiana per la circolazione delle auto dei disabili nelle zone a traffico limitato, anche se la signora era chiaramente in perfetta salute e camminava senza il minimo problema.

Ora, di gente che parcheggia abusivamente per l’Italia con il contrassegno disabili del nonno che non ha nemmeno più la macchina ne ho vista parecchia, ma che adesso questi abusino pure del suddetto contrassegno per sedersi a sbafo sulla metropolitana di Londra è davvero pazzesco. Se non li prendiamo a calci nel sedere noi altri italiani, che li manteniamo e li subiamo, prima o poi il mondo prenderà a calci nel sedere tutta l’Italia, e a buona ragione.

[tags]londra, stansted, ryanair, vitaminic, marconetto, italia, italiani, disabili, sbafo, parassiti, calci nel sedere[/tags]

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