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Archivio per la categoria 'StillLife'


mercoledì 28 Maggio 2008, 17:40

Premio produzione

Io, oggi pomeriggio, ho prodotto: se vi venisse utile una applicazione mistica delle regexp in Perl, a scopo split ed elaborazione di dati da file CSV con valori particolarmente eterogenei, sfruttando quindi un mix di zero-width assertion, look-ahead assertion e look-behind assertion, faccio che copiare e incollare l’espressione da usare:

/(?:^|(?<!\\)\”|(?<=;)|(?<=NULL));(?:$|\”|(?=;)|(?=NULL))/

Invece, sono incerto a chi attribuire il premio di produzione della giornata, relativo alle attività collaterali.

Potrei darlo alla mia assistente personale di Websella (peraltro molto solerte e gentile nel rispondere), che alla segnalazione del fatto che ieri mi veniva negata l’autorizzazione per pagare online con la carta di credito mi risponde: “Ma non si sarà mica smagnetizzata?”.

Credo però che la palma spetti all’impiegata dell’ufficio postale di via Nicola Fabrizi (niente affatto dissimile da quello di via Stradella già noto ai miei lettori) dove io sono entrato alle 13:35, cinque minuti prima dell’orario di chiusura. L’ufficio era deserto, e c’erano quattro sportelli aperti con le impiegate che spostavano fogli da un lato all’altro dell’ufficio, oppure guardavano decisamente il vuoto.

Dovendo pagare due bollettini, ho pigiato sul primo pulsante, quello blu e marcato “Pagamenti, versamenti…”, e mi è uscito il numero A099. Proprio allora una delle quattro signorine preme il pulsante, suona il beep, e si illumina la scritta A098. Nessuno si presenta; del resto l’ufficio è vuoto, dal lato del pubblico ci sono solo io. Attendo quindi che la signorina ripigi per permettermi di pagare, e invece… niente. Riprende a spostare fogli da un lato all’altro del suo tavolo, ogni tanto guardando la vicina. Passano dieci secondi, trenta secondi, un minuto… io sono lì con i miei bollettini e il bancomat già in mano; l’ufficio è deserto; non voglio infierire, ma comincio a chiedermi se sia una candid camera; a un certo punto decido che la pazienza è finita, e mi avvicino.

Appena mostro di avvicinarmi, la signorina smette di spostare i foglietti, preme il pulsante, fa comparire A099, e mi dice in tono sgarbato: “Guardi che per pagare i bollettini deve prendere i C!”. In pratica, verso il basso della distributrice di bigliettini, qualcuno aveva appiccicato un foglietto, con scritto a mano in una grafia da terza elementare “SOLO BOLLETTINI”, a cui corrispondeva un ulteriore pulsante.

Ora, se anche avessi visto quella scritta, io avrei pensato – come insegna la logica – che il pulsante “SOLO BOLLETTINI” può essere premuto solo da chi deve pagare bollettini, ma ciò non implica affatto che chi deve pagare bollettini debba per forza premere quel pulsante, visto che più in su nell’elenco c’è un altro pulsante intitolato “Pagamenti”, con il simbolo dell’euro e un elenco di sottovoci che comprende esplicitamente i bollettini.

Tutto questo ragionamento, però, diventa estremamente inutile nel momento in cui l’ufficio è vuoto e ci sono quattro persone allo sportello con niente da fare; in una azienda normale, farebbero a gara tra loro per servire prima il cliente. Probabilmente, però, premendo A invece di C io sono finito nella coda di quello sportello invece che in quella dello sportello a fianco; e quindi ho costretto la signorina del mio sportello a ben quindici secondi di lavoro – peraltro nel pieno delle sue lunghe cinque ore e venticinque minuti di normale orario di sportello quotidiano – che sarebbero altrimenti toccati alla sua collega.

Ci sarebbe da sperare nell’informatica, se non fosse che Banca Sella ha appena abilitato la possibilità di pagare i bollettini postali dall’Internet banking, previa pagamento di una commissione di 1,25 euro che si somma all’euro chiesto dalle Poste. In pratica, far lavorare i computer invece che gli impiegati viene fatto pagare più del doppio, nonostante il costo per le strutture coinvolte sia un millesimo. Se questo è il privato, forse non era così scema la proposta elettorale di nazionalizzare le banche…

[tags]perl, italia, lavoro, banche, poste, fancazzisti, pubblica amministrazione mascherata da privato per non rispondere a nessuno[/tags]

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martedì 20 Maggio 2008, 19:36

Roma low cost

In occasione di questo giro a Roma, ho potuto provare il nuovo servizio di voli low cost tra Little Boxes e Little River. Da Torino a Roma, le alternative sono sempre state due: il treno, con un costo attorno ai 100-120 euro, e l’aereo, dove si poteva scegliere tra Air One e Alitalia, che si facevano “concorrenza” con prezzi tipo 165 euro una e 168 euro l’altra, fissi e costanti praticamente sempre. Ora, grazie alla compagnia romana Blue Panorama – originariamente specializzata in charter estivi – e al suo servizio low cost Blu-Express, esiste una soluzione che permette, comprando con anticipo, di fare andata e ritorno in aereo per 100 euro o anche meno.

Ci sono tre voli giornalieri, e il servizio è senza fronzoli; niente posti assegnati e cibo a pagamento. Gli aerei non sono nuovissimi, ma sempre meglio dei paleolitici MD-80 Alitalia; a Fiumicino si parte dal terminal AA, che sta all’esterno, subito a sinistra del terminal A. I miei voli erano puntuali, anche se quelli del parcheggio mi hanno detto che per il ritorno pomeridiano non è così frequente. Nel complesso, una buona soluzione, che però è ancora poco conosciuta (il volo di ritorno era pieno al 30%). Speriamo che duri.

[tags]voli, low cost, torino, roma, blu-express[/tags]

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lunedì 19 Maggio 2008, 10:21

Il prezzo di muoversi

Ieri sera stavo preparando una richiesta di rimborso spese per una trasferta a Pisa svolta a gennaio; per fare prima, ho aperto il file relativo a una trasferta analoga svolta nel gennaio 2007. La riga “pedaggio autostradale” del file recitava: “€ 42,30”. Così ho preso gli scontrini del viaggio fatto dodici mesi dopo, ho fatto i conti e ho inserito il nuovo totale: è risultato essere di € 46,40.

Ora, possono anche prendermi in giro con l’inflazione programmata al due per cento, ma se la matematica non è un’opinione l’aumento del pedaggio autostradale in un anno, almeno sulla tratta Torino-Pisa e ritorno, è stato del 10%. Vero è che l’anno scorso avevo ripreso l’autostrada a Viareggio – dopo una famosa sera in Versilia – e non a Pisa, quindi fino a un paio di euro di differenza saranno anche dovuti a quello, ma l’aumento dei pedaggi mi sembra comunque indecente, soprattutto a fronte del miglioramento dell’infrastruttura sulla tratta in questione (zero).

Ah, e ieri ho fatto carburante scoprendo che, in piena sintonia con il rapido passaggio degli italiani da auto a benzina a auto a gasolio, il prezzo del gasolio ha raggiunto quello della benzina. Ci credo che Moratti festeggia e compra un bidone milionario dietro l’altro… Hanno veramente la faccia come il culo.

[tags]prezzi, autostrade, benzina, inflazione[/tags]

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venerdì 9 Maggio 2008, 19:32

A chiamata rispondo

Oggi pensavo di essere io a far lo scherzetto alla mamma, portandole in dono una bella multa da 47,63 euro (da quando io ho l’auto aziendale, lei guida la mia vecchia auto, per cui le sue multe arrivano a me). E invece, lei ha ricambiato con l’annuale lettera dell’INPS, giunta ieri al mio vecchio indirizzo, che per quest’anno mi intima di pagare svariate migliaia di euro, e in particolare una prima rata di 695,91 euro entro il 16 di maggio, cioè venerdì prossimo.

Ora, non è che tutti abbiano lì sul conto in banca 700 euro belli pronti e sempre a disposizione per l’INPS: insomma, forse lo Stato potrebbe darsi una svegliata e garantirti un po’ più di preavviso che sette giorni, anche visto che quando sei tu che presenti la documentazione per un rimborso, lui a pagarti ci mette da qualche mese a qualche anno. A meno che, naturalmente, non si dia per scontato che un lavoratore autonomo abbia i suoi bei fondi neri a pronta disposizione, sotto forma di pile di denaro sotto il materasso, dalle quali può quindi attingere immediatamente i 700 euro senza alcun problema…

[tags]inps, tasse, pensione[/tags]

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mercoledì 7 Maggio 2008, 14:59

Lavoro?

(Nota: ho scritto questo post ieri sera, e siccome oggi sono uscito di casa alle 7 e rientrerò alle 23, ve l’ho lasciato in pubblicazione per il pomeriggio.)

Sono le 21, e dovrei essere altrove, ma ci ho rinunciato. Dovevo andare all’assemblea di condominio, ma alle otto e dieci, mentre l’acqua per la pasta bolliva, mi hanno chiamato con altro lavoro urgente da fare, per il famoso progetto cruciale di cui non può sapere niente nessuno, per cui ne chiacchiero abitualmente con gli amici senza mai dire cos’è.

Oggi non mi sono fermato un attimo: dalle nove del mattino è stato un continuo. Al mattino tendo anche a perdere tempo, leggo i giornali… quello è lavoro? No, è cazzeggio, anche se poi dai giornali arriva il blog, e il blog è… lavoro? No, anche se mi porta contatti e soprattutto mi rilassa, e finisce per essere la mia pausa caffè della giornata. Però a mezzogiorno avevo un appuntamento e sono uscito, lasciando a metà la posta, avendo inviato solo parte dei solleciti e delle richieste che avevo in coda, le mail spiacevoli per farsi pagare… e farsi pagare non è un lavoro, anche se in Italia ormai lo è diventato… la proposta di appuntamento per domani pomeriggio a Milano… e quello non è lavoro, anche se potrebe diventare un business a lungo termine… poi la lunga mail che da una settimana dovevo scrivere al professore di legge brasiliano per la Carta dei Diritti… e quello non è lavoro, lo fai per divertimento, in fondo è un cazzeggio tuo al seguito di Rodotà, mica si lavora, voi ammafiati con la politica… e solo un abbozzo delle dritte per il business plan che abbiamo discusso ieri sempre a Milano. E quello è lavoro? No, non credo che vedrò mai soldi, magari una piccola quota se si fa l’azienda, ma “tu non lavori quindi cosa vuoi le quote? Piuttosto presentami il venture capital, sei un amico no?”

All’una sono andato in banca per fare il versamento della mia quota capitale residua di un’altra startup, ma l’impiegato – lui, che lavora – aveva solo voglia di andare a pranzo, e mi ha depistato dicendomi che potevo prelevare i soldi, ma dovevo andare a versarli nella banca dell’azienda e non nella mia. Sono arrivato a casa giusto in tempo per cucinarmi pranzo e per rispondere a un paio di interessanti mail, naturalmente non di lavoro; e per telefonare alla mamma che non riesce ad usare l’ADSL da quando Infostrada le ha incasinato la linea, e da una settimana aspetta che tu vada a fare la telefonata al 155 per lei, che da sola non si fida. Poi sono uscito per andare all’altra banca, una mitica filiale Sanpaolo dove ho preso il numerino e ho aspettato circa quaranta minuti, in quanto su cinque cassieri uno era allo sportello, mentre gli altri quattro, nonostante una ventina di persone in attesa, stavano alacremente lavorando a fare fotocopie davanti alla macchina del caffè.

Dopo le quattro sono arrivato a casa, e finalmente ho potuto iniziare a lavorare: oggi dovevo preparare la consulenza di domani, finire lo sviluppo di un paio di feature nel sistema informativo che devo consegnare in questi giorni, provare la migrazione dei dati dalla vecchia piattaforma alla nuova, e pure compiere un po’ di bassa manovalanza, tipo aggiungere un video su una home page. Però poi mi han chiamato un po’ scocciati da Pisa, che son lì che lavorano e da una settimana gli avevo promesso un paio di messaggi per la consultazione pubblica sull’IGF italiano… e quello non è lavoro, però veramente glielo dovevo.

Neanche il tempo di riattaccare e si riaccende la discussione via mail e telefono sul contratto di vincolo delle quote che il venture capital vuole per investire nell’altra azienda, contratto di cui tu faresti ampiamente a meno ma come favore al resto dei soci hai deciso di non rompere le scatole e pure di perderci il tempo necessario per star dietro agli avvocati, peccato poi che altri soci continuino a rompere le scatole a te, di solito con toni a metà tra il bambino capriccioso e l’invidioso cronico. E tra una telefonata e l’altra, per scaricare la tensione, posti pure sul forum del Toro, mentre ti informi sui biglietti per andar giù domenica a Livorno: e quindi c’è un tuo post su un forum di calcio alle quattro del pomeriggio, vuol dire che non lavori!

Nel frattempo hai anche fatto un giro di bonifici dal Conto Arancio al conto personale e di lì a quello della partita IVA, giusto perché il versamento del capitale sociale ti manderebbe in rosso; è lì che il tuo socio-cliente ti scrive che non ti ha ancora pagato le fatture di novembre e dicembre (figurarsi il 2008) perché lui lavora e tu no, stai tutto il tempo a casa a divertirti oppure a viaggiare per il mondo con le spese pagate, quindi cosa pretendi?

Quando sei stanco, blogghi. Oh, io ho questa fissa, se non bloggo non scarico; ma abbiamo già detto sopra che non è lavoro, mica vuoi scrivere per mestiere? Per farlo dovresti essere bravo almeno come la Palombelli, non scherziamo… oppure potresti fare il parlamentare, se fossi qualificato come Gabriella Carlucci; lì sì che lavoreresti. Poi mandi le due mail a Pisa, e speri di aver finito, quindi di poter finalmente cominciare a programmare. E invece non succede, perché i brasiliani rispondono che potrebbero invitarti quest’estate a Sapporo – non mi chiedete cosa c’entrino i brasiliani con Sapporo, io da buon italiano mi sentirò comunque obbligato a ricambiare invitandoli a Reykjavik – ma la data confligge, e quindi devi studiarti il calendario, e far partire un altro giro di mail per capire che fare. Ah, e guardare i treni per domani mattina, meglio sveglia prima e dormire in treno, o sveglia dopo ma auto? Tutto questo però non è lavoro, ovviamente. E già che ci sei devi anche chattare con varie persone che sono al lavoro, ma non hanno niente da fare e allora per fortuna che ci sei tu che non lavori.

Quando alla fine sono quasi le otto e ti decidi ad annullare la parte tecnica della giornata, e a spiegare al cliente che non vedrà il suo video sul sito fino a giovedì se va bene, ti passa anche la voglia dell’assemblea di condominio. E’ lì che arriva la telefonata delle otto e dieci, e compare altro lavoro urgente da fare. Cioè, forse-lavoro, nel senso che se tutto questo sforzo andrà a buon fine, magari dal 2009 potresti riceverne dei compensi economici.

In effetti lavorare da casa è un bel privilegio: invece di alzarmi alle otto e un quarto per lavarmi, vestirmi, fare colazione, infilarmi in auto ed essere in ufficio alle nove e mezza, posso alzarmi alle otto e un quarto e cominciare a lavorare in pigiama alle otto e venti. E così, arriva la sera e non faccio né la terza versione della scrittura privata, né il documento di presentazione del progetto, e tantomeno il popup video o l’esportazione dei vecchi dati; invece, bloggo di nuovo. Per scaricarmi; o forse per chiedermi perché ho comprato la PS3, visto che, pur non lavorando e avendo tutto il giorno da perdere, non la accendo da settimane.

Seriamente: in tutto questo ci sono anche molti lati positivi, altrimenti non lo farei; oggi è stata una giornata particolarmente stressante. Non ho ben capito se io sia una cavia di nuove forme di organizzazione del lavoro, o semplicemente un caso atipico di faccendiere che non seleziona bene le faccende in cui si mette. So però che ben poche persone capiscono cosa faccio per vivere, o sanno valutarne il valore; per cui spesso ho la sensazione, sul piano sociale e collettivo, di non esistere.

[tags]lavoro[/tags]

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sabato 3 Maggio 2008, 18:54

Tutti li cercano

So da quando l’ho messo in linea – oltre un anno fa – che questo nuovo sito è tutto meno che ottimizzato: praticamente tutto il contenuto è generato dinamicamente ad ogni richiesta, e il mio piano di mettere in piedi un fantasmagorico sistema automatico di cache è rimasto appunto sulla carta. Per questo motivo, quando ieri il mio post con i link alle dichiarazioni dei redditi ha cominciato ad apparire abbastanza in cima alle ricerche su Google, il server si è via via sovraccaricato; per poi subire il colpo di grazia quando il post è stato linkato da Heise, più o meno l’equivalente tedesco di Slashdot anche se meno nerdico.

Ho messo subito in piedi qualche contromisura: ho rediretto tutti i visitatori crucconici a una bella pagina inesistente su un host inventato, e ho approntato un sistema casalingo di caching del post e della pagina principale del blog, che con le ore si è sufficientemente raffinato da permettervi di postare i commenti e vederli comunque comparire entro pochi minuti, anche se non riconoscerà il vostro login o la lingua da voi selezionata. Comunque, penso di provare qualche plugin di caching come WP Super Cache (qualcuno ha mai provato?).

Resta il fatto che il picco di carico del server ieri a pranzo è stato attorno al 13000% del processore, e che solo nella giornata di ieri ho fatto circa trenta volte le visite di un giorno normale. Fa piacere, anche se penso che la maggior parte sia arrivata qui e poi se ne sia andata delusa dopo pochi secondi perché non c’erano i file di questa o quella città… a proposito, nel vecchio post ho aggiornato i link, ora c’è in linea un file per Torino veramente completo, e anche un file di Milano, e se trovo altre grandi città le linkerò da lì.

Ah, resta anche il totale FUD – l’ultima risorsa dei fessi – a cui la politica si è ridotta per cercare di fermare il fenomeno: “arresteremo tutti quelli che scaricano o copiano i file”. Sì, certo: in un Paese dove lasciate uscire di galera gli stupratori delle quattordicenni, dovrei andare in galera io? Detto che non c’è alcuna legge che renda illegale far circolare questi dati e tantomeno che permetta l’arresto di chi lo fa, anzi ci sono una legge e un pronunciamento del Garante della Privacy che dicono esattamente il contrario, voglio proprio vederlo, cominciando dalle manette a Visco e al direttore dell’Agenzia delle Entrate. Nel caso, il mio indirizzo è su questo sito.

[tags]dichiarazione, redditi, online, internet, carico, arresto[/tags]

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mercoledì 30 Aprile 2008, 20:58

Arrivare a Milano non è facile

Oggi pomeriggio alle 15 avevo un appuntamento a Milano, in zona via Ripamonti, con un potenziale nuovo cliente: quindi, giacca e cravatta e attenta pianificazione per arrivare puntuali. Niente auto perché andare in auto a Milano città è una follia; niente treno delle 13, che ti lascia solo un quarto d’ora per attraversare Milano; invece, treno delle 12 e un’ora abbondante per muoversi.

Per prendere con tranquillità il treno delle 12 da Porta Susa, devo uscire di casa alle 11:35, massimo massimo 11:40, e andare a prendere la metro. Quindi, finisco i lavori della mattinata, e poco dopo le 11 mi accingo a fare una telefonata importante che avevo preannunciato, prima di prepararmi ad uscire; solo che, cerca e ricerca, non trovo il cellulare. Dopo dieci minuti di perquisizione di tutta la casa, non mi resta che pensare di averlo lasciato in auto ieri mattina; per cui, rimando la telefonata e decido di prepararmi e di passare a prenderlo mentre scendo. (Io, vivendo davanti alla mail, uso il cellulare molto poco; non è inusuale che non faccia o riceva nemmeno una telefonata in tutto il giorno, quindi posso perderlo o averlo spento per 24 ore senza accorgermene.)

Comunque, il tempo perso a cercare mi ha sballato i tempi, e quando scendo sono le 11:38; un po’ tardi, considerato che la rimessa dove tengo l’auto sta a due minuti a piedi, ma ancora accettabile. Cammino di buon passo, apro il cancelletto, guardo la rimessa e… l’auto non c’è. Attimo di panico, e poi realizzo: non l’avevo parcheggiata in garage, ma l’avevo lasciata in strada, esattamente a dieci metri dal portone di casa, ma nell’altra direzione. Decisione difficile: lascio perdere il cellulare, paccando l’interlocutore importante, o torno indietro con la quasi certezza di perdere il treno? Alla fine ripercorro di corsa la strada all’indietro, trovo l’auto, il cellulare è sul sedile – è rimasto lì per un giorno e nessuno ha fatto una piega -, lo prendo, mi incammino… ma sono le 11:43. Decido comunque di provarci.

Mi va bene: alle 11:48 sono alla metro, faccio il biglietto, scendo le scale, alle 11:51 arriva il treno, alle 11:55 sono a Porta Susa (che magia la metropolitana). Corro alla macchinetta, faccio il biglietto, lo timbro proprio mentre il treno entra in stazione, e prendo il convoglio per la coda.

Arrivo a Milano, e vista l’abbondanza di tempo opto per i mezzi: niente taxi. Così pranzo con calma, prendo la metro, poi il tram 24, che, orologio alla mano, mi lascerà davanti alla mia destinazione alle 14:55.

E invece no: tre fermate prima della mia, il tram si ferma, e il conducente annuncia che c’è un incidente, i binari sono bloccati, e la corsa termina lì. Così, insieme a una fiumana di gente che bestemmia e insinua che l’autista volesse soltanto andare in deposito per staccare prima, mi faccio le ultime tre fermate a piedi, a passo da alpino; e arrivo comunque cinque minuti in ritardo. Si vede che non era proprio giornata.

Del resto, al ritorno parto alle 16:30 per prendere il treno delle 17:15; riprendo il 24 in direzione centro; arrivato allo stesso incrocio di prima, ma dall’altra direzione, il tramviere annuncia che “la corsa finisce qui” senza dare motivi. Così mi devo fare di nuovo la camminata, stavolta per due fermate fino alla metro Crocetta (quella che Google chiama Lamarmora Romana, e che secondo me dovrebbe evidentemente chiamarsi Loisiana); e di nuovo prendo il treno per un solo minuto.

Diciamo che ho capito come mai, nonostante il delirio del traffico di Milano, i milanesi continuano a muoversi in auto!

[tags]milano, torino, muoversi, tram, atm di m[/tags]

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lunedì 14 Aprile 2008, 15:12

Reazioni agli exit poll

A me sentir menzionare l’Istituto Piepoli fa pensare alla caduta dei capelli…

[tags]elezioni, sondaggi, piepoli[/tags]

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lunedì 14 Aprile 2008, 13:40

Abbordato dal qualunquismo

Sono andato poco fa a votare, riuscendo a bagnarmi parecchio nonostante il portone di casa mia e quello della scuola sede di seggio distino duecento metri.

Uscendo dal seggio, sono stato abbordato da una ragazza bruna e secca che aveva appena votato al mio stesso seggio, tra i venticinque e i trent’anni e con marcato accento siciliano. Ha attaccato un discorso che sembrava più che altro uno sfogo, e che più o meno era fatto così: “Certo che oggi piove proprio… che poi tanto votare non serve a niente, non cambia niente… io a votare non volevo proprio venirci, solo che siamo obbligati… comunque tanto fanno tutti schifo… pensi che mi avevano promesso un bonus di duecento euro e lo sto ancora aspettando, quindi fanno tutti schifo… che poi almeno quello là, Berlusconi, mangiava ma qualcosa faceva… questo qui ultimo ha soltanto mangiato.”

Io ho borbottato qualcosa e cambiato direzione, perché non sapevo proprio cosa rispondere: come puoi ribattere a un ragionamento del genere? Però la ringrazio, perché almeno ho capito che il risultato delle elezioni italiane dipende soltanto dal livello di regalie promesso e mantenuto dai vari politici; se poi questi sono i criteri di voto in un seggio della periferia medio-borghese di Torino, figuriamoci come ragionano gli elettori delle periferie degradate o delle campagne.

Allo stesso tempo, continuo a chiedermi cos’è che codesta elettrice di Silvio volesse dire esattamente con “io a votare non volevo proprio venirci, solo che siamo obbligati”.

[tags]elezioni, politica, italiani[/tags]

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sabato 12 Aprile 2008, 19:03

Ecco perché

Capita alle volte di sentire un brano musicale e di rimanerne colpiti al primo ascolto; nonostante tu non abbia mai sentito quel pezzo, ti resta in testa e ti viene anzi voglia di ascoltarlo subito di nuovo.

A me capitò qualche tempo fa, ascoltando un concertone benefico – credo fosse quello per l’anniversario dello spiaccicamento di Lady Diana – nel quale un vecchio che sembrava Rod Stewart da vecchio si mise ad eseguire con emozione questo brano. Non ne sapevo il titolo, ma è bastato ascoltare un po’ del testo, fare una ricerchina, e così ho scoperto che si chiamava Sailing. L’ho scaricato subito (non mi è passato nemmeno per l’anticamera del cervello di comprarlo, tanto è un grande successo e Rod Stewart ha già quattro piscine d’oro per gamba) e l’ho ascoltato per un po’, e ancora adesso ogni tanto lo metto su.

Peccato però che l’altro giorno stessi perdendo tempo guardando i vecchi spot su quella manna che è Spot80, un Prometeo dieci anni più tardi e dedicato alle pubblicità. Ho cominciato a guardare quelle della birra, partendo dal leggendario Arbore (“Meditate gente, meditate… Birra: e sai cosa bevi!”) che conclude lo spot invitando a bere birra prima di guidare, visto che allora si usava andare a cena, farsi due caraffe di Barbera e poi mettersi al volante, e quindi la birra era già una forma di continenza (tuttavia non credo che ci fossero più incidenti di oggi, segno che ad uccidere è la deficienza e non l’alcool nel sangue).

Comunque, a un certo punto ho scorso l’elenco, ho visto il nome Peroni e tutto si è chiarito: ecco perché mi piaceva così tanto quel brano, e col cavolo che era il primo ascolto! Prima ancora di cliccare, già ricordavo: lo spot martellante, e Rod Stewart un po’ riarrangiato in sottofondo (negli anni divenne anche più metallaro). Chissà se avevano pagato i diritti.

[tags]musica, spot, anni 80, rod stewart[/tags]

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