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Archivio per la categoria 'TorinoInBocca'


sabato 27 Novembre 2010, 19:40

Nuovi fatti contro il Tav

Oggi, a Chiomonte, per la seconda volta il presidio No Tav sequestrato dalla magistratura è stato rioccupato, riaprendo il cantiere per finire i lavori. L’inverno si avvicina, e bisogna finire il tetto… In parallelo, la discussione è arrivata nelle stanze del consiglio comunale. Ma invece di concentrarmi solo sulla diatriba mediatica, io vorrei citare una serie di fatti che i media non riportano.

Per quanto riguarda il traffico, sono usciti da poco i dati Alpinfo 2009 – Alpinfo è l’osservatorio sul traffico alpino gestito dalla Svizzera – e sono clamorosi: il traffico automobilistico attraverso il Frejus è calato del 20%, da 12.2 a 10.2 milioni di tonnellate, ma il traffico ferroviario sulla stessa tratta (nella tabella è alla riga “Mont-Cenis”) si è praticamente dimezzato in un anno: da 4.6 a 2.4 milioni di tonnellate. In dieci anni si è ridotto a poco più di un quarto (nel 2000 peraltro, come ricorderete, il Monte Bianco era chiuso in seguito a un drammatico incidente).

Ricordiamo che la capacità dell’attuale linea ferroviaria attraverso il Frejus è di 20 milioni di tonnellate di merce all’anno: anche se per magia tutto il traffico automobilistico venisse spostato su ferro (per quanto i dati dimostrino che la tendenza è se mai opposta) la linea sarebbe piena per poco più di metà…

Ma ci sono altre notizie delle ultime settimane che sono passate abbastanza sotto silenzio. Per esempio, un paio di settimane fa a Bologna gli scavi della stazione sotterranea della TAV, situata in piena zona abitata al di là dell’attuale stazione ferroviaria, hanno provocato l’ennesima voragine. Il terreno è instabile; questa volta sono stati fortunati e la voragine si è aperta in un piazzale, ma venti metri più in là ci sono le fondamenta delle case, che già più volte in questi anni sono state lesionate. Ci sono persone con il salotto o la camera da letto puntellata e transennata e con la casa che rischia di crollare; ma queste cose ovviamente passano sotto silenzio.

Non sarà diversa la situazione a Firenze, in cui dovrebbe essere costruita un’altra galleria di “sottoattraversamento” della TAV in una zona dove le falde acquifere sono a pochi metri dalla superficie: e infatti già con i lavori preparatori ci sono stati danni alle case. Il rischio è che le strutture del tunnel, che scorrerà trasversalmente alle falde e al flusso del Mugnone, facciano da diga, provocando scompensi alle fondamenta di tutta la città, compreso il centro storico. Se non ci credete, basta guardare lo scandalo tutto torinese della Falchera allagata: da quando è stato costruito il ben più piccolo tunnel del tram 4, le acque nel sottosuolo non defluiscono più ed emergono allagando le case. Immaginate una cosa del genere, ma dieci volte più grossa.

Insomma, questi scavi faraonici creano danni e problemi altrettanto faraonici; uno potrebbe ancora capirli se ci fosse una effettiva e pressante necessità, se dall’altra parte ci fossero strade e ferrovie intasate, inquinamento a livelli record, e non ci fossero alternative. Ma del Frejus abbiamo già detto; per Firenze, ad esempio, esiste un progetto alternativo in superficie che costa un ottavo e risolve il problema con meno sforzi e senza rischi. Forse il problema è proprio questo.

[tags]no tav, ferrovie, appalti, sprechi, valsusa, torino-lione, frejus, firenze, bologna[/tags]

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venerdì 26 Novembre 2010, 13:49

Primarie sì, primarie no, primarie fantasma

È un po’ che devo pubblicare un nuovo aggiornamento sulle vicende verso le comunali a cinque stelle; qui le cose si evolvono di giorno in giorno, ma alla fine eccolo qui.

Eravamo rimasti al momento in cui abbiamo dovuto tagliare i ponti con una parte del gruppo perché si era messa di traverso per impedire le primarie, pensando che il proprio candidato non le potesse vincere. Di lì in poi, speravamo di esserci tolti un peso dalle spalle, e siamo arrivati in scioltezza fino a domenica 7, il giorno del primo turno delle primarie, in cui i cinque volontari vengono ridotti a tre e io e Viviana Ferrero emergiamo come candidati quasi alla pari (rispettivamente 13 e 15 voti su 29 votanti).

A quel punto noi pensavamo ancora di organizzarci le primarie online per i fatti nostri; tuttavia il lunedì, parlandone con lo staff di Grillo, abbiamo saputo che avevano deciso di offrire la loro piattaforma per le primarie delle comunali, dato che varie città l’avevano richiesto. Meglio ancora: così ci risparmiavamo il lavoro di realizzare una nostra piattaforma di voto. Cominciamo dunque a spiegare come ci si registra alla piattaforma, mentre Grillo accetta le nostre richieste di certificazione e ci apre gli account sullo spazio ufficiale della lista civica torinese.

Nei giorni successivi, però, si è creata una situazione che non ci piaceva. Le primarie erano state concepite quando ancora il gruppo comprendeva il “comitato centrale”, per permettere ai nostri simpatizzanti di scegliere l’orientamento politico preferito; e le avevamo preservate come un modo per rimarcare che la sovranità sul Movimento è dei cittadini, promuovendo una discussione pubblica su meriti e demeriti oggettivi dei candidati, per capire insieme quale fosse il più tecnicamente adatto al ruolo. Invece, sin dal primo giorno è partito una specie di concorso di bellezza tra facce, con persone che si schieravano pro questo o pro quello, fan club e gara di sorrisi. Abbiamo tentato di portare la discussione sulle idee, ad esempio tramite l’intervista tripla di Zipnews, e ci siamo resi conto che in realtà le idee erano proprio le stesse: è un fatto più che positivo, ma allora che senso aveva la competizione tra candidati?

Dall’esterno varie persone (ad esempio dal popolo viola) ci dissero che erano interessate solo a parlare di programmi; già nel weekend successivo, io espressi vari malumori, discutendone anche su Facebook con alcuni di voi; infine lo stesso staff di Grillo, il lunedì, ci disse in contemporanea che la loro piattaforma non sarebbe stata pronta in tempo (attualmente la data di lancio delle nuove funzionalità è il 31 dicembre) e che comunque anche secondo loro era meglio tagliare corto sulle persone e dare più spazio alla discussione sulle idee (sono i concetti che poi Grillo ha espresso nel suo famoso post sulle primarie un paio di giorni dopo). Ne abbiamo parlato e ci siamo trovati tutti d’accordo sul cancellare le primarie e scegliere un candidato unico.

A quel punto, e siamo a mercoledì 17, io mi sono trovato in seria difficoltà: avevo detto che non avrei fatto il candidato sindaco se non legittimato tramite le primarie; e poi, mi sembrava che i due candidati che avevano ottenuto circa metà dei voti a testa non fossero le persone ideali per portarsi dietro l’intero gruppo in una situazione così difficile. Per questo motivo, a inizio riunione io ho ritirato la mia candidatura, tra lo stupore generale.

Dopodiché, il gruppo ha chiesto a me e ai due candidati rimasti di uscire, e ha iniziato a discutere. A mezzanotte ci hanno richiamato dentro, e mi hanno chiesto di riconsiderare la mia decisione di ritirarmi, perché in un’ampia discussione era emerso che per il gruppo io, anche grazie alle due campagne elettorali già svolte, ero la persona più adatta allo specifico ruolo di portavoce, che è poi quello che il candidato sindaco fa in campagna elettorale.

Naturalmente, quando io ho reagito con perplessità invece che con gioia, c’è stato un attimo di gelo; ho chiesto una notte per pensarci e ho ottenuto dieci minuti, ne ho parlato con la mia compagna (visto l’impatto sulle nostre vite che un impegno del genere comporta), e alla fine ho accettato. Mi è costato il rimangiarmi in parte quel che avevo detto sulle primarie e non è stato facile, ma non mi sembrava nemmeno accettabile “scaricare” il gruppo che mi aveva appena dato piena fiducia.

Questo per quanto riguarda le primarie; vi è poi la situazione col gruppetto dissidente. In queste settimane loro sono andati avanti con la loro campagna di disturbo e di fango, mediante account identici ai nostri su Facebook, spam sulle nostre bacheche, canzoncine dileggiatorie e comunicati inviati a ripetizione a tutti i giornali, permettendo a questi ultimi di marciarci sopra per dimostrare che il Movimento 5 Stelle è “come gli altri partiti”. Ci hanno costretti a mantenere chiuse le nostre riunioni, e quando poi abbiamo fatto un incontro pubblico, sono venuti davanti all’ingresso a volantinare per il loro incontro successivo, cercando di ingannare la gente facendole pensare che loro fossero noi; insomma, una serie di comportamenti che trovo proprio infantili.

Nel frattempo, hanno cominciato a telefonare in privato ad alcuni di noi, invitandoli a passare dalla loro parte, o dicendo che la campagna di critica in pubblico e sulla stampa si sarebbe fermata se il gruppo avesse espulso me dalla lista, e se avesse scelto un candidato sindaco del loro gruppo o comunque di loro gradimento.

Noi ne abbiamo discusso e siamo tutti concordi che su questo piano non si può assolutamente scendere: non ci sarà alcuna trattativa. Questo non tanto perché non vogliamo fare passi indietro – io l’ho già fatto una volta e mi toglierei tante rogne – ma perché se si accetta oggi un comportamento di questo genere, cosa succederà domani? Ogni volta che il Movimento farà una scelta che loro non condividono, ripartiranno il fango in pubblico e le telefonate in privato? E se per caso una di queste persone venisse eletta in consiglio comunale, cosa le impedirebbe di litigare il giorno dopo e magari di migrare con questa scusa verso il primo partito che capita?

Io penso veramente che le persone debbano essere politicamente intercambiabili; la scelta del candidato sindaco – che è un portavoce e non un capo – è funzionale alle sue capacità tecniche nel ruolo e alla stima che riceve dal gruppo. Non è accettabile che un gruppetto di minoranza si separi e pianti casino non su problemi politici, ma perché vorrebbe imporre i propri candidati, e che per ottenere questo risultato non esiti a danneggiare l’intero Movimento. Sono metodi da vecchissima politica: se non ti danno ciò che vuoi, forma una corrente e fai casino finché non sono costretti a darti qualcosa. Accettare questa dialettica sarebbe la morte del Movimento.

Grillo in questi giorni ha parlato di “primarie tra liste”, nel caso in cui veramente si palesasse una seconda aspirante lista a cinque stelle: ben vengano, io nelle primarie ci credo e sarei molto più sereno con una investitura dal basso che tolga ogni dubbio. Basta che si facciano in fretta, perché la cosa peggiore di questa situazione è che non possiamo lavorare al nostro vero compito, che è quello di ascoltare i cittadini, preparare un programma che risponda alle esigenze della città e poi farci conoscere il più possibile.

Certo, se mi chiedete com’è possibile che la settimana prima si annullino delle primarie e quella dopo le si riconvochino con altri candidati (perché francamente possiamo anche raccontarci che sarà una competizione “sulle idee e non sulle persone”, ma sappiamo tutti perfettamente che non sarà così), io allargo le braccia e vi dico di tenere duro e starci vicini, che certe difficoltà sono inevitabili per neofiti della politica come noi, e che non bisogna perdere di vista l’obiettivo finale. Ma siamo in una situazione davvero esasperante, in cui io metto la faccia sui comportamenti altrui, dato che purtroppo nel cesto di mele sono capitati pure dei cachi: saranno pure a cinque stelle, ma sempre cachi sono.

P.S. Se poi a qualcuno interessa discutere di problemi veri, noi ci troviamo domani sera alle 21 in corso Ferrucci 65/A a parlare di rifiuti.

[tags]movimento 5 stelle, torino, elezioni comunali, primarie, grillo[/tags]

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martedì 23 Novembre 2010, 19:52

Pignoriamo la città

smontaggio-pomodoro.jpg

Le tre colonne di Arnaldo Pomodoro da qualche anno rappresentavano la porta meridionale di Torino, al centro della rotonda Maroncelli. Erano molto visibili, specie per le code infinite che nelle ore di punta affliggono quel punto, e senz’altro colpivano l’attenzione. Il loro smontaggio per mancanza di fondi è un segno chiaro di ciò che ci aspetta.

Non credo che si potesse fare diversamente; non ci sono soldi per tutto e forse anche quel po’ di denaro che resta per l’arte e la cultura può essere meglio speso in altre cose, meno simboliche e più concrete. Resta però il punto di fondo: siamo una città con cinque miliardi di euro di debiti, quasi seimila euro per ogni torinese, la città più indebitata d’Italia pro capite. Nei prossimi anni ci spoglieremo di tutto e non ci saranno soldi per niente, a fronte di una situazione economica generale che non migliorerà.

O meglio, i soldi ci sono, ma sono in tasca a una parte del Paese, quella che non paga le tasse o le aggira legalmente, quella che sfrutta le posizioni di potere per attingere alle casse pubbliche o alle tasche dei cittadini grazie alle ingiustizie legalizzate. E’ lì che bisognerà trovare le risorse: in un riequilibrio sociale che non può più attendere.

[tags]torino, debito, pomodoro, sculture, pignoramento, tasse, evasione fiscale[/tags]

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lunedì 22 Novembre 2010, 10:55

Un esperimento di amministrazione dal basso

Ieri pomeriggio e sabato sera abbiamo provato un esperimento: abbiamo invitato un po’ di cittadini in una stanza e gli abbiamo chiesto di fare proposte su come migliorare la città di Torino, adottando un metodo strutturato di discussione – quello sviluppato da Paolo Michelotto, una delle persone che da tempo portano avanti progetti di partecipazione dal basso a Rovereto e in tutto il Triveneto.

In pratica, ogni partecipante può esporre una proposta; gli si dà un minuto di tempo per spiegarla e altri due minuti per rispondere a tre domande poste dagli altri partecipanti. Alla fine si vota per determinare non tanto il gradimento quanto l’interesse della platea: per alzata di mano si decide in sostanza quali sono le proposte che la platea vuole approfondire. A quel punto si può poi approfondire la discussione per giungere a una proposta che raccolga il consenso di tutti e possa essere poi messa in pratica. Noi per ora ci stiamo limitando soprattutto alla prima fase, dato che abbiamo davanti ancora sei mesi per concretizzare i dettagli delle proposte; in questo modo però possiamo avere un’idea di quanto i vari argomenti siano più o meno sentiti.

Per farvi capire meglio di cosa si parla, queste sono le proposte emerse nei due incontri con il relativo interesse:

Sabato: Autostrade delle bici, Allargamento della raccolta differenziata a tutta la città (24); Incremento e pianificazione dei toretti (23); Locali circoscrizionali per i GAS, Incremento dei micronidi condominiali (22); Eventi di scambio e baratto in ogni quartiere (21); Pulizia delle strade (20); Last minute market (19); Estensione della metropolitana alla zona Barca (17); Aumento delle corsie preferenziali, Promozione dell’amministrazione virtuosa dei condomini (16); Promozione del car pooling con corsie preferenziali (14); Promozione dell’uso del VoIP (13); Costruzione di tunnel per tubazioni sotto le strade (12); Riorganizzazione della sosta a pagamento in centro (3).

Domenica: Introduzione di strumenti di democrazia diretta nel Comune (28); Ripensamento della griglia del trasporto pubblico (25); Riformulazione del calcolo della TARSU (23); Diffusione dei prodotti alla spina (21); Stop al consumo di territorio, Mappatura dei terreni e edifici comunali in disuso (20); Monitoraggio delle cooperative che ricevono appalti (19); Distributori di acqua del rubinetto accanto a quelli di bibite, Corsi di economia domestica sostenibile, Maggiore severità sulle infrazioni stradali, Consulenza sul bilancio familiare (18); Analisi del bilancio comunale (17); Diffusione di percorsi per ipovedenti, Incremento dell’attività delle biblioteche di quartiere, Nonni adottivi nelle circoscrizioni (16); Mediazione sulle cause di condominio (8).

Credo che sia un esperimento interessante: spesso ognuno dei partecipanti scopre problemi ed idee a cui altrimenti non avrebbe mai pensato. Per migliorare la qualità della vita spesso non servono grandi investimenti e nemmeno grandi pensatori e grandi leader; serve semplicemente una organizzazione a rete che porti l’istituzione ad ascoltare davvero i propri cittadini.

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[tags]elezioni comunali, torino, movimento 5 stelle, comune, pubblica amministrazione, democrazia diretta, michelotto[/tags]

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venerdì 19 Novembre 2010, 18:24

Il sequestro del presidio No Tav di Chiomonte

Essere un blogger impegnato ha i suoi grandi privilegi. Ieri, per esempio, un mio sogno della vita si è compiuto: ho potuto finalmente interpretare il ruolo di Tricia Takanawa nel video che vedete qui sotto.

Capisco che la dizione sia un po’ incerta, mentre un torrente d’acqua mi si rovesciava nel collo; d’altra parte col cappuccio in testa sarei sembrato decisamente un Rocky Balboa grasso.

Detto questo, la situazione è invece molto seria: il presidio che il movimento No Tav stava costruendo alla Maddalena di Chiomonte – dove dovrebbe sbucare il tunnel esplorativo della Torino-Lione – è stato posto sotto sequestro dalla magistratura in quanto abusivo, in seguito a una ordinanza di sgombero del sindaco di Chiomonte Renzo Pinard, molto vicino al governo regionale di Cota e all’assessore ai Trasporti Barbara Bonino.

La costruzione è (probabilmente) abusiva; ma si tratta comunque di una azione prettamente politica, dato che un simile attivismo delle istituzioni e dei magistrati – nel giro di una settimana sono arrivate l’ordinanza di sgombero, quella di demolizione, il sequestro dell’edificio e la denuncia penale – non si è mai visto in Italia per alcuna situazione del genere, anche se l’intera Valsusa è piena di scempi di ogni genere. E’ ironico che il provvedimento sia giustificato con la necessità di proteggere un “sito di interesse archeologico e paesaggistico” che dovrebbe essere a breve sventrato dall’imbocco di un tunnel di otto chilometri.

Perdipiù, la denuncia è stata presentata solo a carico di poche persone politicamente schierate, e non delle decine di cittadini comuni che partecipavano alla costruzione; ed è stata notificata con grande evidenza, mobilitando decine di agenti. E’ chiaro il tentativo di intimidire i No Tav.

Il Movimento No Tav considera quanto accaduto una gravissima provocazione e risponde convocando una prima mobilitazione generale per domani alle 8,30 davanti al municipio di Chiomonte – con il sole o con la neve noi ci saremo.

[tags]no tav, chiomonte, presidio, denuncia, abusivismo, magistratura[/tags]

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venerdì 12 Novembre 2010, 16:07

Gli stranieri alle elezioni comunali

Un’altra notizia che ha tenuto banco sulla cronaca locale in settimana è stata quella della ragazza di origine romena che fa da guida turistica alla mostra di Palazzo Reale.

Un signore ha scritto a Specchio dei Tempi dicendo sostanzialmente: “l’altro giorno a Palazzo Reale mi sono trovato una guida romena, possibile che nessun italiano voglia più fare nemmeno questi lavori?”. Era una critica ai “bamboccioni” italiani e non tanto al fatto che fosse stata assunta una guida romena; peccato che una affermazione del genere tradisca un pregiudizio sottile, quello per cui un lavoro – specialmente un lavoro culturale, ma non fa differenza – possa essere fatto da uno straniero soltanto se non c’è nessun italiano che lo vuole fare. L’idea che la ragazza romena potesse essersi presentata ai colloqui e potesse essere risultata più capace e preparata degli aspiranti italiani proprio non aveva sfiorato il lettore.

Naturalmente il dibattito è stato caldo: tanti si sono indignati, tanto che La Stampa ha dovuto bilanciare la questione con una intervista alla ragazza, ma altrettanti hanno sostenuto che aveva ragione il lettore, che gli stranieri non dovrebbero avere un lavoro se prima non è stato rifiutato dagli italiani, che le reazioni alla lettera perplesse o addirittura indignate erano opera dei “soliti sinistrorsi”. C’è un chiaro problema di portafoglio: di fronte alla crisi, ben indottrinati dai media, gli italiani si lanciano nella guerra contro i poveri, anziché in quella contro i loro sfruttatori. Ma non è solo questione di portafoglio: qualche giorno fa parlavo con una signora di una certa età e di ottima posizione sociale, e per dieci minuti mi ha detto che “i non italiani dovrebbero stare a casa loro” e “gli altri Paesi europei sono costretti perché avevano le colonie, ma noi che possiamo dovremmo mandarli via”.

Eppure è chiaro che in una società cosmopolita e globalizzata le frontiere non funzionano più. Io (come già dissi) non sono certo a favore dell’immigrazione incontrollata e sregolata, né di una totale libertà di movimento delle persone (o delle merci), perché a fronte delle differenze globali mi pare una ricetta sicura per il disastro; eppure non posso nemmeno concepire un mondo basato sui nazionalismi e sulle autarchie, come era fino a qualche decennio fa.

Al contrario, io vorrei che Torino fosse un centro di attrazione di persone da tutto il mondo, selezionandole in positivo; accogliendo le persone capaci, aperte e volenterose e respingendo quelle che non si integrano o che delinquono. La strada per la convivenza civile, infatti, è l’uguaglianza di trattamento: chi vive qui deve rispettare le regole e pagare le tasse torinesi, e deve essere trattato allo stesso modo indipendentemente dall’origine.

Per questo trovo molto giusto che – come da norma europea – tutti i cittadini europei con residenza a Torino possano votare alle prossime elezioni comunali. E’ facile, ma richiede un’azione da parte loro: devono registrarsi presso l’ufficio elettorale del Comune, inviando una richiesta via fax con copia di un documento o presentandosi di persona. I romeni costituiscono ormai una fetta importante della nostra città, non solo numericamente, ma anche culturalmente; fatevi un giro al mercato coperto di corso Racconigi se non ci credete. Sarebbe bello se la guida romena, così come molti suoi connazionali, partecipassero attivamente anche alla vita politica della città in cui vivono: sarebbe un segnale di quanto ormai si ritengano non “immigrati romeni”, ma “torinesi romeni”.

[tags]torino, elezioni comunali, immigrazione, romania, razzismo, pregiudizi, discriminazione, guida turistica, palazzo reale, la stampa, nazionalismo, globalizzazione[/tags]

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giovedì 11 Novembre 2010, 13:07

A cosa serve il treno

La vicenda di Arenaways, operatore ferroviario privato che si ̬ messo in testa di competere con Trenitalia per i treni tra Torino e Milano (ma anche per le tratte Torino-Alessandria e Alessandria-Milano), ̬ arrivata in cima alla stampa locale solo recentemente Рma per chi segue da vicino il mondo dei trasporti si trascina ormai da anni.

Riassumendo, Arenaways vorrebbe offrire un servizio che sta a metà tra i regionali e l’alta velocità: al prezzo di 17 euro sola andata (contro i 9,55 del regionale e i 32 dell’AV) si viaggia in un tempo uguale (anzi persino un po’ superiore) a quello del regionale, ma su carrozze pulite, confortevoli, accessibili, col posto garantito e una serie di servizi aggiuntivi utili a chi viaggia per lavoro (dalla panetteria al wi-fi).

Da settembre dovevano partire due corse al giorno (partenza da Torino Porta Susa alle 7:22 e ritorno da Milano Porta Garibaldi alle 19:40; partenza da Milano Porta Garibaldi alle 7:04 e ritorno da Torino Porta Susa alle 18:14), che sono poi state rinviate di settimana in settimana, tra crescenti polemiche per i continui ostacoli burocratici, fino a fissare il nuovo avvio a lunedì prossimo.

Peccato che ieri l’apposito ufficio del Ministero dei Trasporti abbia comunicato che ad Arenaways sarà vietato effettuare qualsiasi fermata intermedia tra Torino e Milano, in quanto ciò costituirebbe una forma di concorrenza con i treni regionali di Trenitalia, che sono sussidiati dalla Regione Piemonte; dunque Trenitalia andrebbe immediatamente a chiedere dei soldi alla Regione Piemonte per indennizzarla della perdita di clienti; e la Regione Piemonte non vuole pagare.

Ciò deriva dal fatto che la concorrenza è permessa sui servizi ferroviari a media-lunga percorrenza, mentre sui servizi locali vige il monopolio di ciascuna regione, che tramite un bando internazionale affida il servizio a un operatore ferroviario; casualmente vince sempre o Trenitalia, o una joint venture tra Trenitalia e la Regione in questione. Dunque Arenaways faccia pure il Torino-Milano diretto, ma non fermi a Novara, Vercelli o Santhià, perché questo costituirebbe un danno per la Regione Piemonte e il suo monopolio; e chi se ne frega se invece ne vengono danneggiati l’azienda privata e soprattutto i suoi potenziali clienti.

La motivazione è pretestuosa per molti motivi. Per prima cosa, se queste fermate intermedie sono illegali, non si capisce perché allora vengano svolte quotidianamente da un certo numero di intercity di Trenitalia, anch’essi classificati come treni in regime di concorrenza: a questo punto dovrebbero vietare anche quelli.

Ma soprattutto, il servizio regionale Torino-Milano è per Trenitalia una miniera d’oro: facendo viaggiare treni vecchi, sporchi e assolutamente insufficienti rispetto alla domanda – tanto che nelle ore di punta è normale avere l’intero treno pieno di gente in piedi per buona parte del percorso – lucra pesantemente sui pendolari piemontesi, rifiutandosi allo stesso tempo da anni di mettere più treni con scuse varie (una volta era “la linea è satura, serve l’alta velocità”, poi l’alta velocità è arrivata e il servizio regionale invece di migliorare è anche peggiorato). L’argomento per cui due treni da tre vagoni al giorno provocherebbero un danno a Trenitalia non sta in piedi; al massimo, ridurrebbero di un pochino i suoi profitti.

Ancora più agghiacciante è la posizione della Regione Piemonte, che invece di festeggiare perché finalmente i piemontesi potrebbero avere una alternativa in più (liberi poi di usufruirne o meno) a costo zero per il pubblico, e di difendere questa possibilità, fa di tutto per impedirne lo sviluppo. La stessa Regione che (con giunte di ambo i colori) non è mai stata in grado di ottenere da Trenitalia un servizio decente, né di bloccare a febbraio un insensato aumento del 20% del prezzo, ora si schiera con Trenitalia e contro gli interessi dei piemontesi.

A vedere come la politica faccia di tutto perché il servizio ferroviario tra Torino e Milano faccia schifo (mettiamoci anche i treni alta velocità rari e carissimi) davvero ci si chiede se l’obiettivo ultimo non sia favorire l’autostrada dell’amico gruppo Gavio, coi suoi bravi autogrill di Benetton… sarà mica a quello che servono i treni?

[tags]piemonte, trenitalia, arenaways, regione, treno, autostrada, ferrovia, concorrenza[/tags]

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mercoledì 10 Novembre 2010, 09:21

Primarie del Movimento 5 Stelle di Torino – secondo turno

Stamattina leggerete sui giornali della nostra conferenza stampa di ieri mattina, in cui abbiamo presentato ufficialmente il processo delle primarie del Movimento 5 Stelle Torino. Vorrei dunque chiarire a tutti cosa succederà adesso.

Domenica il gruppo ha selezionato tre candidati: Viviana Ferrero, Antonino Iaria e un certo Vittorio Bertola che già conoscete. Nelle prossime due o tre settimane i candidati si confronteranno in pubblico; in particolare, sabato 20 sera e domenica 21 pomeriggio si svolgeranno due dibattiti all’americana, a cui siete invitati a partecipare. Il voto avverrà in data da definire, verso fine mese, e potranno votare tutti i residenti a Torino che siano già iscritti o che si iscrivano in questi giorni sul sito nazionale del Movimento 5 Stelle. Per iscriversi è necessario compilare un modulo con i propri dati e allegare (dopo la registrazione) la scansione di un documento d’identità, in modo da controllare la veridicità dei dati ed evitare voti farlocchi (vogliono un JPG di massimo 150 kB, dunque non esagerate con la risoluzione della scansione).

Chi prenderà più voti online farà il candidato sindaco: Grillo ci ha chiesto di eliminare il voto pesato di cui avevamo discusso nelle scorse settimane, e noi abbiamo accondisceso con piacere – in particolare io, essendo quello che sosteneva sin dal mese di giugno l’idea delle primarie online aperte a tutti i cittadini. Dunque, ora la scelta è completamente nelle vostre mani, come è giusto che sia.

Chiudo allegando la parafrasi del discorso che ho fatto ieri durante la conferenza stampa, quando mi hanno chiesto di spiegare perché mi candido e quale sia la mia visione per il futuro di Torino. Spero che vi piaccia.

Mi candido per mettere le mie capacità e la mia esperienza internazionale al servizio della mia città, pensando di poter essere un buon sindaco per ringiovanire e rilanciare Torino.

Torino è una città economicamente in crisi: è la città più indebitata d’Italia pro capite (quasi 6000 euro per abitante) e anche l’economia privata sta svanendo – chiudono non solo le fabbriche ma anche gli uffici, e per trovare un lavoro stabile si deve spesso emigrare a Milano o all’estero. Finora questa situazione è stata nascosta sotto il tappeto delle Olimpiadi, dei grandi eventi, dei comunicati trionfali; Chiamparino sta vivacchiando e rimandando i problemi per arrivare a scadenza. Chiunque si troverà ad amministrare il Comune si troverà di fronte a una situazione drammatica, sia dentro che fuori dalle casse comunali.

Io credo che la città abbia le risorse e i valori per aprire una nuova stagione e uscire dalla crisi, a patto che si verifichi un cambiamento profondo, generazionale. Né il centrosinistra né il centrodestra sono capaci di questo; sono privi di idee, legati alle clientele e ai salotti, e ragionano con modelli di sviluppo ottocenteschi – la grande fabbrica, la grande infrastruttura. Ma nel ventunesimo secolo, nell’Occidente sviluppato, la ricchezza può derivare solo dalle idee, dai servizi, dalle produzioni immateriali e sociali.

Dunque a Torino servono due cose: innovazione e meritocrazia. L’innovazione è necessaria perché le nostre aziende offrano prodotti che a qualcuno interessa comprare; la meritocrazia, attraendo a Torino i migliori giovani cervelli d’Italia e del mondo e affidando la città a persone capaci anziché agli amici dei salotti, permette alle idee intelligenti di emergere e venire realizzate.

In questo modo si può riportare a Torino lo sviluppo; ma uno sviluppo nuovo, che non miri all’incremento della produzione di beni materiali, ma alla solidarietà, alla qualità della vita, a un nuovo senso di comunità, a un benessere durevole per tutti. L’obiettivo della politica non deve essere l’arricchimento di pochi, ma la felicità di tutti. Noi saremmo contenti se potessimo amministrare questa città con questo obiettivo: quello di rendere ogni torinese innanzi tutto un po’ più felice.

[tags]movimento 5 stelle, beppe grillo, torino, elezioni comunali, primarie, candidati sindaco, bertola, ferrero, iaria[/tags]

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sabato 30 Ottobre 2010, 11:14

Patria e bandiera

Già so che le celebrazioni per il centocinquantenario dell’unità d’Italia – su cui ho espresso in passato le mie perplessità – ci riempiranno di polemiche quotidiane da qui alla primavera. Quella di oggi riguarda l’idea di tappezzare il centro di Torino – non si capisce se a spese pubbliche – di bandiere tricolori, per tutta la durata delle celebrazioni; proposta dell’amministrazione osteggiata, manco a dirlo, dalla Lega.

Si sa che i veri progressisti non hanno mai amato le bandiere nazionali, dunque quest’improvviso amore per il tricolore da parte di Chiamparino e i suoi non fa altro che confermare la loro transizione salottiera e altoborghese. Ma c’è un altro motivo, oltre alle mie perplessità sopra linkate e relative all’oggetto stesso della celebrazione, per cui questa idea mi piace proprio poco.

Quello proposto mi sembra un uso della bandiera contemporaneamente avvilente e pericoloso. Avvilente, perché la bandiera non è un oggetto decorativo e colorato, da appendere perché fa allegria; usarla in tal senso, replicandola all’infinito come un logo qualsiasi, ne svilisce il valore. Pericoloso, perché è abbastanza esplicito il tentativo di usarla come simbolo di parte, appunto contro la Lega. Il rischio è di generare nella mente di molti torinesi un parallelo del genere: così come la Lega tappezza la scuola di Adro del sole delle Alpi, il centrosinistra tappezza Torino del tricolore.

Se la percezione fosse questa, sarebbe un grosso regalo proprio alla Lega: vorrebbe dire riconoscere e promuovere l’uso della bandiera a fini politici, per la propaganda di una parte contro l’altra, e negarne il valore come simbolo di tutti. Vorrebbe dire riconoscere (come già purtroppo fanno i simpatizzanti padani) che le celebrazioni del centocinquantenario sono una festa di parte e non di tutti – se così fosse, davvero è meglio non farle proprio.

Secondo me la bandiera deve stare là sui pennoni e non altrove, così come l’inno deve essere eseguito nelle occasioni ufficiali e non altrove (trovo scandaloso l’uso dell’inno nazionale come jingle pubblicitario – ultimamente lo fa pure Robe di Kappa). Questo è l’unico modo di onorare e valorizzare i nostri simboli nazionali.

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lunedì 25 Ottobre 2010, 10:34

La cresta

La vita può essere tragica; tutti noi speriamo di non trovarci mai di fronte a drammi che però accadono tutti i giorni. Tra questi drammi c’è sicuramente la morte improvvisa e imprevista di persone giovani; esaminando i dati che il nostro Istituto Nazionale di Statistica mette a disposizione dentro uno ZIP contenente un foglio Microsoft Excel (evviva l’accessibilità) si scopre che nel 2007 in Italia sono morte 9375 persone tra i 20 e i 40 anni. La prima causa di morte sono, come noto, gli incidenti stradali (22,7%); meno noto è che la seconda, che presto potrebbe diventare la prima anche in questa fascia di età, è il cancro (21,7%). La terza causa di morte, a debita distanza ma comunque con più di 800 vittime, è il suicidio (8,8%). Queste cause sono tutte e tre, in modi diversi, sintomi di disfunzioni della nostra società, e sono talmente diffuse che se ne parla il meno possibile; si parla molto di più di cause di morte numericamente ben meno rilevanti, come l’omicidio (2,7%) e l’AIDS (1,9%).

Nell’elenco non compare la causa che ultimamente va più di moda sui giornali: la “malasanità”. Soltanto due giorni fa, sulla cronaca cittadina, l’ennesimo caso: una ragazza di 33 anni morta in sala operatoria durante la sostituzione di una valvola cardiaca, una operazione teoricamente di routine. Quasi sempre, il sottotitolo è lo stesso: i parenti che gridano “ce l’hanno ammazzata”, “vogliamo giustizia” e “qualcuno deve pagare”.

E’ comprensibile ed umano che una persona che sta vivendo una tragedia del genere parli così e senta il bisogno di trovare un colpevole (meno giustificabile che ciò venga rilanciato dai giornali e dalle televisioni). Se ci pensate, però, queste affermazioni tradiscono la concezione piuttosto distorta della vita e della morte che permea la nostra società: una concezione basata sull’aspirazione all’immortalità, e persino su una certa fiducia nel fatto che l’uomo possa dominare qualsiasi condizione avversa impostagli dalla natura.

Nel caso specifico, l’operazione di routine consiste nell’addormentare qualcuno in maniera innaturalmente profonda, aprirgli il cuore, togliergli un vecchio pezzo di plastica che sostituisce la sua valvola cardiaca difettosa e metterne uno nuovo. A guardarla bene, non si capisce come si possa essere arrivati a considerare una cosa del genere “di routine”. Come umanità, possiamo senz’altro esserne orgogliosi, ma non credo che abbia senso pensare il successo di queste terapie come un diritto, e dunque il fallimento di una operazione chirurgica come un omicidio; non solo perché la fallibilità è umana – se fosse richiesto il 100% tondo di successo in tutto ciò che facciamo, nessun umano potrebbe guidare un veicolo: ci risparmieremmo quasi ventimila morti l’anno solo in Italia, ma la nostra società non funzionerebbe più – ma perché il rischio di morte è intrinseco ed ineliminabile in una operazione di quel tipo, e nella maggior parte dei casi avviene senza alcun errore da parte dei medici.

Con tutta la nostra scienza, non sappiamo perché ogni anno decine di neonati muoiano di “sindrome della morte improvvisa nell’infanzia”; muoiono in culla, e basta. Quando si vivono drammi del genere, dal punto di vista del singolo è difficile, forse impossibile, farsene una ragione; dal punto di vista collettivo, però, è un chiaro invito ad abbassare la cresta, e a spiegare agli individui che non tutto è sotto il nostro controllo.

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