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Archivio per la categoria 'VitaDaToro'


domenica 3 Aprile 2022, 18:13

Forza pippa

È sera. Dopo ventidue ore di viaggio e due ore e mezza di coda all’immigrazione, arrivo all’albergo di Washington scelto da ICANN, un boutique hotel con ambizioni di lusso a metà tra Foggy Bottom e Georgetown, popolato da gente in impeccabili vestiti blu e cravatta regimental.

Arrivo al check-in completamente rincoglionito. L’addetto prende il passaporto e mi fa: “Italy? Which city?”

“Turin.”

“Ah, Torino!”

Oddio, penso. Fa’ che non succeda, fa’ che non succeda, fa’ che non succeda.

Succede.

“Forza Juve!”

Ma vaffanculo, va’.

“Here, look here!”

Invece di darmi la benedetta chiave e mandarmi a dormire, il tizio interrompe il check-in, prende il suo cellulare, armeggia, e mi fa vedere.

C’è una foto di lui abbracciato con Del Pippa.

“Do you recognize the guy?”

“Yes, of course.”

“Are you sure? Do you know his name?”

Io so che se gli dico “Del Pippa” non capirà, per cui ho pietà di lui e rispondo per bene.

“He is my childhood idol”, continua lui. “I travelled to Los Angeles on purpose to meet him.”

“Mecojoni”, sospiro io. Lui non capisce, però gli viene un sospetto.

“But are you for Juventus or for Torino?”

Sorrido. “Torino, of course. You know, I’m actually from Turin. Juve is more of a national team.”

“Ah! Sorry for you!”

Non fosse che io sono il cliente e lui l’impiegato, probabilmente mi darebbe anche del “loser”.

Ma io sono una persona gentile. Gli dico anzi che ho incontrato anch’io Del Pippa, vent’anni fa. (Adriano lo portò un giorno in ufficio a Vitaminic per fargli fare una compilation.) E poi dai, oggettivamente è un bravo ragazzo e un gran giocatore: fuori dal tifo, massima stima.

Ma per me sono le tre del mattino e voglio solo andare a letto: next time, “forza Juve” tell it to your mother.

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venerdì 24 Luglio 2020, 13:48

Il Toro in un’azione

Se Zaza è indubbiamente il giocatore granata dell’anno, questa di Berenguer è l’azione granata del decennio.

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venerdì 27 Maggio 2016, 13:37

Perché non disprezzo Mihajlovic

In curva Maratona da molti decenni vige una regola d’oro, quella di lasciare la politica fuori dalla curva; figlia di un periodo in cui per la politica ci si ammazzava a vicenda, è però una regola che, pur permettendo alla Maratona di essere una delle curve con la maggiore coscienza sociale e con molte persone che affiancano all’attivismo sportivo quello politico, ha tuttora un senso per evitare divisioni.

Per questo, io avrei preferito commentare l’arrivo di Sinisa Mihajlovic come allenatore del Toro in senso strettamente sportivo, come quello di un ex ottimo calciatore che ora, da allenatore, è considerato una delle migliori promesse della generazione dei quarantenni. Tuttavia, proprio per la coscienza sociale di cui parlavamo, è inevitabile che l’arrivo di Mihajlovic abbia fatto storcere il naso a molti commentatori granata, come ben riassunto in questo articolo che sta facendo discutere.

Le simpatie nazionaliste serbe di Mihajlovic sono note, così come è nota la sua amicizia personale con la Tigre Arkan, un criminale di guerra responsabile di molti dei massacri della guerra jugoslava, che era il capo degli ultrà quando lui giocava alla Stella Rossa. Rimase famoso l’episodio del 2000 in cui, dopo la morte di Arkan, i fascisti della curva della Lazio esposero uno striscione in suo onore:

arkan-3

Si disse al tempo che fosse stato Mihajlovic a chiederlo, anche se lui ha smentito; sta di fatto che la Maratona diede allora la risposta perfetta, esponendo la domenica successiva un altro striscione che ha fatto la storia:

7-febbraio-2000-onore-al-gatto-silvestro-L-2_o4FV

Di quello striscione andiamo tutti fieri; ora però, quasi vent’anni dopo, in uno di quei cicli beffardi del calcio ci ritroviamo Mihajlovic in panchina. Io capisco quindi chi lo ritiene almeno moralmente complice di quello che successe nella ex Jugoslavia, e non lo gradisce; eppure, non credo che sia la conclusione giusta.

Per prima cosa, prima di liquidare qualcuno come nazista e genocida vorrei conoscerlo meglio e di persona; perché ho imparato che ciò che scrivono i giornali è solo una approssimazione della verità, e che l’immagine pubblica che ogni personaggio si porta appresso è spesso imprecisa e piuttosto diversa dal vero. Del resto, secondo i giornali io sarei uno che si augura che mezzo governo venga ammazzato a mitragliate (aprile 2013) e che desidera rimpatriare a calci nel sedere quelli che sbarcano dai barconi (agosto 2015) e vi assicuro che nella realtà non penso minimamente alcuna delle due cose.

Ma poi, se leggo i racconti della sua esperienza personale che lo stesso Mihajlovic ha dato nel tempo – per esempio questo, del 2009 – non posso che concludere che l’idea del nazista, razzista e amico degli squadroni della morte è come minimo molto semplificata; non solo per le altre idee che esprime (per esempio l’apprezzamento per Tito e per la sua Jugoslavia multietnica) ma perché i racconti che fa – e vi raccomando di dedicare tre minuti a guardare questo video, che risale solo a un paio di mesi fa – mostrano che nessuno di noi può davvero capire, e figuriamoci giudicare, l’esperienza di un ragazzo di vent’anni, nato e cresciuto proprio sul confine tra Serbia e Croazia, che improvvisamente si trova al centro di una guerra sporchissima, una guerra in cui suo zio croato voleva ammazzare suo padre serbo, poi Arkan cattura lo zio e gli telefona per chiedere se vuole che lo ammazzino o solo che glielo portino.

Anche a me viene naturale giudicare le persone a prima vista, ma poi realizzo che, se distinguere tra il bene e il male è un obbligo morale per chiunque in qualunque situazione, giudicare la scelta degli altri è uno sport per gente con la pancia piena e le pantofole davanti al caminetto. Credo che nessuno di noi abbia vissuto quell’esperienza, e tantomeno quella successiva di vedere il proprio Paese bombardato per mesi dalla NATO, cioé anche da noi. E se questo non mi rende le vere o presunte idee di Mihajlovic più simpatiche, mi porta però a pensare di non avere il diritto di giudicarlo.

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sabato 6 Giugno 2015, 20:43

Stasera c’è la partita

Ok, stasera c’è la partita (non c’è bisogno di dire quale). Sapete tutti che io sono tifosissimo del Toro, il che non mi impedisce naturalmente di augurare buona fortuna alla parte bianconera della città. Quella che probabilmente non conoscete, e che oggi vorrei raccontare per la prima volta, è la storia di mio nonno che giocava nella Juventus.

Mio nonno Renato, nato nel 1901, a diciannove anni divenne la promettente mezzala della Juventus, in cui giocò per tre stagioni. Era ancora l’epoca dello sport puro, praticato da ragazzi di buona famiglia come hobby, nel tempo libero dal lavoro o dagli studi (mio nonno studiava giurisprudenza all’università).

Nelle prime due stagioni fu riserva, ma mise comunque insieme cinque gol in nove presenze. Nel 1922-23 cominciò ad essere schierato con regolarità, e giocò diciannove partite segnando altri tre gol. Si prospettava dunque per lui una buona carriera da giocatore di livello nazionale, anche se all’epoca le cose erano ovviamente molto diverse da oggi.

Però, come gli storici del calcio sapranno, l’estate 1923 segna un evento fondamentale nella storia del pallone italiano: è il momento in cui la famiglia Agnelli assume il controllo della Juventus. Da lì, dicono gli storici, “nasce lo stile Juventus”: immediatamente gli Agnelli cominciarono, primi in Italia, a usare i loro soldi per sottrarre i giocatori alle altre squadre, pratica vietatissima. In particolare la pietra dello scandalo fu il terzino Virginio Rosetta, il cui ingaggio per soldi, una volta scoperto, costò alla Juventus sanzioni e sconfitte a tavolino.

Mio nonno fu schifato sin da subito da tutto questo, e così, a ventidue anni, mandò a stendere gli Agnelli e la Juventus e si rimise a studiare giurisprudenza, continuando a giocare qualche partita per passione in squadre rimaste fedeli allo spirito originario (in particolare il Novara).

Da lì in poi, per i bianconeri, furono ottant’anni abbondanti di vittorie in “stile Juventus”: per cui non posso che ribadire i miei auguri per stasera, e continuare a preferire il Toro.

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sabato 16 Maggio 2015, 17:52

Roberto, spizzala piano

Ci sono giocatori di calcio che non sono nè forti nè deboli, sono iconici. E degli anni della rinascita del Toro e dell’avvento di Cairo, dal 2005 al 2009, l’icona è lui: Roberto Stellone, l’attaccante di un solo modulo e una sola mossa, la spizza.

Simpaticamente preso per il culo in tutti i modi, fu trasformato in uno dei protagonisti di una leggendaria campagna di sbeffeggio in rete che a Cairo brucia ancora. Stellone e il Super Tele arancione che gli spioveva sulla capoccia lucida nei contesti più improbabili, insieme a Rosina con la camicia macchiata (non ricordiamo di cosa) e al pluriallenatore maestro di calcio Gianni De Biasi (inspiegabilmente lasciato al Toro dal Real Madrid e dal Manchester United, squadre più adatte al suo rango), restano la foto del Toro entusiasmante e deludente del primo Cairo, societariamente cazzaro come quello di oggi, ma nemmeno vincente sul campo.

Nel frattempo Roberto, passato dall’altro lato della panca, è riuscito in una impresa mica da ridere: portare in Serie A il Frosinone. Alla faccia di tutti, di Gianni Morandi e del suo Bologna dominato due giornate fa, del Catania che doveva ammazzare il campionato e ancora un po’ finisce in serie C, di Lotito e delle sue telefonate che minacciavano il tracollo del calcio se in A fossero arrivate Carpi, Latina e Frosinone (due su tre le ha beccate, quasi ai livelli di Fassino).

Alla faccia delle ironie sulla capoccia lucida che poteva spizzare qualsiasi cosa spiovesse in testa, pure i pianoforti dei cartoni animati, ma in una direzione generalmente a caso e totalmente inutile, Stellone c’è e speriamo che gli facciano godere un giro in serie A anche da allenatore. Lo voglio vedere allo stadio di Venaria, con una squadra di carneadi che tutta insieme non vale un’unghia di Pogba, a spizzare per interposta persona un improbabile gol. Perché il calcio, signori miei, non è bello per le solite partite delle solite quattro squadre che si contendono tutto, ma perché esistono ancora i piccoli miracoli come questo: vedere una città di provincia impazzita per una promozione pazzesca, e Roberto Stellone di nuovo in serie A.

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venerdì 19 Settembre 2014, 12:09

La vera storia dello stadio Olimpico

A Torino e non solo, le vicende legate agli stadi sono sinonimo di speculazione, di favoritismi e di manovre politiche sin dall’epoca della costruzione del Delle Alpi (su cui raccomando sempre l’enciclopedica trattazione dell’ex assessore Matteoli); io, da cittadino e da tifoso, me ne occupo da molto prima di fare politica.

Da consigliere comunale, sono stato uno dei pochi a dare battaglia sui regali della Continassa alla Juventus – ancora qualche mese fa la Città gli ha abbuonato una ulteriore milionata di euro, come vedete nel video – e, anche se non abbiamo potuto fermare l’operazione, siamo stati noi a scoprire e pubblicizzare il prezzo di vendita di 0,58 €/mq/anno, che poi ha girato l’Italia. Ovviamente, all’epoca mi sono beccato parecchi insulti dai tifosi della Juventus, che mi accusavano di essere accecato dal tifo, visto che notoriamente io sono tifoso del Toro e vado allo stadio da sempre.

In compenso, alcuni giorni fa ho firmato una mozione per rimettere in discussione il contratto tra il Torino FC e la Città per l’affitto dello stadio Olimpico. I giornali cittadini hanno presentato la cosa come “i consiglieri comunali vogliono aumentare l’affitto al Toro per fare cassa”, e così stavolta mi sono beccato insulti da una parte dei tifosi granata, quelli più disinformati; alcuni hanno persino provato a dire che io avevo regalato la Continassa alla Juventus…

C’è, indubbiamente, il problema di far pagare il giusto a chi utilizza un bene pubblico, che ovviamente è dovere di un amministratore; prima ancora di discutere se i 250.000 euro annui che paga il Toro – con contratto di anno in anno, a differenza degli accordi pluriennali che vigono quasi ovunque – sono pochi o tanti, va segnalato che il Toro non ha ancora saldato il dovuto per la stagione 2013-14. Inoltre, non ha pagato nemmeno la tassa rifiuti, sulla quale però ha chiesto e ottenuto uno sconto del 30 per cento sostenendo di essere un “affittuario saltuario”, né il costo del servizio straordinario dei vigili, anche quello già scontato del 50 per cento rispetto ai 100.000 euro annui iniziali.

Pertanto, noi non possiamo mandare gli ufficiali giudiziari a chi non paga la Tarsu perché non arriva a fine mese e poi chiudere un occhio per una società a fine di lucro che incassa decine di milioni di euro l’anno. Inoltre, il Comune con quello che incassa paga la manutenzione straordinaria dello stadio, che per ora è di circa 150.000 euro l’anno ma che sarà di 400.000 nel 2016, quando si dovranno rivedere i tiranti. Il Toro paga la manutenzione ordinaria, come chiunque affitti un immobile; Cairo ha sparato una cifra di 1.300.000 euro annui, ma andando a vedere pare che ci sia dentro pure mezzo milione di euro di bolletta della luce e altre voci che con la manutenzione c’entrano poco.

La vera questione, però, è un’altra: non è tanto importante quanto si incassa oggi, ma è importante per la città che ci sia un progetto a lungo termine relativo all’area dell’Olimpico. Anzi, è importante soprattutto per il Toro, perché al giorno d’oggi tutte le società che ambiscono a stare in alto si stanno muovendo per avere uno stadio di proprietà, come ha già fatto la Juventus. Difatti, anche depurato dalle regalie urbanistiche aggiuntive che la squadra degli Agnelli ha avuto in abbondanza, lo stadio di proprietà permette di moltiplicare le entrate relative ai servizi ai tifosi, al marketing e al merchandising in senso lato.

Se il Toro non si mette in quest’ottica, non potrà avere un futuro all’altezza, o perlomeno sarà sempre svantaggiato rispetto alle altre squadre dalla mancanza di una fonte di ricavi cospicui. Per questo è giusto pretendere da Cairo un impegno a non vivere alla giornata, a non andare avanti affittando lo stadio di stagione in stagione, barboneggiando ventimila euro di sconto e ritardando i pagamenti finché si può, ma ad avere invece un progetto di lungo termine per far crescere e sopravvivere il Toro ad alti livelli, un progetto che – oltre magari a non vendere i giocatori migliori ogni anno per fare cassa – non può in ogni caso prescindere dall’avere il proprio stadio, con un contratto e un progetto di lunga durata. Dovrebbero essere proprio i tifosi i primi a pretenderlo, e non soltanto il consiglio comunale.

La situazione attuale, invece, combacia se mai proprio con quell’accordo al ribasso che tanti ipotizzano, quello per cui Cairo ha preso il Toro anche per risolvere un problema di ordine pubblico all’elite cittadina, ma sapendo di non dover rompere troppo le scatole alla squadra a strisce, coi cui proprietari peraltro ha successivamente imbastito ottimi affari calcistici e non (vedi l’ingresso in RCS).

Anche la vicenda della ristrutturazione dell’Olimpico, come quella del Delle Alpi, è uno scandalo italiano: doveva farla Cimminelli, ex proprietario del Toro e fornitore Fiat, che però è fallito permettendo alla Fiat stessa di acquistare la sua azienda per un euro, lasciando a noi le spese. La collettività ha infatti sborsato 45 milioni di euro per ristrutturare lo stadio in ottica olimpica, pessima però per il calcio; per cui ora il Comune, oltre alla manutenzione straordinaria, continua a pagare anche 1.200.000 euro l’anno di mutuo contratto per sostenere la spesa, per uno stadio comunque poco adatto allo scopo. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha ipotecato lo stadio per 38 milioni di euro per le tasse non pagate da Cimminelli, e tuttora non si sa chi pagherà per togliere queste ipoteche, che impediscono qualsiasi operazione.

Questi sì sono scandali, a danno del Toro e a vantaggio dei soliti noti, che la politica cittadina ha attivamente consentito se non promosso; tuttavia, ciò non ci permette di accettare che il Torino FC, che non è solo una società privata ma una entità con un grande valore collettivo sociale e culturale, continui a vivacchiare rassegnandosi a un progressivo declino.

Chiudo con un’ultima nota: con grande eleganza, Cairo ha risposto alla questione tirando in ballo i (presunti) 80.000 euro che “spende” ogni anno per biglietti omaggio al Comune (sindaco, assessori e consiglieri). Come sapete, noi rifiutiamo questi privilegi, e io continuo ad andare in curva ogni volta facendo la fila e comprando il biglietto di tasca mia; è però vero che la maggior parte dei miei colleghi utilizza gli omaggi, e l’uscita di Cairo dimostra come questi privilegi della politica siano pericolosi, perché permettono poi ai privati di esercitare un ricatto morale.

Pertanto, ieri in commissione mi sono permesso di fare una semplice proposta: visto che per Cairo è un problema dare quei biglietti, la Città vi rinunci e in cambio si faccia dare questi 80.000 euro annui in contanti, destinandoli poi a qualcosa di più utile, ad esempio al welfare comunale. La proposta è piaciuta a tutti, anche se dubito molto che poi sarà veramente portata avanti dall’amministrazione; ma chissà mai che per una volta la politica cittadina, anche quella abituata a vendersi per due noccioline, non abbia uno scatto di dignità.

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venerdì 28 Febbraio 2014, 10:05

Sui biglietti gratis per i ragazzi del Toro

Pochi lo sanno, ma esiste da molti anni una legge che obbliga le società di calcio, in almeno metà delle partite casalinghe, a permettere l’ingresso gratuito dei ragazzi fino a 14 anni accompagnati da un parente adulto pagante, con l’obiettivo di avvicinare i giovanissimi al calcio.

Peccato che il Toro, spesso un po’ latitante rispetto alle esigenze dei tifosi, si fosse dimenticato di applicare questa legge; a ricordarla ci ha pensato una petizione di tifosi organizzata da Toro Supporters Network. La petizione mi è stata segnalata e allora io ho deciso di chiedere all’amministrazione comunale, che è pur sempre il padrone di casa delle partite del Toro, di intervenire per far rispettare la norma, eventualmente usando come arma il contratto di affitto dello stadio Olimpico.

Come vedete nel video, è stato un successo: a partire dalla partita di domenica prossima, Toro-Sampdoria, verranno messi a disposizione i biglietti gratuiti per gli under 14. Peccato che, come sempre, il Toro di Cairo ci metta del suo per non accontentare i tifosi: e così, adesso si è scoperto che i biglietti saranno solo 100, solo in curva Primavera e solo per chi compra online, mentre la legge non pone limiti né di numero né di settore.

Purtroppo siamo in Italia e le leggi sono spesso considerate carta straccia; se da una parte sono comunque contento di un bel passo avanti, dall’altra mi chiedo perché non si riescano mai a fare le cose per bene; per il Toro questa misura può voler dire rinunciare a qualche euro oggi, ma può anche essere importante per garantirsi il pubblico di domani. Basterebbe voler ragionare per il lungo periodo…

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martedì 21 Maggio 2013, 23:13

In marcia per il Fila

So che molti non capiscono perché oltre diecimila persone – il doppio o il triplo di quelle che hanno manifestato contro l’inceneritore – possano scendere in piazza per la ricostruzione di un ex stadio, ora futuro campo di allenamento e centro culturale.

Molti, peraltro, non hanno nemmeno capito bene di cosa si tratti, spesso grazie ad azioni di disinformazione mediatica. Per esempio, molti pensano che là si voglia costruire “il terzo inutile stadio di Torino”, quando invece si costruirà un centro sportivo con due campi, di cui uno senza tribune e uno con una tribuna da massimo 4000 posti, come quella che si può trovare nei campetti di estrema provincia; nessuna partita del Toro, giovanili a parte, si disputerà mai al nuovo Filadelfia; vi sarà invece un’area culturale, museale e aggregativa, che giustifica l’interesse pubblico nel costruire quest’opera con gli oneri di urbanizzazione già pagati dai privati per risistemare la zona; e quanto alla provenienza dei fondi, vale la pena di rileggere la spiegazione di un anno fa.

Credo però che in questo momento sia opportuna una riflessione sul pregiudizio anti-calcio di una parte dell’opinione pubblica e della politica, anche dentro il Movimento 5 Stelle. In parte il pregiudizio è giustificato dalle mafie, dalle quantità abnormi di soldi, dall’antisportività, dalla violenza del calcio italiano; e però, stupisce la facilità con cui persone che magari sono pronte a difendere per ore (giustamente) i No Tav dall’accusa, letta su un giornale, di essere dei facinorosi violenti, sono poi pronte a credere allo stesso giornale quando attacca allo stesso modo i tifosi di calcio.

Una grande parte della tifoseria del Toro, in particolare, ha una tradizione di impegno civile molto lunga; la trovate in piazza non solo per il Fila, ma alle manifestazioni dei lavoratori e ai cortei contro il Tav. La trovate in mezzo a raccolte di beneficenza, attività sociali, e persino ad agitare polemicamente in curva le foto di Falcone e Borsellino durante il minuto di silenzio per Andreotti.

Per questo credo che sia sbagliato liquidare i diecimila di ieri come una cittadinanza minore, meno degna di ascolto; e che ci si debba liberare di un pregiudizio anticalcistico basato sulla non conoscenza delle cose, e purtroppo molto diffuso in politica, specialmente nella sinistra: quella che non a caso, dall’alto del proprio snobismo verso le grandi passioni degli italiani, perde sempre le elezioni.

So comunque che chi non ha sin da bambino la malattia granata, quella che ti porta a resistere stoicamente persino a vent’anni di Ipoua e Pellicori, non capisce cos’abbia di speciale quel pezzo di prato e cosa rappresenti per così tante persone. Non credo di poterlo spiegare; ma credo, perlomeno, di poter chiedere rispetto.

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venerdì 2 Novembre 2012, 12:35

I soldi nel pallone

Quando si parla di stadi e delle squadre di calcio cittadine è difficile intavolare una discussione razionale; subito buona parte dei partecipanti cominciano a ragionare per tifo. Noi in ufficio siamo ben assortiti, dato che io sono attivo nei club del tifo granata da molto prima di fare politica mentre Chiara in passato ha lavorato per la Juventus; per questo motivo vi possiamo rassicurare sul fatto che le posizioni che prende il Movimento 5 Stelle sono ragionate e valutate come consiglieri comunali, nell’interesse della città, e non in base al proprio tifo calcistico.

Detto questo, l’argomento del giorno è l’ultima grande operazione immobiliare che piomba sui tavoli del consiglio comunale: la concessione alla Juventus dell’area della cascina Continassa, adiacente a quella del nuovo stadio.

Già l’operazione stadio Juventus, dal punto di vista del pubblico interesse, lasciava molto a desiderare: alla Juventus la Città ha chiesto, in cambio della proprietà di fatto per 99 anni di un’area di 350.000 mq, 20 milioni di euro, ovvero € 0,58 (58 centesimi di euro) al metro quadro all’anno! Non contenta, la Città ha anche fatto una variante al piano regolatore che permettesse alla Juventus, oltre allo stadio, di realizzare un centro commerciale Conad (le solite cooperative) da 37.000 mq e 90 milioni di euro. Con il cambio di campo, gli incassi da stadio della Juventus sono passati in un anno da 11,6 a 34,6 milioni di euro, triplicando, e grazie alla Champions League quest’anno saranno ancora superiori.

Insieme allo stadio, la Juventus aveva presentato un progetto di massima per l’area adiacente, quella di cui si parla oggi, prevedendo di realizzarvi la propria “club house”. Il progetto copriva l’area immediatamente a ovest dello stadio, escludendo però l’area dell’Arena Rock, all’angolo tra via Druento e via Traves.

L’Arena Rock è uno dei paradigmi della spoliazione delle casse torinesi che porterà questa città al fallimento. Nel momento in cui lo stadio delle Alpi fu dato alla Juventus, sembrò ovvio ai sessantenni che comandano Torino che, per non perdere l’immancabile un concerto l’anno del Delle Alpi e dimenticandosi di possedere tuttora lo stadio Olimpico, servisse una nuova area concerti come quelle a cui loro erano abituati nei lontani anni ’60, ovvero una spianata di fango con un palco, due cessi e due biglietterie. Questo generò un bell’appalto da cinque milioni di euro che furono totalmente buttati, in quanto mai nessun concerto si è svolto in tale spianata di fango; un anno, per tamponare la figuraccia, chiesero alle aziende pubbliche del territorio di mettere dei soldi per farci una specie di festa dell’Unità latinoamericana.

Lo spreco di soldi pubblici per l’Arena Rock è stato ingente, ma chi l’ha costruita ringrazia ancora adesso; dopodiché, dato che la Juventus non la voleva, un paio d’anni fa trovarono infine qualcuno a cui rifilarla. Per ben 27.000 euro di affitto annuo, un privato si impegnò a realizzare e gestire al suo interno una pista di kart, che è ormai pronta e finita.

Che succede però adesso? Che la Juventus si sveglia, rifà i conti e scopre che, nonostante le condizioni di favore ottenute in passato, i margini non sono abbastanza alti; dunque presenta un nuovo progetto che prevede oltre alla “club house” e al centro allenamenti un cinema multisala, un albergo da 120 stanze e dei sani palazzi residenziali. Ovviamente per realizzare tutto questo serve più spazio, e dunque alla Juventus farebbe tanto comodo che anche la pista di kart, nemmeno ancora inaugurata, venisse demolita per dare l’area a loro.

La reazione dell’amministrazione Fassino è la solita: genuflettendosi a chiunque sia vagamente legato a Marchionne, presenta al consiglio comunale una nuova variante al piano regolatore per permettere tutto quanto richiesto dalla Juventus, in cambio del solito prezzo di 0,58 € al metro quadro all’anno per 99 anni. E chi se ne frega se il tizio del kart ha investito una bella somma (secondo i giornali 1,2 milioni di euro): con le buone o con le cattive, verrà fatto smammare con una compensazione che in commissione è stata quantificata tra i 500.000 e i 700.000 euro. In questa città è un’abitudine che ubi maior minor translocat a spese proprie: ricordate Scubatica?

Ovviamente, la città deve anche impegnarsi a liberare l’area dagli altri occupanti e a sistemare la parte che resterà pubblica, quella più a sud. In corso Ferrara c’è l’area dei giostrai, ovvero un piazzale che ospita famiglie nomadi stanziali che viaggiano qualche mese l’anno e per il resto hanno costruito capanne e casette: pare che i costi siano di un milione di euro per il trasloco e di oltre tre milioni per costruire da qualche altra parte una nuova area (a me sfugge perché uno che vive a Torino otto mesi l’anno non possa preoccuparsi da solo della propria residenza senza che gliela costruiamo noi, ma questa è un’altra storia). Poi c’è il Palastampa da demolire (non lo vuole più nessuno) e trasformare in un parco che a sua volta costerà di manutenzione ogni anno. Infine, alla cascina Continassa vivono circa 80 rom accampati abusivamente, quelli vittima dell’orrendo pogrom di un anno fa (guidato, per una strana coincidenza, da alcuni ultrà della Juve), a cui la Città troverà un’altra sistemazione.

In pratica, la Città incasserà una tantum 10,5 milioni di euro per l’area, un milione di gentile contributo aggiuntivo, e circa 7-8 milioni di oneri di urbanizzazione, che però dovranno coprire anche le relative spese (strade, parcheggi, trasporti, fognature ecc.) per le nuove costruzioni. Alla fine in cassa resterà poco o niente, ma in compenso la Città avrà dato via una enorme area che nei prossimi 99 anni avrebbe potuto essere messa a frutto.

Perché allora si fa il tutto? L’operazione viene giustificata dicendo che quell’area è un problema, che la Juventus è l’unica interessata (ma come si fa a saperlo se non si fa una gara?) e che almeno qualcuno investe e ci fa qualcosa, risanando e creando posti di lavoro. Tutto vero, ma questo non giustifica il fatto di darla via per così poco, non per attività di pubblico interesse ma per una società privata a fine di lucro. Se io voglio costruire un cinema, un palazzo e un albergo, mi compro a prezzi di mercato il terreno su cui costruirli: perché devo averlo a prezzo stracciato da un ente pubblico?

E siamo sicuri che alla fine il saldo per il pubblico sia positivo? Per esempio il costruendo cinema non ha la licenza, anche se la Juventus si è detta sicura di riuscire a ottenerla in qualche modo dalla Regione; ma che fine farà il cinema di Venaria una volta che lì aprirà una megamultisala? Per i posti di lavoro guadagnati nelle nuove attività commerciali, in una città in crisi come Torino, non ce ne saranno altrettanti persi in quelle vecchie?

La vera ragione per cui si fa il tutto, oltre alla sudditanza ai padroni di Torino, è puramente finanziaria: è vero che le casse pubbliche dovranno sostenere le spese di cui sopra, ma lo faranno nei prossimi anni; in compenso, 11,5 milioni di euro verranno incassati subito. Il vicesindaco ha detto chiaramente che la delibera è urgente perché bisogna incassare questi soldi entro fine anno, altrimenti non si riesce a rientrare nel patto di stabilità, il Comune sarà commissariato e Fassino andrà a casa. L’orizzonte amministrativo si ferma al 31/12; il dopo, adesso, non importa.

Concludendo, vengo comunque alle questioni di tifo. Se siete juventini, vorrei dirvi che a fronte di regali di queste dimensioni alla società della Fiat che si occupa del business del calcio non si spiegano, se non con la manipolazione mediatica del giornale della Fiat, le polemiche per lo stanziamento di uno (1) milione di euro per la sistemazione a centro sportivo dell’area Filadelfia, soldi peraltro non di origine pubblica ma già precedentemente incassati dalle operazioni commerciali legate a quell’area, e su cui peraltro potete stare tranquilli perché, nonostante le grandi promesse, le cerimonie solenni e la residenza stabile di alcuni esponenti della maggioranza sulle pagine di Tuttosport, né la Regione né il Comune hanno ancora tirato fuori una lira.

Ma se invece siete granata e siete tra quelli che amano contestare una presunta differenza di trattamento del Comune tra le due squadre di calcio cittadine, ci tengo a farvi notare una cosa: che non è possibile documentarla in quanto il Torino FC, in termini di progetti di sviluppo, è totalmente non pervenuto. La Juventus ragiona da azienda, progetta, investe; il Torino vivacchia cercando di spendere il meno possibile e di arrivare a fine mese avendo incassato più di quel che è uscito, e non ha mai presentato in Comune nulla del genere. Da cittadini, contestiamo al Comune i trattamenti di favore alla Juventus; da tifosi, citofonare Cairo.

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giovedì 31 Maggio 2012, 09:14

Lo stadio Filadelfia, gli asili e La Stampa

La prima volta che, molti anni fa, entrai in Municipio da cittadino per ascoltare una commissione consiliare, fu per la vicenda dello stadio Filadelfia, una storia che si trascina da vent’anni tra manifestazioni di decine di migliaia di persone, raccolte di firme, progetti spontanei, collette tra i tifosi, folle sotto il Comune per il minimo incontro tecnico; per non parlare di un paio di sabati (ma c’è chi lo fa ogni settimana da anni) passati a ripulire l’area dalle erbacce o a togliere con un cucchiaio dal terreno di gioco i cocci lasciati dalla festa del quattro maggio, insieme a personaggi come la leggendaria Lorena, una ragazza di Santiago del Cile che venne fino a Torino per aiutare il Fila. Insomma, una lotta autenticamente popolare contro tutti i poteri forti della città, che, se fosse per loro, avrebbero già provveduto, tra uno spintone e l’altro, a realizzare sull’area il famoso “giardinetto della memoria”, ovviamente stretto tra due palazzine dei Recchi (amici degli Agnelli) e una galleria commerciale realizzata dalla DeGa (già parenti di Castellani).

Per questo mi sono profondamente incazzato quando persone intelligenti ma disinformate si sono messe con grande superficialità a criticare lo “stanziamento” di fondi per il Filadelfia a fronte della privatizzazione degli asili, cadendo nella manipolazione de La Stampa – ribadita ieri con l’ennesima letterina pelosa pubblicata da Specchio dei Tempi, la rubrica che dà voce ai cittadini che danno voce alla Fiat, a partire da due o tre lettere a settimana contro i ciclisti, che come tutti sappiamo sono il vero problema di Torino – a cui non è parso vero di poter accostare ad arte le due notizie. Dunque mi pare opportuno raccontare alcune cose.

Intanto, parliamo di un impianto che si chiamerà “stadio” in onore alla memoria storica, ma la cui parte sportiva è costituita in realtà da un campo per gli allenamenti e per le giovanili con alcune migliaia di posti; certo non un terzo stadio in alternativa all’Olimpico e allo stadio Juventus. Ad esso si aggiungeranno però l’accoglienza per i giovani che vengono a studiare calcio in città, il museo del Toro attualmente esiliato a Grugliasco (e pure lì fa più visitatori di vari musei comunali), gli spazi sociali e i locali pubblici per i tifosi e per il quartiere.

Non si tratta dunque di un progetto commerciale come quello dello stadio Juventus (con tanto di ipermercato interno) che pure la Città ha finanziato in maniera ben più ingente tramite agevolazioni sul terreno e sulle licenze, ma di un bene pubblico, di proprietà di una fondazione di cui il Torino sarà solo un affittuario; un progetto voluto proprio dal quartiere, che ha addirittura inserito “Filadelfia” nel proprio nome ufficiale, e che ha la necessità di riqualificare un’area degradata. Non si tratta di un’opera olimpica con una vita di due settimane, che pure abbiamo finanziato con centinaia di milioni di euro, ma di un impianto capace di mantenersi economicamente da solo e di diventare un punto di riferimento per la città.

Quanto ai fondi, a fronte dei 3,5 milioni di euro che il Comune ora dovrà mettere, esso ha ricevuto negli anni quasi sette milioni di euro grazie alle speculazioni edilizie rese possibili dalle cubature generate dall’area dello stadio. E’ vero che 4,3 milioni in realtà sono stati persi; si tratta dei soldi che Cimminelli, il fornitore Fiat vecchio proprietario del Toro, aveva dato in garanzia per la ricostruzione del Filadelfia, e che il Comune avrebbe potuto incassare al suo fallimento. Purtroppo, quando il Comune ha rinegoziato gli accordi con chi ha rilevato il fallimento, ha commesso in maniera del tutto involontaria uno spiacevole errore di stesura del testo, il che ha permesso a chi ha rilevato il fallimento di andare in causa col Comune presso il Tribunale di Torino e vincerla, ottenendo di non dover più pagare questi 4,3 milioni. Ah, vi ho detto che chi ha rilevato il fallimento è la Fiat? Del resto non l’ha detto nemmeno La Stampa.

Comunque, il Comune ha potuto incassare 2,2 milioni di euro di oneri di urbanizzazione dal supermercato Bennet di via Taggia e dalle palazzine costruite grazie alle cubature dell’area, a cui vanno aggiunti 170.000 euro di fondi raccolti quasi vent’anni fa, con una colletta tra i tifosi, dal progetto diretto dall’ex sindaco Novelli (erano molti di più – si dice che solo il Comune mise 600 milioni di lire – ma a quanto pare Novelli ha investito i soldi in titoli che sono andati malissimo, per cui 170.000 euro è tutto ciò che è rimasto). Insomma, il Comune reinveste nell’opera ciò che ha incassato dai privati, che, come sempre in Italia, hanno concluso e guadagnato sulla parte privata dell’operazione da molti anni, mentre le opere pubbliche di compensazione urbanistica, in questo caso il centro sportivo, sono ancora da fare. Inoltre, il resto del costo sarà probabilmente coperto dal Credito Sportivo.

Va inoltre detto che, anche se si fosse deciso di destinare questi fondi ad altro scopo (ammesso che sia legale, dato che gli oneri di urbanizzazione sono destinati ad opere pubbliche di utilità urbana e non per altro), non li si sarebbe potuti usare per gli asili, che sono stati privatizzati non per mancanza di fondi, ma perché, dato che Fassino è uscito dal patto di stabilità, il Comune ha il divieto di assumere o comunque ingaggiare i precari che li tenevano aperti, anche avendo i soldi necessari. Inoltre, gli stipendi delle maestre sono spesa corrente e non possono essere pagati con soldi destinati agli investimenti.

Mi spiace dunque che tante persone si siano fatte prendere dalla disinformazione e dalla manipolazione mediatica riguardo a un progetto portato avanti dal basso, da tante persone, con tanti sacrifici per vent’anni. Purtroppo esiste, specie nella “sinistra bene”, un pregiudizio contro lo sport, il calcio in particolare, visto come attività riservata a maschi trogloditi dal congiuntivo debole. Basterebbe frequentare un po’ gli ambienti legati al Filadelfia per capire che non è così; e poi, va detto che in democrazia ogni cittadino ha il diritto di vedere realizzate le opere pubbliche che ritiene più opportune, e a giudicare dalla partecipazione i torinesi interessati al Filadelfia sono almeno pari, se non di più, a quelli interessati al fatto che gli asili siano gestiti da personale comunale anziché da personale delle cooperative.

Alla fin fine, sarebbe il caso di non cadere in queste guerre tra poveri, quando sarebbe possibile mandare avanti tutti i progetti in parallelo, se solo non avessimo avuto una classe politica che ha spolpato le casse pubbliche fino all’osso e che ora si diverte a giocare con l’informazione per metterci gli uni contro gli altri.

[tags]torino, toro, filadelfia, stadi, la stampa, asili, fiat[/tags]

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