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Archivio per la categoria 'TorinoInBocca'


venerdì 18 Marzo 2011, 14:15

Se Fassino ammazza i referendum

In maniera assolutamente scientifica, mercoledì, nel bel mezzo delle celebrazioni per l’Unità d’Italia, la Camera ha deliberato sulla data del voto dei referendum sul nucleare, sull’acqua pubblica e sul legittimo impedimento; e per un solo voto, 276 a 275, ha vinto la scelta di tentare di ammazzare i referendum a spese degli italiani. Lo Stato spenderà dunque 350 milioni di euro in più per farci votare i referendum il 12 giugno, invece che il 29 maggio in contemporanea coi ballottaggi delle comunali; questo perché la scelta del 29 maggio avrebbe sì fatto risparmiare quei soldi e una domenica di tempo agli italiani, ma avrebbe anche facilitato il raggiungimento del quorum su referendum che quasi tutto il mondo politico vuole affossare.

I giornali hanno scritto che la colpa è del deputato Marco Beltrandi, radicale eletto nelle liste del PD, che ha votato con il governo invece che con l’opposizione; ma questo non è totalmente vero. La colpa è anche di venti deputati dell’opposizione che non si sono presentati in aula; e tra questi c’era anche Piero Fassino, che era alla notte bianca di Torino a cantare l’inno in piazza con Chiamparino.

Io non voglio fare il moralista, e penso che possano anche esserci dei motivi validi per essere assenti dall’aula; una malattia, un lutto in famiglia. Posso persino arrivare a capire che, a fronte di un ordine del giorno poco importante e di votazioni dall’esito scontato, una volta ogni tanto il parlamentare possa preferire un altro impegno politico di grande importanza, o persino prendersi un giorno di ferie come qualsiasi dipendente.

Ma andare a mettersi in mostra davanti alle telecamere perché mentre sei deputato sei anche candidato sindaco, proprio mentre si vota una questione della massima importanza, mi spiace, non è accettabile.

Vale anche per Coppola, che fa il candidato sindaco e insieme l’assessore regionale; da entrambi vorrei come minimo il chiaro impegno a dimettersi dalla carica precedente una volta eletti in Comune, e comunque la garanzia che la campagna elettorale non toglierà tempo all’attuale impegno istituzionale per cui tuttora li paghiamo. Se no, che si dimettano immediatamente e poi faranno la campagna elettorale come meglio credono.

Ora, se ci beccheremo le centrali nucleari sotto casa e la privatizzazione dell’acqua (cosa quest’ultima che peraltro Chiamparino ha ampiamente provato a fare di suo in questi anni) e se il legittimo impedimento non sarà abolito, al di là della campagna referendaria di facciata che il PD non mancherà di fare, sarà colpa non solo di Berlusconi e di Cota, ma anche di Piero Fassino, proprio lui personalmente – e non è uno slogan, ma la realtà delle cose.

[tags]referendum, politica, assenteismo, fassino, chiamparino, coppola, torino, elezioni comunali[/tags]

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mercoledì 16 Marzo 2011, 16:39

Quando la rete non dimentica

Negli ultimi giorni ha fatto un po’ di rumore in rete un post di Peter Fleischer, il responsabile globale per la privacy di Google (se il nome non vi è nuovo è perché Fleischer è uno dei manager di Google che sono stati processati e condannati in Italia per il caso Vividown, quello in cui alcuni ragazzini caricarono su Youtube il video dei maltrattamenti a un disabile a scuola). Nel post, Fleischer affronta il tema del “diritto all’oblio”, una questione che ormai sollevano in molti: esiste un diritto delle persone a vedere sparire da Internet le tracce del proprio passato?

Le persone cambiano, crescono, si evolvono, imparano dai propri errori; e può essere difficile vivere trovandosi continuamente di fronte al proprio passato. Un tempo il problema non era così grave, perché le tracce di cose accadute venti o trent’anni prima non erano facilmente reperibili, spesso confinate in polverosi archivi cartacei di difficile accesso. Esisteva una sorta di privacy “analogica”; le cose non erano solo private o pubbliche, ma anche “poco pubbliche” o accessibili solo ad alcuni.

Con Internet, questo cambia; la facilità di riproduzione, archiviazione e ricerca dell’informazione rende anche la privacy digitale. Una volta che qualcosa arriva in rete, toglierlo è impossibile. Pensate al video di Zangief Kid che ho linkato ieri su Facebook; è stato messo in rete solo due giorni fa, è stato rimosso da Youtube quasi subito come “video violento”, eppure ormai ce ne sono in giro migliaia di copie; gli utenti di tutto il mondo continuano a ricaricarlo, con tanta più insistenza quanto più viene rimosso. E’ come se la rete rifiutasse attivamente qualsiasi controllo dall’alto sui contenuti.

Quel ragazzino si chiama Casey Heynes e quando avrà trenta, quaranta, cinquant’anni sarà ancora e per sempre noto in tutto il mondo come Zangief Kid, quello che ha quasi ammazzato il suo bullo – così dirà Google. A meno che, appunto, non si introduca un diritto all’oblio, un diritto della persona a togliere dalla rete ciò che lo riguarda, in nome della propria privacy; così vogliono i francesi, mentre Google si oppone.

Secondo Fleischer infatti, con una visione tipicamente americana, il diritto all’oblio è in realtà una lesione della libertà di espressione e di informazione – anche se il sospetto che l’opposizione di Google derivi soprattutto dagli enormi costi di implementazione di sistemi per gestire questo tipo di diritto è molto forte. Per molti versi, però, Fleischer ha ragione, specialmente se si passa alla sfera pubblica.

Per esempio, da quando La Stampa ha reso disponibile digitalmente il proprio archivio completo dal 1867, è diventato possibile l’impossibile, ovvero riscoprire tutto ciò che i nostri politici e i nostri gran signori hanno detto e fatto sin da ragazzi; e scommetto che molte persone influenti in città non sono affatto contente. Chi si ricorderebbe altrimenti che nel 1994 un diciannovenne Andrea Agnelli si vide sequestrare la macchina per guida senza patente (29/1/1994, pag. 10), con successiva denuncia da parte dei vigili di ritorsioni della dirigenza comunale contro il collega che si era permesso di multarlo, reprimenda contro i vigili dell’allora sindaco Castellani (24/2/1994, pag. 40), e assoluzione finale del giovane al processo (17/1/1996, pag. 34)? Anche se qualcuno se ne fosse ricordato, sarebbe stato quasi impossibile ritrovare le prove per parlarne in pubblico. Mi stupirò dunque se quell’archivio resterà liberamente accessibile molto a lungo…

Ma il vero problema è che combinando in un modo qualsiasi quei tre articoli o omettendone qualcuno, è possibile raccontare qualsiasi storia, da quella dell’Agnelli rampollo irresponsabile che sfreccia per la città senza patente a quella dell’Agnelli vittima innocente delle persecuzioni di un vigile comunista. E allora anche la trasparenza che offre la rete va presa con molta cautela, senza mai spegnere il cervello.

Per questo, non penso che la soluzione sia l’eliminazione pura e semplice delle informazioni, anche ammesso che la si riesca tecnicamente ad ottenere. Penso piuttosto che sia opportuno affrontare il problema da un diverso punto di vista; da una deontologia più stringente per chiunque faccia informazione, giornalista o blogger che sia; e da uno spirito generale meno moralista, meno teso a fare le pulci agli errori nel passato degli altri e a ingigantirli per attacchi personali, e più orientato a discutere dei problemi e delle azioni per il futuro.

[tags]privacy, informazione, libertà di espressione, google, fleischer, zangief kid, casey heynes, youtube, agnelli, internet governance, la stampa, torino, giornalismo[/tags]

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mercoledì 9 Marzo 2011, 19:00

Animali e libertà (2)

L’epilogo di ieri in Consiglio Comunale è triste ma purtroppo scontato: di fronte alla richiesta delle associazioni animaliste di vietare anche a Torino i circhi con animali, come già fatto da altre città, il più grosso partito della maggioranza – il PD – ha deciso di votare contro e di affossare la proposta, che pure era sostenuta trasversalmente da esponenti di entrambi gli schieramenti.

Ora mi diranno che noi grillini ce l’abbiamo sempre col PD, però mi pare davvero che la pratica di utilizzare gli animali nei circhi sia al giorno d’oggi indifendibile. E’ innanzi tutto una questione di rispetto basilare di altri esseri viventi e senzienti; non è obbligatorio essere vegetariani – io non lo sono – ma non è nemmeno accettabile infliggere sofferenze solo per divertimento.

Inoltre, io sono convinto che chi non è capace di provare pietà per la sofferenza di un animale non è capace di provarla nemmeno verso gli esseri umani; in un momento in cui tanti soffrono e dove la solidarietà dovrebbe essere alla base dell’azione politica, mi chiedo quale coscienza possa avere un amministratore che prende certe decisioni.

E tanto per essere chiari, come già avevo fatto mesi fa, vi lascio con un video. Pur con tutta la mia passione per il calcio, sono sinceramente un po’ deluso, anche se non stupito, dal fatto che se riprendo dei tifosi che si insultano da una curva all’altra di uno stadio (in modo volgare ma anche goliardico e divertente, per carità) il video susciti immediatamente migliaia di click, e se invece parlo per tre minuti della sofferenza degli animali lo vedano in poco più di duecento persone in tre mesi. Ma io non demordo e ve lo rimetto qui sotto.

[tags]animali, circhi, libertà, rispetto, torino, consiglio comunale, pd[/tags]

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sabato 5 Marzo 2011, 16:47

Intanto (sull’evasione fiscale)

Parlare di politica è un lusso che non tutti si possono permettere. Intanto, mentre si discute di idee, progetti, alleanze, o magari di correnti, scambi e appalti, là fuori la vita scorre con tutta la sua ordinaria crudeltà.

La storia del titolare di autoscuola ma anche autista GTT che si è ucciso nel laghetto di Italia ’61 per sfuggire ai controlli del fisco è una di quelle che non saranno mai sull’agenda di nessun partito. La politica, se si occupa di persone, lo fa ormai in una logica spietata di scambio di voti e di finanziamento della propria costosissima rete di pubblicità e di clientele. Il signore in questione forse (non lo sappiamo con certezza) era un evasore fiscale, ma visti i fatti non penso che fosse uno di quegli evasori che girano con il macchinone e hanno tre ville al mare. Questi ultimi sono quelli che la fanno franca, spesso perché hanno coperture politiche, amicizie influenti o semplicemente abbastanza denaro da pagare avvocati, politici o magari mazzette. Questi ultimi sono i soli evasori che interessino alla politica.

Non tutti gli evasori sono così; c’è chi veramente non può fare altro, a fronte del fatto che il nostro fisco ti fa pagare non solo le tasse che devi pagare su ciò che guadagni, non solo le tasse che devi pagare su ciò che in teoria guadagnerai ma che il tuo cliente non pagherà mai confidando nella totale impunità, ma anche le tasse che il fisco presume che dovrai pagare, secondo stime sue unilaterali spesso totalmente fuori dalla realtà.

A me ha fatto rabbrividire l’esaltazione positiva con cui è stata accolta qualche giorno fa la notizia che, dopo tre anni di calo, il numero di aziende a Torino ha ricominciato a crescere. Quelle tremila partite IVA in più sono quasi sempre persone lasciate in mezzo a una strada dal mondo del lavoro, persone che, non sapendo che fare, si mettono in proprio per mancanza di alternative. Quasi mai una avventura imprenditoriale che parte con queste premesse può avere successo, perché anche l’imprenditore, come tutti gli altri, è un mestiere che richiede esperienza e preparazione specifica (a meno di non avere, come si dice, il “culo parato” dai meccanismi di cui sopra).

Anche l’evasione fiscale, come l’immigrazione, è un argomento devastato dall’ideologia. Quasi sempre – persino nei commenti al minipost di Grillo qualche giorno fa – la discussione viene impostata come “lavoratori dipendenti contro lavoratori autonomi”, con ciascuna delle due tifoserie a sostenere che l’altra è quella che ruba di più. Questa impostazione non ha più alcun senso, se non altro perché milioni di persone che trent’anni fa sarebbero stati dipendenti ora sono, nell’attuale ordinamento del lavoro, lavoratori autonomi, ma per finta; partite IVA che fatturano sempre la stessa cifra alla stessa azienda, o precari abbandonati a se stessi. Non è più vero che l’autonomo è sempre la parte più ricca o più forte.

La vera distinzione da fare è tra chi ruba e chi non ruba, sapendo che chi non ruba è soggetto a una pressione fiscale fuori da qualsiasi logica, dovuta alla necessità di pagare le tasse anche per chi non le paga, e di pagare le tasse per mantenere un paio di milioni di persone che in Italia vivono di politica invece di lavorare. La vera lotta è dunque di chi vuole vivere in un paese civile, qualsiasi sia il lavoro che fa, contro chi questo Paese lo deruba con l’evasione, con l’assenteismo e con le raccomandazioni, dipendente o autonomo che sia.

[tags]evasione fiscale, lavoro, tasse, fisco, tragedie, politica, clientelismo[/tags]

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giovedì 3 Marzo 2011, 17:41

Goodbye Malincònia

Ieri è successo di nuovo. Ieri sera sono andato allo stadio, un’occasione di svago come tante, una serata tra amici. Nell’intervallo come sempre si chiacchiera, ci si raccontano le novità, e così mi sono sentito dire: “Sai che c’è? Me ne vado.” Ma non “me ne vado” perché il Toro per l’ennesimo anno fa schifo, “me ne vado dall’Italia”. In Brasile, a lavorare. Per sempre (i più pudichi dicono “un anno o due, per guadagnare un po’”, ma poi sai che facilmente sarà per sempre).

Solo nell’ultimo mese me l’hanno detto in tre, due vanno in Brasile e uno a Londra. C’è chi va con la famiglia e chi la lascia qua, c’è chi te lo dice con rabbia e chi te lo dice con sollevazione, come la fine di un incubo. Tutti hanno in comune il fatto di essere persone capaci; d’altra parte all’estero i cazzari non trovano spazio facilmente come da noi. Tutti hanno resistito fin che potevano, ma poi sono arrivati al punto: “che ci sto a fare io ancora qui?”

Chi ha girato il mondo lo sa, l’atmosfera altrove è molto diversa. Il resto d’Europa non fa scintille, ma almeno è civile, serio e ordinato. In altre parti del mondo, come appunto in Brasile, l’economia cresce, la gente ha voglia di fare, l’età media è più bassa, le cose si muovono. In Silicon Valley o in Cina si respira il futuro; non tutto luccica, anzi, ma l’aria profuma di speranza, e se non capite cosa intendo è perché questo profumo da noi si è perso da moltissimo tempo.

Chi resta qui è spesso, per forza di cose, ultraconservatore; oltre ai più deboli, qui resta soprattutto chi è troppo vecchio per andare, oppure chi ha una qualche forma di protezione (o pensa di averla) e si concentra sul difenderla con le unghie e con i denti. La valanga di voti per Fassino è anche un desiderio di mettere la testa sotto la sabbia, di fare finta che il tempo possa tornare indietro, che possano ritornare gli anni ’80. E poi, restiamo noi che non ci arrendiamo, che non ci vogliamo credere, che ancora vogliamo provare a salvare l’Italia, e però siamo sempre di meno, e ci chiediamo quanto potremo resistere se il resto del Paese non ci darà una mano.

[tags]emigrazione, giovani, lavoro, torino, fassino, brasile, caparezza, tony hadley[/tags]

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lunedì 28 Febbraio 2011, 18:13

Quattro chiacchiere con Piero e Sergio

Sabato pomeriggio, ultimo giorno di campagna elettorale per le primarie del centrosinistra, lasciato il nostro gazebo in piazza Castello, giravamo per via Garibaldi quando abbiamo incontrato Piero Fassino, scortato dal sindaco uscente Chiamparino e dall’ex sindaco Castellani. Il nostro candidato Fabio Versaci li ha bloccati e ha fatto qualche piccola domanda, e in pochi minuti Piero & Sergio ci hanno tranquillamente detto che:

– l’accordo di Mirafiori era un ricatto di Marchionne ma “alle volte bisogna saper accettare i ricatti”;

– è vero che in termini di diritti sul lavoro stiamo andando indietro ma beh, c’è poco da fare, ringraziamo ancora che non ci lasciano tutti a morire di fame;

– l’inceneritore (materia su cui Fassino sembrava impreparato) è necessario perché è impensabile che a Torino si faccia più del 50% di raccolta differenziata (…);

– l’inceneritore non fa male… però, insistendo… beh, “è chiaro che qualcosa nell’ambiente ci va”.

E meno male che questi sono gli esperti politici professionisti che sanno gestire le cose nell’interesse di tutti…

[tags]chiamparino, fassino, elezioni comunali, torino, primarie, inceneritore, lavoro, mirafiori, marchionne[/tags]

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domenica 27 Febbraio 2011, 13:09

Le primarie di bellezza

Oggi si svolgono le primarie del centrosinistra – che, a dimostrazione del peso politico molto ridotto delle altre aree, dai giornali alla gente tutti chiamano “le primarie del PD” – e, alla luce dello spettacolo che si è visto in queste settimane, sono contento che noi alla fine non le abbiamo fatte.

La teoria delle primarie, quella di inserire un meccanismo di controllo dei cittadini sulla scelta del candidato, è condivisibile, anche se la soluzione vera sarebbe quella di avere sistemi elettorali basati sulle preferenze, in cui sindaci e parlamentari non siano scelti a priori dai partiti. La realtà però è che, in Italia, le primarie scatenano una totale personalizzazione della politica in cui non si discute tanto di idee, quanto della simpatia che emanano i candidati; diventano un “concorso di bellezza” in cui i candidati sfilano sul palco e cercano di sembrare più attraenti degli altri alla prima impressione, l’unica che conta per la maggior parte di quelli che poi vanno a votare; e cercano nel frattempo di conquistarsi sottobanco l’appoggio di questo o quel capetto e del suo gruppetto d’interesse.

In queste settimane si è parlato poco di programmi, anche perché i candidati hanno più o meno promesso tutto a tutti e detto quasi le stesse cose (come peraltro è giusto che sia, visto che alla fine dovranno rappresentare la stessa coalizione), e hanno cercato di qualificarsi con caratteristiche che non hanno nulla di sostanziale. “Giovane contro vecchio” può avere senso se la differenza generazionale sta nella mentalità, nelle esperienze e nei progetti, non se si tratta di due politici di professione differenziati soltanto dalla fase di carriera; “torinese contro romano” è un giudizio superficiale e tutto da dimostrare. L’argomento di Gariglio è stato tappezzare la città di pubblicità (ma chi la paga?) e offrire alla folla un concerto di Simone Cristicchi; l’argomento di Fassino è stato il farsi raccomandare da Chiamparino.

Sono rimasto anche un po’ deluso dai candidati più di sinistra, quelli con cui peraltro, da quel po’ di differenze che emergono, mi sono trovato più in sintonia, se non altro perché parlano anche un po’ di solidarietà e di ambiente invece che di Marchionne e cemento. Proprio questo però è un problema: come può una persona come Passoni (che sarà pure bravissima, non contesto il piano personale), dopo essere stato fedelissimo assessore al Bilancio di Chiamparino, presentarsi come alfiere di un cambiamento di rotta? E come si può dire di essere contro inceneritori e TAV offrendosi allo stesso tempo come candidati sindaco di una coalizione che li ha nel programma da tutti sottoscritto? Non c’è una grossa incoerenza di fondo, non necessariamente in malafede o (come dicono i maligni) calcolata per tener buoni gli elettori più critici verso la coalizione e convincerli a sostenerla comunque, ma comunque incoerenza?

Ieri in piazza ho fatto una chiacchierata con Michele Curto, il candidato più giovane e quello più estraneo ai partiti (anche se secondo Lo Spiffero gli stessi dirigenti piddini considerano la galassia del gruppo Abele come un partito della loro coalizione…). Ovviamente ci siamo trovati in sintonia quasi su tutto, tranne che sulla scelta di stare dentro quella coalizione. Ho sentito fargli dai suoi simpatizzanti gli stessi incoraggiamenti sinceri ed entusiasti che riceviamo noi: la “base umana” è la stessa. Sarei molto contento se in futuro ci fossero occasioni di collaborare, ma continuo a non capire il voler stare nel sistema a tutti i costi.

Come finirà mi interessa poco: tra Fassino o Gariglio cambiano solo gli azionisti di riferimento; di Fassino almeno sappiamo che è veramente vecchio, mentre Gariglio è fintamente giovane. Per Gariglio tifano tutti i signori delle tessere; addirittura si dice che alcuni capibastone piddini, di quelli che con le preferenze ottengono appalti miliardari per le loro cooperative, abbiano organizzato i pullman per portare la gente a votarlo. Per Fassino tifa la dirigenza romana, ma si sentono strani scricchiolii: farà il pieno di voti tra gli ultrasessantenni, ma il resto della città non lo sopporta. Alla fine, noi abbiamo preso la nostra strada da tempo e senza dubbi; Fassino o Gariglio non fa differenza.

[tags]primarie, pd, centrosinistra, elezioni comunali, torino, fassino, gariglio, passoni, curto[/tags]

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mercoledì 23 Febbraio 2011, 15:48

Sogno e realtà nei trasporti milanesi

In questo veloce giro milanese mi è capitato di scontrarmi di nuovo con i trasporti pubblici lombardi, e di verificare con mano la differenza tra annuncio e realtà.

Alle stazioni infatti sono ben visibili gli annunci di una serie di novità nel trasporto regionale: in pratica la regione ha introdotto un abbonamento “globale totale” che permette di usare qualsiasi mezzo pubblico in tutta la Lombardia, dal bus alle funivie, dai treni ai battelli, per 99 euro al mese. E mi sembra un’ottima idea per chi si sposta molto. Poi, la regione offre sconti sugli abbonamenti familiari: addirittura, se ho visto bene, dal terzo figlio in poi l’abbonamento è gratis e già il secondo lo paga pochissimo, e inoltre ogni abbonato adulto può portare con sè un figlio o nipote bambino gratuitamente. Tutto bellissimo. E poi, in tutti i capoluoghi di provincia viene introdotto l’abbonamento treno + mezzi urbani. Fantastico, il Piemonte prenda esempio.

Poi ti scontri con la realtà. E la realtà è che io dovevo andare da Porta Venezia a Porta Garibaldi senza prendere il passante, perché poi da Garibaldi dovevo proseguire in metro con il mio socio e così potevo usare un biglietto solo. A piedi ci va mezz’ora scarsa, è un percorso che ho fatto varie volte, ma non volevo presentarmi sudato stile maratona, e dunque ho pensato: ci sarà un mezzo di superficie che fa questo percorso, in cinque minuti son là.

Anzi, sapevo, per esserci passato davanti varie volte, che da Repubblica c’era un pullman intuitivamente denominato 29-30 Collegamento che andava a Garibaldi. Questo perché le linee 29/30 sono l’equivalente tramviario sulla circonvallazione interna di ciò che sono i filobus 90/91 sui viali esterni: sono due circolari e il numero distingue il verso di rotazione (noi torinesi invece usiamo la stessa numerazione nei due versi, 16 destro e 16 sinistro). Poi, per i lavori di Porta Nuova, hanno interrotto la circolare e dunque è rimasta una sola linea non circolare con un percorso a U, denominata 29/30, e appunto una navetta di collegamento per il tratto mancante.

Ora, alla stazione di Porta Venezia, nell’atrio del passante, c’è una cartina della città con i percorsi dei mezzi: sono andato a controllare e con mia sorpresa ho trovato il 29/30 ripristinato sul suo percorso. Bene, ho pensato, hanno finito i lavori e riattivato il tram, che efficienti. Fatta la mia commissione vado alla fermata, e trovo una situazione un po’ confusa: il pannello indica solo il 9, alla palina c’è scritto anche 29, ma non passa. Alla fine intuisco che qualcosa non va, prendo il 9 e vado fino a Repubblica.

Alla fermata del 9 in cui scendo c’è un’altra cartina: questa volta riporta la situazione che conoscevo io. Bene, mi basta attraversare la piazza e prendere il 29-30 Collegamento. Vado alla fermata, e trovo un cantiere che la circonda; tutto per aria, e soltanto un vecchio e arrugginito cartello di forma ottocentesca a indicare una fermata provvisoria, senza indicare che linee vi transitano. Perdo di poco un bus col numero 37: poco male, non è il mio. Aspetto, aspetto, aspetto… e arriva un altro 37: orribile sospetto. Chiedo all’autista: il 29-30 Collegamento non esiste più, è sostituito dal 37. Che non era indicato su nessuna delle due cartine.

E’ un po’ tutto così: per esempio, col nuovo orario hanno di nuovo rivisto le fermate a Rho dei treni regionali Torino-Milano. Sono treni pagati dal Piemonte per i pendolari piemontesi, e a noi piemontesi serve che fermino a Rho Fiera, da dove si può prendere direttamente la metropolitana. Ma ai pendolari milanesi fa comodo la fermata a Rho Centro, storicamente attiva da sempre, e allora giù di comitati e proteste. La soluzione? Col nuovo orario, circa metà dei treni ferma a Rho e l’altra parte ferma a Rho Fiera. Ma senza un pattern prevedibile: devi sapere a memoria quali fermano qui e quali fermano là. Se tu arrivi dal passante ferroviario e vuoi scendere per prendere il treno per Torino, devi sapere prima senza errori quale delle due è la fermata giusta per quell’ora lì: se no, scendi e ti vedi il regionale sfrecciare davanti senza fermarsi, e perdi un’ora. Ti succede una volta, e la volta dopo li mandi tutti a cagare e prendi l’auto. Geniale.

Ecco perché quando vedo i mirabolanti annunci sul trasporto pubblico sono contento, ma so che poi la realtà è un’altra cosa, fatta di tanti piccoli dettagli che però, se mal gestiti, rendono il sistema quasi inutilizzabile.

[tags]trasporti, lombardia, piemonte, treni, bus, milano, torino, rho[/tags]

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mercoledì 16 Febbraio 2011, 18:51

I cantieri del quartiere Parella (5)

Passano i mesi, ma la situazione dei cantieri nel quartiere in cui vivo (Parella), di cui vi racconto da mesi, non accenna a migliorare…

Non contenti della scelta discutibile di chiudere contemporaneamente la principale piazza del quartiere (costruzione parcheggio sotterraneo) e buona parte delle vie laterali (teleriscaldamento), non paghi del disastro compiuto nella riasfaltatura di corso Lecce, hanno deciso che dovevano improrogabilmente rifare i marciapiedi della mia via – che, per carità, erano un po’ malridotti, ma non erano nemmeno in condizioni drammatiche. Però vicino a casa mia c’è il principale giardinetto del quartiere, frequentato un po’ da tutti, e dunque a tre mesi dal voto questo diventa un lavoro improrogabile.

Così sono arrivati un mattino e hanno messo il divieto di sosta per l’intera via; poi hanno cominciato a lavorare ai cinquanta metri davanti al giardinetto. Hanno tolto e rimesso le pietre che delimitano la carreggiata e hanno sfondato e rifatto la base di cemento. Il giorno dopo hanno proseguito e fatto il tratto davanti a casa mia. Poi devono aver deciso che era divertente, e dunque, invece di finire il lavoro già iniziato, hanno cominciato a rifare anche l’altro lato, inizialmente non coinvolto dal lavoro. Poi si sono accorti che all’incrocio c’era una gobba (l’evoluzione di quella che già segnalai, e che dopo un paio di mesi di incidenti era stata sistemata alla meglio) e allora hanno lasciato a metà anche quel lavoro lì e hanno aperto un buco quadrato nell’incrocio per sistemarlo.

Poi sono andati via e da allora, e sono parecchi giorni, non è più successo niente. Il marciapiede, per tutta la lunghezza dell’isolato, è rimasto col battuto di cemento (irregolare e pieno di gobbe e di buchi: spero che sia normale) e senza lo strato superiore di asfalto, anche se, prima di andare via, con un lavoro da certosini (che sarà inutile alla fine del tutto) hanno messo una strisciolina di asfalto sui bordi, per sanare il dislivello tra il fondo di cemento e le pietre a bordo carreggiata ed evitare che qualcuno ci si inciampi e possa fare causa. Naturalmente, con la pioggia di questi giorni, la strisciolina d’asfalto è già in buona parte diventata un insieme di pietruzze distaccate e sparse per tutto il marciapiede. Il divieto di sosta è stato in parte tolto, in parte resta perché hanno abbandonato in mezzo alla strada anche l’armamentario del cantiere (alla faccia di chi deve parcheggiare).

parella-5.jpg

Può darsi che si siano dovuti fermare per la pioggia, ma non ha sempre piovuto, e comunque la pioggia a febbraio non mi sembra un evento imprevedibile. In compenso, dalla scorsa estate sarà la quarta volta che aprono, chiudono e riaprono questo pezzo di via: vedete il patchwork nella foto. Ma possibile che non si possa chiudere la strada una volta, fare tutti i lavori insieme e poi riaprirla per sempre?

[tags]torino, parella, cantieri, lavori pubblici[/tags]

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lunedì 14 Febbraio 2011, 15:53

Per cacciare chi

Chi ieri c’era lo ricorderà per un pezzo: la manifestazione Se non ora quando?, oceanica, variopinta e insieme priva di colori (politici), ha invaso ogni angolo del centro, quasi troppo piccolo per contenerla tutta, con i SUV degli indifferenti impazziti e respinti da una fiumana di persone che strabordava nel mezzo di ogni via. Un pezzo d’Italia ha dimostrato di esserci; un pezzo d’Italia che non era lì per cacciare il Berlusconi politico, ma per cacciare il Berlusconi essere umano.

Le stesse organizzatrici sono state sopraffatte, tanto è vero che molta gente non si è nemmeno accorta che in fondo a piazza Vittorio c’era un camioncino con un microfono e con qualche intervento (vedete qualcosa nel video). Comunque, per aver organizzato una cosa del genere, le si può davvero perdonare qualche piccola pecca, come l’uso totalmente a sproposito del termine “flash mob” e una tale abbondanza di lessico femminista anni ’70 che mi sa che a casa di qualcuna si era rotto il congelatore. Mi ha colpito, peraltro, la demografia profondamente diversa rispetto alle manifestazioni antiberlusconiane del popolo viola: l’età media era decisamente più elevata, facce e abbigliamenti molto più “borghesi”.

Con mia grande sorpresa, almeno a Torino, davvero non si vedevano bandiere di partito; tutt’altra cosa rispetto alla manifestazione di Arcore, dove il popolo viola milanese si è dimostrato una sezione dell’IDV mal camuffata (mi hanno appena segnalato questo loro commento parecchio triste). Qui non ci è venuto nemmeno in mente di aprire lo striscione, anzi ci siamo pure tolti le spillette, e con grandissimo piacere. Qualche politico, in giro per l’Italia, ha provato squallidamente a mettere il cappello sulla manifestazione, in primis il fuffosissimo Vendola e il loquace Di Pietro. La mia sensazione, però, è che ieri davvero le persone fossero in piazza contro tutto lo schifo di ogni colore, e non contro Berlusconi pro Bersani.

Già, perché se cacciare Berlusconi è un dovere morale, dopo Berlusconi ci sarà Tremonti, o al massimo, anche in caso di elezioni ora, ci potrebbe essere il grande papocchio Casini-Fini-Rutelli-Bersani-Vendola, e magari avremo qualche signorina in meno in Parlamento per meriti privati, ma non avremo risolto un bel niente. Non siamo come in Egitto o in Tunisia, dove il regime è chiaro e monolitico; il nostro regime è ameboide, multistrato e multiforme, e se ci dà in pasto un Craxi è per piazzarci sopra un Berlusconi, un finto uomo nuovo in realtà pronto ad obbedire come il precedente. Un’Italia sinceramente democratica è possibile solo cacciando tutti quelli che hanno collaborato attivamente a vent’anni di berlusconismo, da destra o da sinistra, e tutti quelli che loro hanno piazzato nei gangli del sottopotere; nessuno escluso.

[tags]politica, manifestazione, femminismo, 13 febbraio, se non ora quando, berlusconi, craxi, bersani, di pietro, popolo viola[/tags]

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