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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


domenica 10 Agosto 2008, 16:10

Cinesi all’italiana

Si è sparsa in un lampo, ieri pomeriggio, la notizia secondo cui i provider italiani stavano provvedendo a censurare The Pirate Bay, il sito svedese che costituisce il più noto aggregatore mondiale di file torrent – i file che, semplificando, contengono i link che permettono lo scaricamento di film, musica e programmi dalla rete peer-to-peer BitTorrent. L’utente che scarica i file commette spesso violazioni del copyright (ma anche no, visto che su queste reti esistono anche molti file resi liberamente disponibili dagli autori); se ne sia responsabile chi fornisce i link che permettono tale operazione, è un altro paio di maniche. L’industria della musica lo vorrebbe, ma in Svezia la legalità di questo sito è stata più volte confermata.

Per qualche ora si è cercato di capire: pare che un magistrato italiano – il pubblico ministero Giancarlo Mancusi, già responsabile di indagini su altri siti del genere, che avevano portato al loro sequestro – abbia inviato ai provider un qualche provvedimento che li vincola a censurare il sito. I provider hanno aderito alla spicciolata; stando alle verifiche organizzate in rete, alcuni hanno provveduto a rendere inaccessibile il suo record DNS, mentre altri hanno bloccato il traffico diretto al suo indirizzo IP, e altri ancora non hanno fatto nulla, forse perché non hanno ricevuto alcuna ordinanza.

Già questo fa capire che questa storia è una barzelletta, visto che, a seconda del provider che vi capita, potreste vedere il sito oppure no. Si sa poi che questi provvedimenti sono inefficaci: e difatti, nel giro di poche ore gli svedesi di The Pirate Bay hanno cambiato l’indirizzo IP e si sono resi accessibili anche al nuovo indirizzo http://labaia.org/, in questo modo aggirando entrambi i tipi di blocco. Hanno poi pubblicato un duro comunicato accusando l’Italia di fascismo; in effetti, abbiamo un Presidente del Consiglio che è anche proprietario del maggiore conglomerato mediatico del Paese, che ha appena fatto causa a Google e che ha soltanto da guadagnare dalla chiusura dei siti che permettono forme alternative di distribuzione dei media.

Il vero problema, però, è che nessuno capisce cosa sia successo dal punto di vista legale. La legge italiana permette alla polizia postale di obbligare i provider a censurare dei siti, ma soltanto in caso di pedopornografia o di gioco d’azzardo non autorizzato. In questo caso, l’unica ipotesi credibile pare che questo giudice abbia ordinato il sequestro preventivo del sito in quanto strumento per commettere reati; ma un sequestro è un provvedimento oppugnabile che va inviato al responsabile. In base a cosa il giudice possa sequestrare un sito obbligando dei terzi a renderlo inaccessibile sfugge a qualsiasi comprensione giuridica.

Inoltre, è chiaro che questo provvedimento danneggia anche gli utenti finali; milioni di utenti Internet italiani che improvvisamente si ritrovano privi della possibilità di accedere a un sito, pur pagando un regolare abbonamento a Internet, che dovrebbe permettere di accedere a qualsiasi sito della rete. Come è possibile per un utente difendere i propri diritti, contro un provvedimento che non si sa cosa dica, a chi sia indirizzato, dove sia stato emesso? Il giudice aveva il potere di ordinare questa censura, e in base a cosa? Se non ce l’aveva, ed è stata una libera iniziativa dei provider, come faccio a denunciare la violazione del contratto di accesso?

Insomma, ciò che lascia davvero scoraggiati è che non siamo nemmeno buoni a censurare i siti in modo ben organizzato; un giudice di Canicattì o di Roccaperetola si sveglia e decide che un sito deve essere cancellato dalla rete, senza alcun contraddittorio o verifica; dopodiché i provider un po’ alla spicciolata fanno quel che vogliono, alcuni censurano in un modo, altri nell’altro, altri non fanno proprio niente; dopo mezz’ora il blocco è aggirato e il mondo ci ride dietro; nel frattempo il cittadino resta lì, con la propria libertà di informazione offesa (almeno teoricamente) e senza saper bene che fare. Cinesi, insomma, ma all’italiana.

Cercheremo di capire meglio come possa stare in piedi (se lo sta, e ne dubito) questo misterioso provvedimento; nel frattempo, chiunque si trovasse il sito oscurato farebbe bene a scrivere al proprio provider e lamentarsi duramente. Non paghiamo certo l’abbonamento ADSL per lasciare che il nostro provider decida a piacimento cosa farci o non farci vedere; almeno su questo, è il caso di insistere.

[tags]internet, pirate bay, censura, giudici, italia, cina[/tags]

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domenica 27 Luglio 2008, 20:37

Riots: 1%

MFP, commentatore saltuario di questo blog e di molte liste di discussione dell’Internet italiana, ha inviato la sua dichiarazione e la sua costituzione al presidente Napolitano: e noi doverosamente riportiamo, affinché ognuno si faccia le proprie considerazioni.

[tags]italia, napolitano, rivoluzione[/tags]

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giovedì 24 Luglio 2008, 13:57

Cara Università

Cari sindacati dei docenti universitari, dei ricercatori, del personale tecnico e amministrativo, dei dottorandi e financo degli studenti di sinistra, scusate se commento il vostro documento relativo agli ultimi provvedimenti governativi in materia di Università e alla vostra reazione totalmente contraria.

Il commento non vi piacerà molto, ma forse vi può essere utile la reazione di un esterno che però segue l’università da vicino, vuoi per averla fatta non solo da studente ma anche da amministratore, vuoi per conoscere direttamente varie persone rimaste nelle pieghe della precarietà universitaria.

Molte delle rivendicazioni sono sacrosante e assolutamente sottoscrivibili; quello che però colpisce leggendo un documento come questo è la totale mancanza di autocritica. Parte dei problemi dell’università sono indubbiamente riconducibili a responsabilità del governo, alla mancanza di fondi e investimenti, a riforme un po’ dissennate tipo il 3+2 e così via; molti altri però dipendono direttamente dalla classe docente, dal personale tecnico, anche dagli stessi studenti.

Per esempio: in molte università si convive ancora con docenti che non si presentano a lezioni ed esami e non ne rispondono a nessuno; con insegnamenti obsoleti tenuti in vita solo per non eliminare i relativi posti di lavoro; con soldi spesi malissimo e servizi scadenti non per via della mancanza di fondi ma per via di incapacità organizzative, rigidità sindacali, malcostume vario; con concorsi che sono tutti truccati dall’inizio alla fine per volere preciso della docenza; con la moltiplicazione di cattedre, istituti, atenei semplicemente per moltiplicare stipendi e prebende. In questo documento non si menziona nulla di tutto questo, si dice solo “non toccate una lira dei nostri fondi e delle nostre prerogative altrimenti faremo le barricate”; una posizione totalmente conservatrice.

In una situazione dei conti pubblici che è quella che è, è indubbio che l’università possa trovare risorse soltanto eliminando i propri sprechi, spendendo meglio ciò che c’è e alleandosi con il privato; non ci si può aspettare che lo Stato, che pure nell’Università investe poco, possa allargare la borsa in questo momento storico, tanto più a fronte di risultati che accanto a punte di eccellenza vedono situazioni totalmente scadenti. Negli ultimi decenni sono stati creati Atenei in qualsiasi angolo del Paese, alcuni utili, molti però ridicoli, pieni di “figli di” e di raccomandati, di docenti i cui curriculum scientifici fanno ridere: tagliargli i fondi è un dovere, non certo un delitto.

E che “trasmissione della conoscenza” fa una Università quando non produce ricerca di livello internazionale, sforna laureati ignoranti che vanno a fare i disoccupati, non collabora con il sistema economico, non produce innovazione e si limita a vivacchiare a spese dello Stato? Siamo sicuri che tutte queste frasi non siano formule che vengono ripetute all’infinito soltanto per giustificare l’afflusso di soldi?

E come si fa a restare seri leggendo che gli aspiranti ricercatori emigrerebbero all’estero per mancanza di fondi e concorsi in Italia, quando sappiamo tutti perfettamente che quelli bravi emigrano all’estero perchè qui non trovano spazio dovendo lasciare la precedenza e le già scarse risorse ai raccomandati di turno, e comunque in molti casi finirebbero in un ambiente di basso livello scientifico che tira a campare e certo non favorisce la loro crescita professionale, anzi alle volte sega i più bravi perchè se no si vede troppo che ci sono anche i mediocri?

Io vorrei una Università che innovi, che si metta in gioco, dove chi lavora bene sia premiato e possa avere molte più risorse di oggi, ma dove chi lavora male o non lavora proprio vada a casa alla velocità della luce. Credo che o l’Università stessa si mette in questa ottica – protestando giustamente contro il disinvestimento e il disinteresse, ma anche proponendo qualcosa di nuovo, passando a logiche di spietata selezione meritocratica, cercando di affrontare dall’interno i propri problemi, puntando a fare meno cose ma più utili, meglio pagate e di livello più alto – oppure finirà comunque per affondare e per trascinare con se stessa il Paese, perchè sul fatto che l’Università sia centrale per la crescita di un paese sviluppato non ci piove.

Dov’è che sbaglio? Forse le carenze di cui sopra le vedo solo io? Perché nessuna di queste decine di organizzazioni sindacali sembra avere alcun problema con lo stato attuale dell’università, ma solo con i tagli di fondi? Qualcuno mi spiega o vivo in un mondo parallelo?

Mi scuso ancora per la passione, sono solo i miei due cent e non intendo offendere nessuno, se mai suscitare qualche riflessione.

[tags]università, ricerca, riforme[/tags]

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venerdì 18 Luglio 2008, 13:28

Proud to be fancazzist

Raramente ho visto qualcosa che faccia venire voglia di emigrare quanto i risultati di questo sondaggio di Repubblica, secondo cui – al momento in cui scrivo – il 51% dei lettori del giornale sarebbe contrario all’effettuare controlli medici più stringenti sui dipendenti pubblici che si mettono in mutua, anche se per un solo giorno, come proposto dal ministro Brunetta.

Ci ho pensato un po’, ma non sono riuscito a vedere alcun argomento anche solo vagamente potabile a sostegno del no a questo progetto. L’unica cosa che posso pensare è che questo 51% di italiani (meglio, 51% di elettori del centrosinistra, visto il pubblico di Repubblica) rivendichi il proprio “diritto” di poter rubare in santa pace un giorno di stipendio alla collettività ogni volta che si vuole.

Comincio a sviluppare il sospetto che cambiare l’Italia sia un’idea futile. Quel che mi sfugge è solo come questo 51% abituato ad arrangiarsi rubacchiando pensi di sopravvivere alla crisi economica strutturale di questi anni; probabilmente non si è mai posto il problema.

[tags]pubblica amministrazione, lavoro, brunetta, assenze, fancazzismo[/tags]

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mercoledì 16 Luglio 2008, 13:26

We, the modern tecnologic affar bank

Voi cosa pensereste di una sconosciuta banca che si definisce “provider di servizi d’investimento B2B” (si mangia?), e che però ha dato in outsourcing pure l’Internet banking; e che quando ti colleghi al tuo account ti rimanda a un sito bancario di un fornitore terzo, preoccupantemente pieno di frasi marchettare, che per identificarti non ti presenta una maschera di login ma usa l’autenticazione HTTP del server web, pretendendo che la tua password non contenga numeri, e dandoti un PIN che non ti viene mai richiesto (basta la password), e un codice utente di dieci caratteri di cui gli ultimi nove sono cifre, ma la prima è una B stampata ad aghi in maniera indistinguibile da un 8?

[tags]banche, tecnologia, internet banking[/tags]

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sabato 12 Luglio 2008, 11:52

Arrangiarsi a morire

Ieri, nella bassa mantovana, è successo questo episodio agghiacciante.

In breve: un bracciante indiano, clandestino, ha un infarto mentre lavora nel campo. Il padrone italiano, invece di soccorrerlo, si preoccupa: se gli trovano un clandestino nel campo finirà nei guai. La soluzione è nota, perché è già avvenuta decine di volte nei cantieri e nei campi di mezza Italia: si carica il corpo in macchina e lo si scarica da qualche altra parte, dove non possa essere collegato al lavoro che stava svolgendo. L’italiano però non vuole sporcare la sua bella Audi: quindi ordina agli altri indiani di recuperare il loro scassone, più atto allo scopo. Questi ci mettono due ore; e così, solo allora il corpo viene spostato, e si può poi chiamare il medico della mutua del paese (nemmeno il 118).

Peccato però che l’indiano non fosse morto; quando il medico lo trova e chiama il 118, nonostante le ore trascorse sotto il sole dopo l’infarto, è ancora vivo; morirà poco dopo. Probabilmente avrebbe potuto essere salvato, se i soccorsi fossero stati chiamati subito.

La Stampa parla di “schiavo in Padania”, e già si capisce dove vuole andare a parare: è tutta colpa dei biechi agricoltori mantovani. Indubbiamente le persone coinvolte in questo caso saranno punite duramente; l’accusa non è nemmeno omissione di soccorso, ma omicidio volontario, partendo dal presupposto che questo comportamento implichi la volontà precisa di far morire la persona (dubito che la tesi regga al processo, ma vedremo). Incidentalmente, l’accusa riguarderà non solo il padrone italiano, ma anche i clandestini che hanno collaborato, pur con l’attenuante del ricatto lavorativo.

E quindi, già mi vedo l’ondata di indignazione che attraverserà blog e giornali; si scaricherà contro questo agricoltore, ci metterà dentro un po’ di anti-leghismo o di campanilismo anti-lombardo, si parlerà di razzismo, e poi finito lì, fino alla prossima morte. Tutto qui? E’ soltanto questione di agricoltori cinici e crudeli?

Io credo di no. Il problema è più grande, deriva dalla mentalità italiana, quella del giudicare le cose in modo astratto, del concentrarsi sulle teorie ideologiche e sulle risse da talk show invece che sui problemi concreti e sulle soluzioni pratiche. Perché il problema fondamentale nasce dall’avere milioni di persone, in Italia, che lavorano nei nostri campi e nelle nostre fabbriche ma non esistono; cioè, tutti sanno che esistono, ma guai ad ammetterlo apertamente.

In un paese civile, si direbbe: bene, abbiamo questi milioni di persone, vogliamo magari evitare di attrarne troppi altri, però questi ci servono per mandare avanti l’economia; troviamo un modo di gestirli, di dargli una condizione accettabile e qualche diritto, e insieme di controllare che non facciano danno e non si dedichino al crimine, altrimenti li puniamo con severità.

Da noi, no. Le uniche proposte sul tavolo sono: da una parte, una ideologia (di destra) secondo cui l’immigrato è un criminale a prescindere, minaccia la nostra meravigliosa cultura primigenia, va preso a sputi e comunque cacciato appena possibile; dall’altra, una ideologia (di sinistra) secondo cui l’immigrato è un santo a prescindere, va accolto e tutelato e aiutato molto più di quanto non si faccia con l’italiano medio, e se delinque non importa, anzi punirlo per i suoi crimini è razzismo.

Della realtà, non frega niente a nessuno; di trovare un compromesso accettabile ed efficace, che migliori le cose per tutti, meno che meno; l’interesse si concentra sulla discussione da talk show, sempre più esasperata, tra i sostenitori delle due ideologie. Andare a vedere chi delinque e chi lavora, espellere i primi e aiutare i secondi – operazione faticosa, ma unica via per l’integrazione – pare una idea folle, che si prende regolarmente le critiche di entrambi, essendo non abbastanza razzista per quelli di destra, e non abbastanza buonista per quelli di sinistra.

E quindi, continuiamo a non far niente. Non facciamo niente per i bambini rom; certo che prendergli le impronte non è il massimo della vita, ma sarà comunque un po’ meglio che abbandonarli allo sfruttamento dei loro genitori? E non facciamo niente per i braccianti indiani, salvo poi indignarci quando, a causa del loro status di fantasmi, ci rimettono la pelle sul prato.

Indigniamoci pure verso l’agricoltore mantovano; eppure mi pare difficile che fosse lì, bello contento, a gridare “meno uno, viva i Celti!” dopo che uno dei suoi lavoratori c’era rimasto secco. Più facile che, come tutti gli italiani, cercasse in qualche modo di arrangiarsi; di non rimanere col cerino in mano, vittima sacrificale di turno per gli editorialisti dei quotidiani e per le arringhe politiche ad uso delle telecamere.

Questo è un paese che, da secoli, si arrangia in tutto; che non risolve i problemi in modo sistematico, anzi non li risolve proprio, e lascia alla fantasia di chi per sfiga se li ritrova singolarmente sulle spalle il compito di trovare una via d’uscita, alle volte simpatica, talvolta geniale, quasi sempre irregolare e ogni tanto decisamente criminosa; o di restarci preso in mezzo.

E’ un peccato che, in un mondo globale, sovrappopolato e complesso dove la società può stare in piedi solo se organizzata come un orologio, arrangiarsi non funzioni più; non si possono mettere toppe su toppe. Non sono più solo i clandestini a morire; a forza di arrangiarsi, è l’intera nostra società che muore.

[tags]mantova, indiano, clandestino, infarto, società, italia, razzismo, immigrazione, morte[/tags]

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mercoledì 9 Luglio 2008, 14:40

Siamo caduti proprio sull’uccello

Ma solo io ho pensato che la gran cagnara che hanno montato oggi tutti i giornali, criticando la Guzzanti per la volgarità degli epiteti rivolti alla strana coppia Carfagna – Ratzinger (peraltro, per la prima, gli stessi epiteti che da giorni pensa mezza Italia), sia stata accuratamente scelta per evitare di parlare del problema, ossia di come Berlusconi, ripreso il potere, abbia accelerato sulla strada dei provvedimenti legislativi ad personam, della repressione di qualsiasi dissenso e in ultima analisi della dittatura?

Il commento di Mantellini è completamente condivisibile; ma non è che quel genere di commento è proprio ciò che i giornali volevano, seguendoli sul loro tentativo di cambiare argomento?

[tags]berlusconi, guzzanti, carfagna, ratzinger, giornali, mantellini, blog, dittatura[/tags]

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mercoledì 9 Luglio 2008, 08:31

Revolution #9

(da una chat di ieri sera)

vb> l’italia è veramente piena di peracottari
vb> del tipo “so che mi cerchi e invece di dirti qualcosa non rispondo alle mail e alle telefonate”
am> si
am> fastidioso
vb> eh…
vb> con sms “ti chiamo dopo” senza mai richiamare
am> cmq sono solo io ad avere l’impressione che silvio e soci stavolta scopriranno le carte con una serie di mosse a cominciare dal rendersi impunibili forever and ever per poi implementare l’agenda della p2?
am> e che a prescindere da che azioni correttive successive potranno essere implementate questo cambiera la bilancia del potere in italia?
vb> sì ma noi ci stiamo organizzando
am> cioe’, mi pare che ci siano tutta una serie di forze che stano aspettando il via
am> e che questo ia uno dei motivi della stagnazione della nazione
vb> mah, forse è la quiete prima della tempesta
am> semplicemente perche’ i poteri economici stanno aspettando il momento propizio
am> esatto
vb> magari saranno rivolte di massa per il pane eh
am> nono
am> sto parlando di una cospirazione
am> che cerca il suo big bang da 14 anni
am> e che siccome la situazione non e’ propizia tiene tutto fermo
vb> molto più di 14 anni, sono almeno 30
am> mah
am> cioe’, mi vien da pensare… siamo cmq nel framework EU, potremmo lasciarli fare, QUANTO peggio puo’ essere?
am> che star fermi, dico
vb> lasciarli chi?
vb> la p2?
am> si
am> cioe’, non possono mettere su una dittatura
vb> mah, comunque ci sarà una riduzione progressiva del livello di vita, il massimo che puoi sperare è restarne fuori
vb> scusa, questa non è molto diversa eh
am> beh si
vb> uno mette su per scherzo una finta telefonata tra berlusconi e confalonieri e gli fanno sparire il sito in due ore…
am> sto parlando liberamente, eh
vb> sì, finchè sei irrilevante
am> nel senso… non credo che la situazione sarebbe poi cosi’ diversa, con la differenza che almeno le ruote comincerebbero a girare di nuovo
am> e magari nel tempo la ruota potrebbe girare (non le ruote, la routa)
vb> sei un po’ alla frutta, mi sa
vb> assuefazione alla mancanza di futuro
am> ecco
am> quello io volevo capire
am> non e’ che io la pensi cosi’
am> ma siamo sicuri che sia il worst case?
am> cioe’, il prolungamento di questa paralisi potrebbe essere peggio
am> cmq la mancanza di futuro e’ strutturale nel mondo
vb> peggio per chi, per cosa?
am> o almeno per una buona parte della sua popolazione, oppure per il suo livello
am> per tutti
vb> non c’è mai limite al peggio
am> ecco
am> va bene, mi hai convinto
am> pero’ che si fa?
vb> spe’ che tra un po’ te lo dico
vb> ora non c’è più spazio sul margine del foglio

[tags]beatles, berlusconi, p2, rivoluzione[/tags]

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lunedì 7 Luglio 2008, 10:12

A Genova fa troppo caldo

A Genova deve fare davvero caldo, perché ieri sono tutti impazziti.

Il primo episodio è quello in cui, sull’autostrada del mare, una Golf di tamarri diretti in spiaggia rimane bloccata in corsia di sorpasso dietro un ingegnere trentenne sulla sua alternativa Citroen. Lo scontro di culture è agghiacciante: i tamarri fanno i fari, suonano il clacson, chiedono di passare; l’ingegnere se la prende e non accenna a spostarsi, probabilmente andava già quasi alla velocità limite, o non aveva voglia di rimettersi in mezzo ai camion sulla corsia di destra, o semplicemente gli stavano sulle scatole i tamarri che vogliono passare a tutti i costi. Secondo il TG5, l’ingegnere risponde anzi con i gestacci.

Peccato per lui che abbia commesso un piccolo errore di calcolo: in fondo all’autostrada c’è un casello, dove le auto si devono fermare in coda. A quel punto i tre tamarri scendono e gliene danno di santa ragione, 35 giorni di prognosi; poi ripartono e vanno in spiaggia come se nulla fosse, dove vengono presi dalla Polizia.

Naturalmente sono ben contento che i tamarri finiscano in galera, però c’è da ricordare una delle prime leggi della vita di strada, insegnatami al primo giorno di trasferta dai miei compagni ultrà: se cerchi la rissa, la trovi, e te ne becchi un fracco, poi non andare a piangere dalla mamma; se invece non vuoi la rissa, non fare lo smargiasso e fila via in silenzio.

Diversa è la storia dello sfratto alla signora con figlia disabile, inviato dal Comune proprietario dell’alloggio su richiesta dei vicini, stanchi delle crisi di follia con conseguenti urla belluine in piena notte; lo sfratto è giunto di fronte al rifiuto della signora di trasferire la figlia in una casa di cura. Naturalmente Repubblica ha subito scatenato il peggior buonismo: e povera disabile, e non è giusto, e vicini stronzi, e Comune insensibile. In realtà, i disabili non devono essere discriminati per il loro stato, ma non per questo possono avere il diritto di violare le regole di convivenza civile e di rendere la vita impossibile agli altri; io troverei soltanto giusto che una persona che – non per colpa sua – non è in grado di controllare il proprio comportamento venga ricoverata in una struttura apposita. Ma evidentemente sono stronzo anch’io.

[tags]genova, rissa, autostrada, tamarri, disabili, sfratto[/tags]

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giovedì 3 Luglio 2008, 16:48

La più grande trollata della storia

Questa la bloggo subito, così non ve la perdete: la signora Amabile, di cui già parlammo esaustivamente, oggi ha avuto la bella pensata di fare un post per denunciare la terribile usanza dei musulmani di sposare bambine di un anno e poi violentarle quando ne hanno nove (anche la Amabile ogni tanto parla male degli immigrati; la regola infatti è che immigrato = povera vittima da giustificare a qualsiasi costo, a meno però che sia maschilista, nel qual caso diventa un porco maschio sciovinista da mandare immediatamente al rogo). Naturalmente, per quanto l’Islam sia pieno di integralisti che sostengono le peggiori assurdità (ma non è che manchino i predicatori cristiani di pari demenza), nessuna persona sana di mente crederebbe che nei paesi arabi le persone usino comunemente sposare bambine di sei anni e poi farci del sesso; e però qui c’è la prova: un video tradotto nientepopodimenoche da un ufficiale del Mossad, fonte assolutamente imparziale! Quindi l’isteria collettiva si è scatenata, invocando impiccagioni e pene di morte.

Ma non è tutto, perché verso la terza o quarta pagina di commenti (partendo dalla fine; nell’orrendo sistema della Stampa bisogna andare a mano fino all’ultima pagina e leggere tutto al contrario) salta fuori un troll galattico, che si firma Nabil, che fa la parte del musulmano caricaturale dei sogni di Borghezio. Di lì in poi, scatta il finimondo e decine di italiani medi cominciano a sbavare trottando, gettando allo stesso tempo una luce inquietante su quanto siano scarse le possibilità che a Torino non si verifichino scontri etnico-religiosi nei prossimi anni.

Comunque, se vi muovete, fate ancora in tempo a partecipare…

[tags]islam, religione, la stampa, amabile, troll[/tags]

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