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venerdì 9 Maggio 2008, 19:32

A chiamata rispondo

Oggi pensavo di essere io a far lo scherzetto alla mamma, portandole in dono una bella multa da 47,63 euro (da quando io ho l’auto aziendale, lei guida la mia vecchia auto, per cui le sue multe arrivano a me). E invece, lei ha ricambiato con l’annuale lettera dell’INPS, giunta ieri al mio vecchio indirizzo, che per quest’anno mi intima di pagare svariate migliaia di euro, e in particolare una prima rata di 695,91 euro entro il 16 di maggio, cioè venerdì prossimo.

Ora, non è che tutti abbiano lì sul conto in banca 700 euro belli pronti e sempre a disposizione per l’INPS: insomma, forse lo Stato potrebbe darsi una svegliata e garantirti un po’ più di preavviso che sette giorni, anche visto che quando sei tu che presenti la documentazione per un rimborso, lui a pagarti ci mette da qualche mese a qualche anno. A meno che, naturalmente, non si dia per scontato che un lavoratore autonomo abbia i suoi bei fondi neri a pronta disposizione, sotto forma di pile di denaro sotto il materasso, dalle quali può quindi attingere immediatamente i 700 euro senza alcun problema…

[tags]inps, tasse, pensione[/tags]

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venerdì 9 Maggio 2008, 14:30

Wikipedofilia

Temo di essere un wikipedofilo: mi diverto a collezionare le stupidaggini che i quattordicenni editor di Wikipedia infilano nelle pagine. Ma non sono io ad essere crudele, sono loro che si rendono ridicoli: come – dopo la già segnalata pagina di Calderoli – nella pagina di Renato Brunetta, circolata oggi su una delle liste che seguo.

Questa pagina contiene attualmente un paio di perle; una è “In quegli anni viene soprannominato “La Brunetta”, riferimento alla cantante dei coevi Ricchi e Poveri, scherzosamente associati a lui per via del suo ruolo nel campo dell’economia e delle disparità economico-sociali.” Una informazione assolutamente enciclopedica e soprattutto priva di qualsiasi volontà di ridicolizzare il soggetto, tanto più in termini di aspetto fisico…

La migliore però è questa:

“Negli anni Ottanta e Novanta ha collaborato, in qualità di consigliere economico, con i governi Craxi, Amato e Ciampi,anni in cui il rapporto debito-PIL è salito dal 70 al 92 per cento e il debito pubblico balza da 400 mila a 1 milione di miliardi di lire.”

Sorvolando sulle virgole messe a caso, grazie a Wikipedia abbiamo scoperto chi è il responsabile del debito pubblico italiano: è lui, Renato Brunetta! Ci deve essere un nesso evidente tra il fatto che Brunetta sia stato uno delle centinaia di consulenti di tre diversi governi di vario colore, e il fatto che in quegli anni sia salito il debito pubblico, con tanto di sfoggio di numeri (si sa, le cifre rendono qualsiasi affermazione automaticamente vera). Ci deve essere, ma a me sfugge: stavo pensando di sostituire la seconda parte della frase con “anni in cui il Toro ha vinto una Coppa Italia e Raffaella Carrà contava i fagioli, ma poi mi bannavano per vandalismo.

Capisco che spargere informazioni diffamanti o perlomeno sottilmente tendenziose su un media di grande ascolto non è più un problema di coscienza per nessuno: lo fa Fede, lo fa Feltri, lo potrà pur fare anche Wikipedia. Però mi sembra che ci sia un problema sistematico: come mai molte pagine di Wikipedia che trattano di personaggi del centrodestra sono evidentemente scritte in modo non neutrale ma negativo, e restano così per settimane o anche mesi, pur attraverso revisioni da parte di molte persone diverse?

E che senso ha che io perda tempo a togliere quella frase, se tanto gli ultimi dieci wikipediani che sono passati di lì l’hanno trovata neutrale, e quindi è facile che ricompaia domani mattina?

[tags]wikipedia, brunetta, neutralità[/tags]

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giovedì 8 Maggio 2008, 12:57

Rosichii

Abbiamo da poco avuto la lista definitiva dei ministri, e già la blogosfera commenta: negativamente.

Va bene, la soubrette che diventa ministro, ma di cui i primi risultati di Google sono foto nude, è effettivamente una novità; peraltro questo blog aveva già anticipato la notizia e linkato una delle foto in questione il 18 aprile, quindi adesso è inutile che mezza blogosfera rilanci le tette della Carfagna, a parte il solleticare un po’ gli ormoni primaverili del pubblico maschile.

Ma il povero Bondi, che v’ha fatto? Mi sfugge perché Sandro Bondi sia meno qualificato per fare il ministro dei Beni Culturali del suo predecessore, Ciccio “pliiiis visit italii de biutiful cauntri” Rutelli. Che c’è che rende Rutelli un esperto e Bondi uno che distruggerà la cultura italiana? Mi sembra che, al solito, ci sia una densità piuttosto alta di snobboni di centrosinistra che dal 14 aprile non smettono di rosicare, e che quindi si sentono bene solo se possono criticare a prescindere.

Io, invece, sono positivamente sorpreso da questo governo: intanto, tra i ministri ci sono due donne trentenni, Prodi poteva dire lo stesso? E mi solletica anche, più da vicino, l’inattesa sostituzione di Stanca con Renato Brunetta, persona che peraltro ebbi già occasione di conoscere quasi dieci anni fa, chiacchierandoci cinque minuti e avendone una buona impressione. Da quel che ricordo della chiacchierata, dubito che sarà un ministro dell’Innovazione e Funzione Pubblica molto accomodante con le lentezze e il fancazzismo di troppi nostri uffici, come purtroppo è stato in buona misura il suo predecessore. Vedremo se sarà capace di innovare veramente.

[tags]governo, ministri, carfagna, bondi, brunetta, sinistra, snob[/tags]

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mercoledì 7 Maggio 2008, 14:59

Lavoro?

(Nota: ho scritto questo post ieri sera, e siccome oggi sono uscito di casa alle 7 e rientrerò alle 23, ve l’ho lasciato in pubblicazione per il pomeriggio.)

Sono le 21, e dovrei essere altrove, ma ci ho rinunciato. Dovevo andare all’assemblea di condominio, ma alle otto e dieci, mentre l’acqua per la pasta bolliva, mi hanno chiamato con altro lavoro urgente da fare, per il famoso progetto cruciale di cui non può sapere niente nessuno, per cui ne chiacchiero abitualmente con gli amici senza mai dire cos’è.

Oggi non mi sono fermato un attimo: dalle nove del mattino è stato un continuo. Al mattino tendo anche a perdere tempo, leggo i giornali… quello è lavoro? No, è cazzeggio, anche se poi dai giornali arriva il blog, e il blog è… lavoro? No, anche se mi porta contatti e soprattutto mi rilassa, e finisce per essere la mia pausa caffè della giornata. Però a mezzogiorno avevo un appuntamento e sono uscito, lasciando a metà la posta, avendo inviato solo parte dei solleciti e delle richieste che avevo in coda, le mail spiacevoli per farsi pagare… e farsi pagare non è un lavoro, anche se in Italia ormai lo è diventato… la proposta di appuntamento per domani pomeriggio a Milano… e quello non è lavoro, anche se potrebe diventare un business a lungo termine… poi la lunga mail che da una settimana dovevo scrivere al professore di legge brasiliano per la Carta dei Diritti… e quello non è lavoro, lo fai per divertimento, in fondo è un cazzeggio tuo al seguito di Rodotà, mica si lavora, voi ammafiati con la politica… e solo un abbozzo delle dritte per il business plan che abbiamo discusso ieri sempre a Milano. E quello è lavoro? No, non credo che vedrò mai soldi, magari una piccola quota se si fa l’azienda, ma “tu non lavori quindi cosa vuoi le quote? Piuttosto presentami il venture capital, sei un amico no?”

All’una sono andato in banca per fare il versamento della mia quota capitale residua di un’altra startup, ma l’impiegato – lui, che lavora – aveva solo voglia di andare a pranzo, e mi ha depistato dicendomi che potevo prelevare i soldi, ma dovevo andare a versarli nella banca dell’azienda e non nella mia. Sono arrivato a casa giusto in tempo per cucinarmi pranzo e per rispondere a un paio di interessanti mail, naturalmente non di lavoro; e per telefonare alla mamma che non riesce ad usare l’ADSL da quando Infostrada le ha incasinato la linea, e da una settimana aspetta che tu vada a fare la telefonata al 155 per lei, che da sola non si fida. Poi sono uscito per andare all’altra banca, una mitica filiale Sanpaolo dove ho preso il numerino e ho aspettato circa quaranta minuti, in quanto su cinque cassieri uno era allo sportello, mentre gli altri quattro, nonostante una ventina di persone in attesa, stavano alacremente lavorando a fare fotocopie davanti alla macchina del caffè.

Dopo le quattro sono arrivato a casa, e finalmente ho potuto iniziare a lavorare: oggi dovevo preparare la consulenza di domani, finire lo sviluppo di un paio di feature nel sistema informativo che devo consegnare in questi giorni, provare la migrazione dei dati dalla vecchia piattaforma alla nuova, e pure compiere un po’ di bassa manovalanza, tipo aggiungere un video su una home page. Però poi mi han chiamato un po’ scocciati da Pisa, che son lì che lavorano e da una settimana gli avevo promesso un paio di messaggi per la consultazione pubblica sull’IGF italiano… e quello non è lavoro, però veramente glielo dovevo.

Neanche il tempo di riattaccare e si riaccende la discussione via mail e telefono sul contratto di vincolo delle quote che il venture capital vuole per investire nell’altra azienda, contratto di cui tu faresti ampiamente a meno ma come favore al resto dei soci hai deciso di non rompere le scatole e pure di perderci il tempo necessario per star dietro agli avvocati, peccato poi che altri soci continuino a rompere le scatole a te, di solito con toni a metà tra il bambino capriccioso e l’invidioso cronico. E tra una telefonata e l’altra, per scaricare la tensione, posti pure sul forum del Toro, mentre ti informi sui biglietti per andar giù domenica a Livorno: e quindi c’è un tuo post su un forum di calcio alle quattro del pomeriggio, vuol dire che non lavori!

Nel frattempo hai anche fatto un giro di bonifici dal Conto Arancio al conto personale e di lì a quello della partita IVA, giusto perché il versamento del capitale sociale ti manderebbe in rosso; è lì che il tuo socio-cliente ti scrive che non ti ha ancora pagato le fatture di novembre e dicembre (figurarsi il 2008) perché lui lavora e tu no, stai tutto il tempo a casa a divertirti oppure a viaggiare per il mondo con le spese pagate, quindi cosa pretendi?

Quando sei stanco, blogghi. Oh, io ho questa fissa, se non bloggo non scarico; ma abbiamo già detto sopra che non è lavoro, mica vuoi scrivere per mestiere? Per farlo dovresti essere bravo almeno come la Palombelli, non scherziamo… oppure potresti fare il parlamentare, se fossi qualificato come Gabriella Carlucci; lì sì che lavoreresti. Poi mandi le due mail a Pisa, e speri di aver finito, quindi di poter finalmente cominciare a programmare. E invece non succede, perché i brasiliani rispondono che potrebbero invitarti quest’estate a Sapporo – non mi chiedete cosa c’entrino i brasiliani con Sapporo, io da buon italiano mi sentirò comunque obbligato a ricambiare invitandoli a Reykjavik – ma la data confligge, e quindi devi studiarti il calendario, e far partire un altro giro di mail per capire che fare. Ah, e guardare i treni per domani mattina, meglio sveglia prima e dormire in treno, o sveglia dopo ma auto? Tutto questo però non è lavoro, ovviamente. E già che ci sei devi anche chattare con varie persone che sono al lavoro, ma non hanno niente da fare e allora per fortuna che ci sei tu che non lavori.

Quando alla fine sono quasi le otto e ti decidi ad annullare la parte tecnica della giornata, e a spiegare al cliente che non vedrà il suo video sul sito fino a giovedì se va bene, ti passa anche la voglia dell’assemblea di condominio. E’ lì che arriva la telefonata delle otto e dieci, e compare altro lavoro urgente da fare. Cioè, forse-lavoro, nel senso che se tutto questo sforzo andrà a buon fine, magari dal 2009 potresti riceverne dei compensi economici.

In effetti lavorare da casa è un bel privilegio: invece di alzarmi alle otto e un quarto per lavarmi, vestirmi, fare colazione, infilarmi in auto ed essere in ufficio alle nove e mezza, posso alzarmi alle otto e un quarto e cominciare a lavorare in pigiama alle otto e venti. E così, arriva la sera e non faccio né la terza versione della scrittura privata, né il documento di presentazione del progetto, e tantomeno il popup video o l’esportazione dei vecchi dati; invece, bloggo di nuovo. Per scaricarmi; o forse per chiedermi perché ho comprato la PS3, visto che, pur non lavorando e avendo tutto il giorno da perdere, non la accendo da settimane.

Seriamente: in tutto questo ci sono anche molti lati positivi, altrimenti non lo farei; oggi è stata una giornata particolarmente stressante. Non ho ben capito se io sia una cavia di nuove forme di organizzazione del lavoro, o semplicemente un caso atipico di faccendiere che non seleziona bene le faccende in cui si mette. So però che ben poche persone capiscono cosa faccio per vivere, o sanno valutarne il valore; per cui spesso ho la sensazione, sul piano sociale e collettivo, di non esistere.

[tags]lavoro[/tags]

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martedì 6 Maggio 2008, 18:25

Piangioccioni in rivolta

È un po’ che penso a come commentare non tanto i fatti di Verona – “normale” aggressione di naziskin – ma quelli di piazza Vittorio a Torino, con duecento persone che picchiano e cacciano i vigili intenti a far multe, e “liberano” la piazza (gridano proprio così, “libertà”: qui un video).

In un’altra discussione, l’ho definito come una pericolosa anteprima, quella della fine dello Stato di diritto. Perché abbiamo un sistema giudiziario e un sistema di ordine pubblico che non sono minimamente in grado di far rispettare le regole e di applicare le relative punizioni, quindi è come non averli. Il salto di qualità, però, avviene quando anche la gente “normale” – quella che finora ha sempre subito – capisce che non ci sono più vincoli, che si può fare qualsiasi cosa, basta essere in tanti ed osare.

Non si tratta più né di extracomunitari che fanno quel che vogliono ma dentro i loro ghetti, né di qualche ronda padana fatta per le telecamere, né della generica ignoranza del codice della strada, né di qualche stupro o pestaggio isolato come a Verona: semplicemente, duecento persone in una piazza hanno deciso che se le regole non valgono per gli altri allora non valgono più neanche per loro, e hanno cacciato i vigili urbani con la forza (se non scappavano sarebbero stati linciati senza il minimo dubbio), semplicemente perché facevano multe per divieto di sosta.

Ora, tutti a lamentarsi dei giovani bulli in branco, forti solo in gruppo e vigliacchi da soli, tutti pieni di soldi di papà, di macchinoni nuovi da parcheggiare in divieto e di vestiti firmatissimi, a coprire la loro profonda insicurezza e/o ignoranza. Io, però, li capisco. Li capisco in termini morali, nel senso che basta guardarsi attorno per trovare evidenti casi di gruppi sociali che se ne fregano delle regole, anche lì, anche nel sabato sera in centro, tra un venditore di occhiali fluorescenti che non se ne vuole andare e ti manda affanculo se non compri, e un parcheggiatore che ti riga il macchinone nuovo se non paghi; e allora perché, con questi esempi sotto gli occhi, i ventenni di oggi dovrebbero rispettare i divieti di sosta, o accettare di essere puniti quando non lo sono stati mai nella loro vita, quando non lo è più quasi nessuno, nemmeno i mafiosi, nemmeno gli evasori, nemmeno gli stupratori? E li capisco in termini comportamentali, perché hanno dimostrato che lo Stato batte in ritirata anche con loro, basta alzare la voce; e perché l’aggressività in branco è la risorsa del piangioccione mai educato a pensare con la propria testa e invece abituato a deresponsabilizzarsi e fare la vittima.

E’ giusto invocare una risposta durissima ad un evento come questo, che peraltro – come testimoniano le continue lamentele – si ripete su scala più piccola ad ogni angolo di strada, con il “popolo della notte” che sgomma e smarmitta alle tre di notte e i vigili che battono in ritirata per paura. Ma sarebbe praticamente ed eticamente sbagliato considerare la repressione del singolo episodio come una soluzione, e finirla lì: per prima cosa, lo Stato deve dimostrare che c’è. Deve smetterla di ritirarsi, e agire con tutta la forza che può, per rimediare a vent’anni di debolezza. Deve dimostrare che da domani le regole vanno di nuovo rispettate, ma da tutti, non solo dal torinese medio. Con equità ma con severità: come un buon padre, non come un padre di oggi.

Capita quindi tristemente a fagiolo quest’altra storia, il disgustoso top del piangioccionismo: la ragazza venticinquenne che, di ritorno da una festa, alle dieci del mattino e ubriaca, investe e uccide un ciclista. L’impatto avviene in pieno giorno, ed è talmente violento che l’auto perde il parabrezza, e inoltre, stando ai testimoni, la bici della povera vittima rimane sul cofano per centinaia di metri, prima di scivolare giù; insomma, non un fatto di cui ci si possa non accorgere, nemmeno se si è alticci. Eppure, come da manuale, la reazione è far finta di niente e trovare una scusa, prima di tutto con se stessi; di assumersi le proprie responsabilità non se ne parla proprio.

E così, la ragazza non si ferma nemmeno, lascia lì il ciclista morente, riparte, arriva a casa, e racconta di aver investito un cinghiale; e poi se ne va bellamente a dormire. Quando la beccano i carabinieri, insiste: io? Io ho soltanto investito un cinghiale; no no, non mi ero accorta di niente! Purtroppo non è marmellata, ma sangue; ma molto si capisce leggendo l’intervista del padre, tutta concentrata sul difendere la “bambina”, che poveretta lavora la sera, e poveretta quando smonta alle 4,30 del mattino avrà pur diritto di andare in discoteca e bere qualcosa, e poi sicuramente avrà avuto un colpo di sonno, quindi la colpa non è sua, è del sonno. Anzi no, è del drink. Bastardo di un drink che con le sue gambette si è arrampicato sulla ragazza e le si è infilato in bocca a forza.

In attesa che inventino il sacrosanto reato di omessa educazione dei figli e mettano in galera metà degli attuali cinquantenni, ci tocca pensare con terrore a che cosa faranno i ventenni d’oggi quando diventeranno a loro volta genitori.

[tags]piangioccioni, educazione, giovani, torino, piazza vittorio, vigili, multe, rivolta, incidente, responsabilità[/tags]

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martedì 6 Maggio 2008, 10:26

Internet – Veltrusconi 2-0

Il Sole 24 Ore ha rotto l’omertà e cominciato a pubblicare i file delle dichiarazioni dei redditi man mano che li trova, permettendomi di scoprire che c’è un altro amico, stavolta convinto liberista di centrodestra, che dichiara ancora meno del famoso antiberlusconiano di cui al commento originario (sempre prendendo queste informazioni con le pinze, ci sono validi motivi per cui una persona può effettivamente aver guadagnato poco o niente in un anno). Suggerisco a chi ha file che loro ancora non hanno di mandare i link o i file stessi a portale@info.ilsole24ore.com.

Se no, in giro spuntano come funghi blog di ogni genere che si riempiono di link… E poi è apparso questo: ecco, è un progetto che avrei fatto io se avessi avuto il tempo, nonché una dimostrazione delle vere potenzialità della rete. Chapeau, anzi, Internet – Veltrusconi 2-0.

[tags]dichiarazioni, redditi, 2005, evasori, file, link, scaricare, veltrusconi, internet[/tags]

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lunedì 5 Maggio 2008, 23:03

Grandi notizie

Oggi sono stato tutto il giorno a Milano per lavoro, e quindi non ho avuto modo di bloggare; peraltro, non ho trovato niente di veramente interessante da raccontarvi o da commentare. Ho però riflettuto a lungo, e ho deciso che, ora che questo blog ha raggiunto la meritata fama presso un pubblico moderno, colto e qualificato, è ora di selezionare soltanto notizie che siano di vero interesse.

Quindi, oggi vi voglio segnalare che Miley Cyrus, nonostante – a differenza di Papa Ratzinger – sia entrata nella lista delle 100 persone più influenti del mondo secondo Time, probabilmente perderà il suo ruolo da Hannah Montana: pare che la Disney non abbia gradito le foto osé che, dopo la rottura con Dylan Sprouse, la ritraggono in pose intime con un ragazzo sconosciuto. Sembra quindi che la carriera di Miley come superstar televisiva sia a rischio: dev’essere dura trovarsi sul viale del tramonto a sedici anni e mezzo.

P.S. Prima che qualcuno lo chieda nei commenti, il reddito di Miley Cyrus è stimato in circa 3,5 milioni di dollari annui.

[tags]notizie, attualità, musica, miley cyrus, hannah montana, dylan sprouse, redditi[/tags]

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domenica 4 Maggio 2008, 18:31

In giro per colline

Ieri, in una gita fuori porta, abbiamo infilato entrambi i posti del nord-astigiano dove non è bello essere andati. Prima siamo andati a pranzo a Passerano, frazione capoluogo del comune di Passerano Marmorito, diventato improvvisamente famoso negli anni ’80 grazie a Faletti: secondo me gli avranno fatto un monumento in piazza, anche perché non sono sicuro che abbiano capito che li stava prendendo in giro. Poi, ci siamo inerpicati su per stradine e per colli e siamo praticamente finiti a Aramengo.

L’astigiano nordoccidentale, al confine con la provincia di Torino, è un territorio poco conosciuto; ha poco a che vedere con le capitali del vino del Monferrato meridionale, come Nizza e Canelli. E’ invece un insieme di colline che sono quasi montagne, coperte di foreste; si arriva oltre i seicento metri di altitudine, e ci si ritrova via via in stradine sempre più strette, tortuose e pendenti; per tutti questi motivi, le vigne ormai sono state in buona parte sradicate, e il prodotto principale della zona è diventato la carcassa di motociclista al sangue (io, in un solo quarto d’ora, ne ho mancati di poco tre o quattro, tutti belli in piega a centoventi all’ora dal mio lato della strada, dietro una curva cieca su una strada larga sì e no tre metri). In compenso, i panorami e il senso di tranquillità e remotezza sono meravigliosi: nel silenzio appena appena rotto da qualche centinaio di motopuzzettari, si vede tutto il territorio dipanarsi in verde fino alla lontana Superga.

C’è in questa zona un posto speciale quanto abbastanza poco conosciuto, l’Abbazia di Vezzolano. L’hanno rimessa a posto da poco, e secondo me ha persino perso un po’ di fascino, tutta così pulitina e con la vegetazione rasata. E’ però una costruzione bellissima, che sopravvive da quasi dieci secoli in una valletta angusta e riparata, in mezzo al verde ma con una bella vista sulle colline più basse.

E’ ancora più interessante se – oltre a una mostra di romanico dell’Astigiano, con tutti i bassorilievi che raffigurano animali che ballano e persone che fanno sesso – ci trovi qualche pannello che ti spiega i principi di matematica medioevale con cui è stata costruita: scopri così che la chiesa è orientata lungo l’asse locale dei lunistizi, in modo che ogni 18,61 anni, quando la luna raggiunge il punto più alto di sempre sull’orizzonte, la sua luce penetri esattamente in asse; mentre la base della chiesa forma il lato di un decagono con centro sotto l’altare, e la finestra dell’abside, davanti all’altare, ha proporzioni legate alla sequenza 2, 3, 5, 10.

Insomma, non è che hanno preso il primo spiazzo e ci han messo su due mattoni, tutt’altro; c’è nella Chiesa del Medioevo un patrimonio di spiritualità magico-pagana, basate sui ritmi vitali della natura, che il cattolicesimo potente e repressivo dei secoli del colonialismo ha poi accuratamente eliminato, e che invece sarebbe molto interessante ristudiare.

[tags]monferrato, passerano, vezzolano, asti, chiesa, medioevo, matematica[/tags]

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sabato 3 Maggio 2008, 18:54

Tutti li cercano

So da quando l’ho messo in linea – oltre un anno fa – che questo nuovo sito è tutto meno che ottimizzato: praticamente tutto il contenuto è generato dinamicamente ad ogni richiesta, e il mio piano di mettere in piedi un fantasmagorico sistema automatico di cache è rimasto appunto sulla carta. Per questo motivo, quando ieri il mio post con i link alle dichiarazioni dei redditi ha cominciato ad apparire abbastanza in cima alle ricerche su Google, il server si è via via sovraccaricato; per poi subire il colpo di grazia quando il post è stato linkato da Heise, più o meno l’equivalente tedesco di Slashdot anche se meno nerdico.

Ho messo subito in piedi qualche contromisura: ho rediretto tutti i visitatori crucconici a una bella pagina inesistente su un host inventato, e ho approntato un sistema casalingo di caching del post e della pagina principale del blog, che con le ore si è sufficientemente raffinato da permettervi di postare i commenti e vederli comunque comparire entro pochi minuti, anche se non riconoscerà il vostro login o la lingua da voi selezionata. Comunque, penso di provare qualche plugin di caching come WP Super Cache (qualcuno ha mai provato?).

Resta il fatto che il picco di carico del server ieri a pranzo è stato attorno al 13000% del processore, e che solo nella giornata di ieri ho fatto circa trenta volte le visite di un giorno normale. Fa piacere, anche se penso che la maggior parte sia arrivata qui e poi se ne sia andata delusa dopo pochi secondi perché non c’erano i file di questa o quella città… a proposito, nel vecchio post ho aggiornato i link, ora c’è in linea un file per Torino veramente completo, e anche un file di Milano, e se trovo altre grandi città le linkerò da lì.

Ah, resta anche il totale FUD – l’ultima risorsa dei fessi – a cui la politica si è ridotta per cercare di fermare il fenomeno: “arresteremo tutti quelli che scaricano o copiano i file”. Sì, certo: in un Paese dove lasciate uscire di galera gli stupratori delle quattordicenni, dovrei andare in galera io? Detto che non c’è alcuna legge che renda illegale far circolare questi dati e tantomeno che permetta l’arresto di chi lo fa, anzi ci sono una legge e un pronunciamento del Garante della Privacy che dicono esattamente il contrario, voglio proprio vederlo, cominciando dalle manette a Visco e al direttore dell’Agenzia delle Entrate. Nel caso, il mio indirizzo è su questo sito.

[tags]dichiarazione, redditi, online, internet, carico, arresto[/tags]

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venerdì 2 Maggio 2008, 12:00

Internet – Veltrusconi 1-0

Ieri ho pubblicato i link ai dati (purtroppo non totalmente completi) di Torino, quindi avrete intuito come la penso sulla pubblicazione dei redditi degli italiani. Non sono completamente convinto che sia stata una grande idea: ci sono evidentemente degli aspetti negativi. Eppure, più ci penso e più mi convinco che Visco abbia comunque fatto bene, e che le polemiche siano pretestuose.

Per prima cosa, questi dati sono pubblici per legge da 35 anni. Non contengono dati personali (indirizzi, numeri di telefono…) e nemmeno dettagli sensibili come l’ammontare delle spese mediche o le donazioni ai partiti. Si tratta semplicemente di un elenco di nome, cognome, data di nascita, tipo e ammontare del reddito imponibile e delle tasse pagate. Prima, questi dati potevano essere conosciuti solo dai dipendenti dell’Agenzia delle Entrate (che sono tutti onestissimi e incorruttibili, per cui la lamentela secondo cui “adesso la mafia sa quanto guadagno e prima no” è proprio fondata), da quelli dei Comuni, da quelli dell’INPS e degli altri enti previdenziali, dai giornalisti e da chiunque si fosse preso la briga di scartabellare un po’: diciamo, alcune decine di migliaia di persone. Adesso, li possiamo conoscere tutti; a me sembra un elemento di giustizia.

La lamentela non va quindi indirizzata a chi li ha messi su Internet, ma se mai al Parlamento che, nel 1973, ha deciso che il totale dei redditi di ogni italiano è una informazione pubblica. Su questo, Paesi diversi hanno politiche diverse: in Scandinavia pare che tu possa sapere il reddito di chiunque mandando un SMS, mentre nell’Europa centrale sono dati privati.

Il reddito non è il patrimonio. Il reddito è un indicatore di ricchezza soltanto secondario; puoi guadagnare duecentomila euro l’anno e non avere una lira perché sei indebitato con le banche o ti sei fumato tutto al casinò, o puoi guadagnare cinquemila euro l’anno ma essere miliardario per l’eredità dello zio (e anzi, proprio per quello non lavori e non guadagni). Difatti, ormai da anni tutte le forme di assistenza pubblica – sconti su tasse universitarie, case popolari… – non si basano sul reddito ma sull’Isee, un indicatore basato principalmente sul patrimonio, su cui l’evasione fiscale ha anche molto meno effetto. Quello sì che secondo me deve restare privato, così come ovviamente i dati bancari.

In compenso, il reddito, confrontato con il lavoro che si fa, costituisce una ottima indicazione di quanto ogni persona sia onesta verso la collettività nel pagare la propria parte di tasse; e infatti, la definizione migliore che ho trovato in giro è “è come andare a una cena alla romana e alla fine avere l’elenco di chi ha pagato e chi no”.

E in questo ho avuto interessanti sorprese, come scoprire che, tra tutti i miei amici e conoscenti circa coetanei, quello che ha dichiarato di meno in assoluto non è l’amica che in quel periodo era in cassa integrazione, non è l’amico in stage precario in eterna attesa di assunzione, ma l’amico affermato professionista, super-antiberlusconiano e militante del PD.

Resta però una curiosità: come mai l’elenco è venuto fuori proprio ora? Visco non è stupido né autolesionista: cos’è, un desiderio di immolarsi in un ultimo attacco agli evasori? Non è che il giochino di pubblicare i dati e poi subito ritirarli era già calcolato, magari per aver la scusa per spiattellare il reddito di qualcuno in particolare, dopo la delibera del Garante sulla Privacy che mesi fa disse che pubblicare i redditi è illegittimo se li hai avuti sottobanco, ma legittimo se prima li ha pubblicati l’Agenzia delle Entrate?

Io ho anche il nome e cognome, cioè Grillo Giuseppe Piero, santone antipolitico e contribuente per oltre quattro milioni di euro, che esce abbastanza colpito da questa vicenda, anche perché guarda caso tutti i giornali hanno subito concentrato l’attenzione su una sola dichiarazione su sessanta milioni, la sua: e infatti lui aveva già pronto il pezzo di fuoco contro la manovra, la mattina stessa in cui tutto accadeva… Comunque, anche una parte dei suoi se la sono presa, e lui ha dovuto prontamente fare marcia indietro e gridare al complotto, che però secondo me potrebbe anche esserci stato davvero. E poi, secondo me lo scandalo è chi evade, non Grillo che guadagna quattro milioni e li dichiara fino all’ultima lira.

Purtroppo per i veltrusconiani, il giochino è sfuggito di mano: i file sono finiti sul peer-to-peer, e in sostanza saranno pubblici per sempre, compresi quelli relativi ai loro amici e parenti. E’ questa la cosa più positiva della faccenda: la sensazione che la rete livelli il terreno, e ci renda meno soggetti alle manovre mediatico-politiche sulla nostra pelle, dandoci invece occasioni di sorveglianza democratica che un tempo sarebbero state impensabili. Certo, dei file del peer-to-peer non sai quanto fidarti, e difatti secondo me a questo punto sarebbe il caso che l’Agenzia delle Entrate li rimettesse su, almeno siamo sicuri che siano i dati veri.

E però, anche se io sono un grande sostenitore del diritto alla privacy, non confondo la privacy con il desiderio di sfuggire alla propria accountability, alla propria responsabilità verso la società di cui si fa parte. Siamo in un momento drammatico, e c’è bisogno che tutti siano a bordo; e invece, molti italiani remano contro e pensano solo al proprio vantaggio personale. Questa faccenda, con un po’ di sorveglianza collettiva, ci permetterà di pinzarne anche solo una manciata, ma soprattutto ricorderà a milioni di italiani che prima o poi potrebbero dover rispondere del proprio latrocinio fiscale direttamente ai propri amici, e guardandoli negli occhi: e sarà comunque stato un grande risultato.

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