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domenica 13 Dicembre 2009, 20:13

Da piazza Fontana a piazza Duomo

Da piazza Fontana a piazza Duomo sono quarant’anni, ma solo pochi metri e quasi nessun cambiamento.

Quarant’anni fa, una strage di cui non si seppero mai i colpevoli – ma solo perché le indagini, giunte a ipotizzare un coinvolgimento dei nostri servizi segreti, furono fermate dall’alto dallo stesso Stato italiano – segnò l’inizio della strategia della tensione, e portò l’Italia negli anni di piombo, secondo un piano di poteri misteriosi che è stato solo parzialmente svelato, e che però ha portato l’Italia dritta nelle mani di Craxi prima e Berlusconi poi.

L’episodio di stasera – uno sconosciuto che tira un souvenir di ferro in faccia a Berlusconi, mandando in giro per il mondo le immagini del nostro premier con la faccia coperta di sangue – può essere tutto. Può essere uno squilibrato influenzato dalla tensione montante, oppure può essere un esaltato tra i tanti scontenti e contestatori, oppure può essere un provocatore mandato dal nostro stesso governo o da chissà quale terza parte; nella storia d’Italia si sono già verificati tutti questi casi.

Il dato di fatto è che questo episodio copre la verità politica, ben raccontata nel suo blog da Beppe Caravita (che lì c’era), cioè che in piazza ad applaudire Silvio non c’erano più le folle oceanica dei tempi migliori, ma solo un paio di migliaia di quadri di partito e fedelissimi pensionati, accompagnati da un gruppetto di contestatori. Senza questo caso, la scena sarebbe stata la solita: i telegiornali servi avrebbero parlato di grandi folle e pochi contestatori violenti a parole, ma molti avrebbero capito che la presa mediatica di Silvio è sempre più debole, che gli italiani non sono scemi, e che la crisi economica che da sempre rovescia i governi finirà per rovesciare anche questo.

La rabbia, infatti, monta: ed è lo stesso Berlusconi a farla salire, a forza di manganellate, di repressione, di controllo mediatico, di azioni tipiche di una dittatura crescente che provocano nelle persone la sensazione che la manifestazione di piazza, se non addirittura la violenza, sia l’unica risposta possibile; perché le istituzioni democratiche non funzionano più, non rispondono più ai cittadini, non sono più una via praticabile per difendere i propri diritti e cambiare le cose.

Io nella democrazia ci credo ancora e sto provando da anni a farla funzionare; so che, senza dubbio alcuno, la violenza è sbagliata sempre; eppure non riesco a scandalizzarmi per il volto di Silvio coperto di sangue, dopo aver visto per mesi e per anni i video di persone inermi di ogni genere manganellate selvaggiamente dalla sua polizia. Berlusconi raccoglie solo la violenza, verbale e fisica, che sta seminando da parecchio tempo; e chi vuole essere sempre al centro dell’attenzione, celebrato e adorato nei momenti positivi, finisce invariabilmente per venire usato come capro espiatorio e massacrato dalla folla quando la ruota gira. Berlusconi lo sa, e aspettiamoci sempre più polizia, sempre più repressione, perché sa che a forza di tirare la corda potrebbe veramente finire esiliato o bersagliato di monetine.

C’è, però, una domanda inquietante che è necessario porsi, ritornando al punto di partenza del ragionamento. La contestazione dal basso a Berlusconi – il popolo viola – è sincera, è davvero desiderosa di salvare la democrazia e la legalità che Silvio erode da anni. Ma è manovrata?

Già, perché persino io che credo nella rete e ci vivo da quindici anni, che vivo l’opposizione in piazza e dall’interno, ho i miei dubbi su quello che sta succedendo. Tutto, nella nostra società, è manovrabile e manovrato mediaticamente – anche l’opposizione alle manovre mediatiche. E in maniera sotterranea, anche se visibile a chi sappia cercare, si giocano in questi anni battaglie importanti.

Di rivoluzioni colorate in questi anni – alcune riuscite, altre fallite – se ne sono viste parecchie: in Ucraina, in Georgia, in Iran… Tutte, invariabilmente, mirate ad abbattere governi antiamericani e sostituirli con governi filoamericani. Non c’è dubbio che Silvio abbia rotto gli equilibri, che abbia portato l’Italia ad essere il più fedele alleato europeo della Russia, che vada in giro a farsi vedere con Gheddafi e Lukaschenko non perché è un pazzo, ma per sbattere in faccia a tutti che lui sta da quelle parti lì, da quelle che possono riversare nelle tasche sue e (in misura minore) dell’Italia un sacco di soldi, ma che all’Occidente non piacciono. Non che Lukaschenko sia una frequentazione di cui vantarsi, ma si sa che i regimi autoritari sono dittatoriali e antidemocratici se non sono economicamente alleati dell’Occidente, mentre sono semplicemente forti e capaci se fanno gli interessi dell’Occidente.

E’ chiaro a chi segua un po’ gli scacchieri sotterranei che Berlusconi è stato scaricato: è impresentabile persino per i poteri forti che l’hanno messo lì vent’anni fa, e comunque ha iniziato a fare di testa sua, ha pensato, nel puro stile del megalomane quale è, di potersi sganciare dai suoi manovratori, di poter fare sgarbi a chi non è affatto disposto ad accettarli. I regimi che piacciono a chi conta sono quelli che non sono sempre sulla bocca di tutti, sono i club quieti che si incontrano a porte chiuse e decidono a cena i prossimi governanti europei e le parti meno democratiche del Trattato di Lisbona. Berlusconi non va proprio più bene; come (per altri motivi) saltò Moro, deve saltare anche Berlusconi.

E quale modo migliore per farlo che aizzargli contro le sue stesse folle? In fondo c’è una crisi economica che capita a fagiolo; e per quanto io ami la rete, so che essa è un grande strumento di democrazia, ma anche un grande strumento di manovra, dove è facilissimo che le cose non siano come sembrano e dove chiunque può essere strumentalizzato o può non essere chi dice di essere, persino un santo precario del Leonka di Milano o un blogger che nessuno ha mai sentito nominare.

E allora, con tecnica sopraffina, monteranno le folle colorate, sfruttando la sacrosanta rabbia della gente, e poi ottenuto lo scopo non ci sarà alcun mondo nuovo, ma soltanto un regime meno sfacciato e uno o più leader conservatori più affidabili e amici di chi li ha mandati – un Fini, un Di Pietro, un Casini o chissà. E se la rabbia non sarà sufficiente, basteranno un paio di duomidimilano di ferro lanciati ad arte per farla montare… o i black bloc di turno, o una qualsiasi delle abbondanti tecniche di provocazione che già abbiamo visto all’opera.

Cosa sia l’incidente di questa sera nessuno lo sa esattamente; forse era solo uno squilibrato, del resto è facile far saltar fuori un utile idiota a forza di soffiare sul fuoco. Lo scenario, però, è chiaro. Noi, la folla, faremo comunque ciò che dobbiamo fare, sapendo che sulle nostre teste si giocano partite che difficilmente potremo influenzare; teniamoci almeno la consolazione di provare a comprenderle.

[tags]berlusconi, italia, piazza duomo, piazza fontana, terrorismo, tensione, incidente, rivoluzione, politica, trattato di lisbona, colpo di stato, strategia della tensione[/tags]

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10 commenti a “Da piazza Fontana a piazza Duomo”

  1. La Hola Púrpura:

    Apprezzo e condivido il tuo intervento. Sul gruppo FB del c.d. Popolo Viola non è altro che un rincorrersi di reazioni disordinate della prim’ora, tutte di condanna per l'”inaudito gesto di violenza” di un signor X che, per quanto ci è dato sapere, potrebbe avere in tasca anche un tesserino del ministero dell’Interno.
    Si propone addirittura di bannare (v. varii post di Franca Corradini) chi sorride al gesto non associandosi alla condanna espressa dal Popolo Viola. Condanna, si noti, espressa non già da un organismo direttivo legittimato a farlo, ma dal Comitato organizzatore del No B Day, autoproclamatosi leadership del Movimento.
    Urge darsi al più presto gli strumenti necessari per l’esercizio della vera e-democracy – vitale per un movimento che nasce e dovrebbe svilupparsi sulla Rete – evitando prese di posizione estemporanee, espressione di un gruppo nient’affatto rappresentativo degli oltre 350.000 iscritti.
    ~.~

  2. PATRIZIA PENNA:

    Sono d’accordo con te, del resto nessuno di noi è depositario di verità assolute e in qualcosa devi pur credere se vuoi vivere in una società.Purtroppo questo andazzo nel nostro Paese sta uccidendo le cose più preziose per un essere umano: la libertà e la speranza.

  3. Nino:

    Insomma, non saremo mai un Paese democratico…

    Per quanto in molti desiderino una caduta (politica) di B., questo gesto inevitabilmente la ritarda.
    Ma per quanto ancora? Suppongo che per qualche giorno ancora si parlerà di questo atto scriteriato, ma poi i problemi irrisolti saranno ancora lì.

  4. Piero:

    Quello che mi lascia perplesso dell’increscioso episodio di oggi è il comportamento a dir poco irrazionale e irresponsabile, dal mio punto di vista, del Presidente che, dopo essere stato colpito al volto da uno squilibrato, invece di restare prudentemente dentro l’auto blindata e correre via da una situazione che poteva essere potenzialmente pericolosa per la sua vita, vuole uscire fuori dall’auto a tutti i costi per esporsi ulteriormente, mostrandosi alla folla, correndo il rischio di farsi colpire un’altra volta da eventuali male intenzionati organizzati per colpirlo.

  5. D# AKA BlindWolf:

    Premesso che condanno gli atti di violenza (vale per questo caso come per i manifestanti – quelli pacifici, ovviamente – manganellati in Valsusa come a Genova, a Catania, Roma, ecc.) e che l’autore dell’insano gesto ha fatto un cazzata sotto molti punti di vista (anche politici)…

    1) Chi semina vento raccoglie tempesta
    2) Qualche anno fa la stessa persona ricevette addosso un cavalletto; a parte il fatto che le conseguenze fisiche furono minori, oggi il clima politico (e la posizione del premier) è tale per cui le conseguenze politiche e mediatiche saranno ben peggiori

  6. vittorio pasteris:

    Tutto consivisibilissimo :-)

  7. Mir:

    Io dico solamente che, salti o no Berlusconi, questo paese sta diventando di ora in ora sempre piu’ preoccupante; qui il problema non e’ piu’ solamente Berlusconi, e’ la non presenza di un certo modo di fare politica che manca da piu’ di due decenni.
    Non sto naturalmente tessendo gli elogi della vecchia Democrazia Cristiana, ma l’unica cosa che sembra andare per la maggiore e’ individuare l’avversario e abbatterlo, chiunque esso sia.
    Non solo a livello politico, anche a livello sociale in generale (basta leggere molti blog inneggianti odio, e Facebook, tanto per parlare di media diversi dalla televisione)
    Ben pochi pensano con lungimiranza a preparare un futuro per i propri figli.
    O forse pensano che la soluzione sia far tabula rasa con violenza e poi si vedra’, ma fanno probabilmente i conti senza l’oste, perche’ in un paese civile ci vuole una classe dirigente civile, e qui da tempo non c’e’ piu’, ma non sembra nemmeno esserci una societa’ civile, e mi viene da chiedermi se in fondo ci sia mai stata, o forse e’ sempre stata una minoranza, ed e’ questo il vero problema.
    Chi ci considerera’ domani? Stiamo davvero mettendo un piede (o tutti e due) nel terzo mondo.
    Si naviga a vista su una nave che ha perso le vele e i timonieri…

  8. Alberto:

    Tutto giusto ma il problema è che non dovremmo arrivare a questo punto, non dovremmo farci schiavizzare a tal punto da un signore, per quanto dotato di mezzi mediatici importanti, da renderci conto che è totalmente inadeguato a governare un paese solo quando le piazze si sollevano portate all’esasperazione. A me spaventa un po’ vedere che il 60% dei lettori de La Stampa online dà ragione a Di Pietro, anche se gli do ragione anch’io, perché è il segno che l’esasperazione è veramente debordante.
    Sono convinto anch’io che ci sia una montante preoccupazione internazionale per il fatto che il personaggio è considerato come ormai totalmente fuori controllo ma avremmo dovuto accorgercene, della sua degenerazione, noi ben prima degli americani.

  9. MailMaster C.:

    @ Piero: secondo me la seconda uscita di Berlusconi non era “rischiata”, ma ben calcolata. Da un lato, potrei pensare che sapeva che sarebbe successo qualcosa del genere (magari non con quella intensità), ma sapeva che sarebbe successo qualcosa una volta e basta. Farsi vedere una seconda volta, non portava alcun rischio. Ma mi sembra poco probabile.
    Dall’altro lato, e questo mi sembra più corretto, ha semplicemente voluto farsi vedere dalla folla come il martire: “Vedete cosa succede a chi combatte la mafia, a chi fa il bene del paese? Vedete come mi odiano, cosa osano fare?”, generando così la figura del martire, da poter spendere in vari modi: ulteriore restrizione alle libertà individuali, ulteriore giro di vite contro gli hacker, cioè Internet, e via dicendo. Un modo come un altro per recuperare mediaticamente il consenso in discesa.
    E se nel primo caso la scorta è stata presa di sorpresa, confido che siano talmente professionisti da bloccare un secondo gesto della stessa persona, per fortuna, sembra, dichiaratamente psicolabile. Quindi anche in questa seconda ipotesi, rischi minimi.

    My two cents.

    Mandi

  10. mfp:

    Qui in re illicita versatur, tenetur etiam pro casu.

    In generale non sono d’accordo con questo principio di responsabilita’ oggettiva; l’onere di prevedere il futuro, o fare l’impossibile, non possono essere addebitate ad un uomo; pero’ nel caso dei politici si applica perfettamente: se da un lato non e’ possibile attribuirgli tutta una serie di responsabilita’ senza castrarne l’operato, dall’altra sono gli unici che devono assumersi la responsabilita’ delle proprie azioni anche nei confronti del caso. E piu’ interpretano la delega popolare come una licenza di uccidere, un permesso di rovinare milioni di persone e poi lavarsene le mani, piu’ devono sottostare alla sorte.

    O in altre parole: se si fosse fatto processare al paro di tutti gli altri italiani probabilmente ne avrebbe derivato almeno almeno un allontanamento dai pubblici esercizi (come Previti mi pare), non sarebbe stato costretto ai bagni di folla, e la sorte non lo avrebbe punito… se invece per 40 anni produce “illusione forsennata di ricchezza” (Tremonti ad AnnoZero, novembre 2008), e poi si scopre che e’ ricchezza che non c’e’, o – nel migliore dei casi – e’ mal concentrata-distribuita, e non ce ne siamo accorti perche’ ha inibito attivamente tutte le possibilita’ di accorgersene, poi e’ normale che la sorte gli faccia brutti scherzi.

 
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