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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


giovedì 17 Dicembre 2009, 08:44

La corruzione però sì

Milano, San Babila, 15 dicembre:

prosperini.jpg

Milano, Pirellone, 16 dicembre:

“Arrestato Pier Gianni Prosperini, assessore regionale allo sport e al turismo della Lombardia. L’esponente del Pdl e’ finito in manette con le accuse di corruzione e turbativa d’asta, nell’ambito di un’inchiesta sugli appalti del pm Alfredo Robledo.” (Corriere della Sera)

La croce non dà fastidio neanche a me, la corruzione però sì.

P.S. Per gli amanti del cabaret politico, ecco il Prosperini che ieri sera in diretta, in mezzo a una sfilza di “non posso parlare” e “ti devo lasciare”, scopre di essere stato arrestato (?) dalla televisione: momenti di puro 1992.

[tags]politici, crocefisso, prosperini, lombardia, milano, arresto, corruzione, ipocrisia[/tags]

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mercoledì 16 Dicembre 2009, 18:16

Sulla censura di Google Images, ovvero i nervi a fior di pelle

È partito come un tam tam su Facebook e sui blog, con tanto di cronaca ora per ora, ed è arrivato fino ai giornali: Google ha cominciato a censurare le immagini di Berlusconi ferito! E non solo Google, ma anche Yahoo e Virgilio, mentre, pensate un po’, gli unici due motori di ricerca non censori sarebbero stati Bing di Microsoft e il cinese Baidu, dove la faccia smaciullata di Silvio è ampiamente disponibile.

Effettivamente, andando su Google Images e cercando berlusconi ferito o berlusconi aggredito non si trova alcuna immagine di Silvio sanguinante; neanche mezza, neanche disabilitando le varie protezioni per i minori. Ancora più inquietante è cercare massimo tartaglia e scoprire che l’aggressore di Berlusconi apparentemente non è mai esistito: Google restituisce solo amene foto di sconosciuti in spiaggia o al matrimonio.

Io dubito di tutti e dubito anche di Google, e però la spiegazione fornita da Google, anche se in un linguaggio un po’ poco comprensibile alle masse, mi sembra credibile: semplicemente, dicono loro, il nostro motore di ricerca per immagini ci mette parecchi giorni a digerire il nuovo materiale pubblicato sulla rete, dunque le immagini di un fatto accaduto domenica sera appariranno solo tra qualche giorno – mentre, come effettivamente accade, tali immagini sono immediatamente disponibili in Google News o tramite le normali ricerche Web, che usano un indice diverso e aggiornato quasi in tempo reale.

Per smentire la spiegazione di Google e provare la teoria della censura, sarebbe necessario avere osservato una ricerca su Google Images, effettuata lunedì o martedì, che restituisse le immagini incriminate; oppure trovare varie immagini di lunedì e martedì già presenti nell’indice. Io non ho verificato alcuno di questi casi e non ho visto da nessuna parte qualcuno che asserisca di averlo fatto; solo persone che hanno iniziato a fare la prova martedì sera e non hanno trovato le immagini.

Questa vicenda, però – oltre a dire a quelli di Google che il loro motore di ricerca di immagini non è abbastanza performante e che devono trovare un modo di inserire subito le immagini relative ai fatti di cronaca più eclatanti – ci dice molto su quanto a fior di pelle siano i nervi di tutti in questi giorni; e insieme, su quanto abbiamo imparato a fidarci della rete, tanto che se scrivendo “massimo tartaglia” non ci viene fuori la faccia di quel Massimo Tartaglia il nostro primo pensiero non è che il sistema tecnologico non funzioni come ci attendiamo e non sia così onnipotente come ormai diamo per certo, ma che ci sia stata una operazione di cancellazione in stile grande fratello.

L’uomo è un animale che vive solo grazie ai propri sensi, senza i quali è perso. Se in origine per vivere ci era sufficiente vedere, ascoltare, annusare e toccare ciò che ci stava immediatamente intorno, ora la nostra società è talmente complessa che il nostro futuro dipende da ciò che accade a centinaia o migliaia di chilometri di distanza: dunque anche la comunicazione di massa diventa per noi vitale.

Ma se l’uomo di qualche decennio fa si fidava quasi ciecamente della televisione, ormai abbiamo capito tutti che tale fiducia è mal riposta; di conseguenza, il nostro futuro dipende da informazioni della cui autenticità siamo continuamente costretti a dubitare. E’ come se non fossimo sicuri se ciò che vediamo esista davvero; e in un mondo in cui non possiamo contare sulle nostre percezioni ci sentiamo davvero persi, un po’ come quando salta la luce e siamo costretti a muoverci al buio per casa, e persino un ambiente perfettamente noto e familiare diventa d’improvviso misterioso e fonte di paura.

Questa sensazione di non potersi più fidare di niente e di nessuno è davvero alla base della disgregazione della nostra società; perché in una condizione del genere siamo soli, o al massimo racchiusi nel nostro clan di poche persone intime, o al massimo trasformati in adoratori privi di dubbio di questo o quel leader che ci dia sicurezza. La manipolazione dei media ha dunque responsabilità profonde nello sfacelo italiano; non è soltanto questione di censura e controllo, ma di paura e insicurezza indotta.

C’è una situazione distante migliaia di chilometri da cui davvero dipende il nostro futuro, e non è la faccia insanguinata di Berlusconi: è il summit di Copenaghen, di cui da domenica sera in Italia (ma solo in Italia) non parla più nessuno. Se c’è un buon motivo per avere i nervi a fior di pelle, lo si trova senz’altro laggiù.
[tags]censura, berlusconi, google, internet, libertà, immagini, motori di ricerca, paura, manipolazione, adorazione, copenaghen, clima[/tags]

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martedì 15 Dicembre 2009, 19:49

Nuovi business in rete

No, non sono stato rapito dai servizi segreti: ho fatto un giro andata/ritorno a Milano per la conferenza di presentazione di una mia nuova attività professionale, The Innovation Group – una piccola società di consulenza di alto livello per aziende pensanti che vogliono usufruire di alte densità di ingegno. Ho sentito cose molto interessanti e in futuro ve ne parlerò con maggiore dettaglio; il mio breve intervento – l’ultimo prima di pranzo, dunque doverosamente abbreviato allo scopo – ha riguardato come i nuovi paradigmi della rete, prima ancora che le nuove tecnologie, cambino non solo la comunicazione delle aziende verso i clienti, ma la stessa maniera di organizzarsi e di concepire i rapporti con fornitori, consumatori e persino concorrenti.

Capita a fagiolo dunque la nuova tecnica di marketing inventata dai fan di Berlusconi: far comparire dal nulla gruppi Facebook con centinaia di migliaia di persone apparentemente solidali al premier, semplicemente prendendo gruppi di grandi dimensioni già esistenti, con persone associatesi per altri scopi – dalle informazioni sulle aste online alla solidarietà ai terremotati d’Abruzzo – e cambiandogli il nome.

Può darsi che ciò sia accaduto semplicemente per l’entusiasmo berlusconiano dei fondatori e gestori di questi gruppi, gli unici che tecnicamente possono cambiare nome e argomento ai gruppi Facebook. Nessuno però può dire se invece non vi siano stati dei veri e propri acquisti: per chi concepisce la comunicazione come un flusso unidirezionale “un tanto al chilo”, non pare vero poter comprare la possibilità di scrivere a 400.000 persone in un botto solo, o di strumentalizzarle per una causa qualsiasi, pagando chi può prontamente fornirla. Conoscendo il modo di fare del marketing politico (berlusconiano e non solo, gli altri si sono sempre prontamente adeguati), ritengo anzi probabile che le offerte di denaro siano state immediate e consistenti.

Del resto, è un po’ di tempo che spopolano improbabili gruppi “iscriviti per avere l’account vip oro” o “no a facebook a pagamento” o “prova la nuova versione di facebook esclusiva solo per te” o questo o quello che chiaramente non servono a niente, se non a collezionare iscritti per poi venderli o comunque sfruttarli in qualche maniera.

Oggi Facebook ha sbaraccato tutti i gruppi pro e contro l’aggressione a Berlusconi; e chissà che qualcuno degli amministratori dei gruppi di grandi dimensioni così prontamente dissolti non vada a lamentarsi chiedendo i danni, “possedevo 380.000 iscritti messi insieme in mesi di paziente lavoro e stavo giusto per venderli a qualcuno, quando voi avete cancellato la mia ricchezza con un clic”. E’ il rischio dell’economia dell’immaginario, baby!

Comunque, se fossi Facebook, eliminerei prontamente la possibilità di cambiare il nome di un gruppo: mi sa che ci staranno pensando, colti anche loro di sorpresa dai nuovi modelli di business che solo noi italiani ci sappiamo inventare.

[tags]the innovation group, facebook, marketing, economia dell’immaginario, net economy, internet, berlusconi[/tags]

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domenica 13 Dicembre 2009, 20:13

Da piazza Fontana a piazza Duomo

Da piazza Fontana a piazza Duomo sono quarant’anni, ma solo pochi metri e quasi nessun cambiamento.

Quarant’anni fa, una strage di cui non si seppero mai i colpevoli – ma solo perché le indagini, giunte a ipotizzare un coinvolgimento dei nostri servizi segreti, furono fermate dall’alto dallo stesso Stato italiano – segnò l’inizio della strategia della tensione, e portò l’Italia negli anni di piombo, secondo un piano di poteri misteriosi che è stato solo parzialmente svelato, e che però ha portato l’Italia dritta nelle mani di Craxi prima e Berlusconi poi.

L’episodio di stasera – uno sconosciuto che tira un souvenir di ferro in faccia a Berlusconi, mandando in giro per il mondo le immagini del nostro premier con la faccia coperta di sangue – può essere tutto. Può essere uno squilibrato influenzato dalla tensione montante, oppure può essere un esaltato tra i tanti scontenti e contestatori, oppure può essere un provocatore mandato dal nostro stesso governo o da chissà quale terza parte; nella storia d’Italia si sono già verificati tutti questi casi.

Il dato di fatto è che questo episodio copre la verità politica, ben raccontata nel suo blog da Beppe Caravita (che lì c’era), cioè che in piazza ad applaudire Silvio non c’erano più le folle oceanica dei tempi migliori, ma solo un paio di migliaia di quadri di partito e fedelissimi pensionati, accompagnati da un gruppetto di contestatori. Senza questo caso, la scena sarebbe stata la solita: i telegiornali servi avrebbero parlato di grandi folle e pochi contestatori violenti a parole, ma molti avrebbero capito che la presa mediatica di Silvio è sempre più debole, che gli italiani non sono scemi, e che la crisi economica che da sempre rovescia i governi finirà per rovesciare anche questo.

La rabbia, infatti, monta: ed è lo stesso Berlusconi a farla salire, a forza di manganellate, di repressione, di controllo mediatico, di azioni tipiche di una dittatura crescente che provocano nelle persone la sensazione che la manifestazione di piazza, se non addirittura la violenza, sia l’unica risposta possibile; perché le istituzioni democratiche non funzionano più, non rispondono più ai cittadini, non sono più una via praticabile per difendere i propri diritti e cambiare le cose.

Io nella democrazia ci credo ancora e sto provando da anni a farla funzionare; so che, senza dubbio alcuno, la violenza è sbagliata sempre; eppure non riesco a scandalizzarmi per il volto di Silvio coperto di sangue, dopo aver visto per mesi e per anni i video di persone inermi di ogni genere manganellate selvaggiamente dalla sua polizia. Berlusconi raccoglie solo la violenza, verbale e fisica, che sta seminando da parecchio tempo; e chi vuole essere sempre al centro dell’attenzione, celebrato e adorato nei momenti positivi, finisce invariabilmente per venire usato come capro espiatorio e massacrato dalla folla quando la ruota gira. Berlusconi lo sa, e aspettiamoci sempre più polizia, sempre più repressione, perché sa che a forza di tirare la corda potrebbe veramente finire esiliato o bersagliato di monetine.

C’è, però, una domanda inquietante che è necessario porsi, ritornando al punto di partenza del ragionamento. La contestazione dal basso a Berlusconi – il popolo viola – è sincera, è davvero desiderosa di salvare la democrazia e la legalità che Silvio erode da anni. Ma è manovrata?

Già, perché persino io che credo nella rete e ci vivo da quindici anni, che vivo l’opposizione in piazza e dall’interno, ho i miei dubbi su quello che sta succedendo. Tutto, nella nostra società, è manovrabile e manovrato mediaticamente – anche l’opposizione alle manovre mediatiche. E in maniera sotterranea, anche se visibile a chi sappia cercare, si giocano in questi anni battaglie importanti.

Di rivoluzioni colorate in questi anni – alcune riuscite, altre fallite – se ne sono viste parecchie: in Ucraina, in Georgia, in Iran… Tutte, invariabilmente, mirate ad abbattere governi antiamericani e sostituirli con governi filoamericani. Non c’è dubbio che Silvio abbia rotto gli equilibri, che abbia portato l’Italia ad essere il più fedele alleato europeo della Russia, che vada in giro a farsi vedere con Gheddafi e Lukaschenko non perché è un pazzo, ma per sbattere in faccia a tutti che lui sta da quelle parti lì, da quelle che possono riversare nelle tasche sue e (in misura minore) dell’Italia un sacco di soldi, ma che all’Occidente non piacciono. Non che Lukaschenko sia una frequentazione di cui vantarsi, ma si sa che i regimi autoritari sono dittatoriali e antidemocratici se non sono economicamente alleati dell’Occidente, mentre sono semplicemente forti e capaci se fanno gli interessi dell’Occidente.

E’ chiaro a chi segua un po’ gli scacchieri sotterranei che Berlusconi è stato scaricato: è impresentabile persino per i poteri forti che l’hanno messo lì vent’anni fa, e comunque ha iniziato a fare di testa sua, ha pensato, nel puro stile del megalomane quale è, di potersi sganciare dai suoi manovratori, di poter fare sgarbi a chi non è affatto disposto ad accettarli. I regimi che piacciono a chi conta sono quelli che non sono sempre sulla bocca di tutti, sono i club quieti che si incontrano a porte chiuse e decidono a cena i prossimi governanti europei e le parti meno democratiche del Trattato di Lisbona. Berlusconi non va proprio più bene; come (per altri motivi) saltò Moro, deve saltare anche Berlusconi.

E quale modo migliore per farlo che aizzargli contro le sue stesse folle? In fondo c’è una crisi economica che capita a fagiolo; e per quanto io ami la rete, so che essa è un grande strumento di democrazia, ma anche un grande strumento di manovra, dove è facilissimo che le cose non siano come sembrano e dove chiunque può essere strumentalizzato o può non essere chi dice di essere, persino un santo precario del Leonka di Milano o un blogger che nessuno ha mai sentito nominare.

E allora, con tecnica sopraffina, monteranno le folle colorate, sfruttando la sacrosanta rabbia della gente, e poi ottenuto lo scopo non ci sarà alcun mondo nuovo, ma soltanto un regime meno sfacciato e uno o più leader conservatori più affidabili e amici di chi li ha mandati – un Fini, un Di Pietro, un Casini o chissà. E se la rabbia non sarà sufficiente, basteranno un paio di duomidimilano di ferro lanciati ad arte per farla montare… o i black bloc di turno, o una qualsiasi delle abbondanti tecniche di provocazione che già abbiamo visto all’opera.

Cosa sia l’incidente di questa sera nessuno lo sa esattamente; forse era solo uno squilibrato, del resto è facile far saltar fuori un utile idiota a forza di soffiare sul fuoco. Lo scenario, però, è chiaro. Noi, la folla, faremo comunque ciò che dobbiamo fare, sapendo che sulle nostre teste si giocano partite che difficilmente potremo influenzare; teniamoci almeno la consolazione di provare a comprenderle.

[tags]berlusconi, italia, piazza duomo, piazza fontana, terrorismo, tensione, incidente, rivoluzione, politica, trattato di lisbona, colpo di stato, strategia della tensione[/tags]

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giovedì 10 Dicembre 2009, 10:36

Mettete via le vostre cassettine di Bob Marley

Già, perché la voce che circolava da settimane pare ormai del tutto confermata: dopo sedici anni di onorato servizio, il Rototom Sunsplash Festival di Osoppo non si farà più in Italia, ma emigrerà in Spagna. E anche a noi che non ascoltiamo quel genere di musica, la perdita del maggior festival reggae d’Europa – una settimana di musica campeggio e fratellanza che richiamava quasi 200.000 giovani da tutto il continente, in una zona d’Italia precedentemente sconosciuta al turismo di massa, con una ricaduta di oltre due milioni di euro l’anno – brucia soprattutto per il motivo per cui è avvenuta.

Già, perché non si tratta di una questione di soldi e nemmeno di vicini rumorosi o ripicche di paese; semplicemente, la magistratura ha indagato il promoter per favoreggiamento all’uso di droga, in quanto “si sa” che chi ascolta reggae fuma marijuana, dunque organizzare un festival reggae è un po’ come spacciare.

Non scherzo, perché la linea accusatoria è davvero questa: negli ultimi dieci anni su quasi due milioni di partecipanti ne sono stati arrestati 340 perché in possesso di droga, potrà mica essere un caso no? E’ evidentemente tutto un piano per corrompere i giovani virgulti, o almeno così pensa la procura di Tolmezzo (UD). E dato che la legge Fini-Giovanardi del 2006 dice che “Chiunque adibisce o consente che sia adibito un locale pubblico o un circolo privato di qualsiasi specie a luogo di convegno di persone che ivi si danno all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope e’ punito, per questo solo fatto, con la reclusione…” eccetera eccetera, la magistratura carnica si è prontamente mossa per assicurare alla giustizia uno dei veri criminali che trascinano l’Italia in una spirale di morte e degrado.

Ora è evidente che questo procuratore di Tolmezzo viene originariamente da poco più in là e precisamente dalla squadra segugi antinarcotico di Caorle (VE) che già quindici anni fa balzò agli onori delle cronache; ma la notizia che la musica reggae è in realtà soltanto una copertura per lo spaccio è rimbalzata persino sul principale giornale giamaicano, il Jamaica Gleaner. E così, siamo riusciti a farci ridere dietro pure laggiù; sfortunatamente loro non sono una dittatura, dunque Berlusconi non andrà a visitarli per fare pace, né a baccagliare le locali donzelle, anche perché sono grosse il doppio di lui. Nel frattempo, ricordate di nascondere per bene le vostre vecchie cassette di Bob Marley, anzi per sicurezza fate così: usatele per registrarci sopra Radio Maria.

[tags]reggae, musica, spaccio, droga, marijuana, giamaica, festival, rototom, italia, giovanardi, fini, claudio bisio ci aveva visto lungo[/tags]

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mercoledì 9 Dicembre 2009, 10:13

Supersilvio contro la mafia

Gioacchino Genchi dice quello che tutti hanno pensato: che l’arresto dei due mafiosi è stato combinato apposta dal governo come risposta al No Berlusconi Day e alle dichiarazioni di Spatuzza.

Il problema non è soltanto dato dall’esistenza di queste manovre, ma dall’abbondanza di persone che davvero pensano che, come dice il TG, Berlusconi sia il primo ministro che più ha fatto contro la mafia nella storia d’Italia, e scrivono (sul mio video dell’altro giorno) commenti come questo:

“PENSO CHE UNA PERSONA INTELLIGENTE A CONOSCENZA DI QUESTI DATI PUBBLICATI DA FONTI NON DI PARTE SI POSSA SOLO VERGOGNARE DI CIò CHE DICE. Dall’aprile 2008, sono state 377 le operazioni con 3.630 arresti. 282 i latitanti arrestati +87 %, 37 tra i 100 più pericolosi +131%. Sequestrati beni per 5,6 miliardi di euro. Ogni giorno sono stati arrestati mediamente otto mafiosi. Non ci sono precedenti di un governo che nei primi 16 mesi di attività abbia adottato così tante misure contro la mafia.”

Sarebbe bello, e forse nemmeno troppo fuori luogo, pensare che siano personaggi pagati e mandati apposta a disturbare la discussione o a difendere il governo: è quel che accade regolarmente in Cina, per esempio. Temo però che ci siano ancora milioni di italiani che, in perfetta buona fede, la pensano davvero così.

[tags]berlusconi, mafia, spatuzza, no berlusconi day, genchi, arresti, magistratura, cina[/tags]

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lunedì 7 Dicembre 2009, 08:59

Tutto il peggio di una manifestazione

Col senno di poi, sono anche un po’ arrabbiato! Avete visto nel post dell’altra notte le mie immagini della contestazione a Berlusconi alla stazione di Porta Nuova a Torino. Bene, la cosa è stata regolarmente riportata dalla redazione locale di Repubblica, che dedica alla notizia un articolo che è stato linkato per un po’ anche nella home page nazionale. La Stampa ne ha parlato in un riquadro nella cronaca locale che non è nemmeno finito sul sito, ma ha invece scritto, nell’articolo di punta che è stato messo ben in vista sul nazionale e in cima alla pagina della cronaca di Torino, la frase seguente:

“Tra la gente oltre le transenne, sia alla partenza che all’arrivo – indifferente alla camminata del Presidente e al teatrino delle interviste non indiscrete – c’era la curiosità vera. Soprattutto all’arrivo, dove anziché indicare l’uno all’altro La Russa o Formigoni allegri e scherzosi, chiedevano ai giornalisti: «Veramente avrà questi tempi? Davvero si viaggia comodi?» Parlavano di una prospettiva.”

Bene, avete visto le immagini; per quanto riguarda “la partenza”, mi sfugge davvero come il giornalista possa dire che “la gente oltre le transenne” si disinteressasse di Berlusconi per dibattere incuriosita su quanti minuti ci metta ad andare fino a Milano un treno che quasi tutti loro non prenderanno mai. Qui non siamo nemmeno alla censura, ma alla falsità bella e buona; mi sembra che La Stampa volesse soprattutto fare uno spot al “supertreno”, di questi tempi in cui la Fiat e i suoi compari vogliono costruirne un altro verso Lione, quando allo stesso tempo sempre più persone realizzano che la TAV “all’italiana” porta scarsissimi benefici ai cittadini, se non li danneggia, a fronte di costi mostruosi. Ogni tanto anche per i “poteri forti” sarebbe bene fare i conti con la realtà, che tanto prima o poi viene al pettine.

Poi ho scoperto un’altra cosa; mentre io lasciavo piazza Castello e andavo a Porta Nuova a riprendere e contestare, il palco della piazza è stato aperto a interventi vari, tra i quali, nonostante la manifestazione fosse apartitica, si è tranquillamente infilata una persona dell’IDV a fare propaganda al suo partito. Non che mi aspettassi qualcosa di diverso; anzi, io sono pure rimasto un po’ male nel vedere anche persone del nostro movimento girare con simboli e spillette bene in vista. Penso che non fosse quello il momento, e, forse ingenuamente, speravo veramente in una manifestazione senza simboli di partito, perché i partiti sono importanti e – se si vuole andare oltre la testimonianza del poco per cento – necessari interlocutori di qualsiasi battaglia, ma questa era davvero un’occasione per lasciare da parte i marchietti.

In questo anno e mezzo di esperienza politica, mi è già capitato più volte di vedere persone che la pensavano allo stesso modo accapigliarsi per fare a gara a chi ce l’ha più grosso (il marchietto). E’ una sindrome tipica della sinistra (anche perché a destra si limitano quasi tutti a prendere ordini e stare in coda aspettando il loro turno) ed è anche umana, inevitabile e comprensibile, però è triste lo stesso. Grillo, poi, ha un nome che divide; i suoi toni accesi e la sua visibilità non piacciono a tanti.

D’altra parte, se il No Berlusconi Day ha dimostrato una cosa, è che il ruolo di intermediario degli stessi partiti non è più strettamente necessario. Ancora per molto sarà dura farne completamente a meno, ma la strada sarà quella: aggregazioni “di scopo” tra cittadini prima ancora che strutture organizzative con un brand da promuovere.

[tags]politica, manifestazione, berlusconi, no berlusconi day, contestazione, torino, giornalismo, repubblica, la stampa, idv, grillo, partiti, democrazia[/tags]

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domenica 6 Dicembre 2009, 01:05

No Berlusconi Day: Berlusconi contestato duramente a Torino

La giornata è stata intensa, molto faticosa e molto interessante. Il corteo di Roma è stato un grande successo, a Torino sono passate molte persone, ma l’evento più importante per quanto mi riguarda è stata la puntata alla stazione di Porta Nuova, dove Berlusconi era atteso per l’inaugurazione dell’alta velocità.

Il centro era presidiato sin dalla mattinata da alcune centinaia di No Tav, che dopo le 14 si sono spostati verso la stazione. Hanno chiesto di poter arrivare fino all’ingresso lato via Sacchi, da cui era previsto entrassero le autorità, per poter manifestare davanti a Berlusconi; il permesso è stato negato dalla Digos, al che la decisione immediata è stata “stoma sì ch’a l’è bel”. “Sì” era l’esatto centro dell’incrocio tra via Sacchi e corso Vittorio, dove il corteo è stato presto accerchiato da forze dell’ordine su ogni lato (qui il video), bloccando nel contempo il traffico. Chiunque avesse una bandiera o una spilla No Tav è stato costretto a rimanere lì dentro – le forze dell’ordine bloccavano chiunque volesse allontanarsi.

Io, però, ero in incognito e dunque ho potuto tranquillamente entrare in stazione e arrivare a distanza di ripresa dallo struscio delle autorità, per le quali era stato predisposto a nostre spese un ovvio tappeto rosso. Sempre a nostre spese, le autorità hanno goduto di un bel buffet per ingannare l’attesa; e così abbiamo visto arrivare, chiacchierare, scherzare, darsi di gomito come vecchi amici coppie teoricamente improbabili come il presidente della Provincia Saitta e il viceministro PDL Crosetto, o il sindaco Chiamparino insieme al cardinale Poletto.

A difesa di Berlusconi c’erano centinaia di poliziotti e carabinieri, e comunque Silvio non è entrato dal tappeto rosso ma direttamente da un passaggio laterale. Dentro la stazione non c’era alcuna manifestazione organizzata – anzi, chiunque avesse tirato fuori fotocamere in maniera vistosa nei minuti precedenti era stato invitato ad allontanarsi dalla Digos – eppure quel centinaio abbondante di cittadini, all’apparire di Silvio, è scoppiato di botto e all’improvviso.

Questi qui sotto sono, senza filtri, i primi dieci minuti di una contestazione dura, evidente e senza appello che è durata poi fino alla partenza del treno (su Youtube ho messo anche altri video). La contestazione ha stupito anche me; perché dietro le transenne a urlare non c’erano solo ragazzi magari più politici della media, ma anche anziani suoi ex elettori e immigrate di colore. Sarà pur vero che esistono ancora milioni di persone che lo sostengono, ma la rabbia degli italiani – quelli medi, non i No Tav o i militanti dell’opposizione – sta crescendo in misura netta e palpabile; e se non ci credete vi basterà guardare le immagini, che ovviamente non vedrete mai in onda su nessuna televisione.

[tags]berlusconi, politica, contestazione, manifestazione, torino, porta nuova, tav, no tav, treni[/tags]

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sabato 5 Dicembre 2009, 11:04

No Berlusconi, no cellulari, no Torino

Questa mattina sto bestemmiando: infatti due giorni fa è morto il mio cellulare, un HTC P3600 non scelto da me ma dalla mia ex azienda, la quale oggettivamente mi voleva tantissimo male tanto che mi ha messo in mano una roba del genere. Con i bachi e gli errori di progetto di quell’oggetto potrei riempire un libro e prima o poi forse lo farò, ma nel frattempo sto passando la mattinata a migrare su un vecchio cellulare di emergenza, anche se l’unico backup della mia rubrica, sito sulla carta di memoria dell’HTC, può essere letto solo con un vecchio lettorino USB cinese che il Macbook non vede. Ciò mi ha spinto a riaccendere il vecchio Windows XP, constatando ancora una volta quanto sia terribile usare Windows: anche non avendo virus e simili, all’avvio si aprono almeno cinque o sei finestre di programmi che cercano di venderti qualcosa o di attirare la tua attenzione per farsi aggiornare o utilizzare. Tra aggiornamenti Flash, aggiornamenti antivirus, aggiornamenti Windows, televisioni digitali e simili, sembra più una televendita che un computer.

Io ho bisogno della rubrica perché tra poco si esce e si va a organizzare il No Berlusconi Day Torino, che poi consisterà in un paio di gazebo in piazza Castello nei quali dalle 14 si esibiranno artisti e saranno mostrati i video di Tony Troja, su un maxischermo costituito dal televisore di casa dell’organizer di Qui Torino Libera; poi dalle 17 sarà proiettata su un telo la diretta della manifestazione romana. Nel frattempo, alle 16:20 dovrebbe partire da Porta Nuova il treno con Berlusconi sopra, per inaugurare la linea alta velocità, per cui sin dall’ora di pranzo la stazione sarà presidiata da No Tav e pendolari – anche se all’interno dei pendolari c’è già stata una spaccatura con quelli che si sono subito arresi in cambio di quindici minuti di celebrità e un incontro-contentino con Moretti.

Venire in piazza oggi è una testimonianza, non aspettatevi altro che molta gente che passa e solidarizza. Comunque, pensate che se non venite potreste darla vinta all’altra Italia: quella che magari non vota nemmeno Berlusconi ma sguazza nel berlusconismo con piacere. Come ad esempio questi quattro ragazzi chiamati Mon-key’s (ma chiamatevi Pippo, dai) che il TGR presenta al mondo dicendo che “il loro video spopola su Youtube” (a oggi ha circa ventimila visualizzazioni; uno dei miei video di Livorno-Toro ne ha oltre quarantamila…). Il loro video è… è… tamarro, ecco. Ma tamarro parecchio; anche se il genere musicale è diverso, il video è concettualmente una versione sfigata dei Club Dogo senza la grafica elaborata, con vestiti firmati un po’ meno firmati e con fighe un po’ meno fighe, ma con più zoom sul culo. E solo un trust di cervelli poteva partorire lo slogan “a Torino si salta sulla Mole”, se non altro perché la Mole è molto appuntita e la cosa potrebbe finire davvero male.

Non vorrei essere troppo severo parlando di persone che non conosco, ma ecco, a me questo video ha dato molto fastidio: io sono ancora abituato all’idea romantica di una città austera e intellettuale, e probabilmente questo prova che essa non esiste più.

[tags]cellulari, computer, windows, berlusconi, no berlusconi day, torino, video, mon-key’s, musica, tamarri, no tav, treni, ferrovie, manifestazioni[/tags]

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venerdì 4 Dicembre 2009, 09:11

Treni pieni, però che fermano nel nulla

Oggi vi racconto un’altra piccola gemma di Trenitalia, dopo le molte già segnalate in queste settimane (potete leggere questo post e il mio articolo nel periodico di Torino a 5 Stelle).

Avevamo già detto della scomodità del fatto che la maggior parte dei ben sette treni alta velocità da Torino a Milano fermassero a Milano Porta Garibaldi anziché a Milano Centrale, rendendo così impossibile qualsiasi coincidenza verso altre direzioni, nonché l’accesso diretto al centro cittadino con una sola linea di metro.

Tuttavia, a causa dei lavori per completare il “manico d’ombrello” – il nuovo raccordo che permette ai treni in uscita da Milano Centrale di reinfilarsi nell’orrido tunnel da 30 km/h che arriva da nord a Porta Garibaldi, e che sarà utilizzato dai nuovi Malpensa Express in partenza finalmente da Centrale e non più da Milano Cadorna – per le due settimane dal 28/12 all’11/1, e poi definitivamente fino all’estate per il solo treno delle 8:40, i treni alta velocità Torino-Milano fermeranno non più a Porta Garibaldi ma nella ridente stazione di… Milano Certosa.

Avete letto bene: non la fermata precedente, Rho Fiera Milano, recentemente costruita a suon di miliardi con due binari su sei dedicati soltanto all’alta velocità, dove si sarebbe almeno potuto prendere la metropolitana diretta in centro o un treno regionale per Centrale, ma Milano Certosa, una stazione di periferia nel mezzo del niente dove non passano neanche i bus.

E di fronte a siffatti colpi di genio, cosa possiamo concludere noi? Che qualcuno deve davvero avercela con il Piemonte… oppure essere molto molto stupido.

P.S. Comunque questo è lo stato in cui viaggia il treno AV Torino-Milano dell’ora di punta mattutina già oggi, prima del cambio di orario:

Invece di sette al giorno potrebbero metterne il doppio e ci guadagnerebbero il doppio, e nelle fasce pendolari probabilmente potrebbero riempirne due o tre di fila; se poi mettessero dei prezzi umani riuscirebbero anche a decongestionare i regionali, che viaggiano nelle stesse condizioni, e a riempirli sempre. Così la ferrovia sarebbe utile, Trenitalia farebbe soldi e tutti saremmo contenti… eccetto forse i dirigenti incapaci, che vanno mandati via per manifesta impossibilità di pensare un servizio ragionevole, e i veri beneficiati della gestione delle ferrovie italiane: i gestori di autostrade e linee aeree e i fabbricanti di automobili. Che ne dite, tutti questi disguidi saranno casuali?

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