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Archivio per la categoria 'Life&Universe'


mercoledì 13 Febbraio 2008, 12:11

La capra

Sono oggi venticinque anni da un giorno che entrò nella storia collettiva di Torino molto più di tanti altri, che pure forse risalteranno più di esso sui libri del futuro.

Il 13 febbraio del 1983, infatti, in una via elegante che non è più centro ma non è ancora periferia, bruciava in quaranta secondi il cinema Statuto. Il locale era stato appena ristrutturato, ed era stato visitato poche settimane prima dalla commissione addetta, che aveva dato l’autorizzazione alla riapertura. Sul tessuto sintetico dei rivestimenti c’era scritto “Produce fumo”, ma in realtà, bruciando, produceva acido cianidrico. In più, le uscite di sicurezza della galleria erano chiuse, e così, mentre chi stava sotto si salvò, chi stava sopra non riuscì a scappare. I morti furono sessantaquattro. Le immagini sono pesanti, e non le raccomando.

Per anni, il cinema annerito rimase lì, con i manifesti della Capra – un film altrimenti dimenticabile con un giovane Depardieu – a testimoniare di quella inquietante manifestazione del diavolo, di cui la capra è da sempre uno dei simboli. Alla fine, qualcuno ebbe il cuore di demolirlo e di costruirci sopra un condominio, anche se non so quanto sia stato facile vendere quegli appartamenti.

A venticinque anni di distanza, ci siamo tutti abituati a quelle misure che all’inizio trovammo eccessive, gravose, con infinite proteste di chi vedeva locali e sale chiudere. A posteriori, sono l’unica conseguenza positiva di quella tragedia, insieme a una cultura per cui, almeno a Torino, abbiamo tutti l’occhio alle frecce verdi e alle uscite di sicurezza.

E poi, rimangono le storie spicciole. Quelle dei parenti, che restano con le domande senza risposta, e che comprensibilmente hanno bisogno di incarnare il diavolo in qualcheduno, e di trovare una capra da sacrificare. Quella del proprietario del cinema, spezzata anch’essa dal male (i burocrati invece si salvarono, così come i produttori del tessuto). Le tracce piccole ma profonde, spesso segrete, che tornano alla luce dal profondo, ma solo quando si trova il coraggio di scoperchiarlo ancora. Le storie che sconfinano in leggenda di chi ci doveva andare e all’ultimo non c’è andato, di chi c’è andato ed è uscito cinque minuti prima, per arrivare poi all’immancabile seduta spiritica.

Ma mai come in questo caso – pur con tutta l’importanza della giustizia degli uomini – si ha la sensazione di una vicenda che scorre su di un altro piano: quello negato e sepolto dell’equilibrio instabile, e mai veramente spiegato, tra le forze del bene e del male.

[tags]cinema, statuto, capra, torino, diavolo[/tags]

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domenica 10 Febbraio 2008, 11:30

Vecchi amori

Sembra una vita fa, e invece erano solo due anni e mezzo, quando un biondino nudo sculettava lieto per il prato del vecchio Stadio delle Alpi, facendo promesse d’amore alla maglia granata.

Poche settimane dopo il Toro falliva, e in un’estate caldissima Federico Balzaretti saltò prontamente sul carro bianconero. Due terzi di Torino, già frustrati dall’epilogo della vicenda cimminelliana e dal futuro incerto della squadra, esplosero di rabbia, tappezzando la città di insulti e minacce (pur non arrivando mai al punto da impedirgli di continuare a vivere tranquillamente in città).

Da allora, molto è cambiato. Il Toro ha una dirigenza completamente nuova, una squadra ricostruita da zero a un livello molto superiore di quella di allora, prospettive comunque credibili per il futuro. La promettente carriera di Balzaretti è finita giù per lo scarico: il suo primo anno alla Juve terminò con Calciopoli e la retrocessione, tanto da qualificarlo ufficialmente come un portasfiga mica male. Dopo l’anno di B bianconera fu scaricato senza tanti complimenti, finendo a far panchina per sei mesi alla Fiorentina, fino a venire ulteriormente scaricato al Palermo in questo mercato di gennaio.

E così soltanto oggi pomeriggio, per la prima volta dopo due anni e mezzo, Balzaretti tornerà di fronte al pubblico granata, per il debutto da avversario. Molti si sono preparati per tutta la settimana, addirittura acquistando fischietti a mazzi e inventando nuovi cori; il delirio che ha fatto impazzire Rolando Bianchi, promettono, non sarà nulla in confronto.

In realtà, penso che non succederà molto; perché rivedendo le immagini di più sopra ci si rende conto che davvero tantissima acqua è passata sotto i ponti granata. E’ come quando ti lascia una fidanzata con cui ci si è molto amati, e sulle prime si schiuma di dolore e di rabbia, e poi piano piano ci si abitua alla mancanza; e infine, dopo anni, la si reincontra per caso e ci si rende conto che non è rimasto più niente, che ogni sentimento è sfumato nell’indifferenza, e che anzi non si capisce più nemmeno cosa si trovasse di tanto speciale in quella persona.

[tags]toro, torino, palermo, calcio, serie a, balzaretti[/tags]

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sabato 26 Gennaio 2008, 20:55

Girone infernale

Cioè le Gru al sabato pomeriggio: io dovevo andarci assolutamente, ma non è stato un bel vedere. Anzi, mi ha fatto pensare molto male degli esseri umani.

E non parlo mica di carenze minime, tipo il tizio che entra da Fnac e chiede al commesso se ha preson bric; e io fossi stato nel commesso gli avrei risposto “sì, e ci ho messo il latte”. No, sto parlando proprio di torme di persone il cui comportamento non ha nulla di ciò che distingue gli uomini dalle bestie.

In fondo, chi legge questo blog è una piccola minoranza; per arrivare fin qui bisogna già avere un computer, un accesso a Internet, la conoscenza per usarli e l’interesse per gli argomenti più vari. Il resto dell’umanità nei paesi sviluppati vive in una naturale sequenza dormire – mangiare – cagare – trombare – comprare cellulare che riproduce senza variazioni il comportamento dei protozoi di milioni di anni fa; a parte l’ultima azione che è culturale, e probabilmente i protozoi per sentirsi accettati dal mondo si scambiavano pendagli di ameba o frammenti di alga, o magari andavano in chiesa a sentire un protoratzinger.

Tutto ciò, riportato ai giorni nostri, si esplicita in comportamenti quali:
a) mettere al mondo dei figli che devono assolutamente mangiare uno yogurt in mezzo ai tornelli d’ingresso del Carrefour, rischiando ovviamente l’investimento da parte della folla;
b) mettere al mondo dei figli che devono urlare “voglio la mamma” almeno 120 volte di fila senza mai prendere fiato tra l’uno e l’altra, a volume altissimo, senza che tu ti ritenga obbligato a dargli i quattro educativi ceffoni che serviranno a non farli diventare dei drogati quando compiranno quindici anni;
c) assillare il povero commesso del Mediaworld, indaffarato con altri dieci clienti, chiedendo come fai a mettere l’antenna dell’autoradio che prenda anche la TV e però abbia anche le lucine tipo Supercar;
d) litigare col tuo lui perché ha ricevuto una telefonata di Pina (che con un nome così, non me la vedo a fare la sciantosa) e poi darti un appuntamento per far pace davanti al municipio di Nichelino;
e) lamentarti che ti sono venute le pustole in faccia dopo che il tuo lui ti ha baciato lì sopra con troppa foga;
f) eccetera eccetera.

Giuro, la prossima volta torno al Lidl, dove almeno non ci sono italiani per cui non capisco cosa si dicono!

[tags]le gru, centro commerciale, tarri al sabato pomeriggio, nichelino spacca[/tags]

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giovedì 24 Gennaio 2008, 18:17

Epifanie

Il vero momento del trasloco è quando per la prima volta nella casa nuova, dopo giorni passati a scaricare e spostare scatoloni e pezzi di mobilia, ti viene istintivamente da toglierti le scarpe e metterti le pantofole.

[tags]trasloco[/tags]

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domenica 13 Gennaio 2008, 14:29

Buoni e cattivi

Oggi è domenica e quindi vi do requie sulle mie lamentazioni ed esperienze organizzative: vorrei invece linkare, via Fabbrone, un post su Craigslist che espone una teoria molto popolare tra i maschi, e in particolare tra i maschi che con le donne combinano poco; ossia quella secondo cui le donne sfruttano i bravi ragazzi, spesso consapevolmente, ma si concedono solo a quelli cattivi.

Inseguire solo ciò che non si ha, senza accorgersi di ciò che si può avere, è un tipico comportamento immaturo, per quanto naturale. Tuttavia, con il tempo ho imparato a vedere anche l’altro lato della questione, ossia il fatto che un uomo che dispone soltanto del proprio lato arrendevole è biologicamente un partner debole e con buone probabilità di soccombere, e questo è il motivo per cui viene istintivamente scartato da un esemplare femmina in cerca di accoppiamento riproduttivo. Ciò detto, è effettivamente vero che uno dei fenomeni più difficili da capire per gli uomini è come molte donne tendano non solo a perdere la testa per emeriti stronzi, ma a continuare a farlo ben oltre la soglia di naturale apprendimento dei 20-25 anni.

[tags]psicologia, coppia, amore, uomini e donne[/tags]

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martedì 25 Dicembre 2007, 09:48

Il senso del Natale 2007

Anche quest’anno vi tocca il pippone di Natale: adesso non è che possiate pensare di cavarvela uppando subdolamente il pippone di Natale dell’anno scorso! E’ vero che dice in parte le stesse cose, ma questo è il pippone di Natale nuovo e come tale ve lo dovete pippare. Buon Natale.

Fin da bambini ci educano a pensare che il Natale sia il momento migliore dell’anno, un momento di tranquillità, felicità e di bontà per tutti.

La realtà è ben diversa: ad una analisi oggettiva dei fatti, il Natale è invece caratterizzato dall’essere il momento più stressante. Per settimane, il traffico diventa ingestibile, e le persone si affollano per spendere una quantità spropositata di denaro in regali altrettanto ansiogeni: e cosa prendo per Tizio, e cosa prendo per Caio, e se lo faccio a lui devo farlo anche a lei, e se per caso poi non piace, e se poi ce l’ha già.

Quando poi arriva il momento della festa, i casi sono solitamente due: o vi toccano pranzi e cene con i parenti – magari a tappe, se siete nel numero crescente di persone che dispone di più di un gruppo di parenti in rotta tra loro – nei quali, visto che i parenti non si scelgono, spesso ci si sente in imbarazzo, quando poi non riemergono le liti ancestrali per l’eredità del bisnonno; oppure rimanete da soli e vi sentite tagliati fuori dal mondo, abbandonati e inutili.

Non è quindi un caso che il periodo di Natale sia, secondo i dati, uno di quelli in cui più si addensano suicidi, liti e casi di follia omicida; che poi sarebbe il caso di smettere di chiamarli “follia”, visto che praticamente sempre hanno cause estremamente chiare e maturate lungo un cospicuo periodo di tempo, perché l’uomo non agisce mai senza un motivo.

Ciò nondimeno, pur essendo coscienti di tutto questo, c’è comunque modo di vivere il Natale in un modo più tranquillo e insieme più profondo. Mi scuso quindi in anticipo se non ho fatto regali quasi a nessuno, perché l’idea di pescare un CD o un libro a caso mi sembra insensata; e se è vero che è il pensiero quello che conta, il pensiero per me è l’osservare una necessità o un desiderio di un altro e cercare di soddisfarli, il che può avvenire in un qualsiasi momento dell’anno, a intervalli irregolari, e non necessariamente sotto una festa comandata.

Vorrei invece utilizzare il post di Natale per ricordare che c’è una dimensione più profonda e spirituale in tutto ciò che facciamo; qualunque sia il senso che voi attribuite alla ricorrenza, oggi può essere un buon momento per pensare al proprio piccolo ruolo nel mondo, in relazione con tutto ciò che ci circonda, e a come ci si propone di interpretarlo.

L’altro giorno su La Stampa era riportato un aneddoto raccontato da don Piero Gallo: una signora ha appena subito un grave lutto e non riesce a riprendersi. Le amiche le dicono “Ora è tempo di farsene una ragione”; ma lei risponde che la ragione se l’è già fatta, ma non è servita, perché non è con la ragione che si soffre, ma con il cuore. La nostra società è basata sull’ossessione della razionalità, e la nostra educazione è spesso concentrata sullo sviluppo delle nostre capacità intellettive; eppure non è la razionalità a determinare se siamo o non siamo felici, ma la nostra sfera emotiva.

Imparare ad esaminare, riconoscere e condividere le nostre emozioni è una impresa a cui siamo poco abituati; ma è anche la strada per ritrovare l’armonia con la nostra parte più profonda, con gli altri e con l’immensità della natura. Il Natale dovrebbe essere il momento in cui, lasciando per un attimo da parte le carte di credito e i panettoni, ci si dedica almeno un po’ a ricercare la via.

[tags]natale, pipponi[/tags]

P.S. Per il resto, sottoscrivo in pieno il post di Suzukimaruti e faccio mie tutte le sindromi ivi descritte.

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domenica 2 Dicembre 2007, 17:09

La Grande Muraglia

Oggi siamo stanchissimi: qui è mezzanotte, domani mattina ho la sveglia alle otto e un quarto e in teoria ho anche un’altra sveglia alle tre e mezza di notte per seguire in streaming Toro-Genoa (ma ammetto che potrei dare forfait).

Oggi io e il mio socio (gli altri due del gruppo erano stanchi e sono rimasti in albergo) siamo andati prima alla Grande Muraglia e poi al Tempio del Paradiso; e la giornata ha dato un senso al nostro viaggio. Credo infatti di avere cominciato a capire alcune cose della cultura cinese, per quanto lo si possa fare al terzo giorno di incontro.

Alla Grande Muraglia, tratto di Mutianyu, arrivi prima per una moderna autostrada a tre corsie – le corsie peraltro sono irrilevanti, ci si stringe e ci si infila come in un videogioco – che ha un costo occidentale, due euro per quaranta chilometri; poi per una bellissima strada di campagna che si snoda sulle pendici di una montagna costeggiando un lago e sembra Svizzera; è fiancheggiata da due strette file di pioppi che sono state dipinte per mezzo metro di bianco per fare da paracarro. Poi si attraversano un paio di villaggi di campagna, più che dignitosi e pieni di lampioni alimentati da pannelli solari, e si risale per un po’ una valle; e poi all’improvviso si vede là, proprio sulla cresta delle alte montagne, la muraglia che si staglia sotto il cielo e si estende a perdita d’occhio, con tanto di diramazioni e torri di guardia sulle montagne circostanti.

Per fortuna c’è una funivia per salire; in cima il cielo è terso e non c’è una nuvola, e l’aria sa già di ghiaccio, proprio come sulle nostre montagne (anche se qui siamo solo a un migliaio di metri di quota). Ci vuole un po’, magari anche un’ora di camminata in cima al muro, per capire perché è così straordinario, visto che anche noi abbiamo le nostre montagne e anche noi abbiamo le nostre fortificazioni, che non saranno lunghe settemila chilometri e costruite senza sosta per diciotto secoli, ma sono comunque imponenti.

Eppure ce l’aveva detto il nostro autista, prima di lasciarci andare: “you should walk by foot, it is good for body and soul”, e noi a guardarlo senza capire, “sure, sure”. Certo si fa una fatica notevole, perché il muro non è mai piatto, ma continua ad andare su e giù, ora di poco, ora ripidamente, per sequenze infinite di piccoli scalini.

E però è proprio quella la rivelazione, ciò che non si nota ma è la radice della perfezione di questo monumento; il fatto che non una pietra, non una roccia della montagna siano state tagliate o spostate per far passare il muro. La costruzione è adagiata sui monti come una corda sulla schiena di un dragone; ne segue le sinuosità naturali senza mai interferire con esse. Anche quando ciò costringe il muro a impennate quasi verticali, non c’è mai un terrapieno, un livellamento, uno sbancamento, una variazione di altezza o di spessore, a parte le casupole quadrate, semplici eppure meravigliosamente decorate, poste ad intervalli pianificati con tale cura da non farsi notare, ovvero là dove non disturbano la forma della montagna.

C’è una placca a un certo punto del sentiero che ritorna alla base della funivia, che spiega che la Grande Muraglia è bella perché è armoniosa. A prima vista sembra una di quelle affermazioni incomprensibili che si ottengono quando gli orientali traducono le proprie frasi – sequenze di concetti rappresentati per immagini – in modo letterale: arrivi al fondo e hai capito tutta la frase, ma non l’hai compresa. Bisogna arrivare in cima alla Grande Muraglia, faticare sui gradini e insieme respirare il vento e insieme ammirare la vista e insieme dimenticarsi ciò che si è, per capire cos’è l’armonia, l’unione e l’equilibrio perfetto di sostanza e spirito, di sé e di altro da sé, di individuo e natura; talmente perfetto da risultare ovvio, invisibile come uno zero, come due onde uguali ed opposte in totale sincronia.

A quel punto tutto è in discesa; anche il Tempio del Paradiso non è più un insieme di pagode a caso, ma una escrescenza naturale del terreno, anche se costruita dagli uomini. Si capisce perché un nuovo quartiere di lusso venga pubblicizzato come la sede per una “flawless life”, ossia una vita in cui nulla turbi l’armonia. Il termine “armonioso” compare ovunque: solo due settimane fa all’IGF i cinesi organizzarono un workshop su come realizzare una “harmonious Internet”, e tutti noi occidentali a ridergli dietro, o peggio ad accusarli che il termine nascondesse soltanto desideri censori. In realtà, temo che a noi manchi una intera categoria dello spirito.

[tags]cina, pechino, grande muraglia, mutianyu, tempio del paradiso, armonia[/tags]

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lunedì 26 Novembre 2007, 23:43

Ancora matrimoni

Oggi sono andato ad un inconsueto matrimonio feriale in quel di Borgone di Susa, uno dei paesi della media valle. Anche evitando accuratamente l’autostrada – uscendo cioè ad Avigliana ovest – per non pagare tre euro e quaranta per quindici chilometri di rettilineo, ci si arriva in mezz’ora; ed è stata una delle più belle mezz’ore degli ultimi tempi.

Infatti, dopo una settimana di pioggia, oggi il cielo era finalmente azzurro e luminoso, appena striato da qualche nuvola alta. Tutto ciò si rifletteva nel freddo intenso delle cime delle montagne già innevate, che mostravano interi versanti di neve bianca immacolata, che dissolvendosi poi nei boschi qualche centinaio di metri più in basso si specchiavano infine nei prati fangosi e giallini del fondovalle.

Effettivamente in giornate così gloriose si capisce come sarebbe opportuno evitare di rovinare anche questa valle; peraltro la sindachessa che ha sposato i miei amici è notoriamente una delle pasionarie del movimento No Tav. Sono stato tentato di trollare, ad esempio indicando il portone del municipio ed esclamando ad alta voce “Ma quand’è già che tirano giù ‘ste quattro baracche per farci la ferrovia?” (tra l’altro la sala del municipio di Borgone ha un soffitto bellissimo). Ma era un giorno di festa, suvvia.

Il matrimonio è sempre un giorno rischioso per tutti; non è un caso che nei millenni l’umanità abbia imparato a stenderci sopra strati e strati di pittura irrigidente, a base di riti, giuramenti e comandamenti, per evitare che il naturale e contrastante desiderio biologico degli esseri umani (della donna di riprodursi con sicurezza, e dell’uomo di spargere il seme il più possibile) provochi l’autodistruzione della specie a forza di coltellate e ratti delle Sabine, o più prosaicamente scoppi di rabbia o di desiderio all’interno della cerimonia stessa. Oggi però è andata generalmente bene, non tanto per me (non avevo dubbi) quanto per un paio di altre persone che, insomma, hanno telefonato molto, fatto qualche passeggiata e preso in prestito bambini altrui, ma in generale sono state bene.

Il matrimonio in questione, poi, era mezzo russo; io avrei anche provato a simpatizzare su falci e martelli, ma la cravatta rosso-bianco-azzurra del padre della sposa mi ha subito suggerito che forse non era il caso. Anche il cibo non è stato utile, visto che gli italiani hanno snobbato il borsc, mentre i russi sono rimasti istintivamente schifati dalla carne all’albese (“cruda?”). Però abbiamo simpatizzato lo stesso, e poi il gruppo maschi giovani ha messo in piedi pure la banda con tanto di batteria e amplificazione, tra le imprecazioni del gruppo anziani e un po’ anche del gruppo giovani madri abbandonate coi pargoli dai giovani maschi.

Devo però aprire una parentesi per lanciare un appello a tutti coloro che mettono musica ai matrimoni: come canzone conclusiva della festa, non è affatto appropriato scegliere Can’t Help Falling In Love di Elvis Presley.

Certo, è un pezzo romanticissimo e pieno di melensaggini, oltre che molto famoso e rifatto un po’ da chiunque. Peccato però che la canzone di Elvis (che era tanto bellino e certamente un animale da palco, ma non precisamente un gran compositore) sia una scopiazzatura dalla romanza classica Plaisir d’amour, composta nel 1785 dal tedesco Jean-Paul Martini su una melodia e un ritornello che secondo alcuni risalgono addirittura al medioevo; questa ne è l’esecuzione anticlassica (non impostata), basata sull’orchestrazione del Berlioz (1859), che ne diede il Maestro in Come un cammello in una grondaia:

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Purtroppo per i romantici, il testo originale di Jean Pierre de Florian è ben diverso:

Plaisir d’amour ne dure qu’un moment,
Chagrin d’amour dure toute la vie.

J’ai tout quitté pour l’ingrate Sylvie.
Elle me quitte et prend un autre amant.

Plaisir d’amour ne dure qu’un moment,
Chagrin d’amour dure toute la vie.

Tant que cette eau coulera doucement
Vers ce ruisseau qui borde la prairie,
Je t’aimerai, me répétait Sylvie,
L’eau coule encore, elle a changé pourtant.

Plaisir d’amour ne dure qu’un moment,
Chagrin d’amour dure toute la vie.

Suggerirei quindi che non è il caso… nè in termini di buoni suggerimenti aiuta il CD che avevo in macchina al ritorno, che ha tirato fuori People In Love degli Art Brut, che prima o poi meriteranno ancora un post a parte: People in love lie around and get fat / I didn’t want us to end up like that / To every girl that’s ever been with me: / I’ve got over you eventually.

Queste però sono soltanto alcune delle varie (per quanto non troppo) possibilità dei rapporti di coppia. Oggi in sala ce n’erano parecchie di migliori, e ciò costituiva una delle cose più piacevoli della festa; in fondo, al di là della cerimonia e del tentativo di instaurare vincoli, il punto più a favore del matrimonio è il sottolineare una fase bella della vita. A una certa età sappiamo già tutti che non sempre la vita è rose e fiori, e proprio per questo è bene evidenziare le parti che lo sono.

[tags]matrimonio, elvis, martini, battiato, art brut, borgone[/tags]

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domenica 25 Novembre 2007, 17:23

Oooooohh…

Eccola, finalmente in questi giorni è arrivata:

DSC01201s.JPG

Solo con Star Alliance quest’anno ho fatto oltre 120.000 miglia, senza contare un intercontinentale con Iberia e due con Air France/KLM, e così mi è arrivata la carta oro di Miles & More. Non è tanto questione dei voli gratis che potrò prendere con le miglia, ma di comodità: già con la carta business (argento) potevo accedere alle lounge, e quindi a cibo e bevande gratis, giornali, poltrone, docce, e uno spazio comodo dove trascorrere le due o tre ore di attesa che talvolta ti capitano. Con la carta oro, si può entrare in qualsiasi lounge Star Alliance con un accompagnatore e usufruire dei check-in di first class anche viaggiando in economy, per non parlare del fatto che ti garantiscono la possibilità di comprare un volo, purché in classe a prezzo pieno, fino a 48 ore prima della partenza anche se il volo è già pieno; in altre parole, buttano giù dall’aereo qualcuno che ha già comprato il biglietto pur di far posto a te.

Certo, ai miei amici ogni tanto arriva un bambino, mentre a me arriva la carta Senator di Lufthansa: dovrei trarne indicazioni?

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lunedì 5 Novembre 2007, 20:55

Cognomi

Ieri sera ho visto al telegiornale un servizio su questa notizia. Sono cose che purtroppo succedono di frequente, ma ciò nondimeno ho notato subito il cognome, il luogo, l’età. Poi ho pensato: in fondo chissà quanti Didonè ci sono attorno a Padova, sono io che sono apprensivo, vuoi mica che una cosa del genere succeda proprio ad un amico. E poi – lo so, sembrerà puerile, ma in fondo io leggo i blog per stare insieme alle persone, per sapere cosa gli succede – sono andato a controllare il suo blog. Non c’era nulla. Ho tirato un sospiro di sollievo.

Stasera sono tornato a casa dopo una giornata in giro – appuntamenti, commissioni, mi si è pure rotta la macchina in mezzo alla strada – e, sul mio instant messaging sempre aperto e abbandonato, trovo un messaggio di Fabbrone: “hai saputo del dido?”.

Ecco, lì mi si è gelato il sangue nelle vene. Sono tornato sul blog, e ci ho trovato questo.

Ora vorrei impilare uno sull’altro tutti i miei “non è possibile”, e sapere che farne e cosa dire. Non lo so, e quindi mi limito a fare testimonianza di abbraccio virtuale: che quando negli alti e bassi della vita capita a qualcuno un basso del genere, è questo ciò che gli possiamo fare.

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